PARIGI SULL’ORLO DELLA GUERRA CIVILE:
MACRON FA PROMESSE ALLA FRANCIA
MA MINACCIA DUREZZA COI VIOLENTI.
IL COMUNISTA MASSONE MELENCHON
PARLAMENTARE INDAGATO SUI FONDI UE
INVOCA LA “RIVOLUZIONE DEI CITTADINI”
MA HA 2 EURODEPUTATI NELLA SOROS LIST
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
«Tra i Gilet Gialli ci sono ragazzini anarchici, manipolati che non vogliono trovare alcuna soluzione ma soltanto fare casino». «Io credo che l’Atto 5 della “rivoluzione dei cittadini” nel nostro paese sabato prossimo sarà un momento di grande mobilitazione. Ma certamente, come ciascuno di noi, mi rimetto alla decisione che sarà presa da coloro che sono dentro all’azione». In due frasi è spiegato il senso e la pericolosità della protesta dei Gilet Gialli che da guerriglia urbana rischia di assumere i connotati di una guerra civile anche perchè i blocchi continuano… Nonostante le sempre maggiori promesse del presidente francese Emmanuel Macron, nell’incoscienza di molti fans dei social che non hanno la minima idea di cosa significhi una guerra civile e nella malizia di alcuni politici che vogliono sfruttare la rabbia della piazza e fare carriera guardando dalla tv di casa gli scontri sanguinari, i feriti e gli arresti, entra anche nelle dichiarazioni ufficiali la parola “rivoluzione”. Due frasi, la prima dell’ormai ex leader dei Gilets Jaunes Jacline Moraud, la seconda del’europarlamentare comunista Jean-Luc Mélenchon, che fanno comprendere come la rivolta dei Gilet Gialli, ormai ostaggi delle azioni di guerriglia dei blackblocks, sia completamente sfuggita di mano ai suoi ideatori e stia diventando paradossalmente uno strumento in quelle degli stessi mondialisti bersagliati dai manifestanti populisti. Perché? Per giustificare l’adozione di una legge marziale in Francia ed avere anche il movente per rinviare a data da destinarsi le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo del maggio prossimo che vedono stravoriti proprio i partiti populisti regolari, quelli che scendono in piazza pacificamente come ha fatto Matteo Salvini con la Lega a Roma. Ed a conferma di un retroscena che già subodora di intrighi e complotti ecco la scoperta che nella famosa Soros list compaiono i nomi di due eurodeputati sostenuti dal Front de Gauche (oggi France Insoumise) di Melenchon, sfidante di Macron alle presidenziali 2017 con il 19,6 % ed ora sotto inchiesta per presunti illeciti su fondi europei. Sono Marie-Christine Vergiat, paladina delle migrazioni umanitarie esattamente come la Open Society Foundation, e Younous Omarjee, tra i portavoce del candidato di sinistra nella campagna elettorale per l’Eliseo. Non va dimenticato che lo stesso Melenchon è un esponente storico della massoneria francese, eterna fucina degli ideali del Nuovo Ordine Mondiale ispiratore di varie rivoluzioni violente nella storia tra cui proprio quella giacobina. Gli stessi 007 francesi hanno allertato il presidente sul fatto che tra i manifestanti si nascondono golpisti intenzionati a sovvertire il governo anche con l’uso della forza e della armi.
GILET FIALLI “MANIPOLATI” TRA BLACKBLOKCS E POTERI OCCULTI
Ora che Macron ha svestito i panni di malvagio imperatore che lo avevano indotto ad essere sordo alla prima settimana di protesta ed ha calato pure le braghe con un’umiliazione pubblica infarcita di promesse economiche reali e distensive, agli occhi del mainstreaming dei media ma anche di tutti quei cittadini del mondo che amano la pace, è lui ad indossare la maschera del buono alla ricerca di un compromesso di fronte ad una legione di manifestanti inferociti che vorrebbero solo la sua decapitazione. Ed anche il 54 % dei francesi, sconvolti dalla continua guerriglia sull’Avenue des Champs-Élysées, dove nel bilancio dei feriti più gravi si conta anche il turismo, ritiene che la rivolta abbia ormai raggiunto il suo scopo e debba interrompersi. Ma «tra i Gilet Gialli ci sono ragazzini anarchici, manipolati che non vogliono trovare alcuna soluzione ma soltanto fare casino»: l’ha detto Jacline Moraud, una dei leader dei primi Gilets Jaunes, domenica 2 dicembre, il giorno dopo il primo week-end di devastazioni sotto l’arco del Trionfo e la sua analisi si è rivelata profetica ma fin troppo cauta; quelli che lei chiama “ragazzini” non sono gli studenti giovincelli fatti inginocchiare dalla polizia francese nell’indignazione mondiale bensì i famigerati blackblokcs che con le tute nere, le maschere da saldatore sugli occhi, quelle antigas sulla bocca, i passamontagna sul viso, i caschi da motociclista in testa, i fumogeni e le molotov nelle mani sono scesi in piazza “manipolati”, lo ammette la stessa portavoce dei Gilet Gialli, alcuni da guru ideologici che sventolano davanti ai loro sguardi trasognati il volto del Che, altri da politici opportunisti e poteri occulti.
