LE INFAMI GUERRE PER L’ENERGIA:
DALLE STRAGI IN LIBIA, SIRIA E UCRAINA
AGLI ATTENTATI AEREI A MATTEI,
IN LOTTA CON LE 7 SORELLE E LA P2,
E AL SEGRETARIO ONU HAMMARSKIOLD,
COMMEMORATO ANCHE DA CHAGALL
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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Radix enim omnium malorum est cupiditas
San Paolo dI Tarso
(Nuovo Testamento, lettera prima a Timoteo, 6, 10
La cupidigia è la radice di ogni male. Lo scrisse l’apostolo Paolo nel primo secolo dopo Cristo ma oggi nel terzo millennio è una brutale realtà sotto gli occhi di tutti che viene però camuffata dal mainstreaming attraverso concezioni positiviste e scientiste che dichiarano di mirare al miglior benessere dell’umanità. Non mi soffermerò in questa sede ad analizzare l’enorme business privato internazionale sulla gestione delle fonti idriche e delle surgive di acque minerali, un bene primario dell’uomo che è già pronto per diventare riservato ad un’élite, voglio invece scrivere della spietata caccia ai giacimenti di risorze energetiche e preziose che mette in correlazione tre infami guerre internazionali con più di mezzo milione di morti, Libia, Siria ed Ucraina, e due clamorosi attentati nella storia, quello del presidente dell’Eni Enrico Mattei e del segretario dell’Onu Dag Hammarskjold, avvenuti a distanza di un anno ed entrambi per incidenti aerei provocati da occulte cospirazioni.
“SEGRETARIO ONU UCCISO”: DOPO 58 ANNI GLI 007 BRITANNICI ANCORA OCCULTANO I DOSSIER
LA CACCIA AL PETROLIO DEL NUOVO ORDINE MONDIALE
La prima considerazione da compiere è che mentre un tempo una nazione ne attaccava un’altra per interessi economici senza bisogno di giustificare il suo intervento in altri modi che con un banale casus belli ed una dichiarazione di guerra, oggi, nell’era dell’informazione globalizzata ed ultraveloce, gli esponenti dell’alta finanza e della politica propugnatori della vecchia tesi del Nuovo Ordine Mondiale cercano di ottenere la benedizione dell’opinione pubblica motivando ogni azione militare come indispensabile per la difesa della democrazia e preparano il terreno ai propri attacchi bellici innescando e fomentando focolai di rivendicazioni religiose, vedi i musulmani facili a cedere alle sirene del Jihad, oppure etniche, come per la guerra civile tra filoeuropeisti, nuova cultura impiantata in Ucraina, e filorussi, da sempre componente numericamente importante nel paese.
Alla base di ogni guerra c’è sempre e soltanto l’interesse economico per accaparrarsi qualche prezioso traffico commerciale secondo la filosofia atavicamente cara al colonialismo britannico. Il riferimento al Nuovo Ordine Mondiale non è casuale: basti pensare che i suoi grandi sostenitori nel XIX secolo furono tre illustri massoni: il segretario di Stato della Gran Bretagna Lord Palmerston, propulsore della guera dell’oppio in Cina, Giuseppe Mazzini, progettista dell’Unità d’Italia con gli stessi massoni inglesi che finanziarono la spedizione dei Mille per liberarsi in breve del Regno delle Due Sicilie e controllare le zolfatare già oggetto di contenziosi coi Borboni, e l’americano Albert Pike, fomentatore della Guerra di Secessione americana, brigadiere generale dell’esercito dei Confederati del Sud, considerato il “papa” della Massoneria di Rito Scozzese negli Usa, fondatore del Ku Klux Klan ed arcigno oppositore alla messa al bando della schiavitù dei negri d’America, risorse gratuite per le grandi piantagioni dei paesi sudisti (vedi link Massoneria e Grandi crimini in fondo all’articolo).
