POROSHENKO: DALL’ONU LICENZA DI UCCIDERE
“MILITARIZZAZIONE” NEL MAR D’AZOV:
L’ASSEMBLEA DELL’ONU SI SPACCA
MA OFFRE ALL’UCRAINA L’ALIBI
PER UN’ATTACCO FULMINEO NEL DONBASS.
LA RUSSIA: “REGIME UCRAINO E’ NEONAZISTA”
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Mentre il mondo intero era concentrato sull’approvazione del Global Compact, l’accordo sui migranti non vincolante che in quanto tale avrà ben poca efficacia senza leggi nazionali specifiche come milioni di pronunciamenti Onu, è passato sotto silenzio su tutti i media occidentali ed internazionali una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, sponsorizzata dall’Ucraina, passata grazie al voto di 66 paesi ma con l’astenzione di 72 e 19 contrari, che denuncia la “militarizzazione” del Mar d’Azov e del Mar Nero e che, di fatto, concede al presidente ucraino Petro Poroshenko la “licenza di uccidere”: «un assegno in bianco per fare della Russia il capro espiatorio» sostiene Mosca per il tramite dell’agenzia di stampa Russia Today, unico media a riferire della votazione. «La risoluzione, presentata dall’Ucraina, serve ad accusare la Russia di violare la sua sovranità e integrità territoriale schierando forze militari in Crimea – aggiunge l’articolo di Rt – Il documento accusa anche Mosca di limitare la libertà di navigazione nel Mar d’Azov e condanna quella che Kiev vede come un’analoga militarizzazione dilagata nel Mar Nero. Prima del voto, la Siria e l’Iran hanno proposto emendamenti alla risoluzione per un maggiore equilibrio, che avrebbe incluso una menzione degli accordi di Minsk e la responsabilità di Kiev di rispettarli. Gli accordi stabiliscono che sia Kiev sia le forze delle autoproclamate repubbliche separatiste nell’est dell’Ucraina devono osservare un cessate il fuoco, oltre a ritirare truppe e attrezzature militari. Kiev deve anche assicurare che le elezioni locali abbiano luogo in conformità con la legge. Ma l’organismo delle Nazioni Unite ha respinto gli emendamenti, deliberando quella che secondo la Russia è una risoluzione unilaterale». Un pronunciamento sulla “militarizzazione del Mar d’Azov” che dà inoltre più forza all’appello fatto da Poroshenko alla Nato (sebbene l’Ucraina non ne faccia parte) ad inviare le sue navi nel piccolo bacino idrico col rischio di un ulteriore aggravamento delle tensioni con la Russia.
L’ALIBI PER LA GUERRA DI POROSHENKO NEL MAR D’AZOV
Il documento rappresenta il perfetto “alibi politico” per Poroshenko che ha proclamato la legge marziale in Ucraina proprio dopo la crisi nel Mar d’Azov per le tre navi militari ucraine sequestrate insieme all’equipaggio di 24 uomini in Crimea, sotto lo stretto di Kerch, dalla guardiacostiera russa per una violazione alle norme sulla navigazione ed uno sconfinamento nelle acque territoriali crimeane e sono poi risultate amrate a di là della normale dotazione. In virtù delle leggi marziali il presidente ucraino può decidere in ogni momento un’azione di guerra senza bisogno di approvazione del Parlamento e del Governo reputando qualsiasi gesto come un attacco alla sovranità nazionale. A Kiev, pertanto, «tutto potrà essere perdonato e la Russia diventerà un capro espiatorio» ha dichiarato il vice rappresentante permanente della Russia presso l’ONU Dmitry Polyanskiy che ha anche sottolineato l’elevato numero di nazioni che si sono astenute «non volendo avere nulla in comune con la malvagia trama ucraina». Secondo il diplomatico questa risoluzione «ingannevole» non muta gli assetti in Crimea, la Repubblica autoproclamatasi indipendente dopo il referendum popolare plebiscitario del 18 marzo 2014 (97,2 % di votanti favorevoli) che ne ha anche sancito l’adesione alla Federazione Russa, perché il potere di risolvere la controversia spetta soltanto a Washington che «ha tirato le fila» dell’Ucraina, secondo Polanskiy. Quest’ultimo fa probabilmente riferimento non solo all’ultima provocazione dello sconfinamento delle