MACHETE CONNECTION SOTTO GLI OCCHI CIECHI DEL QUIRINALE
ARRIVA L’ALLARME ANCHE DALLA FBI
SUI MIGRANTI-SCHIAVI DELLA MAFIA NERA
SEGNALATA DAL 2011 E ALLEATA DI COSA NOSTRA
TRA LE SVISTE DI NAPOLITANO E MATTARELLA
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
L’ultimo allarme arriva dalla Fbi americana che sta indagando su un vorticoso giro di milioni di dollari tra Usa e Italia provento di illeciti traffici di droga, schiavi e persino di organi umani gestiti da Cosa Nera, la mafia nigeriana che spadroneggia in Campania come in Sicilia proprio grazie alle migrazioni indiscriminate dove si nascondono nuovi boss, nuovi soldati e migliaia di vittime condannate alla prostituzione o a divenire corpi da espianto.
Potremmo chiamarla Machete Connection, dal nome di quell’arma che è divenuta ormai di largo uso criminale anche sul suolo italico. Niente di nuovo sotto il sole se si rammenta che il commercio dell’oppio fu difeso con una guerra in Cina dal massone londinese John Henry Temple, visconte di Palmerston e segretario di Stato britannico, all’apice di quel colonialismo inglese che deportò masse di schiavi negri dall’Africa al Nuovo Mondo per farne manovalanza. Fu lo stesso Temple a finanziare l’impresa dei Mille per distruggere il Regno delle Due Sicilie e consentire al Regno di Sardegna di attuare l’Unità d’Italia sotto la benedizione della Grande Loggia d’Inghilterra e del Supremo Consiglio Madre di Charleston del Rito Scozzese Antico e Accettato e sotto l’egida della neonata mafia di Giuseppe Mazzini.
Fu anche quest’ultimo a sostenere ideologicamente l’ascesa del “papa” della massoneria americana Albert Pike, callido avvocato e generale, tra i fondatori del Ku Klux Klan e i fomentatori della guerra di Secessione degli Stati Uniti del 1860, esattamente nello stesso anno in cui l’amico Mazzini visitava la Sicilia per preparare il terreno al fin troppo facile sbarco dell’eroe dei due mondi, il mercenario guerrigliero al soldo delle logge Garibaldi. Proprio nel 1860 nacque a Palermo la loggia di alto grado massonico Supremo Consiglio RSSA di cui fecero parte negli anni eminenti affaristi mafiosi come Nino Salvo.
E’ questa la brevissima storia del Risorgimento tutta da riscrivere: come evidenziato da due martiri di Cosa Nostra, i giudici Rocco Chinnici e Giovanni Falcone, entrambi concordi nel sostenere che i rapporti stato-mafia nacquero con l’Unità d’Italia: di queste relazioni ho già scritto in altri articoli (vedi link sotto) e narrerò più compiutamente in un prossimo reportage sul filo rosso che collega grandi boss mafiosi come Lucky Luciano e Vito Ciancimino ai politici odierni, fino ai depistaggi nell’inchiesta sulla strage di via d’Amelio in cui fu ucciso l’altro giudice antimafia Paolo Borsellino.
https://www.gospanews.net/2019/07/21/mafia-appalti-poteri-occulti-falcone-e-borsellino-uccisi-per-linformativa-caronte/
Qui, in attesa che qualche magistrato temerario faccia luce su ogni implicazione giudiziaria di questa cruenta Machete Connection tra Cosa Nostra e Cosa Nera, mi limiterò ad analizzare le enormi responsabilità politiche dell’unica istituzione che dal 2011 ad oggi pare non essersi mai accorta della gravissima e tremenda insidia nascosta in un’orda di migrazioni indiscriminate; migrazioni che le statistiche, come gli organi di polizia, ritengono compiute in maggioranza da clandestini senza scrupoli, a volte persino jihadisti col viaggio premio n Europa pagato dall’Isis (vedi altro link a fondo pagina), e in minima parte (7 %) da profughi in cerca di sacrosanto asilo umanitario.
LE SVISTE DEL QUIRINALE COME QUELLE DELLE TRE SCIMMIETTE
Mi riferisco al Colle più importante d’Italia: quello del Quirinale. Sia il presidente della Repubblica precedente (emerito è proprio un aggettivo che non riesco ad usare…) Giorgio Napolitano, sia il suo devoto compagno di partito (Pd) e successore Sergio Mattarella, nonostante il duplice ruolo privilegiato di Capo delle Forze Armate, e quindi implicitamente anche dell’Intelligence militare, e presidente del Csm (Consiglio Superiore della Magistratura) ovvero organo di controllo dell’attività giudiziaria nel paese, non paiono aver visto – o voluto vedere, dopo 7 anni è legittimo sospettarlo – l’emergenza annidata come groviglio di serpi in seno ai piani di accoglienza.