LE GUERRE IN LIBIA, SIRIA E UCRAINA
Con il benestare dell’Italia, Francia ed Inghilterra, nazioni esperte in golpe africani come testimoniano ancora oggi i 14 stati che devono pagare tributi ai francesi, hanno rovesciato il regime di Mu’Ammar Gheddafi, una monarchia assoluta dispotica che rappresentava però l’unica forma di governo stabile per una nazione culturalmente arretrata ed etnicamente frammentata in clan ancestrali di origine tribale, mettendo la Libia a ferro e fuoco per poter avvinghiare le riserve di petrolio di cui è ricca. Il sostegno coi bombardieri alla lotta del Consiglio Nazionale di transizione non andò a buon fine tanto dopo la Prima guerra civile in Libia (17 febbraio – 20 ottobre 2011) e l’intervento militare alleato per uccidere Gheddafi (19 marzo – 31 ottobre 2011) il paese precipitò in una Seconda Guera Civile (16 maggio 2014 – in corso) ancora in essere tra due governi rivali: da una parte quello internazionalmente riconosciuto, basato nella città orientale di Tobruk e sostenuto dalla Camera dei rappresentanti e dall’operazione Dignità del generale Haftar; dall’altra parte il governo basato nella capitale Tripoli e sostenuto dal Nuovo Congresso Nazionale Generale e dalla coalizione di Alba Libica, che stanno organizzando le elezioni presidenziali di dicembre in un clima di acute tensioni.
CENTINAIA DI MORTI IN LIBIA SULLA COSCIENZA SPORCA DI NAPOLITANO
Una situazione politica di estrema ostilità reciproca tale da indurre ad inferire che nemmeno il presidente eletto avrà vita facile, come sta accadendo in Iraq. Un conflitto in cui hanno perso la vita circa 8mila persone tra combattenti e civili nel periodo più rovente degli scontri tra il 2014-2016. Una guerra di fatto inventata dagli occidentali il cui sostegno fu fondamentale per i ribelli contro Gheddafi e voluta per i grandi giacimenti di petrolio che nel corso della Seconda Guerra Civile attirarono l’attenzione anche dell’Isis, il quale prese il controllo di alcuni pozzi di estrazione per finanziare così la propria attività terroristica in Siria.
Il sostegno degli alleati internazionale ai ribelli siriani che vedono in prima fila Usa, Inghilterra e Francia, e a singhiozzo la Turchia, è stato a sua volta determinante a garantire la resistenza delle varie formazioni jihadiste (Isis, Al Qaida, Al Nusra) che hanno fiancheggiato la Coalizione Nazionale Siriana nel tentativo di rovesciare il governo legittimamente eletto di Bashar Al Assad ed eliminare la struttura istituzionale monopartitica del Partito Ba’th di religione Alawita. Una guerra civile che è divenuta di fatto internazionale anche per il sostegno della Russia ad Assar, in quanto in Siria c’è l’unico porto russo sul Mediterraneo. L’esistenza di questa roccaforte delle forze aeronavali di Vladimir Putin, alleate ed ospiti nel paese come in Italia ci sono le basi Usa della Nato, da sola avrebbe dovuto scongiurare il sostegno dei ribelli e le azioni militari della coalizione Nato che solo per la grande pazienza del nuovo zar non è sfociata ancora in una Terza Guerra Mondiale.
Ma proprio grazie ai finanziamenti e ad agli armamenti occidentali i rivoltosi e soprattutto l’Isis, il terzo incomodo spesso combattente in autonomia, sono riusciti a resistere fino portando i morti in Siria alla vergognosa ed astronomica cifra di 500mila vittime. Un conflitto sulla pelle di una popolazione multireligiosa dove, grazie ad Assad, convivono da sempre Alawiti, Sciiti, Cristiani e Sunniti (la maggioranza): ma proprio le frange estremiste di questi ultimi ed in particolare i Salafiti mirano ad imporre una teocrazia governata dalla legge coranica Sharia simile a quella di altri paesi arabi. In queste ore c’è il rischio di una nuova esacerbazione del conflitto per l’ultimo attacco che l’esercito regolare siriano vuole portare ad Idlib, ultimo baluardo dei ribelli.
