MASSONI IN MANETTE NEL PAESE DEL BOSS: POLITICO SUBITO LIBERO PER CAVILLI
DOSSIER COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA
SU CASTELVETRANO, CITTA’ DEL “WANTED” MESSINA DENARO
GIA’ COMMISSARIATA PER INTRECCI TRA MAFIA E 6 LOGGE.
ORA NELL’OCCHIO DEL CICLONE PER UN INTOPPO GIURIDICO:
TOLTI I DOMICILIARI ALL’EX PRESIDENTE ARS REGIONE
ARRESTATO INSIEME AL DEPUTATO DI FORZA ITALIA
CON SINDACI E INCAPUCCIATI ACCUSATI DI VARI CRIMINI
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Castelvetrano è il paese paese natale del superboss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Latitante da trentanni ma ancora assai potente nella sua terra. E’ un Comune commissariato per infiltrazioni di mafia il 7 giugno 2017, pochi giorni prima delle elezioni. E’ quello che vanta il record di logge massoniche accertate nella provincia di Trapani: il capoluogo siciliano finito nell’occhio del ciclone per l’omicidio del giornalista Mauro Rostagno, ucciso mentre stava investigando sul Centro Culturale Scontrino, crocevia di massoni, mafiosi, politici, rabbini e musulmani, e sede di ben 6 logge regolari ed una occulta costata nel 1993 una condanna per associazione segreta a due massoni di spicco. Lo scorso 21 marzo 2019 ben 27 persone sono state arrestate dai Carabinieri trapanesi perché implicate in «un’associazione segreta che si annidava all’interno di una loggia massonica e di cui facevano parte politici, professionisti e alcuni massoni stessi sede a Castelvetrano»: esattamente come nel sopracitato circolo di Trapani. Un cavillo procedurale, sulla competenza giurisdizionale nel reato più grave, però, ha già portato alla liberazione di uno dei politici fermati e potrebbe ora divenire la pietra d’inciampo per il procedimento e la chiave per spalancare le porte del carcere anche agli altri detenuti o la liberazione per quelli ai domiciliari. A deciderlo è stato il Tribunale del Riesame di Palermo che ha annullato gli arresti domiciliari per Francesco Cascio, ex presidente dell’Ars (Assemblea Regionale Siciliana), eletto nelle file del Mpa-Partito dei Siciliani, coinvolto solo per un’ipotesi di favoreggiamento per una presunta “spiata” sull’inchiesta giudiziaria che ruota intorno all’ex deputato siciliano Giovanni Lo Sciuto (Forza Italia), finito dietro le sbarre in quanto ritenuto la mente del gruppo occulto di affari, contiguo agli incappucciati “fratelli muratori” come si definiscono gli affiliati alla massoneria, in cui sarebbero invischiati anche altri politici tra cui l’ex sindaco Felice Errante (ai domiciliari). Agli indiziati sono stati contestati reati differenti quali corruzione, concussione, traffico di influenze illecite, peculato, truffa aggravata, falsità materiale, falsità ideologica, rivelazione ed utilizzazione del segreto d’ufficio, favoreggiamento personale, abuso d’ufficio e associazione a delinquere segreta finalizzata ad interferire con la pubblica amministrazione in violazione della cosiddetta legge Anselmi. Si tratta della normativa varata nel 1982 dopo lo scandalo P2.
Non sono comunque indagati per associazione mafiosa, questo è bene chiarirlo fin da subito, sebbene il fulcro delle presunte attività illecite fosse proprio il comune di 30mila abitanti dove nacque Messina Denaro. Per comprendere l’importanza strategica di Castelvetrano basti rammentare che la “Commissione Parlamentare di Inchiesta sul fenomeno delle Mafie e sulle altre Associazioni Criminali”, presieduta da Rosy Bindi fino al marzo 2018 nella XVII legislatura, non solo ha elaborato una specifica Relazione sulle infiltrazioni di Cosa Nostra e della ’Ndrangheta nella Massoneria in Sicilia e Calabria ma ha riservato ben tre pagine, al paragrafo 2 del rapporto, proprio alle “Vicende di Castelvetrano”. Ecco perché in questo reportage non mi limiterò a ricostruire l’ultimo episodio giudiziario che deve ancora fare il suo corso ma analizzerò un contesto storico e ambientale più ampio, fatto di intrecci malavitosi ed aree grigie, dal quale emerge innanzitutto, come concluso dagli stessi deputati e senatori della Bicamerale, che il quadro normativo per costrastare le associazioni a delinquere segrete è assolutamente inadeguato: basti pensare che la pena massima è di soli 5 anni.