Tra questi poteri occulti che gettano benzina sul fuoco della rivolta potrebbe annidarsi anche il plutarca George Soros, finanziatore e fomentatore delle rivoluzioni arancioni come quella che in Ucraina, in piazza Euromaidan (2013), fece quasi centro morti, perlopiù civili ma anche 22 poliziotti, uccisi dagli spari di cecchini mercenari georgiani. Una dietrologia complottista che parrebbe stridente in una protesta “populista” contro il governo “mondialista” di Macron ma che risponde alla vecchia logica di ogni strategia paramilitare del “destabilizare” per “stabilizzare”: ovvero creare degli scontri in cui i manifestanti spontanei che rivendicano solo i propri diritti ad una libera contestazione politica diventano ostaggio dei professionisti della guerriglia urbana “pagati”, o “manipolati” per usare il verbo di Moraud; agli infiltrati violenti tocca quindi l’onere di mettere a ferro e fuoco una città, esasperare le forze di polizia, innalzare il livello dello scontro e trasformare una guerriglia occasionale in una vera guerra civile che potrà giustificare misure estreme come la legge marziale. Una strategia della “provocazione” per suscitare una azione ed una conseguente reazione che sarebbe analoga a quella appena attuata dal presidente ucraino Petro Poroshenko con la Russia nel Mar d’Azov. L’intensità della protesta contro l’inquilino dell’Eliseo si è infatti acuita proprio quando uno dei suoi rivali, il comunista e massone Melenchon, forte dei 7milioni di voti conquistati alle presidenziali, ha cominciato a sostenere i Gilet Gialli su media e social anche con articoli assai dirompenti come quello dal titolo: “Non è una rivolta, sire, è una rivoluzione”..
IL MASSONE MELENCHON, SOTTO INCHIESTA, VUOLE LA RIVOLUZIONE
«Io credo che l’Atto 5 della rivoluzione dei cittadini nel nostro paese sabato prossimo sarà un momento di grande mobilitazione. Ma certamente, come ciascuno di noi, mi rimetto alla decisione che sarà presa da coloro che sono dentro all’azione». Quest’altra frase è stata twittata ieri mattina proprio da Jean-Luc Mélenchon, candidato all’Eliseo contro Macron ma eliminato prima del ballottaggio (cui arrivò Marine Le Pen), al centro di due inchieste della magistratura francese a carico del suo partito La Frances Insoumise (Francia indomita) per finanziamenti illeciti nella campagna elettorale presidenziale del 2017 e per l’improprio utilizzo di Fondi Europei con giustificazioni fittizie.