In Ucraina la guerra civile nel Donbass filorusso è scoppiata dopo le proteste di piazza Euromaidan da parte dei sedicenti filoeuropeisti contrari alle scelte del presidente legittimamente eletto Viktor Yanucovich. In un altro articolo (link a fondo pagina) si è analizza nel dettaglio questo conflitto che si basa su poche certezze: i manifestanti ed i poliziotti uccisi durante le barricate a Kiev nel febbraio 2014 sono caduti entrambi per i proiettili di cecchini mercenari; dopo due mesi dalla fuga di Yanucovich l’avvocato Hunter Biden, il secondogenito del vicepresidente Usa Joe Biden, braccio destro di Barack Obama indicato dal Bilderberg (Nwo), è entrato nella società ucraina Burisma che detiene molte concessioni per estrarre gas di scisto e petrolio proprio nella regione del Donbass che non ha voluto accettare il golpe “militare” e combatte per la difesa degli interessi della popolazione filorussa. I morti sono già circa 10mila ed anche qui questo conflitto a distanza tra occidente, Nato e Russia sembra destinato a lasciare sul terreno altre migliaia di morti. Anche qui le risorse energetiche sono l’obiettivo primario che ha aizzato l’intervento dei golpisti filoamericani prima che filoeuropeisti. Come avvenuto per i due clamorosi attentati del XX secolo…
LA BOMBA SULL’AEREO DI MATTEI
Basta la sintesi illuminante fatta da Wikipedia per inquadrare al meglio la vicenda di Enrico Mattei (Acqualagna, 29 aprile 1906 – Bascapè, 27 ottobre 1962): «è stato un imprenditore, partigiano, politico e dirigente pubblico italiano. Figlio di un carabiniere, fondò una piccola azienda chimica. Durante la Seconda Guerra Mondiale prese parte alla Resistenza, divenendone una figura di primo piano e rappresentandone la componente “bianca” in seno al CLNAI. Nel 1945 fu nominato commissario liquidatore dell’AGIP. Disattendendo il mandato, egli ne fece, invece, una multinazionale del petrolio (dal 1952 ENI), protagonista del miracolo economico postbellico. Mattei fece dell’ENI, Ente Nazionale Idrocarburi, anche un centro d’influenza politica, attraverso la proprietà di media quali il quotidiano Il Giorno e finanziamenti ai partiti. Sempre vicino alla sinistra democristiana, morì nel 1962 in un misterioso incidente occorso al suo aereo personale, nei pressi di Bascapè. Nel 2012 una sentenza di un processo collegato, quella sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro che indagava sul fatto, ha riconosciuto ufficialmente che Mattei fu vittima di un attentato» causato dalla deflagrazione di un ordigno esplosivo sistemato sul velivolo.
A segnare il destino di Mattei furono indubbiamente due fatti: uno di natura commerciale e l’altro di rilevanza politica. Egli cercò di far entrare l’Agip nel “Consorzio per l’Iran”, il cartello delle sette principali compagnie petrolifere del tempo, creato per far tornare sui mercati il petrolio iraniano dopo la conclusione della Crisi di Abadan. Entrando nel “Consorzio per l’Iran” l’Agip avrebbe ottenuto quell’accesso diretto alla materia prima che le mancava, ma la richiesta di Mattei fu respinta ma lui non si diede per vinto contro quelle che lui stesso battezzò allora delle “sette sorelle”. L’Eni cercò allora il rapporto diretto con lo Scià di Persia e la NIOC ottenendo una concessione a condizioni particolarmente favorevoli per l’Iran, ma attirandosi in tal modo l’inimicizia del cartello.