I CARABINIERI ARRESTANO IL POLITICO: IL RIESAME LO SCARCERA
Per il Tribunale del Riesame l’autorità giudiziaria competente sarebbe Palermo e non Trapani. L’accusa più grave contenuta nell’intera ordinanza è il peculato (punito fino a 10 anni e quindi con pene superiori al reato radicato a Trapani, la corruzione che arriva fino a 7) contestato a Lo Sciuto: quest’ultimo secondo gli inquirenti avrebbe fatto un contratto di portaborse fittizio per garantire “il pagamento dello stipendio” alla moglie di un “porta voti” alle elezioni regionali del 2017, “con l’accordo che i soldi contanti venissero riscossi dal marito“, ha scritto nell’ordinanza il Gip di Trapani. Il reato sarebbe stato commesso tra Palermo e Marsala, dal 2 maggio 2016 al 13 dicembre 2017. Per questo secondo il Riesame la competenza dell’inchiesta sarebbe della Procura di Palermo» scrive il Fatto Quotidiano riferendo del ritorno in libertà del politico palermitano Francesco Cascio ed evidenziando che nei prossimi giorni i giudici del Riesame (il 10 e l’11 aprile) dovranno analizzare anche le posizioni degli altri indagati e potrebbero applicare lo stesso criterio vanificando così gli arresti che, eventualmente, dovrebbero essere riproposti dai pubblici ministeri che erediteranno il fascicolo. «Il blitz dei Carabinieri, con l’operazione chiamata in codice “Artemisia“, nasce dalle indagini avviate nel 2015 e che ruota attorno alla figura di Giovanni Lo Sciuto, alfaniano ed ex deputato regionale di Forza Italia fino al 2017, già membro della commissione regionale Antimafia – riporta ancora il portale di FQ – Secondo le indagini, la sua associazione era in grado di condizionare nomine, bandi, aveva infiltrazioni nella politica, nell’imprenditoria e nelle forze dell’ordine, si assicurava potere e voti tramite la concessione di pensioni di invalidità e assunzioni». Oltre alle 27 persone finite agli arresti (10 in carcere, 17 in casa) per i reati già menzionati erano stati notificati anche cinque obblighi di dimora e una misura interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio, nonché notificate altre quattro informazioni di garanzia. Nei giorni scorsi il Gip del Tribunale, dopo i primi interrogatori, ha già attenuato o fatto cadere le misure cautelari per alcuni degli arrestati o indagati.
