CRISTIANI PERSEGUITATI – 2: VICTOR BET-TAMRAZ

CRISTIANI PERSEGUITATI – 2: VICTOR BET-TAMRAZ

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IN IRAN ED ARABIA SAUDITA
FESTEGGIARE NATALE E ASSUNZIONE
COSTA IL CARCERE E PENE SEVERE:
APPELLO DI AMNESTY INTERNATIONAL
PER IL PASTORE CRISTIANO DI TEHERAN
E TRE FEDELI CONDANNATI A 10 ANNI

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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Pregare Gesù Cristo, celebrare il Natale o la festa dell’Assunzione in alcuni paesi islamici teocratici può costare l’arresto, la deportazione e anche parecchi anni di carcere. Se in Arabia Saudita 27 libanesi finirono in manette e furono immediatamente esiliati perché sorpresi in un incontro spirituale in casa, in Iran quattro cittadini cristiani sono stati condannati a ben 10 anni di carcere ciascuno. In questi due paesi la religione ufficiale è l’Islam ed ogni altro culto è vietato in pubblico ma consentito in forma privata familiare con molteplici prescrizioni e limiti: spesso però la polizia religiosa intepreta nel modo più rigoroso la legge e così per gli sfortunati di turno inizia un calvario giudiziario a volte senza fine.

L’ultimo caso riguarda il pastore pentecostale iraniano Victor Bet-Tamraz, sua moglie Shamiram Issavi e i loro accoliti Hadi Asgari e il musulmano convertito cristiano Amin Afshar-Naderi, condannati complessivamente a 40 anni di carcere perché sorpresinelle loro abitazioni di Teheran dalle forze di sicurezza in borghese durante una celebrazione natalizia privata. Una vicenda che ha sconcertato il mondo intero tanto da indurre Amnesty International a scendere in campo con un appello ufficiale al Capo dei Giudici di Teheran, Ayatollah Sadeghi Larijani, per chiedere l’annullamento della condanna nei confronti dei quattro «in quanto presi di mira unicamente per l’esercizio pacifico dei loro diritti alla libertà di religione e credo, espressione e associazione, attraverso la loro fede cristiana».

IN CARCERE PER AVER CELEBRATO IL NATALE

I quattro iraniani arrestati a Teheran: il pastore cristiano pentecostale Victor Bet-Tamraz (in basso a sinistra), Amin Afshar-Naderi (in alto a sinistra), Shamiram Issavi (moglie di Victor, in alto a destra) e Hadi Asgari (in basso a destra).

Nel mese di luglio 2017, la sezione 26 del Tribunale rivoluzionario di Teheran ha condannato il pastore cristiano Victor Bet-Tamraz e il suo seguace Hadi Asgari a 10 anni di carcere con le accuse di “agire contro la sicurezza nazionale” per proselitismo, attività di culto domestico, stampa e diffusione di Bibbie solo per aver condotto Messe in casa ed in particolare per essere stati sorpresi durante i festeggiamenti di Natale. Nella stessa circostanza fu arrestato anche Amin Afshar-Naderi, convertitosi dall’Islam, e condannato anch’egli a luglio a 15 anni perchè accusato anche di “blasfemia” per “aver offeso le santità islamiche” con un post satirico su Facebook, condiviso dall’account di un altro, in cui si usava uno stile di scrittura coranica per commentare il forte aumento del prezzo del pollo in Iran.  Il 6 gennaio scorso anche la moglie del predicatore Shamiram Issavi è stata condannata a 5 anni per aver diretto dei gruppi di studio biblico. «Il pastore Victor Bet Tamraz venne prelevato nella propria casa insieme a Naderi durante una celebrazione natalizia nel 2014 – scrive Riforma, magazine online della Chiesa metodista – in quell’occasione tutte le persone presenti furono interrogate e perquisite per diverse ore, e nel corso dell’operazione vennero sequestrati computer, telefoni cellulari e numerosi libri. Tutte le persone, eccetto Bet Tamraz e Naderi, furono rilasciate, ma avvertite che sarebbero state sorvegliate dai servizi di sicurezza per ulteriori accertamenti. Anche i due arrestati furono in seguito rilasciati su cauzione. La moglie del pastore, Shamiran Issavi, nel giugno 2017 fu tradotta dalle autorità nel Centro di detenzione di Evin, a nordovest di Teheran (noto per ospitare prigionieri politici e cristiani), con l’accusa di “partecipare a seminari stranieri” e di “agire contro la sicurezza nazionale” in quanto membro di una chiesa. È stata rilasciata dopo un giorno dietro pagamento di una cauzione di circa 30.000 dollari». Lo scorso 11 aprile anche Hadi Asgari è stato rilasciato su cauzione dopo addirittura 19 mesi di carcerazione preventiva: sia lui che Naderi hanno infati ricevuto molte pressioni per testimoniare contro il predicatore Bet-Tamraz, il vero obiettivo delle operazioni della polizia segreta.