L’altro errore fu quello di contrapporsi ad un uomo potente della massoneria: il suo vice nell’Eni Eugenio Cefis, già compagno partigiano di Mattei in Val d’Ossola, che entrò in contrasto con il presidente dell’Eni, fino a lasciare la vicepresidenza, contestandogli la sua linea ritenuta troppo filo-araba in opposizione alle Sette Sorelle. A raccontare con fior di dettagli questa relazione è il giornalista Gianni D’Elia in un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 2 aprile 2016: «Il giudice Vincenzo Calia, dopo dieci anni di indagini, ha archiviato il caso il 20 febbraio 2003 presso il Tribunale di Pavia, provando l’attentato ma dichiarando il muro del segreto politico italiano. Come il giornalista De Mauro e il giudice Scaglione, l’uno sparito per sempre il 16 settembre 1970 e l’altro ucciso per strada a Palermo il 5 maggio 1971, Pasolini indagava su Mattei, attirato anche lui dalla calamita delle rivelazioni di Graziano Verzotto, ex uomo dell’Eni di Mattei in Sicilia ed ex capo democristiano, senatore e segretario regionale, nemico di Cefis. Secondo due appunti segreti del Sismi e del Sisde scoperti dal giudice Vincenzo Calia, Cefis aveva fondato la loggia P2 per poi passarla al duo Gelli-Ortolani, per paura, dopo lo scandalo dei petroli, tra il 1982 e il 1983. Era questa la bomba di Petrolio?». Il giornalista fa riferimento al romanzo Petrolio di Pier Paolo Pasolini: «scritto tra il 1972 e il giorno della sua esecuzione (nella notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975), è come una bomba che non è esplosa. È stata disinnescata dal suo delitto, pubblicata diciassette anni dopo, quasi sicuramente monca, con un intero “paragrafo” che è volato via ed è stato fatto brillare altrove, dove i Lampi sull’Eni non hanno fatto rumore, né vera luce». A quali lampi fa riferimento l’articolo? Eccoli: « Pasolini aveva capito forse troppe cose, non solo del delitto Mattei ma anche delle stragi di Stato, di cui quel delitto è la prima pietra, o forse la seconda, se la strage di Portella della Ginestra del 1947 è la prima, fino alla strage di Bologna del 1980 e alle stragi di mafia del 1992-93, tra azioni omicide, falsi e depistaggi abnormi». Si legga al riguardo l’articolo Massoneria e Stragi, link in fondo alla pagina.
Ma torniamo all’incidente aereo. Il magistrato Vincenzo Calia, che aveva riaperto il caso, sulla base delle sue risultanze si spinse ad affermare che «l’esecuzione dell’attentato venne pianificata quando fu certo che Enrico Mattei non avrebbe lasciato spontaneamente la presidenza dell’ente petrolifero di Stato». «L’onorevole Oronzo Reale ha affermato che il mandante dell’omicidio di Mattei era stato il suo ex braccio destro all’ENI Eugenio Cefis, che pochi mesi prima era stato costretto alle dimissioni dallo stesso Mattei quando questi si sarebbe reso conto che Cefis era manovrato dalla CIA. Cefis era inoltre membro della loggia massonica segreta P2 – scrive Wikipedia citando un passo del libro di Antonio Giangrande “L’Italia delle mafie e delle massonerie” – Pochi giorni dopo l’attentato Cefis fu reintegrato nell’ENI come vicepresidente e successivamente ne divenne presidente stesso. Cefis non fu mai incriminato ufficialmente».