UNA GIRANDOLA DI REATI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
L’inchiesta, coordinata dal procuratore Alfredo Morvillo, dall’aggiunto Maurizio Agnello e dai sostituti Sara Morri, Andrea Tarondo e Francesca Urbani, ha permesso di scoprire una «loggia segreta capace di condizionare la politica e la burocrazia» che «ruotava attorno alla figura di Lo Sciuto, a carico del quale sono emersi gravi indizi in ordine alla commissione di numerosi reati contro la pubblica amministrazione con l’obiettivo di ampliare la sua base elettorale e il suo potere politico». Illustrava il Fatto Quotidiano nell’articolo del 21 marzo in cui aveva dato notizia degli arresti in riferimento all’inchiesta sulle «condotte ideate e poste in essere dall’ex deputato e dai suoi sodali» e, secondo i pm, tutte «finalizzate all’ampliamento sempre maggiore del potere di influenza del consesso criminoso nei settori nevralgici della politica, della pubblica amministrazione e della sanità». Le indagini avrebbero scoperto l’esistenza di «una associazione a delinquere promossa e capeggiata sempre da Lo Sciuto con la collaborazione del massone Giuseppe Berlino (già consigliere comunale, scarcerato dal Gip dopo l’interrogatorio – ndr), composta anche dall’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante Jr., dall’ex vicesindaco Vincenzo Chiofalo e dal commercialista massone Gaspare Magro che aveva come obiettivo il condizionamento dell’attività di organi costituzionali e della pubblica amministrazione – hanno scritto i giornalisti di FQ – La loggia massonica segreta sarebbe stata collusa con esponenti di rilievo del mondo politico, delle forze dell’ordine, delle istituzioni e degli enti di governo del territorio, del comparto sanità e dell’imprenditoria». Nell’ordinanza del Gip del Tribunale si rimarca anche la continuità politica: «Lo Sciuto ed i suoi sodali, dopo aver ‘governato’ tramite il sindaco Felice Errante ed il vice Sindaco Chiofalo dal 2012 al 2017, raggiungevano un accordo con l’ex rivale politico Luciano Perricone (finito subito ai domiciliari e poi al solo divieto di dimora dopo l’interrogatorio – ndr), finalizzato alla elezione del predetto alla carica di Sindaco». Dopo lo scandalo e gli arresti qust’ultimo ha ritirato la candidatura in vista delle elezioni che si terrano a Castelvetrano nel maggio prossimo dopo due anni di commissariamento in seguito allo scioglimento per mafia.
PENSIONI D’INVALIDITA’ IN CAMBIO DI VOTI
Secondo i magistrati il gruppo occulto guidato dall’ex deputato avrebbe avuto un «controllo generalizzato e penetrante delle scelte politiche ed amministrative, al condizionamento delle scelte inerenti le nomine in enti pubblici o di interesse pubblico (come nel caso dell’Ipab Infranca e del Parco Archeologico di Selinunte e della nomina di Berlino all’interno della segreteria dell’assessorato regionale), la predisposizione di bandi e l’assegnazione di finanziamenti regionali, all’assegnazione di pensioni di invalidità o indennità di accompagnamento ed all’assunzione in strutture pubbliche e privata (una fra tutte l’Anfe) di soggetti scelti da Lo Sciuto sulla base di interessi clientelari, affaristici o personali». Tra questi le facilitazioni per pensioni d’invalidità in cambio di voti. «Lo Sciuto è accusato di aver creato un accordo corruttivo con Rosario Orlando – già responsabile del Centro Medico Legale dell’Inps, poi collaboratore esterno dello stesso ente quale “medico rappresentante di categoria in seno alle Commissioni invalidità civili” – riporta l’articolo – L’ex deputato regionale azzurro avrebbe ottenuto da Orlando la concessione di circa 70 pensioni di invalidità per i suoi elettori, anche in assenza dei presupposti previsti dalla legge. Il medico dell’Inps sarebbe stato corrotto attraverso regali ed altre utilità e anche attraverso l’intercessione con l’ex Rettore universitario Roberto Lagalla, oggi assessore regionale all’Istruzione e destinatario di un’informazione di garanzia, per l’aggiudicazione di una borsa di studio a favore della figlia presso l’Università di Palermo. Proprio per questo l’assessore Lagalla è indagato per corruzione». Quei benefit socioassistenziali sarebbero state assegnati a persone in grado di garantire “un cospicuo pacchetto di voti certi”.
