STRAGE VOLO MALAYSIA: DEPISTAGGI A KIEV TRA NATO, 007 E ONG DI SOROS
MANDATI D’ARRESTO PER TRE RUSSI E UN RIBELLE
NELL’INCHIESTA INTERNAZIONALE SUL MISSILE BUK
MA MOSCA ACCUSA L’UCRAINA: «FABBRICATE PROVE»
E L’INTELLIGENCE BRITANNICA FA LEZIONE AI GIOVANI
Scontro diplomatico per le indagini sul Boeing abbattutoCresce la propaganda filo-occidentale al Forum Sicurezzaorganizzato dalla fondazione dell’ex premier Yatsenyukcon l’aiuto di Open Society, Patto Atlantico e Dipartimento UsaENGLISH VERSION HERE
AGGIORNAMENTO DEL 23 DICEMBRE 2021
Mercoledì 22 dicembre 2021 i pubblici ministeri olandesi hanno chiesto l’ergastolo per quattro sospetti per l’abbattimento del volo Malaysia Airlines MH17 sopra l’Ucraina orientale nel 2014, affermando di aver causato “profonde e irreversibili sofferenze” ai parenti delle 298 persone uccise.
I pubblici ministeri hanno affermato che i quattro hanno utilizzato incautamente un missile russo per abbattere l’aereo passeggeri, uccidendo tutti i 298 passeggeri e l’equipaggio.
Il pubblico ministero Manon Ridderbeks ha richiesto la sentenza il terzo giorno di una presentazione delle prove a sostegno dell’accusa. Gli indagati sono processati in contumacia.
“L’abbattimento dell’MH17 con un missile Buk ha messo brutalmente fine alla vita di tutte le 298 persone a bordo. Ai parenti più prossimi è stata causata una sofferenza incredibilmente profonda e irreversibile”, ha detto Ridderbeks alla corte.
L’ergastolo è raro nei Paesi Bassi, dove la sentenza significa che la persona condannata trascorre il resto della sua vita in prigione. Ma Ridderbeks ha detto che era necessario per l’abbattimento dell’MH17 a causa della natura estrema del crimine e per agire da deterrente.
“Deve inviare un messaggio internazionale inequivocabile che l’aviazione merita la massima protezione possibile e che i gravi atti di violenza contro di essa saranno puniti severamente”, ha affermato.
I pubblici ministeri accusano i russi Igor Girkin, Sergey Dubinskiy e Igor Pulatov, nonché l’ucraino Leonid Kharchenko, ribelli separatisti che combattevano le forze governative ucraine nel 2014, di aver formato una squadra che mirava ad abbattere aerei ucraini utilizzando un sistema missilistico trasportato da un esercito russo base.
Il pubblico ministero Thijs Berger ha detto ai giudici mercoledì che è legalmente irrilevante che i sospetti volessero abbattere aerei militari e non civili. “Legalmente parlando erano cittadini comuni, non potevano commettere violenze”, ha detto.
Il processo si svolge nei Paesi Bassi in un’aula di tribunale di massima sicurezza vicino all’aeroporto di Schiphol perché quasi 200 delle persone a bordo erano cittadini olandesi. Le vittime provenivano da un totale di 16 nazioni diverse.
Le richieste di condanna di mercoledì sono arrivate in mezzo alle crescenti tensioni tra Mosca e l’Occidente per un accumulo di truppe russe vicino all’Ucraina che ha suscitato timori di un’invasione. La Russia ha negato i piani per attaccare il suo vicino.
Gli avvocati difensori di Pulatov, che è l’unico sospettato rappresentato in tribunale, si presenteranno ai giudici a marzo. I verdetti non sono previsti fino a settembre del prossimo anno al più presto.
I pubblici ministeri avevano trascorso i due giorni precedenti spiegando meticolosamente l’atto d’accusa e le prove a sostegno del collegio dei giudici.
I pubblici ministeri hanno tracciato in dettaglio il percorso che, secondo loro, il missile Buk ha seguito da e verso il sito di lancio in un campo agricolo vicino al villaggio di Pervomaiskyi, utilizzando testimoni, post sui social media, foto e video e telefonate intercettate e dati sulla posizione dei telefoni cellulari.