Non bisogna peraltro dimenticare che lo stesso Mattei sarebbe stato oggetto di una missiva intimidatoria da parte di un’organizzazione terroristica marocchina Organisation armée secrète (OAS), per i manifesti interessi dell’Ente Nazionale Idrocarburi ai giacimenti del Marocco in concorrenza con la Francia che da sempre gestiva le risorse del paese. Inoltre avrebbe avuto contatti con il Kgb proprio nel momento culminante della guerra fredda tanto da divenire inviso alla Cia. Secondo alcune ricostruzioni il 26 ottobre 1962 lasciando la moglie per partire per la Sicilia, Mattei la salutò dicendole che poteva anche darsi che non sarebbe più tornato. La sera del giorno dopo, il 27 ottobre, il Morane-Saulnier MS-760 Paris I-SNAP su cui stava tornando a Milano da Catania, precipitò per attentato da parte ad oggi di ignoti, nelle campagne di Bascapè (un piccolo paese in provincia di Pavia) mentre era in avvicinamento all’aeroporto di Linate si presume a causa di un ordigno esplòosivo. Morirono tutti gli occupanti: Mattei, il pilota Irnerio Bertuzzi e lo statunitense William McHale, giornalista della testata Time–Life, incaricato di scrivere un articolo su Mattei. Secondo alcuni testimoni, il principale dei quali era il contadino Mario Ronchi (che in seguito ritrattò la sua testimonianza), l’aereo sarebbe esploso in volo. A questo attentato seguì la scomparsa del giornalista de L’Ora che stava indagando: «Il 7 agosto 2012, una sentenza della Corte D’Assise di Palermo dichiarò che l’omicidio De Mauro è stato voluto da “mandanti occulti”, a causa di ciò che il giornalista aveva scoperto riguardo alla natura dolosa dell’incidente in cui era stato vittima Enrico Mattei».
L’AEREO DEL SEGRETARIO ONU PRECIPITATO
Sono davvero molte le amalogie tra l’attentato a Mattei e quello presunto al segretario delle Nazioni Unite Dag Hjalmar Agne Carl Hammarskjöld (Jönköping, 29 luglio 1905 – Ndola, 18 settembre 1961), tanto da indurre a ritenere che il piano di eliminazione di quest’ultimo fu poi emulato per l’uccisione del presidente Eni. E’ stato un diplomatico, economista, scrittore e pubblico funzionario svedese. Fu presidente della Banca di Svezia, ma divenne noto internazionalmente quale segretario generale delle Nazioni Unite, carica ricoperta per due mandati consecutivi, dal 1953 fino alla sua morte nel 1961, occorsa a causa di un incidente aereo avvenuto in Africa meridionale durante una missione di pace. Gli fu conferito postumo il Premio Nobel per la pace per la sua attività umanitaria. Il giorno dopo il misterioso evento l’ex presidente degli Stati Uniti Harry Truman dichiarò alla stampa che Hammarskjöld: «Era sul punto di ottenere qualcosa quando l’hanno ucciso. Notate che ho detto ‘quando l’hanno ucciso’».
Ma qual’ era la missione tanto importante che il numero uno dell’Onu stava svolgendo e quale sarebbe stato il risultato tanto importante? A rispondere è lo storico Luciano Canfora nel suo libro Critica della retorica democratica, 2002: «E ora, dopo quarant’anni, nelle pagine molto interne dei giornali, leggiamo quello che abbiamo sempre saputo: che l’Union Minière condannò a morte (per “incidente aereo”) anche Hammarskjöld, il segretario generale dell’ONU, colpevole di opporsi alla secessione del Katanga, preda avita dell’Union Minière». La Union Minière du Haut Katanga (UMHK) fu una compagnia mineraria belga che operò nel Katanga, provincia dell’attuale Repubblica Democratica del Congo (inizialmente Stato Libero del Congo, quindi dal 1908 Congo Belga, dal 1972 Zaire). La compagnia fu creata il 28 ottobre 1906 come risultato della fusione di una compagnia creata da Leopoldo II del Belgio e la Tanganyika Concessions Ltd. Quest’ultima era una compagnia britannica creata da Robert Williams che iniziò le prospezioni minerarie nel 1899 ed ottenne i diritti di concessione nel 1900. La fusione aveva lo scopo di procedere con lo sfruttamento del bacino estrazioni minerario del Katanga. La nuova società era di proprietà della Société générale de Belgique, la maggiore holding belga (che controllava il 70% dell’economia congolese) e dalla Tanganyika Concessions Ltd. Alcuni resti della UMHK costituiscono parte della attuale Umicore.