navi ma soprattutto al golpe di piazza Euromaidan del 2013 durante il quale cecchini mercenari spararono sulla folla e dopo il quale il figlio dell’ex vicepresidente Usa John Biden entrò nella principale società energetica ucraina che mira ai giacimenti di gas e petrolio del Donbass, difesi strenuamente dalle autoprclomatesi indipendenti Repubbliche filorusse di Donetsk e Lugansk. E proprio queste due regioni corrono i pericoli maggiori in relazione della legge marziale proclamata dall’Ucraina dopo l’incidente nel Mar d’Azov sul quale è irrisolto lo scontro diplomatico tra Kiev e Mosca; la prima sostiene che le due cannoniere ed il rimorchiatore, speronato dalle navi della guardiacostiera russa che poi intimò l’alta anche alle altre due imbarcazioni, avessero inoltrato tutte le regolari richieste di accesso al Mar d’Azov, dove l’Ucraina ha i suoi più importanti porti per l’esportazione di grano a Mariupool e Berdiansk da cui i cargo possono raggiungere il Mar Nero e la Turchia solo attraverso il crimeano stretto di Kerch controllato dai russi, mentre il Cremlino sostiene che non solo ciò non è avvenuto e che gli equipaggi ucraini hanno ignorato numerosi avvertimenti e richieste di fermarsi ma anche che questo sconfinamento fu una premeditata provocazione. A riprova di ciò i servizi segreti moscoviti dello Fsb hanno scoperto i giornali di bordo in cui era evidenziato il piano di sconfinamento per il quale le navi erano dotate di armamenti superiori alla norma e ne hanno avuto conferma negli interrogatori dei militari della marina ucraina, condannati a due mesi di detenzione da un Tribunale in violazione all’articolo 322 del Codice penale della Federazione russa: attraversamento illegale del confine di stato. Immediata fu la reazione di protesta dell’Ucraina, anche per la chiusura temporanea del transito sotto il ponte dello stretto di Kerch ai mercantili, e di altre nazioni, che non riconoscono l’annessione della Crimea e quindi la sovranità russa sulle sue acque territoriali, all’Onu che ora si pronuncia spaccando l’assemblea tra favorevoli, contrari ed astenuti sulla risoluzione che denuncia la militarizzazione del Mar d’Azov.
AMMASSAMENTO DI TRUPPE AI CONFINI COL DONBASS
Il pronunciamento delle Nazioni Unite offre come detto la giustificazione a Prooshenko per un innalzamento del confronto con la Russia nel bacino pelagico orientale ma anche per una svolta ne nel conflitto nel Donbass. E’ sempre Russia Today a riferire che pare ormai imminente un nuovo massiccio attacco dell’Esercito ucraino alle repubbliche indipendenti. «Il governo ucraino sta preparando una provocazione a est, che sarà utilizzata per lanciare una grande operazione offensiva contro le forze ribelli, ha detto Mosca. Può accadere nel giro di pochi giorni e influenzerebbe il consenso presidenziale – scrive RT – L’esercito ucraino ha ammassato le truppe nelle zone orientali controllate dal governo di Kiev, ha detto Maria Zakharova il portavoce del ministero degli Esteri russo citando i rapporti degli osservatori internazionali. Mosca ritiene che sia un segnale di una incombente escalation tra il governo ucraino e le forze ribelli». «Ci sono rapporti secondo i quali entro pochi giorni Kiev metterà in scena una provocazione armata sulla linea di contatto» ha detto Zakharova, riferendosi al confine, che separa le aree delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk dal resto del paese aggiungendo che «la legge marziale, imposta dal governo nell’est del mese scorso, consentirà un’offensiva fulminea proveniente da Mariupol volta a conquistare i territori sulla costa del Mar d’Azov fino al confine con la Russia». La portavoce del Cremlino ha altresì aggiunto, come rilevato da tutti gli analisti di geopolitica obietivi, che la legge marziale può consentire a Poroshenko anche di rinviare le elezioni presidenziali di marzo, in cui parte fortemente sfavorito, a tempo indeterminato.