Hanno anche discusso le prove forensi raccolte dai relitti e dai corpi delle vittime che sono stati recuperati dall’Ucraina orientale e restituiti nei Paesi Bassi per essere esaminati. All’inizio del processo, i giudici hanno visitato un hangar in una base aerea militare olandese dove sono conservati i rottami per vedere i frammenti maciullati.
I pubblici ministeri hanno concluso che l’aereo è stato abbattuto da un missile Buk appartenente alla 53a brigata missilistica antiaerea russa che è stato portato sul luogo di lancio “per ordine e sotto la guida dei sospetti”.
I pubblici ministeri hanno anche citato conversazioni registrate tra Dubinski e Kharchenko in merito all’abbattimento di quello che inizialmente pensavano fosse un aereo da guerra ucraino.
I pubblici ministeri sostengono che Girkin e Dubinskiy erano ribelli separatisti di alto livello mentre Pulatov e Kharchenko erano i loro diretti subordinati.
“Insieme sono responsabili del dispiegamento del Buk telar utilizzato per abbattere il volo MH17”, hanno affermato i pubblici ministeri in una sintesi scritta delle loro argomentazioni. (Fonte EuroNews)
ARTICOLO DEL 21 GIUGNO 2019
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Mancano pochi giorni al 39° anniversario di una delle più gravi stragi dell’aviazione italiana: il disastro del DC9 Itavia precipitato su Ustica dopo essere stato abbattuto da un missile. Menzogne di Stato propalate da generali dell’Areonaticua Militare finiti sotto processo (ed assolti solo per prescrizione del reato di turbativa nelle indagini) hanno coperto l’incidente rendendo impossibile l’accertamento delle reponsabilità.
L’abbattimento avvenne il 27 giugno 1980 sulla testa dei comandanti della Sesta Flotta dell’Us Navy di stanza a Napoli e del Nas, la Naval Air Force di Sigonella, in un’area di completo controllo dei cieli e del mare da parte delle forze Nato. Ma ogni ufficiale straniero del Patto Atlantico asserì di non aver visto nulla…
Era necessario questo promemoria per comprendere come le accuse di complotto sulla strage del Boeing 777 del volo MH17 Malaysian Airlines, abbattuto il 17 luglio 2014 nell’Ucraina Orientale con 298 morti, lanciate da Mosca contro Kiev possono essere fondate.
Da oltre dieci anni le politiche di sicurezza nel paese dilaniato dalla guerra civile del Donbass sono influenzate dalla Nato (Organizzazione del Trattato Nord Atlantico) in una strategia di separazione della nazione dalla sua naturale vocazione verso la Madre Russia come fece la Cia nei paesi dell’ex Jugoslavia alimentando la jihad islamica.
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Oggi che il regime-change filo-occidentale è ormai consolidato l’Alleanza Atlantica non potrebbe permettersi il discredito derivante da eventuali responsabilità nel disastro da parte dell’esercito governativo dell’Ucraina, sostenuto anche con aiuti militari degli Stati Uniti d’America. E pertanto le indagini sono approdate a conclusioni fumose che secondo il Cremlino sono oggetto di un depistaggio.
Le ingerenze Nato sono avvenute ed avvengono ancor più oggi attaverso alcune fondazioni culturali-politiche partner della Open Society e dell’International Renaissance di George Soros anche grazie alla collaborazione di un ex ministro britannico già responsabile dell’intelligence nel Regno Unito che fu tra i promotori della guerra in Libia, in Siria e sostenitore delle sanzioni contro la Russia per l’annessione della Crimea.
Sulla tragedia pesano le ombre di un inquietante depistaggio false-flag analogo a quello nell’inchiesta sulla morte del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli, ucciso il 24 maggio 2014 nel Donbass insieme all’attivista russo Andrei Mironov, per la quale è imputato in un processo davanti alla Corte d’Assise di Pavia un soldato della Guardia Nazionale Ucraina, Vitality Markiv.
Nonostante inequivocabili prove video sull’esplosione di colpi di mortaio contro i due fotografi ed il collega francese William Roguelon, sopravvissuto alle gravi ferite e testimone in aula, il militare Markiv che era sul posto continua ad incolpare i separatisti filorussi.