Da abile diplomatico Hammarskjold si mosse in prima persona per risolvere le crisi internazionali: «Il suo impegno per l’Organizzazione è stato molto sentito: ha infatti cercato di allentare le tensioni tra Israele e i paesi arabi, negoziato il rilascio di 11 piloti statunitensi catturati in Cina durante la Guerra di Corea, è intervenuto attivamente durante la crisi di Suez ad ha anche, tra le altre cose, pianificato personalmente la creazione di una “sala di meditazione” all’interno del Palazzo di Vetro – scrive Laura Loguercio nel suo blog la Voce di New York – A partire dal 1960 egli si è fortemente legato alla causa della decolonizzazione dell’Africa e si stava in particolare dedicando alla difficile questione dell’indipendenza del Congo, allora ancora nelle mani del governo belga. È proprio in Congo che Hammarskjöld farà il suo ultimo viaggio. La morte l’ha colto quando l’aereo “Albertina” (un Douglas DC-6B) partito dalla capitale Léopoldiville (oggi Kinshasa) e diretto al campo di aviazione di Ndola è precipitato nel protettorato britannico dell’allora Rhodesia Settentrionale, cioè l’odierna Zambia. L’ex Segretario si trovava in Africa per negoziare un cessate il fuoco tra le forze ONU e le truppe katangesi di Moise Thsombe sostenute anche dal Belgio. Hammarskjöld morì sul colpo (almeno secondo quanto affermano le ricostruzioni ufficiali) e con lui persero la vita altre 14 altre persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio».
Nel 2016 l’allora segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, scomparso di recente, fece riaprire le indagini sull’incidente ma ben pochi sviluppi ci sono stati come si può leggere nella apposita pagina web creata dalla United Nations Associations sezione Westminster del Regno Unito. Si tratta di una libera associazione non governativa esterna all’Onu di promozione sociale e trasparenza delle attività del Palazzo di Vetro nei paesi dove è attiva (le prime sedi furono fondate in Usa e Gran Bretagna) e parte della World Federation United Nations Association fondata nel 1946 che ha sede a New York, Ginevra e Seoul: «I rapporti indicano che il magistrato della Tanzania, Mohamed Othman, in pensione, eminente incaricato di indagare su nuove prove sulla morte di Dag Hammarskjöld e degli altri, sta facendo buoni progressi nella sua missione. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha invitato i principali Stati membri delle Nazioni Unite (Canada, Stati Uniti, Regno Unito, Russia, Francia, Svezia, Sudafrica, Francia e Belgio) a nominare un’ufficiale indipendente e di alto rango per condurre una revisione interna dedicata dei loro archivi di intelligence, sicurezza e difesa. La maggior parte ha ora risposto positivamente». Un po’ pochino dopo 57 anni…
La tesi dell’attentato fu fortemente sostenuta nel libro “Who Killed Hammarskjöld? The UN, the Cold War and White Supremacy in Africa” pubblicato nel 2012 da Susan Williams. Il libro include anche preziose testimonianze risalenti alla notte della caduta dell’aereo. Charles Southall, un ex officiale navale americano che nel 1961 era stanziato a Cipro, ha per esempio dichiarato di aver ascoltato una registrazione in cui un pilota esultava per il crollo dell’aereo di Hammarskjöld: “Vedo un aereo che sta perdendo quota. Tutte le luci sono accese. Si, è il DC6, è quello, l’ho colpito! Ci sono delle fiamme, sta precipitando!”. Un altro americano di base a Candia, Grecia, ha invece riferito all’agenzia investigativa dell’ONU di aver intercettato un segnale radio in cui una persona con un forte accento straniero affermava: “Gli americani hanno appena colpito un aereo delle Nazioni Unite”. Altre fonti sudafricane riferiscono di complotti da parte dell’intelligence inglese (MI6) e americana (Cia) ma non si basano su documentazioni autentiche ma su copie; come nel mistero italiano della caduta del Dc) Itavia nel mare di Ustica: «Le torri di controllo dell’aeroporto di Ndola non hanno registrato alcun traffico la notte del 18 settembre (nonostante avessero tutte le attrezzature necessarie per farlo) e gli Stati Uniti hanno dichiarato di non aver avuti contatti radio con Hammarskjöld, anche se molti affermano il contrario» afferma sempre Laura Loguergio basandosi anche sull’inchiesta giornalistica condotta da Colum Lynch di Foreign Policy. Un’indagine in cui emerge come il progetto di nazionalizzazione delle miniere del Congo fosse fortemente contestato non solo dal Belgio ma anche da Inghilterra, Usa, Portogallo e Francia.