Questo ambiguo personaggio politico vanta come tradizione di famiglia l’appartenenza alla massoneria del Grande Oriente di Francia, in quanto affiliato alla loggia Roger Leray come padre e nonno, e può fregiarsi di essere Grande Ufficiale dell’Ordine Nazionale del Merito Argentino, riconoscimento ottenuto per il suo impegno nella lotta alla dittatura militare argentina. Nativo di Tangeri, in Francia ha sempre militato nei socialisti prima di far nascere Front de Gauche (oggi France Insoumise), riunendo le anime di estrema sinistra transalpine a cominciare dal Pg e dal Partito Comunista Francese (Pcf). Guardacaso solo un mese prima dello scoppio della protesta dei Gilet Gialli si è ritrovato in seri guai giudiziari. «“Nessuno mi tocchi. Non avete il diritto di toccarmi. La mia persona è sacra. Sono un parlamentare. Sono Mélenchon. Potete invadere la mia casa, le sedi del mio partito, ma io non ho paura di nessuno”» urlò il 20 ottobre scorso, come scrisse l’agenzia Agi, «nella diretta Facebook condivisa migliaia di volte, facendosi passare attorno al collo la fascia tricolore, riprendendo e commentando la perquisizione in corso al proprio domicilio. Agenti di polizia che si spostano da una stanza all’altra dell’appartamento, rovistano nei mobili, in cerca di elementi di prova nell’ambito di due inchieste preliminari parallele aperte dalla procura di Parigi a carico del suo partito, La France Insoumise (LFI), sull’uso di fondi europei per impieghi fittizi all’Europarlamento e su finanziamenti illeciti alla campagna per le presidenziali del 2017». Per questo episodio e per i suoi attacchi a giornalisti e magistrati Melenchon sta rischiando la sospensione dalla massoneria del Grande Oriente di Francia: nel Consiglio dell’Ordine dei fratelli d’Oltralpe in 30 hanno votato a favore della sospensiva e solo 3 contro; ma prima di qualsiasi provvedimento gli sarà concessa la possibilità di comparire davanti all’esecutivo degli incappucciati per difendersi.
I DEPUTATI DI FRONT DE GAUCHE NELLA SOROS LIST
Il leader della sinistra francese, che ha accusato pubblicamente Macron di essere mandante della “rappresaglia” giudiziaria, oggi sostiene la rivolta ad oltranza dei Gilet Gialli scesi in piazza contro un simbolo dell’austerità del mondialismo, ma al tempo stesso, come nel migliore degli intrighi politici che puzzano di complotti doppiogiochisti, i nomi di due eurodeputati del suo Front de Gauche, aderenti al gruppo parlamentare di sinistra Gue-Ngl (European United Left/Nordic Green Left), risultano nella famosa Soros List, l’elenco di 226 eurodeputati controllati o influenzati dalla Open Society Foundation come risulta dal dossier che fece scandalo un anno fa in rete (vedi articolo con elenco a fondo pagina). Si tratta di Marie-Christine Vergiat, «attiva in movimenti studenteschi dal 1973 – si legge nella scheda nella Soros List -impegnata nella French Human Rights League (1983-2009); coordinatore per il suo gruppo nella Sottocommissione per i diritti umani e affidabilmente e costantemente interessata all’essere umano». In prima fila accanto a Melenchon in una manifestazione pro-aborto al Paarlamento Europeo, è stata firmataria a Bruxelles della relazione 2018 sui visti umanitari europei per i migranti, in perfetta armonia con le politiche sociali mondialiste di Soros, finanziatore di quasi utte le Ong del Mediterraneo e firmatario dell’accordo Humanity Venture con Mastercard per una donazione da 500 milioni di dollari finalizzata ad emettere carte di credito prepagate per gli immigrati, trovate dalla polizia croata con tanto di marchi dell’Onu e dell’Unione Europea.
L’altro eurodeputato di Front de Gauche nella Soros List è il nuovo volto della sinistra transalpina: Younous Omarjee, il leader dei movimenti comunisti delle isole coloniali francesi degli oceani eletto nella Circoscrizione d’Oltremare che ha aderito al partito France Insoumise nel 2016 ed è subito entrato nelle grazie di Melenchon. Quest’ultimo l’ha voluto tra i suoi portavoce nella corsa alle presidenziali del 2017 in Francia. «Interessato ai fondi per lo sviluppo regionale ed al Programma di distribuzione alimentare per le persone indigenti nell’UE» evidenzia il dossier Open Society che svela gli interessi di Omarjee per le «regioni ultraperiferiche; la pesca; il conflitto israelo-palestinese; e relazioni con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico». Queste implicazioni col leader dei comunisti francesi che incita i Gilets Janues alla rivoluzione non sono certo sufficienti a provare che anche il plutarca Soros sta già soffiando sul fuoco della protesta – magari finanziando i blacknlocks come fece con i cecchini mercenari in piazza Euromaidan – ma bastano a svelare il retroscena in cui si sta alimentando una battaglia sociale che ha completamente stravolto gli obiettivi e le dinamiche di azione degli ideatori iniziali; uno scontro che ora rischia di diventare guerra civile con due esiti comunque immediatamente favorevoli ai mondialisti: la repressione cruenta della rivolta con l’utilizzo dell’esercito oppure le dimissioni del presidente Macron e la costituzione di un governo di sicurezza, magari presieduto da un generale con tanto di legge marziale, fino alla convocazione di nuove elezioni.