Se nel caso della strage Malaysian Airlines mancano prove oggettive, sulla drammatica morte del reporter italiano pesano i silenzi del Governo di Kiev che non ha saputo fornire risposte investigative chiare alla magistratura italiana tanto che gli avvocati della famiglia Rocchelli, Emanuele Tambuscio e Alessandra Ballerini, hanno ottenuto la citazione a giudizio dello Stato ucraino attraverso l’ambasciatore a Roma, «in qualità di responsabile civile» dell’omicidio per la violazione degli obblighi delle parti in conflitto e dei doveri nei confronti dei civili.
Come evidenziato dall’ultimo reportage Gospa News sulla Lobby delle Armi, inoltre, ci sono inquietanti intrecci tra i nazionalisti del Battaglione d’Azov, formazione paramilitare di estrema destra ma componente della Guardia Nazionale Ucraina, l’azienda israeliana produttrice di armi IWI e gli Usa dove l’Israel Weapons Industries collabora con il Metropolitan College of New York (MCNY) nei corsi di laurea sulla sicurezza nazionale con tanto di seminari a Tel Aviv.
GLI INVESTIGATORI INTERNAZIONALI CONTRO GLI 007 RUSSI
Chiarito il retoscena nel quale è avvenuto l’abbattimento del Boeing del volo MH17 Amsterdam-Kuala Lumpur analizziamo nel dettaglio lo scontro diplomatico-giudiziario in atto ed i motivi per cui appare verosimile la ricostruzione di Mosca che rigetta l’esito dell’inchiesta del Joint Investigation Team (JIT) guidato dai rappresentanti dei Paesi Bassi, nazione della Nato come il Belgio, presente nella commissione insiema a componenti di Australia, Malesia ed Ucraina.
Il JIT, operante in virtù dei trattati Europol, mercoledì ha incriminato per omicidio quattro persone, tre di nazionalità russa e uno di nazionalità ucraina, per il ruolo non meglio precisato avuto nell’abbattimento del Boeing della Malaysia Airlines, ed ha emesso i corrispettivi mandati di arresto.
I tre russi coinvolti – tutti con un passato nei servizi di sicurezza russi come FSB o GRU – sono Igor Girkin, Serghei Dubinsky e Oleg Pulatov mentre l’ucraino è Leonid Kharchenko. Girkin (nome in codice: Strelkov) al tempo dei fatti era il ministro della Difesa dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk (DPR), Dubinsky (alias Khmury) era il capo dei servizi di intelligence della DPR mentre Pulatov (Gyurza/Khalif) secondo le accuse avrebbe avuto un ruolo chiave nell’assicurarsi il missile BUK che ha poi abbattuto il jet di linea. Kharchenko invece è un separatista che si trovava a capo di un’unità militare nella regione di Donetsk.
La Russia ha deplorato come “assolutamente infondate” le accuse fatte dall’indagine internazionale secondo le quali soggetti non meglio identificati delle forze ribelli nell’Ucraina orientale, avrebbero utilizzato un missile terra-aria Buk fornito dall’esercito russo. Il ministero degli Esteri russo ha evidenziato che le accuse non sono state supportate da prove affidabili e hanno seguito una linea di argomentazione “non del tutto coerente”.
Manca infatti soprattutto il movente. Quale interesse potevano avere i separatisti filorussi ad attirare su di loro i sospetti della comunità internazionale per un così tremendo eccidio?
Invece, nella logica di una propaganda di discredito dei ribelli del Donbass, il governo ucraino di Kiev avrebbe potuto avere ogni interesse ad incolparli di un grave “incidente di guerra”: magari causato da un errore della contraerea ucraina, magari voluto in quella strategia del terrore promossa dalla Cia che portò dei cecchini mercenari georgiani a sparare contro la folla nella piazza Euromaidan il 20 febbraio 2014 per giustificare l’indignazione internazionale ed il successivo golpe politico appoggiato dagli Usa.
Una cospirazione stragista analoga a quella ordita contro i manifestanti di Caracas nel 2002 dopo la quale il presidente del Venezuela Hugo Chavez fu indotto a dimettersi e fu arrestato dagli americani per tre giorni, prima di essere reintegrato per l’insurrezione della popolazione a suo favore.