LE PERSECUZIONI ALLA CHIESA PENTECOSTALE

Victor Bet-Tamraz è un ministro evangelico cristiano di origine assire e, in qualità di pastore delle chiese pentecostali iraniane, da anni, insieme alla sua famiglia, viene perseguitato dalle autorità nazionali solo per la pratica del culto. PIù volte la polizia segreta lo ha invitato a lasciare l’Iran, come ha fatto sua figlia che ha chiesto asilo politico in Svizzera, ma lui vuole restare nel paese a predicare il Cristianesimo. «Nel marzo 2009, la chiesa pentecostale assira di Teheran che Victor Bet-Tamraz stava conducendo è stata forzatamente chiusa dal Ministero degli interni perché svolgeva funzioni in lingua persiana – scrive Amnesty International – Anche il figlio, Ramiel Bet-Tamraz, è stato preso di mira. È stato arrestato, insieme ad altri quattro cristiani da funzionari del ministero dell’Intelligence durante un picnic il 26 agosto 2016 nella città di Firuzkuh». Anche lui è stato accusato di “agire contro la sicurezza nazionale” per la costituzione di una chiesa domestica seguendo le predicazioni del padre. E’ora in attesa del processo in cui sarà probabilmente condannato come i familiari: nel frattempo ha anche perso il lavoro proprio a causa della sua fede e di queste vicende giudiziarie. Tutti i quattro condannati sono in attesa del giudizio del Tribunale d’Appello che arriverà nei prossimi mesi. La comunità cristiana internazionale invita a pregare per loro mentre Amnesty International, dal proprio sito, sollecita tutti a firmare l’appello (link a fondo pagina).

I CRISTIANI BERSAGLIO DI PROCESSI INIQUI

«L’Iran è sede di diverse confessioni cristiane, tra cui cristiani cattolici, protestanti, ortodossi armeni e assiri (caldei). I cristiani sono una delle poche minoranze religiose ufficialmente riconosciute nella Costituzione iraniana – spiegano gli attivisti di Amnesty International – Tuttavia, la Costituzione prevede solo protezioni limitate per i cristiani, mentre ai convertiti cristiani non viene fornita alcuna protezione in base alla legge. Di conseguenza, i cristiani in Iran sono stati bersaglio di molestie, arresti e detenzioni arbitrarie, processi iniqui e reclusione per accuse relative alla sicurezza nazionale unicamente a causa della loro fede. Solo nell’ultimo anno sono stati presi di mira dozzine di cristiani, per la maggior parte cristiani convertiti». Proprio come Amin Afshar-Naderi.

I LIBANESI DEPORTATI DALL’ARABIA

Risale invece al 15 agosto 2016 la drammatica esperienza di 27 cristiani libanesi immigrati per lavoro in Arabia Saudita. Erano riuniti in una casa a pregare la Madonna per la festa dell’Assunzione e avevano alcune copie della Bibbia: due reati gravissimi in quel paese islamico. Sono costati loro l’arresto ad opera della polizia religiosa, i temuti “Mutawaa” che li hanno scoperti a pregare, e la successiva immediata espulsione e deportazione in Libano, come narra il mensile Tempi riprendendo le informazioni diffuse da Lebanon Syrian News. Non è la prima volta che i cristiani vengono arrestati nelle loro abitazioni. Nel 2012, 35 cristiani di origine etiope erano stati scoperti in una casa di Jeddah mentre pregavano e per questo furono rinchiusi in carcere. Nel 2014, un’altra retata in una casa privata portò all’arresto di 27 persone, uomini e donne, tutti di nazionalità indiana.