LA RUSSIA NON AIUTERA’ LE REPUBBLICHE RIBELLI
Nel caso di un attacco il Donbass dovrà vedersela da solo: proprio per evitare di essere tacciata di fomentare guerre che potrebbero diventare mondiali e per smascherare i piani di aggressione dell’Ucraina in barba al trattato di Minsk, la Russia ha già fatto capire che non fornirà appoggio ai ribelli. Come riferisce Vercesiblogspot, un sito italiano molto attento alle questioni russe, «Il ministro degli Esteri, Serghiei Lavrov, nel corso di un intervista concessa a radio Komsomolvskajia pravda ha rilasciato importanti ed inattese dichiarazioni» che vanno «vanno in senso diametralmente opposto a quelle rilasciate ieri, da Zatulin vice capo della Commissione per i paesi dell’ex URSS della Duma,il quale aveva detto che, in caso di attacco in forze ucraino, la Russia avrebbe riconosciuto immediatamente le repubbliche del Donbass». «Oggi (lunedì 17 dicembre – ndr) Lavrov ha smentito in maniera plateale quanto asserito solo ieri dal deputato! – scrive il blog – la Russia, riconoscendo le due repubbliche auto-proclamate di Lugansk e Donetsk (LNR e DNR), perderebbe ogni rapporto con l’Ucraina, la quale rimarrebbe così nelle mani del regime nazista che attualmente la governa. Infatti, nella informale chiaccherata col suo intervistatore radiofonico, ad una domanda riguardante l’eventuale riconoscimento delle due repubbliche, Lavrov così rispondeva: “Vuoi riconoscere la LNR e la DNR? E dopo ? Per perdere tutto il resto dell’Ucraina, lasciandola ai nazisti?”».
DONBASS IN LOTTA CONTRO “UN REGIME NAZISTA”
Lavrov nel resto dell’intervista ha più volte dipinto il governo di Poroshenko come neonazista: «Noi non stiamo combattendo contro il regime ucraino: con il regime ucraino, che ha tutte le caratteristiche del nazismo e del neonazismo, stanno combattendo quegli stessi cittadini ucraini che vivono nel Donbass – riporta Vercesiblogspot – Abbiamo relazioni con lo stato ucraino, lo stato ucraino per noi è molto più grande ed importante del regime che è salito al potere grazie al tradimento, operato dall’Occidente, di tutte le norme del diritto internazionale e del comportamento internazionale. Il popolo ucraino non ha nulla a che fare con tutto questo e la parte schiacciante del popolo ucraino, ne sono sicuro, vuole la pace per il proprio paese, vuole liberarsi da questo regime vergognoso e vuole tornare alle normali relazioni con la Federazione Russa». Interpellato sugli accordi di Minsk il ministro ha ripetuto che sono l’unico modo per superare la crisi nel Donbass: «Gli accordi di Minsk non hanno alternativa». Ma 66 paesi che siedono nel Palazzo di Vetro ieri non hanno voluto ribadirlo nella risoluzione sulla crisi del Mar d’Azov facendo approvare un testo quantomeno fazioso dall’Assemblea generale dell’Onu, sempre più Organizzazione Non Utile.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI
https://www.rt.com/news/446735-unga-ukraine-resolution-azov/
https://www.rt.com/news/446349-kiev-plans-offensive-rebels/
https://vercesiblogspot.blogspot.com/2018/12/lavrov-la-russia-non-riconoscera-le.html
https://www.rt.com/news/446728-uk-psyops-mine-crimea/