MOSCA ACCUSA: «PROVE FABBRICATE DA KIEV»
«Il JIT continua a ignorare le informazioni fornite da Mosca – rileva il network Russia Today – Ciò include la declassificazione dei dati militari sul missile Buk, la pubblicazione di dati radar e un esperimento condotto per mostrare l’effetto esatto che il proiettile ha sulla cabina di pilotaggio di un aereo»
«Dal primo giorno dopo la tragedia, la Russia era interessata a stabilire la verità e a collaborare con le indagini» ha affermato il Cremlino rilevando che mentre alla Russia è stato assegnato un ruolo secondario nelle indagini, Kiev ha goduto dell’appartenenza a pieno titolo avendo suoi rappresentanti effettivi nella Joint Investigation Team.
Ciò, secondo il ministero dell’Estero russo, ha permesso all’Ucraina «di fabbricare prove» e di non assumersi alcuna responsabilità per non aver chiuso il suo spazio aereo. La decisione di mantenere lo spazio aereo aperto è stata criticata dal rapporto 2015 del Dutch Safety Board (che ha condotto la parte tecnica della sonda all’incidente). «In tali circostanze, abbiamo domande legittime sul lavoro del JIT – aggiunge Mosca – Ciò sottolinea le nostre precedenti preoccupazioni riguardo al processo di investigazione parziale».
A questo riguardo fu sempre il media RT a segnalare il resoconto di alcuni giornalisti olandesi che sollevarono dubbi sulla completezza delle indagini dopo aver trovato resti dell’aereo sul luogo del disastro anche dopo le ispezioni del team JIT.
IL MISSILE BUK IN MANO ALL’ESERCITO DELL’UCRAINA
Il nodo dell’inchiesta è tutto nel missile Buk: la Russia sostiene che fosse nelle mani dell’esercito dell’Ucraina, il Joint Investigation Team che fosse tornato all’esercito di Mosca.
«Parlando con i giornalisti, il generale Nikolay Parshin ha mostrato la traccia documentale del missile Buk. Secondo i documento, alcuni dei quali sono stati declassificati per la presentazione, è stato prodotto in uno stabilimento militare a Dolgoprudny nella regione di Mosca nel 1986 – riportava Russia Today in un articolo del 17 settembre 2018 evidenziando le immagini con il numero di serie 8868720 sul motore e sull’ugello del razzo – Il missile fu spedito dall’impianto il 29 dicembre 1986 e consegnato all’unità militare 20152 situata nell’attuale Ucraina. Ora si chiama 223o Reggimento di difesa antiaerea delle forze armate ucraine, secondo il rapporto. L’unità ha partecipato alla repressione di Kiev sui ribelli nell’est dell’Ucraina nel giugno 2014, ha detto il generale».
«L’evidenza smentisce le accuse dell’Ucraina e di alcuni altri partiti, secondo i quali un missile sparato da un lanciatore, segretamente consegnato dalla Russia, era responsabile per l’abbattimento di MH17» aver sostenuto il rapporto del Ministero della Difesa comunicando che tutto il materiale era stato inviato agli investigatori olandesi. Le investigazioni del JIT, però, confuterebbero tale versione affermando, senza fornire alcuna prova, che il missile sarebbe ritornato in Russia per un intervento di manutenzione.
Una dei punti su cui si reggono le accuse del JIT giunge anche da un ambiguo filmato diffuso dal gruppo inglese Bellingcat, al centro di varie polemiche proprio per la realizzazione di inchieste giornalistiche fumose, per sostenere la tesi della consegna del lanciatore Buk dalla Russia. Il Ministero della Difesa ha mostrato un video per dimostrare che il filmato era stato manipolato per posizionare le immagini del programma di avvio in uno sfondo che non era nell’originale.
A tutto cià si aggiungono le intercettazioni di funzionari ucraini «che discutono, nel 2016, del rischio di volare attraverso lo spazio aereo limitato sull’Ucraina. Tra una raffica di lamentele una frase dice che a meno che non vengano rispettate le restrizioni “faremo f *** k su un altro boeing malese”».