VIOLAZIONE DI SEGRETI ISTRUTTORI E POSTI DI LAVORO
Lo Sciuto, inoltre, «godeva del rapporto privilegiato con il presidente dell’ente di formazione professionale Anfe (Associazione Nazionale Famiglie Emigrati), Paolo Genco, anch’egli tratto in arresto, con il quale creava uno stabile accordo corruttivo». L’ex parlamentare garantiva «riusciva infatti ad ottenere assunzioni per persone da lui segnalate oltre che appoggio elettorale e finanziario – dicono gli investigatori – In cambio intercedeva al fine di agevolare la concessione dei finanziamenti a favore dell’ente». L’indagine, inoltre, ha portato alla luce episodi di violazione del segreto istruttorio e favoreggiamento nei confronti l’ex deputato regionale siciliano di Forza Italia arrestato da parte di appartenenti alle forze dell’Ordine e di esponenti politici regionali come l’ex presidente dell’Ars Francesco Cascio: «accusato di aver rivelato a Lo Sciuto l’esistenza delle intercettazioni di Trapani dopo averlo saputo dall’allora segretario del ministro dell’Interno Angelino Alfano, Giovannantonio Macchiarola, oggi dirigente Eni, che è indagato per rivelazione di notizie riservate». Per questo sono finiti in carcere anche tre poliziotti: uno presta servizio alla questura di Palermo, uno a Castelvetrano e uno alla Dia di Trapani. Circostanze inquietanti che riportano alla memoria le ben più gravi distruzioni di prove chiave nell’inchiesta sull’omicidio del Mauro Rostagno che indagava sul Centro Culturale Scontrino e sulla logge massoniche ad esso connesse. Una vicenda talmente complessa, inquietante ed amara, per l’assoluzione in Cassazione del presunto assassino (condannato a due ergastoli in primo e secondo grado) nonostante la condanna del mandante, che merita un successivo approfondimento. Oggi è interessante approfondire il ruolo strategico che avrebbe avuto la massoneria a Castalvetrano anche nei rapporti con la mafia, come evidenziato dalla già citata Commissione parlamentare.
CASTELVETRANO, REGNO DEL LATITANTE MESSINA DENARO
«Nonostante la mafia trapanese sia un’espressione tradizionale di Cosa Nostra, già tendente di per sé al controllo economico e istituzionale di un territorio, essa ha caratteristiche proprie che assumono rilievo sia sulla sua particolare capacità di infiltrazione nella res publica sia sulla centralità, in siffatti affari, della cittadina di Castelvetrano. In particolare, l’attuale capo della mafia della provincia di Trapani, il latitante Matteo Messina Denaro, da almeno un ventennio gestisce l’associazione mafiosa e il suo rapportarsi con il territorio secondo regole solidaristiche volte all’acquisizione del consenso degli associati e della società civile. L’imprenditoria, ad esempio, non è vessata dall’imposizione del pizzo ma riceve l’aiuto economico e il sostegno mafioso offrendo in cambio, sinallagmaticamente, la titolarità di quote delle imprese. Pertanto, già la sola contrattazione della pubblica amministrazione con le società private, di fatto, finisce talvolta per avvantaggiare e rafforzare l’associazione mafiosa». Comincia così il paragrafo 2 del Documento XXIII n. 33 agli atti della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul fenomeno delle Mafie e sulle altre Associazioni Criminali presieduta da Rosy Bindi. Il rapporto è stato approvato il 21 dicembre 2017 ed è menzionato con ampio risalto nella successiva relazione finale dell’organismo composto da deputati e senatori della passata legislatura (2013-2018) nella quale si fa subito riferimento alle inchieste ma ovviamente non a quella recente che era ancora coperta dal segreto istruttorio. Nel testo compare spesso il riferimento al Tuel, ovvero il Testo Unico Enti Locali. «Significativi sono, al riguardo, sia i numerosi procedimenti penali sui condizionamenti degli appalti dove si evince, ancora una volta, l’assoggettamento dei pubblici interessi a quelli di cosa nostra e del suo leader Matteo Messina Denaro, sia, soprattutto, i diversi scioglimenti delle amministrazioni del trapanese ex articolo 143 TUEL (sette enti dal 1992 al 2012) e i molteplici provvedimenti di accesso ispettivo adottati negli anni, sebbene non conclusi con la misura sanzionatoria, fino a giungere, come si dirà, al giugno 2017 con lo scioglimento per infiltrazioni mafiose dello stesso comune di origine del latitante – rilevano i parlamentari – In tale contesto, la cittadina di Castelvetrano è al centro delle dinamiche mafiose della provincia di Trapani non solo quale luogo natale dei Messina Denaro, ma soprattutto perché Matteo Messina Denaro da sempre amministra Cosa Nostra trapanese attraverso una cerchia di stretti parenti e di fidati amici lì residenti che gli consentono, a tutela della sua latitanza, di evitare una continua permanenza in quel territorio e di mantenere comunicazioni diradate con gli associati».