L’OMAGGIO DI CHAGALL AD HAMMARSKJOLD
La figura e la morte di Hammarskjold impressionarono molto un pittore di fama nazionale che doveva la sua fama proprio ad una grande antologica al Moma di New York, tenutasi nel 1946, al termine del suo esilio negli Usa per l’occupazione nazista della Francia. Stiamo parlando di Marc Chagall, l’artista bielorusso naturalizzato francese, che nel 1964 fece dono alle Nazioni Unite di una grande vetrata di circa 3 metri per 6 ispirata all’amore e alla pace universale, realizzata con il contributo dei dipendenti del Palazzo di Vetro. In realtà Chagall non volle mai rivelare la genesi di quell’opera per non dare adito a polemiche religiose. Ebreo di educazione yddish aderì al Cristianesimo senza mai rinnegare le sue origini ma quale continuazione delle stesse. Hammarskjold è stato uno dei più luminosi luterani della storia di Svezia, divenuto famoso anche proprio per il suo culto cristiano e la sua virtuosa vita al servizio del prossimo. Ecco che osservando le immagini fotografiche della vetrata e comparandole ad una delle opere del ciclo di 105 acqueforti sull’Antico Testamento, esposto a Barolo da Art & Wine Club lo scorso anno e realizzato tra il 1932 ed il 1956 da Chagall, emerge chiaramente la fonte dell’ispirazione. Sulla destra compare infatti il profeta Isaia in una visione cara all’artista e già oggetto di incisioni, gouache e di una grande tela al Museo del Messaggio Biblico da lui stesso fondato a Nizza.
Al centro ecco la riproduzione praticamente identica in ogni dettaglio dell’acquaforte Tempi Messianici (in riferimento alla profezia di Isaia 11) con la sola piccola variazione della mancanza dell’aureola sul Messia onde evitare la sua immediata identificazione con Cristo. In un angolo in alto a destra compaiono anche un crocifisso visto dall’alto, come il Cristo di San Giovanni della Croce di Dalì, e le tavole della legge. Ecco quindi svelato il segreto della vetrata chagalliana che non è solo un omaggio all’amore ed alla pace universale ma è una vera e propria testimonianza del messaggio messianico occultata per non creare imbarazzo ad una organizzazione laica come l’Onu che raggruppa nazioni di differenti religioni.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI
https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_Mattei
http://pasolinipuntonet.blogspot.com/2012/10/petrolio-la-bomba-di-pasolini-di-gianni.html
https://books.google.it/books?id=B1mEj0GtktIC&pg=PT489&lpg=PT489&dq=oronzo+reale+cefis+mattei&source=bl&ots=Gqvv_K0KpD&sig=MjUCdsRP5-0WhW-LvzVRW5ZIFig&hl=it&sa=X&ved=0CDkQ6AEwBWoVChMIiuHm146DyAIVSOwUCh2N3w6T#v=onepage&q=oronzo%20reale%20cefis%20mattei&f=false
https://it.wikipedia.org/wiki/Dag_Hammarskjöld
https://it.wikipedia.org/wiki/Union_Minière_du_Haut_Katanga
http://www.lavocedinewyork.com/onu/2016/08/25/chi-ha-ucciso-hammarskjold-lonu-fa-ripartire-le-indagini/
http://www.hurstpublishers.com/book/who-killed-hammarskjold/
http://www.hammarskjoldinquiry.info/
http://www.art-wine.eu/chagall-barolo-allonu/
https://www.gospanews.net/2018/08/02/massoneria-e-stragi/