Queste numerose circostanze sospette non sono tali da poter accusare l’Ucraina, o qualcuno dei suoi nazionalisti di estrema destra armati di mortaio e lanciamissili, di una responsabilità diretta nell’incidente ma di certo sono sufficienti a dimostrare l’esistenza di un complotto per depistare le indagini e l’accertamento della verità in relazione della sempre più stretta ingerenza della Nato sulle politiche della sicurezza di Kiev.
OPEN UKRAINE ED IL FORUM SULLA SICUREZZA DI KIEV
Open Ukraine è una fondazione costituita dall’ex premier di Kiev, l’economista ed avvocato Arseniy Yatsenyuk, che ebbe un ruolo fondamentale nella propaganda della rivoluzione arancione di piazza Euromaidan e nel successivo golpe contro il presidente della Repubblica Viktor Janukovic, costretto alla fuga il 22 febbraio 2014 per la sua politica filorussa.
Open Ukraine può vantare oggi dei partner di eccezione tra cui spiccano Il Dipartimento di Stato Usa, il Centro di Documentazione e Ricerca Nato, e International Renaissance, braccio ucraino, con ben 4 sedi, della Open Society di New York del magnate ungherese-americano George Soros. Ad esse si aggiunge la fondazione dell’oligarca e politico Viktor Pinchuk, che collabora direttamente con l’ong newyorkese di Soros e con la fondazione Clinton Global Initiative.
L’Open Ukraine ha tra le sue mission il Forum di Sicurezza di Kiev, giunto alla 12a edizione con la convention dell’11-12 aprile 2019, ed inaugurato nel 2007 quando Arseniy Yatsenyuk era ministro degli esteri dell’Ucraina e presidente della Verkhovna Rada, il parlamento di Kiev. Anche grazie all’influenza internazionale di Open Ukraine, sostenuta da Soros, Yatsenyuk riuscì a diventare premier dal 2014 al 2016, e a fondare il Narodnij Front, il Fronte Popolare, che accolse nel Consiglio militare del partito alcuni membri dei battaglioni di difesa nazionale.
Tale schieramento politico consentì la rapida ascesa politica di Arsen Avakov , ministro dell’Interno dal 2014 ad oggi, nonostante le accuse di abuso d’ufficio che nel 2012 avevano portato al suo arresto nel carcere di Frosinone. Fu rilasciato per l’immunità parlamentare ottenuta dalle successive elezioni ed oggi è responsabile della Guardia Nazionale Ucraina di cui fanno parte anche gli ultranazionalisti del Battaglione d’Azov, accusati da Amnesty International di efferati crimini di guerra.
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In questo contesto l’ex premier Yatsenyuk si è defilato dalla politica attiva per emulare il suo mentore Soros, e restare così dietro le quinte di ogni manovra internazionale grazie alla collaborazione con la Nato, il Dipartimento di Stato Usa ma anche personaggi di spicco dell’intelligence mondiale.
«Il Kyiv Security Forum di quest’anno ha raccolto un numero record di partecipanti: oltre 1.000. Tra questi vi sono alti funzionari di Stato dell’Ucraina, funzionari di leadership e diplomatici dello stato e dello stato ucraini e rappresentanti di comunità di esperti provenienti da oltre 20 paesi – ha detto il suo fondatore Yatsenyuk a conclusione del vertice – Vinceremo questa lotta, dovremo seguire la nostra strada e il nostro percorso è democratico, efficace, professionale e filo-occidentale».
Quando si trattò di fare sul serio entrò in azione Mustafa Masi Nayyem (ucraino: Мустафа Найєм, Pashto: مصطفی نعیم), il giornalista afghano-ucraino che fu il primo ad aizzare la gente su Facebook a scendere in piazza per la Rivoluzione Arancione nel novembre 2013 e, a golpe compiuto ed acque chetate, nel 2019, diventato vicedirettore della più importante industria ucraina di armi. La Tv del reporter Nayyem fu finanziata da George Soros e da alcune ambasciate occidentali di paesi Nato a Kiev.
GIOVANI UCRAINI A LEZIONE DAL CAPO DELL’INTELLIGENCE UK
Come ben evidenzia il sito Open Ukraine il 5 giugno 2019 alcuni giovani ucraini desiderosi di approfondire le questioni di sicurezza nazionale a Kiev hanno avuto un relatore di eccezione: uno dei grandi capi dell’intelligence del Regno Unito nonché importante stratega nelle politiche Nato, Sir Malcolm Leslie Rifkind.