PROFANATA ANCHE LA TOMBA DEL PARENTE PENTITO
«Per comprendere quanto sia forte e determinante la presenza occulta di Messina Denaro a Castelvetrano, basti richiamare le recenti vicende del defunto Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito, del capomafia e unico soggetto di quell’ambito familiare che ha reso dichiarazioni collaborative con la giustizia così minando, per la prima volta, l’intangibilità di una famiglia di sangue che è, al contempo, una “famiglia” mafiosa. Ebbene, non solo egli e i suoi figli hanno subìto l’isolamento da parte di taluni concittadini, ma dopo la sua improvvisa morte, avvenuta nel gennaio del 2017 a causa di una grave malattia, nel successivo mese di maggio la sua tomba è stata profanata». La relazione dei membri di Camera e Senato fa riferimento al fatto che qualcuno aveva staccato la statuetta in marmo di un angelo dalla lapide e strappato via anche la foto di Cimarosa. «Del resto, basti pensare alle agghiaccianti dichiarazioni rese sul punto proprio da uno dei candidati sindaco di Castelvetrano nell’ultima tornata elettorale (che poi non ha avuto luogo per l’intervenuto provvedimento ex articolo 143 TUEL). In una registrazione diffusa tramite i social, egli, negando l’esistenza della mafia, inveiva contro il figlio del collaboratore invitandolo a prendere le distanze dalla scelta del padre, accusava la magistratura e, di converso, elogiava la criminalità organizzata della quale condivideva pubblicamente le ragioni della devianza. È in tale peculiare contesto ambientale, dunque, che si verificavano una serie di accadimenti che, nell’estate del 2016, portavano la Commissione parlamentare antimafia a svolgere una missione a Trapani. In particolare, era accaduto che, nel novembre 2014, uno dei consiglieri comunali di Castelvetrano era stato tratto in arresto per delitti di mafia. Nell’ambito della relativa inchiesta, tra l’altro, era stata registrata una conversazione di costui che, a un altro consigliere comunale, raccontava del suo legame con la famiglia dei Messina Denaro, delle visite e degli incontri sia con Francesco Messina Denaro (padre di Matteo) quando questi era latitante, sia con lo stesso Matteo, anch’egli latitante, enfatizzando la commozione che tali contatti gli procuravano e la sua devozione verso quei personaggi».
SEI LOGGE MASSONICHE IN UNA PICCOLA CITTA’
Ma anche in quella circostanza come in tante altre le indagini delle forze dell’ordine vengono vanificate dalla giustizia che segue un corso opposto in merito al presunto confidente del superboss ricercato: «Il consigliere veniva sospeso dalla carica ma poi reintegrato in seguito alla sua assoluzione in primo grado del dicembre 2015. Il suo rientro, però, nel marzo 2016, determinava, proprio in relazione al contenuto di quelle intercettazioni, le dimissioni di 28 consiglieri comunali (su 30) e, dunque, il commissariamento del consiglio comunale di Castelvetrano con la nomina, il 24 marzo 2016, da parte della Regione siciliana, di un magistrato in pensione. In base alla normativa regionale, invece, il sindaco e la giunta rimanevano in carica – si legge sempre nel citato documento parlamentare – Qualche mese dopo, appunto nell’estate del 2016, a trent’anni dalla scoperta a Trapani della loggia segreta “Iside 2”, nata sotto l’insegna del circolo culturale “Scontrino”, e in cui, accanto a personaggi delle istituzioni, sedevano i boss mafiosi di maggiore rilievo, si ritornava a parlare di massoneria quale possibile luogo chiave, secondo alcune inchieste della procura di Trapani e di Palermo, per la composizione di interessi mafiosi, politici e imprenditoriali, compresi quelli riconducibili a Messina Denaro. Al di là degli esiti di tali indagini, peraltro ancora in corso, le forze dell’ordine e la prefettura evidenziavano sin da subito che nel pur piccolo comune di Castelvetrano insistono diverse logge massoniche: 6 sulle 19 operanti nell’intera provincia di Trapani». Ma in riferimento ai dati la relazione evidenzia in una nota a piè pagina che la concentrazione di liberi muratori, come si definiscono gli affiliati alla massoneria, potrebbe essere ben più elevata: «Peraltro, dalla rilevazione effettuata dalla Commissione nel corso dell’inchiesta, con riguardo alle sole quattro obbedienze prese in esame (GOI – Grande Oriente d’Italia, GLI – Gran Loggia d’Italia degli Alam, GLRI – Grande Loggia Regolare d’Italia, SGLI – Serenissima Grande Loggia d’Italia), sono state censite a Castelvetrano dieci logge massoniche, di cui almeno tre sciolte o sospese. Approfondimenti sulla presenza massonica nel comune di Castelvetrano sono contenuti anche nella relazione predisposta dalla commissione di accesso che ha condotto allo scioglimento del Comune ai sensi dell’articolo 143 del TUEL».