LE RESTRIZIONI NELLA GRANDE MOSCHEA

L’Arabia Saudita è considerata una grande moschea @LeoneGrotti. Foto Ansa

L’Arabia Saudita è un paese islamico a maggioranza sunnita retto da una monarchia assoluta teocratica islamica che ha adottato come dottrina ufficiale il Wahhabismo, ritenuto un particolare orientamento all’interno del Salafismo o una branca saudita ultraconservatrice del Salafismo stesso. Proprio in ragione della concezione islamica integralista, tipica dei sunniti ma ancor più estrema nei Salafiti, l’intero regno viene ritenuto una “grande moschea” e pertanto non possono essere costruite chiese cristiane o di altre confessioni e non può essere pubblicamente tollerato altro culto differente dall’Islam. Come scrive il sito della rivista Tempi «Re Abdullah bin Abdulaziz, morto nel 2015, aveva però permesso ai cristiani di riunirsi per pregare nelle case private – Ma la polizia religiosa, espressione del “Comitato per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio”, non permette che più di una o al massimo due famiglie si riuniscano per pregare insieme. La motivazione è stata spiegata al Meeting di Rimini dal vicario dell’Arabia Settentrionale Camillo Ballin: “Se sono più di due non possono riunirsi perché vengono considerati come se fossero una chiesa e una chiesa non può essere costruita dentro la grande moschea che è l’Arabia Saudita”».

I ROSARI PER ASIA: LA PAKISTANA CONDANNATA A MORTE

La cristiana pakistana Asia Bibi condannata a morte per blasfemia e accanto un bambino musulmano in piazza con il cartello in inglese con cui chiede di impiccarla

A queste storie di ordinarie persecuzioni si aggiunge la tragica vicenda di Asia Bibi di cui abbiamo scritto in un precedente articolo: è la donna pakistana condannata a morte per blasfermia solo per aver difeso la sua fede cristiana ed aver chiesto ad una musulmana che la invitava a convertirsi cosa avesse fatto Maometto per l’umanità. Asia, sposata e madre di cinjque figli, è in carcere da 8 anni. Nelle scorse settimane i giudici della Corte Suprema chiamati ad esaminare l’ultimo appello dei suoi avvocati hanno formulato il verdetto ma lo hanno tenuto riservato per non scatenare reazioni tra la comunità islamica integralista, in caso di assoluzione, o in quella internazionale, in caso di conferma della pena capitale con impiccagione. Il riserbo dei giudici ha però subito scatenato le proteste di decine di migliaia di musulmani integralisti che sono scesi in piazza anche con i bambini a chiedere che Bibi fosse impiccata.

Il 24 febbraio scorso Papa Francesco ha ricevuto in udienza generale Ashiq Masih, marito di Asia Bibi, e una delle cinque figlie, la minore Eisha. I familiari si dissero «confortati e più speranzosi» per l’impegno del Pontefice a pregare per la donna in carcere da 2mila giorni

Immediata ed esemplare la risposta della comunità cristiana internazionale coordinata dalla Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, la quale, recependo l’implorazione di Eisha, la figlia minore di Asia, ricevuta col padre da Papa Francesco il 24 febbraio scorso in Udienza Generale, ha invitato i bambini di tutto il mondo a pregare il Rosario anche per la madre pakistana nella giornata del 18 ottobre. Dal 2005 in quella data Acs ripete questa iniziativa di preghiera per la pace con particolare attenzione per i cristiani perseguitati: un milione di bambini di 80 nazioni hanno aderito all’appello recitando la Corona alla Madonna. Ancora una volta alla violenza dell’Islam che porta in piazza i bambini pakistani con i cartelli “Impiccate Asia” risponde la carità del Cristianesimo con l’Ave Maria. E la storia di Asia diviene così epifenomeno dell’insanabile differenza tra due culture religiose: una di guerra e vendetta, l’altra di pace ed amore.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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LA STORIA DI ASIA: CONDANNATA PER UN BICCHIERE D’ACQUA
Per leggere l’articolo completo sulla drammatica vicenda clicca qui

FONTI

https://riforma.it/it/articolo/2017/07/07/tre-cristiani-condannati-iran

45 anni di prigione perché cristiani

https://www.chretiens.info/47804/proces-de-shamiram-isavi-khabizeh-epouse-du-pasteur-victor-bet-tamraz/

https://www.tempi.it/arabia-saudita-scoperti-a-pregare-arrestati-deportati-27-cristiani/

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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