ANCORA SANGUE SULLA SIRIA:
LE PROVOCAZIONI DELL’OCCIDENTE
ALLO ZAR VLADIMIR PUTIN,
IL GRANDE TEMPOREGGIATORE
«Aveva deciso di non esporsi al rischio e di non venire a battaglia. Inizialmente tutti lo consideravano un incapace, e che non aveva per nulla coraggio ma col tempo costrinse tutti a dargli ragione e ad ammettere che nessuno sarebbe stato in grado di affrontare quel momento delicato in modo più avveduto e intelligente. Poi i fatti gli diedero ragione della sua tattica». Così scrisse Polibio nel ricordo delle gesta del politico e militare romano Quinto Fabio Massimo detto Cunctator ovvero Temporeggiatore perché, rimarca Cicerone, «snervò la Seconda Guerra Punica» e «temporeggiando ripristinò lo Stato» rammentò Ennio in riferimento alla Roma insidiata dal conquistatore fenicio Annibale, poi sconfitto nella sua stessa Cartagine e costretto all’esilio in Siria prima di morire suicida.
E proprio in Siria oggi opera un altro grande temporeggiatore che come il dittatore Fabio sta conducendo una guerra di attesa e difesa per gli stessi motivi di allora: il controllo del Mediterraneo. E’ Vladimir Putin, nuovo zar della Russia e ormai divenuto un mito in Oriente come in Occidente proprio per la sua tenacia mista alla sua umanità, per la sua determinazione politica dosata con la pazienza per i compromessi, per il suo rigore militare animato da un buonsenso di giustizia, per il rispetto dei valori tradizionali ispirati dalla devozione alla fede cristiana. Ed anche lui, come l’antico stratega romano, ha stravinto la sua guerra contro uno scuro rivale: Barack Obama, sconfitto nel folle tentativo di rovesciare il governo di Assad e scippare alla Russia l’unico porto sul Mediterraneo. Purtroppo, però, oggi, a differenza di due secoli avanti Cristo, il nemico non è uno solo e le risorse energetiche della Siria fanno gola a tutti: soprattutto ai colonialisti francesi e britannici, aviti esperti nel saccheggiare Asia e Africa con spargimenti di sangue occultati con manovre democratiche.
Americani ed inglesi hanno fatto grandi investimenti per conquistare la Siria. Gli Usa, un poco per mano di Bush molto per volontà di Obama, hanno finanziato i rivoluzionari siriani fin dal 2006 e, allo scoppio della guerra civile, hanno addestrato e fornito armi ai terroristi dell’Isis col tramite della Cia; tanto da renderli capaci di prendere il controllo di più di mezzo paese ed obbligare l’esercito regolare di Siria appoggiato da quello russo ad una estenuante guerra di liberazione condotta villaggio dopo villaggio, città dopo città, che ha causato più di mezzo milione di vittime. Gli inglesi hanno fatto cassa da risonanza al siriano di Coventry che si è inventato il Sohr, l’Osservatorio siriano sui Diritti Umani, ed hanno dato un contributo fondamentale alla nascita degli Elmetti Bianchi, fondati da un ex 007 britannico e sostenuti finanziariamente tanto dalla Gran Bretagna quanto dagli Usa: una sedicente ong umanitaria molto impegnata a costruire le fake news sulle finte bombe chimiche di Assad che hanno più volte giustificato le rappresaglie con missili da parte della triplice alleanza che comprende anche i francesi. La Francia, più esperta nel gestire le guerre africane nei 14 paesi che ancora sfrutta anche con tasse coloniali, non ha foraggiato in prima persona organizzazioni o campagne: con grande pragmatismo non ha perso occasione per fare fuoco e conquistarsi così sul campo un merito futuro nell’eventuale spartizione del bottino di gas, petrolio ed altro ancora.
Persino quando l’asse anglo-americano ha cominciato a ritirarsi, complici le grane della Brexit da una parte e le strategie diplomatico-commerciali filorusse di Donald Trump dall’altra, i francesi del mondialista Macron, pupillo di Soros e Bilderberg, non hanno perso l’occasione di lanciare missili dalla loro fregata Auvergne per fornire un fuoco di copertura ad Israele che si sente in diritto di bombardare la Siria solo perché quest’ultima ha come alleati i miliziani di Hezbollah, la formazione libanese e filoiraniana, e sciita come il partito di Assad. Azioni belliche conseguenti all’arrogante logica di scongiurare il rischio di avere un nemico alle porte che, se giustificata, d’ora in poi potrebbe legittimare ogni attacco dei palestinesi di Hamas in Cisgiordania.
Una rappresaglia israeliana che si è ripetuta più volte ad aprile, maggio, luglio, ed all’inizio di settembre facendo vittime tra hezbollah, militari dell’esercito ed ora anche della Russia dopo l’abbattimento dell’aereo da ricognizione IL – 20 con 15 uomini di equipaggio a bordo in settimana. Un’ingerenza che benchè sia ritenuta accettabile dagli esperti ed inviati di guerra nelle logiche della geopolitica militare non fa altro che gettare benzina sul fuoco proprio nel momento in cui lo stesso Putin aveva accettato, certamente non di buon grado, di accontentare la Turchia ed evitare la battaglia dell’esercito siriano di Assad per la conquista di Idlib, ultima roccaforte dei ribelli ormai comandati dalla ferocia dei terroristi di Al Qaeda – Al Nusra in alcune zone e dell’Isis in altre: rivali tra loro ma sempre uniti per combattere l’esercito siriano come l’Occidente stesso che in questa maledetta guerra li ha invece aiutati.