BEN 21 MASSONI NEI CONSIGLI COMUNALI
La relazione si sofferma poi sull’alto numero dei massoni impegnati in politica a Castelvetrano, tra cui figurerebbe, secondo i magistrati, anche l’ex consigliere comunale Giuseppe Berlino, assistente parlamentare di Lo Sciuto ed arrestato nell’inchiesta Artemisia (ora ai domiciliari): «Nella amministrazione comunale castelvetranese, già storicamente oggetto degli interessi mafiosi ma anche, come detto, dimora di qualche sostenitore del latitante, vi era un’elevata presenza di iscritti alla massoneria tra gli assessori (4 su 5), tra i consiglieri (7 su 30), tra i dirigenti e i dipendenti comunali. Anzi, la stessa Prefettura di Trapani segnalava che gli elenchi ufficiali degli iscritti nel trapanese apparivano incompleti per difetto e, pertanto, non era possibile ottenere una descrizione d’insieme del fenomeno». Il riferimento dell’atto conclusivo è in questo passaggio soltanto alla consiliatura del sindaco Errante, al termine del cui mandato è avvenuto lo scioglimento. Ma come evidenzia anche il sito d’informazione trapanese TP24 facedo riferimento a tutti i dettagli delle investigazioni parlamentare sugli anni dal 2007 al 2012_ «In quel periodo, 8 consiglieri su 30 appartenevano, o avevano chiesto di entrare nel Grande Oriente d’Italia e nella Gran Loggia Regolare d’Italia. Nella prima giunta, insediata il 28 giugno del 2007, secondo la Commissione, c’era un massone della Glri e forse un altro della stessa loggia, poi depennato nel 2009. Il “forse” è d’obbligo, visto che nell’elenco al nominativo non è associato né il luogo né la data di nascita. Anche nella nuova giunta del marzo 2009, secondo quanto emerge dalla relazione, c’è un’iscritta in una loggia di Ragusa della Gli. Infine, un iscritto della Glri ed un altro del Goi sono presenti anche nella giunta del 2011. Ed uno dei nuovi assessori dell’agosto 2011 è presente nei piè di lista di una loggia della Gli. I numeri sono poi aumentati sensibilmente durante la consiliatura Errante. Nel nuovo Consiglio comunale del 2012, troviamo 11 iscritti: 5 a logge della Glri, 4 al Goi e 2 a logge della Gli. Nel 2015 poi, gli assessori massoni diventano 5 su 12 membri complessivi della giunta. Insomma, negli ultimi 10 anni, tra consiglieri ed assessori, ci sarebbero stati secondo la Commissione “almeno 17 iscritti alle quattro obbedienze di cui si dispongono gli elenchi”. Se si considera che negli elenchi della Glri, ci sono altri 4 omonimi di consiglieri comunali, risultati depennati e quindi mancanti di informazioni su luogo e data di nascita, gli amministratori pubblici salirebbero a 21».