E’ un politico britannico di lungo corso, nato il 21 giugno 1946 a Edimburgo dove è diventato deputato nei Conservatori, ed ha ricoperto vari ruoli come ministro con i premier Margaret Thatcher e John Major, tra cui gli incarichi di Segretario di Stato per la Scozia (1986-1990), Segretario alla Difesa (1992 -1995) e Segretario agli Esteri (1995-1997).
La conferenza del mastermind degli 007 di Sua Maestà si è potuta realizzare grazie al progetto giovanile Open World sostenuto dalla fondazione Open Ukraine che da 7 anni organizza anche il Forum Sicurezza per i ragazzi ucraini. Rifkind, discendente da una famiglia di ebrei lituani profughi in Sozia per sfuggire ai Progrom russi, fu rieletto nel Parlamento britannico nel seggio di Kensington e fu quindi scelto il 6 luglio 2010 come Presidente del Comitato per l’Intelligence e la Sicurezza (ISC) dal Primo Ministro, David Cameron.
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Nel gennaio 2015 è stato nominato dall’OSCE come membro del suo gruppo di personalità eminenti sulla sicurezza europea. Nel dicembre 2015 è divenuto Visiting Professor dal King’s College di Londra nel loro Department of War Studies.
Come presidente dell’ISC Rifkind ha progettato la trasformazione dei poteri del Comitato per assicurare una supervisione efficace di MI5, MI6 e GCHQ. Convinse il governo a introdurre una legislazione che consentisse all’ISC, per la prima volta, di essere in grado di richiedere alle agenzie di intelligence di fornire qualsiasi materiale altamente classificato richiesto. Rifkind fu favorevole all’intervento militare della NATO in Libia nel 2011 e fu tra coloro che sostennero la necessità di fornire armi ai ribelli libici, roferì The Times.
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Ma lo stesso “baronetto” fu anche regista del controspionaggio britannico in due questioni cruciali proprio nello scontro internazionale tra Patto Atlantico e Russia: Siria ed Ucraina. Fu tra coloro che invocarono un intervento contro il governo di Damasco in risposta all’uso di armi chimiche.
Rifkind, scrivendo su The Guardian, accusò il governo del presidente siriano Bashar al-Assad di «fare tutto ciò perchè pensano di poter farla franca per rimanere al potere», quindi sostenne che la Gran Bretagna, a fronte del vasto consenso internazionale contro l’uso di armi chimiche da parte del governo siriano, «non aveva altra scelta che intraprendere un’azione militare con o senza un mandato delle Nazioni Unite».
Così fu. E, senza risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu, sulla Siria grandinarono missili della Coalizione Nato guidata da Usa, Francia e Inghilterra, lasciando centinaia di cadaveri tra la popolazione civile.
L’accusa di utilizzo di armi chimiche da parte di Damasco, però, non solo non venne mai provata ma almeno nell’ultimo eccidio di Douma dell’aprile 2018 si sarebbe trattato di un attacco false-flag organizzato dai terroristi di Al Nusra in complicità con gli operatori del Syria Civil Defense, ovvero gli Elmetti Bianchi costituiti ed addestrati proprio da un ex agente segreto militare britannico. Un’ipotesi avanzata da due docenti del Regno Unito sulla base del dossier di un ingegnere e già oggetto di un reportage di Gospa News.
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Nel marzo 2014, durante un’intervista con CBC Radio News, Rifkind ha contestato l’annessione russa della Crimea dall’Ucraina, affermando che questo rischiava di destabilizzare l’intera area e la politica europea in generale. A suo parere, le forze ucraine avevano dimostrato “notevole freno” contro l'”umiliazione” russa, e avevano trasformato il loro svantaggio militare in un sostanziale “vantaggio morale”. Pur dichiarando “le concrete sanzioni economiche” come la migliore risposta alla situazione della Crimea ha tuttavia definito l’attuazione occidentale “patetica”, sostenendo che le misure riguardavano solo 23 individui ed era la ragione per cui la Russia sembrava non essere intimidita dalla minaccia sanzionatoria.