Proprio nel giorno della firma dell’accordo di pace per creare una zona demilitarizzata intorno ad Idlib, lasciando di fatto isolati ribelli e jihadisti e portandoli ad una inevitabile graduale resa per impossibilità di fuga, Israele ha pianificato l’attacco comunicato agli alleati russi “un minuto prima” dei bombardamenti. Al di là di come sia avvenuto l’abbattimento dell’aereo russo che è stato certamente colpito da un missile della contraerea siriana (secondo i generali russi per essere stato usato come scudo da un F-16 israeliano, secondo l’aviazione di Tel Aviv per macroscopico errore balistico quando i suoi aerei erano già rientrati) rimane evidente che è stata un’aggressione selvaggiamente bellicosa che serve solo a ribadire la pretesa di Israele che la Siria rimandi a casa gli iraniani; e che la Russia la costringa a farlo. D’altra parte, dopo quello che si è visto in questi sette anni di guerra civile tra Aleppo e Damasco, è legittimo anche sospettare che l’intervento di Israele sia oggi soltanto l’ultimo sicario assoldato dall’Occidente per cercare di eliminare Assad, l’ultimo grimaldello per scardinare la pazienza di Putin, provocarne una reazione e fare della Siria un teatro di guerra internazionale alla fine della quale spartirsi i resti come nella Germania sconfitta della Seconda Guerra Mondiale e giustificare così un’operazione finora fallimentare costata però vari miliardi di euro.
In questa tempesta di fuoco e buriana di intimidazioni, lui, lo zar di Mosca, rimane impassibile stratega e paziente diplomatico. E da buon temporeggiatore guadagna tempo, prende questa azione scellerata – proprio perché avvenuta dopo l’accordo di pace su Idlib – solo come una giustificazione per rafforzare il suo contingente in Siria. E, soprattutto, conquista la stima degli statisti neutrali del mondo così come di tanti cittadini italiani e mediterranei timorosi per l’escalation di un conflitto. Ecco quindi che il comportamento degli occidentali, la continua sfida all’Orso siberiano assume sempre più i contorni di una pericolosissima roulette russa che stanno giocando – ormai quasi solo Francia ed Israele – continuando a sparare a rischio della loro stessa testa. Il giorno in cui la pistola della provocazione farà cadere il tamburo sul proiettile della reazione, la Russia avrà le motivazioni e le forze per rimettere in discussione ogni equilibrio del Medioriente e dell’Africa intera. Ed i suoi alleati cinesi non staranno certo a guardare se la Nato deciderà di intervenire compatta (posto che il governo della Norvegia, per fare un esempio, ha già fatto mea culpa per l’appoggio militare dato alla guerra a Gheddafi viste le tragiche conseguenze in Libia).
E’ davvero solo un’altra coincidenza che l’attacco israeliano a Latakia sia avvenuto il giorno dopo la conclusione delle esercitazioni militari congiunte tra Russia e Cina in Buriazia? Pochi hanno prestato attenzione a questa notizia annunciata da Sputnik, l’agenzia d’informazione russa: «Nell’Estremo Oriente russo dall’11 settembre al 17 settembre si svolgono le esercitazioni “Vostok-2018”. Sono le manovre militari più grandi delle forze armate russe negli ultimi 37 anni. Quasi 300mila militari dei distretti militari centrale ed orientale, le forze della flotta del Nord, le truppe aviotrasportate, l’aviazione strategica, così come militari di Cina e Mongolia, prendono parte alle esercitazioni. Sono coinvolti oltre mille tra aerei, elicotteri e droni, fino a 36mila veicoli corazzati, così come 80 tra navi da guerra e di supporto».
Attenzione Israele, attenzione Occidente! Il gioco d’azzardo può diventare molto pericoloso. Soprattutto perché i populisti in Europa stanno sempre più detestando gli statisti delle guerre pseudodemocratiche servi dei mondialisti e dei cacciatori di petrolio e sempre più amando il presidente della Russia. Quindi in un eventuale conflitto, mediorientale, mediterraneo o mondiale, non è assolutamente scontato che gli abitanti dell’Europa stiano dalla parte dei governanti interventisti. Così come non è affatto scontato che tutti gli alleati Nato, vista l’esperienza contro Gheddafi, sostengano una guerra aperta contro Siria e Russia. Potrebbe innanzitutto defilarsi l’Italia, visti i legami con Putin dei leaders gialloverdi e le conseguenze problematiche per l’Eni della guerra civile in Libia. Potrebbero restare neutrali addirittura gli Stati Uniti d’America, oggi più interessati ai dazi contro la Cina e ad alleanze commerciali con la Russia che ad un conflitto di vasta portata. Ed allora resterebbero solo in pochi, magari solo Francia ed Israele, congiunti da affinità massonica, ma soli: con la loro stessa pistola puntata alla tempia.
Proprio come in una roulette russa.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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