L’ARRESTO DI UN ALTRO EX DEPUTATO E SINDACO
«La Commissione, quindi, procedeva, nel corso della missione, a una serie di audizioni, in buona parte segretate, delle autorità locali, di consiglieri comunali che si erano apertamente schierati contro Messina Denaro e, per questo, erano divenuti bersaglio di attentati e minacce, nonchè della magistratura trapanese (il procuratore della Repubblica di Trapani e i giudici che avevano trattato il caso dell’omicidio Rostagno) sulle indagini in corso e sugli aspetti particolarmente inquietanti di una serie di gravi delitti consumati in quella provincia – prosegue la relazione dei parlamentari – Poco più tardi giungeva la definitiva ed eclatante conferma del fondamento delle preoccupazioni della Commissione. Risultava evidente e documentato, infatti, che quello stesso comune di Castelvetrano, popolato anche da numerosi appartenenti alle diverse logge massoniche, aveva subìto l’infiltrazione mafiosa e veniva sciolto ai sensi dell’articolo 143 del TUEL». In una nota i relatori rammentano però che «la gravità della situazione aveva portato il prefetto di Trapani, nel dicembre 2016, a disporre un’attività di monitoraggio nei confronti di quell’amministrazione comunale» propedeutica alla procedura di commissariamento iniziata nel marzo 2017 con l’insediamento della commissione d’indagine prefettizzia autorizzata dal Ministero dell’Interno. «A Trapani, del resto, nel mese di giugno 2017, nel pieno della campagna elettorale, è stato raggiunto da provvedimento cautelare Girolamo Fazio (ex deputato regionale ancora indagato nell’inchiesta Mare Nostrum – ndr), già sindaco e candidato alle elezioni amministrative; le elezioni sono state invalidate per il mancato raggiungimento del quorum dei votanti e al posto del sindaco si è insediato un commissario. Nel solo 2017 altre importanti inchieste si sono susseguite a ritmi serrati: per motivi di mafia il tribunale di Trapani ha disposto importanti misure di natura personale e patrimoniale nei confronti di politici come Giuseppe Giammarinaro, ex parlamentare regionale; a novembre è stato sottoposto a misura di prevenzione patrimoniale Gianfranco Becchina, noto mercante d’arte, ritenuto vicino a Matteo Messina Denaro, e suo finanziatore; sono stati disposti sequestri e confische per molti milioni di euro».
BANCA COMMISSARIATA E GRAN MAESTRO RETICENTE
«Ancora, in provincia di Trapani, per la prima volta è stata disposta l’amministrazione giudiziaria ex art. 34 decreto legislativo n. 159 del 2011, di un istituto di credito, la banca di credito cooperativo “Sen. Pietro Grammatico”, con sede legale in Paceco (poi acquistata dalla Banca Don Rizzo – ndr). Attualmente, nel trapanese, è censita inoltre la presenza di circa 200 soggetti, già detenuti per reati di mafia e di traffico di stupefacenti che, scontata la pena, sono ora in stato di libertà. All’esito, dunque, della missione di Trapani, delle dichiarazioni rese dalla Presidente e dai membri della Commissione nella conclusiva conferenza stampa, delle successive reazioni giornalistiche degli assessori massoni che si sentivano criminalizzati dall’attenzione delle istituzioni sulla vicenda di Castelvetrano, Stefano Bisi, gran maestro dell’associazione massonica denominata “Grande oriente d’Italia” (GOI) chiedeva, con lettera del 28 luglio 2016, di essere audito per esporre la posizione della sua “obbedienza” rispetto alla possibile permeabilità mafiosa.
La Commissione antimafia accoglieva con vivo interesse quella richiesta e, pochissimi giorni dopo, il 3 agosto 2016, Stefano Bisi veniva audito in plenaria a Palazzo San Macuto – rimarcano i parlamentari – L’atteggiamento assunto dal gran maestro, però, lungi dall’apparire trasparente e collaborativo nel perseguimento dell’obbiettivo, che si riteneva dovesse essere comune, di impedire l’inquinamento mafioso di lecite e storiche associazioni private, si rivelava di netta chiusura e di diffidenza verso l’Istituzione. Da qui, dunque, trae origine la necessità da parte della Commissione di avviare gli opportuni approfondimenti anche attraverso l’esercizio dei poteri d’inchiesta parlamentare».