A causa delle sue critiche all’azione russa in Crimea e nell’Ucraina orientale, Rifkind è stato incluso in un elenco di alti esponenti politici europei e ex ministri banditi dalla visita in Russia. Il politico britannico ha risposto dicendo che se ci doveva essere una tale lista era orgoglioso di esserci. Oggi, grazie ad Open Ukraine, insegna ai giovani di Kiev le strategie della sicurezza internazionale ovviamente con una fortissima matrice russofoba.
LA COORDINATRICE DELLA NATO IN UCRAINA
Ecco qual è oggi il mainstream dominante in Ucraina. Ecco qual è lo spirito con cui Kiev ha collaborato con il Joint Investigation Team nelle indagini sull’abbattimento del volo MH17 Malaysian Airlines. Tra i componenti, oltre agli ucraini ed i malesi, c’erano anche quelli dell’Australia, i cui servizi segreti Asis possono partecipare alle riunioni del Joint Intelligence Committee (JIC) di Londra nell’ambito della collaborazione internazionale degli 007 di Usa, Canada, Nuova Zelanda e Australia.
Il JIC è un organismo inter-agenzie responsabile della valutazione dell’intelligence, del coordinamento Servizio di sicurezza, GCHQ (Government Communications Headquarters) e Intelligence della difesa del Regno Unito, ed è soggetto alla supervisione da parte del Comitato per l’Intelligence e la Sicurezza (ISC), già presieduto dallo stesso Rifkind.
Nella speciale commissione JIT sul disastro aereo c’è anche la componente del Belgio che ospita nella sua capitale Bruxelles la sede centrale della NATO. Proprio in Belgio ha lavorato Barbora Maronkova, dal primo marzo 2017 direttore del Centro di informazione e documentazione della NATO in Ucraina: l’ente che ha il compito di guidare il paese dell’ex Unione Sovietica nell’ingresso nel Patto Atlantico.
Maronkova, laureatasi in Economia a Bratislava e con un master nel Regno Unito, è entrata a far parte della NATO nel 2006, come coordinatrice della Divisione diplomazia pubblica nella sede centrale di Bruxelles dove ha progettato, pianificato e ha realizzato campagne di comunicazione in un certo numero di stati membri dell’Alleanza Atlantica. Prima di unirsi alla NATO, nel 2003 aveva fondato e diretto un Centro ONG slovacco per gli affari europei e del Nord Atlantico per contribuire al dibattito pubblico ed accademico sull’adesione della Slovacchia all’UE e alla NATO.
«In Ucraina, stiamo cercando di dissipare i principali miti sulla NATO e rivelarne l’essenza – ha detto Mronkova al 12° Kiev Security Forum organizzato da Open Ukraine nel quale è protagonista ogni anno dal 2017 – Abbiamo bisogno di chiarire i principali concetti chiave: tutte le decisioni sono prese per consenso e che non c’è nessuno a Bruxelles con una bacchetta magica che rende magiche le trasformazioni»
Nei giorni scorsi invece il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha commentato l’esito dell’inchiesta sull’aereo abbattuto in Ucraina: «Accolgo con favore l’annuncio odierna da parte della Joint Investigation Team che quattro sospetti saranno perseguiti per crimini in relazione all’abbattimento del volo MH17 della Malaysia Airlines nel luglio 2014. Si tratta di un’importante pietra miliare negli sforzi per scoprire verità e garantire che sia fatta giustizia per l’uccisione di 298 persone provenienti da 17 paesi».
Una pietra miliare che per la Russia è invece una lapide sulla verità: ancora nascosta in mezzo a tante «prove fabbricate da Kiev», supposizioni inestigative, persuasioni occulte e un grande lavoro sotterraneo d’intelligence internazionale. Quei quasi 300 morti nel 2014 sono stati utili ai media del mainstream per incolpare i ribelli filo-russi.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI
RUSSIA TODAY – MOSCA ACCUSA KIEV
RUSSIA TODAY – LA STORIA DEL MISSILE BUK
WIKIPEDIA – MALCOLM RIFKIND INTELLIGENCE UK
OPEN UKRAINE E KIEV SECURITY FORUM
https://www.gospanews.net/russia-politica-internazionale/
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