MACRON: DALLE TARDIVE PROPOSTE ALL’USO DELLA FORZA
«Vedo uno stato di emergenza sociale ed economico della Francia: ne usciremo bene tutti insieme, lo voglio per la Francia, siamo apripista per noi e per gli altri. Non possiamo restare divisi. Attraversando questa crisi, riconcilieremo i francesi». Lo ha detto il presidente Emmanuel Macron nel corso del suo intervento in tv di lunedì sera. «Non dimentico la collera dei francesi. Questa indignazione è condivisa da molti, non posso sminuire la loro collera. Abbiamo risposto all’aumento della tassa sui carburanti che è stata annullata, ma servono misure profonde. La collera è giusta, in un certo senso. Prenderò misure già questa settimana» ha aggiunto evocando lo «stato d’emergenza economico e sociale» ed annunciando che il salario minimo della Francia aumenterà di 100 euro al mese dal 2019 e l’annullamento della contribuzione sociale generalizzata (CSG) per i pensionati che guadagnano meno di 2.000 euro al mese. Ma l’inquilino dell’Eliseo ha anche avvertito le frange estremiste del movimento: «La violenza è inaccettabile, saremo intransigenti con i violenti». Dichiarazioni che consentono al presidente francese di ottenere tre macroscopici risultati: dimostrarsi pacifico e democratico al mondo in quanto pronto a dialogare con i contestatori, gudagnarsi davanti all’Unione Europea il diritto a sforare il deficit in virtù della “emergenza economico e sociale”, essere autorizzato agli occhi di tutti i potenti della tera ad usare ogni forza di polizia e militare possibile: compreso Eurogendfor, la gendarmeria europea che ha ampia libertà di azione ed intervento nei paesi tra cui è stata costituita ed è svincolata da ogni controllo da parte dell’Unione Europea e del Parlamento di Bruxelles.
LA FRANCIA POSSIBILE TEST PER LA GENDARMERIA EUROPEA
La Forza di gendarmeria europea Eurogendfor o EGF è un corpo di polizia militare dell’Unione europea ma che non risponde ad essa. Pur avendo preso parte a molteplici missioni internazionali in Bosnia nel 2007, in Afghanistan nel 2009, ad Haiti nel 2010, nella Repubblica Centrafricana nel 2013 e nel Mahli nel 2014, non è mai stata impiegata ufficialmente in operazioni di ordine pubblico in Europa. Nata da un’iniziativa multinazionale di cinque paesi membri dell’Unione europea (Francia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna, ai quali si sono aggiunte la Romania nel 2008 e la Polonia nel 2011) è stata creata nel 2004 con lo scopo di provvedere ad una più efficiente gestione delle crisi internazionali fuori dai confini dell’UE ma anche per un coordinamento investigativo e operativo in Europa. Il comando del corpo è situato a Vicenza presso la caserma Chinotto, ed è composto da contingenti speciali della Gendarmerie Nationale francese, della Guarda Nacionale Republicana portoghese, della Koninklijke Marechaussee olandese, dell’Arma dei Carabinieri italiana, della Jandarmeria Română rumena, Guardia Civil spagnola e della Żandarmeria Wojskowa polacca; partner esterno è la Vieŝojo Saugumo della Lituania.Nel dettaglio, in base all’art. 4, comma 3 del Trattato di Velsen, i suoi possibili utilizzi comprendono: condurre missioni di sicurezza e ordine pubblico; monitorare, svolgere consulenza, guidare e supervisionare le forze di polizia locali nello svolgimento delle loro ordinarie mansioni, ivi compresa l’attività d’indagine penale; assolvere a compiti di sorveglianza pubblica, gestione del traffico, controllo delle frontiere e attività generale d’intelligence; proteggere le persone e i beni e mantenere l’ordine in caso di disordini pubblici. Il coordinamento politico-militare della Gendarmeria europea è affidato al Comitato Interministeriale di Alto Livello (CIMIN), con sede a Vicenza (presso la caserma dei carabinieri «Generale Chinotto»), un comitato composto dai Ministri degli Esteri e della Difesa degli Stati membri che aderiscono alla EGF fornendo uomini e mezzi, e dai comandanti delle forze di polizia aderenti. La EGF non è sottoposta al controllo dei Parlamenti nazionali o del Parlamento europeo, risponde direttamente ai Governi, attraverso il citato CIMIN. Per il suo dispiegamento operativo e rafforzamentoè richiesta l’unanimità degli Stati membri dell’EGF (non dell’Unione europea). Dal 27 giugno scorso è comandata dal colonnello Lucian Gavrila della Gendarmeria rumena. Un’escalation della protesta dei Gilet Gialli potrebbe indurre Macron a chiedere il supporto dell’Eurogendfor anche per verificare l’impatto mediatico nell’utilizzo di questa forza militare transnazionale.