NORMATIVA INADEGUATA CONTRO LE LOGGE SEGRETE
Torneremo in successivi reportage sui contenuti dello sconcertante rapporto che ha analizzato molteplici intrecci tra massoneria e mafia non solo in Sicilia ma anche in Calabria (emersi anche nelle indagini Gotha e Mamma Santissima) per ora mi soffermo sulle conclusioni della Commissione bicamerale d’Inchiesta. «È stato evidenziato dallo stesso mondo massonico come in Italia, e in particolar modo nelle regioni del centro-sud, sia presente un florilegio di numerose piccole “obbedienze”, con dichiarate finalità lecite, considerate alla stregua di massonerie irregolari o di logge spurie. Così come è stato segnalato che esistono canali di dialogo tra queste entità associative e la massoneria regolare» hanno scritto i parlamentari evidenziando la necessità che il lavoro dovesse proseguire per non trascurare «l’approfondimento del mondo magmatico delle massonerie irregolari, del loro potenziale relazionale, dell’atteggiarsi delle mafie nei loro confronti. Appare infine auspicabile che nella prossima legislatura il Parlamento valuti quanto prima, da un lato, come e quando inserire nel proprio programma dei lavori l’argomento oggetto della presente relazione, ai fini delle opportune modifiche alla legislazione vigente». In particolare la l’orgaismo ispettivo del Parlamento ha evidenziato che «la pena edittale prevista (fino a 5 anni per il caso di promotori dell’organizzazione criminale, e fino a due anni nei casi di partecipazione), dà luogo sia a termini di prescrizione tali da non consentire indagini approfondite (che si rivelano invece di particolare complessità, anche per le difficoltà intrinseche nell’individuazione di un’associazione che è segreta per definizione), sia a un sistema investigativo privo di strumenti fondamentali, come quello delle intercettazioni». Ed ha suggerito di «modernizzare la legge n. 17 del 1982 trattando la fattispecie associativa in essa contemplata al pari di altre associazioni per delinquere previste nel nostro ordinamento e inserendola tra i reati di competenza delle procure distrettuali».
Una risposta all’allarme lanciato dalla Commissione presieduta da Rosy Bindi è di fatto giunta dalla Procura di Trapani che ha concluso le indagini avviate da oltre un anno ed ha fatto scattare gli arresti dell’ex deputato regionale Lo Sciuto e degli altri politici suoi presunti complici nei molteplici reati. Per una questione tecnica sulla competenza territoriale – come sovente capitato ai fascicoli su crimini mafiosi dei compianti giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino rimbalzati da un palazzo di giustizia all’altro o frammentati in inchieste spezzatino – l’inchiesta. anche se i pm trapanesi hanno già annunciato ricorso in Cassazione sulla competenza territoriale, rischia però ora di essere trasferita a Palermo dove dovrà essere nuovamente vagliata ai procuratori locali i quali poi dovranno decidere se, come e nei confronti di chi proseguirla. Una cavillosità burocratica nella quale sono spesso naufragate le inchieste sulle massoneria, tra cui quella della Procura di Palmi iniziata nel 1992 dal giudice Agostino Cordova e archiviata nel 2000 a Roma, insieme al senso di legalità e giustizia dell’Italia: il paese con la mafia più antica, ramificata e potente del mondo. Non va dimenticato infatti che, secondo il giudice Rocco Chinnici, ucciso da un’autobomba insieme alla sua scorta a Palermo il 29 luglio 1983 su mandato di un massone, la mafia nacque insieme all’Unità d’Italia nel 1961. O forse un anno prima: quando Giuseppe Mazzini, indicato da molti come l’inventore di questa associazione criminale, ricevette il 33° grado entrando nella loggia del Supremo Consiglio di Palermo. Dove negli anni Ottanta sedeva anche il mandante dell’attentato a Chinnici…
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI
IL FATTO QUOTIDIANO – 27 ARRESTI NELLA LOGGIA MASSONICA
ADNKRONOS – POLITICI TRA GLI ARRESATI
IL SITO DI SICILIA – NOMI DI TUTTI GLI ARRESTATI
IL FATTO QUOTIDIANO – LIBERATO IL POLITICO PER QUESTIONI TECNICHE