LE REAZIONI DEI POLITICI FRANCESI CONTRO MACRON
Le concessioni di Macron ai Gilet Gialli, come detto, non sono riuscite a placare i manifestanti e i politici dell’opposizione. Se Jean-Luc Mélenchon è il più ardito nell’usare la parola “rivoluzione”, anche gli altri cavalcano la protesta nella speranza di costringere il presidente francese alle dimissioni. «Ci aspettiamo una reale ridistribuzione della ricchezza» ha dichiarato Benoît Hamon, ex candidato presidenziale e fondatore del Mouvement Génération, accusando il pacchetto di misure di Macron a beneficio dei ricchi ma di fatto paventando una richiesta utopica che si perde nella storia secolare dell’umanità. Il primo segretario del partito socialista, Olivier Faure, ha anche criticato le nuove concessioni finanziarie di Macron ai lavoratori in difficoltà, rilevando che il suo «indirizzo generale non è cambiato». Benché abbia accolto con favore alcune misure fiscali, la populista per antonomasia, Marine Le Pen, presidente del Rassemblement National, ha accusato il “modello” di amministrazione del governo basato sulla «globalizzazione selvaggia, la finanziarizzazione dell’economia, la concorrenza sleale», e di non aver affrontato in tempo il problema sociale e le conseguenze ideologiche del movimento Gilets Jaunes: ma tra tutti i politici sembra essere quella più pacata, consapevole che non ha bisogno di una rivoluzione o di una guerra civile per conquistare consenso alle prossime Europee. Il discorso di Macron è stato una «grande commedia» secondo il presidente di Debout la France, Nicolas Dupont-Aignan, che ha accusato il presidente francese di «ipocrisia». Molti hanno peraltro trovato irragionevoli i nuovi appelli di Melanchon ad insorgere contro il governo, accusandolo di essere “opportunista” che sta cercando di dirottare il movimento di protesta sociale per il proprio tornaconto. Secondo un sondaggio di OpinionWay il 54% dei francesi crede che i Gilet Gialli abbiano raggiunto i loro obiettivi e che i raduni debbano interrompersi interrompano. Mentre metà degli intervistati ritiene che le misure anti-crisi di Macron non siano convincenti, un altro 49% ritiene che il presidente abbia agito bene nell’affrontare le richieste dei manifestanti. Ma sono tutti concordi nel rilevare che la protesta dei Gilets Jaunes in tre settimane è riuscita a ottenere concessioni senza precedenti dal governo che i sindacati non hanno negoziato negli ultimi trent’anni.
Un motivo in più perché possa ormai fermarsi. A meno che buona parte dei manifestanti non siano ormai “manipolati” da chi ha interesse a scatenare una guerra civile con le conseguenti leggi marziali che implicano il divieto di qualsiasi forma di adunanza, contestazione e persino di opinioni scomode sui media; una legge, appena adottata in Ucraina, che può addirittura motivare la sospensione ed il rinvio a tempo indeterminato di consultazioni elettorali già in programma, come quelle del maggio prossimo per il rinnovo del Parlamento Europeo.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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https://www.gospanews.net/2018/12/03/1409/
FONTI
IL VIDEO DELLA PERQUISIZIONE A MELENCHON
https://www.rt.com/news/446122-macron-concessions-yellow-vests-reactions/
https://www.agi.it/estero/macron_melenchon_inchiesta-4509784/news/2018-10-20/
http://www.affaritaliani.it/affari-europei/melenchon-sospeso-dalla-massoneria-francese-569357.html
http://www.eurogendfor.org/italiano