MAFIA NIGERIANA – 2. I SUPER-BOSS NERI NELLA TRATTA DEI NUOVI SCHIAVI
Nonostante la loro vista privilegiata sulla magistratura che negli ultimi anni ha emesso sentenze a raffica sui nuovi sanguinari boss delle mafie nigeriani Black Axe, Eiye e Maphite infiltratisi nel Sud Italia anche grazie ai barconi approdati a Lampedusa ed entrati in relazione con la mafia nostrana; nonostante un allarme dell’ambasciata della Nigeria a Roma del 2011, nonostante molteplici rapporti della Dia sulla pericolosità del fenomeno (2016-2017), Napolitano e Mattarella, si sono comportati, nella migliore delle ipotesi, come le tre scimmie ritenute sagge della tradizione popolare giapponese (sanbiki no saru) che insieme danno corpo al principio proverbiale del “non vedere il male, non sentire il male, non parlare del male”. I loro nomi sono Mizaru, “scimmia che non vede il male”, Kikazaru, “scimmia che non sente il male” e Iwazaru, “scimmia che non parla del male”.
Una logica abbastanza antinomica alla tradizione evangelica cristiana che ha il suo fulcro nell’ammonizione del fratello che sbaglia fino a denunciarlo all’assemblea se persiste nel male. Una filosofia omertosa che in qualche modo può contribuire a spiegare perché dal Giappone, insieme a questo motto, si è diffusa la mafia più potente e ramificata del mondo: la Yakuza, nota anche come Yamaguchi-gumi dal nome del suo fondatore Harukichi Yamaguchi. Essa può contare «su un esercito di 90mila uomini, presenti oltre che in Giappone, negli Usa (California e Hawaii), nell’America del Sud, in Europa, nelle Filippine, nel sud-est asiatico ed in Australia (Queensland), con un giro d’affari annuo stimato in quasi 1.500 miliardi di yen – scrive sinteticamente Wikipedia quantificando un bilancio da oltre 12miliardi di euro – Da secoli la Yakuza domina il Sol Levante, graziata da un’impunità che ha permesso la sua crescita incontrollabile». Un’organizzazione criminale poco presente in Italia dove tra la sempre più estesa ‘Ndrangheta, le tradizionali Cosa Nostra e Camorra e la nuova penta-mafia (Nigeriana, Triade cinese, Gang latinos, Orgacizacia georgiana, Società Foggiana) il territorio è da tempo immemore saturo di sodalizi altamente delinquenziali.
MATTARELLA ACCOGLIENTE, DE LUCA ALLARMANTE
Esistono coincidenze che paiono volute dalla Divina Provvidenza. Mentre infatti nel discorso di fine anno il sempre più imbolsito presidente Mattarella ripete come pappagallo del suo predecessore il mantra dell’accoglienza degli immigrati “senza se e senza ma” – ed è qui il nocciolo del problema – affiora uno scoop della rubrica Gli Occhi della Guerra de Il Giornale che aggrava l’allarme lanciato un anno orsono dall’ex parlamentare Pd Vincenzo De Luca, divenuto Governatore della Campania seppur passando indenne da molteplici inchieste giudiziarie.
«La presenza di immigrati rappresenta un’ emergenza drammatica in alcuni territori, come a Castel Volturno, per ragioni sociali, dove c’ è una connessione tra flussi migratori e attività agricole. C’è un’ emergenza di diverso tipo in altre zone: come a Salerno dove non essendoci una camorra che governa il territorio vi sono centinaia di extracomunitari che pensano di occupare militarmente il territorio e di fare quello che vogliono – denunciò De Luca all’allora ministro dell’Interno Marco Minniti come riportò Dagospia – Parliamo di centinaia di extracomunitari sul Lungomare di Salerno: vendono prodotti di contrabbando creando problemi di ordine pubblico e aggredendo agenti della polizia municipale che tentano di far rispettare le regole. Questa situazione è intollerabile. Chi viola le nostre leggi deve essere espulso dall’ Italia. Minniti ha fatto un lavoro interessante con i Paesi di provenienza, ma qui… Ormai siamo al dunque. Più chiudiamo gli occhi più i problemi diventano drammatici, non credo che dobbiamo aspettare che muoia qualcuno».
Un funesto vaticinio perché nel frattempo, per mano di neri africani clandestini, tra molteplici vittime hanno fatto scalpore gli assassinii delle due giovanissime romane Pamela Mastropietro e Desirèe Mariottini, entrambe drogate e violentate fino alla morte: la prima fatta a pezzi per occultarne il cadavere; la seconda stuprata nonostante fosse ancora vergine (vedi link fondo pagina).
IL TRAFFICO D’ORO DEI MIGRANTI SU CUI INDAGA LA FBI
Ora l’allarme di De Luca prende corpo persino in un’inchiesta della Fbi americana (Federal Bureau of Investigation). «Negli Usa infatti, viene notato un anomalo giro di denaro riconducibile ai boss della malavita nigeriana presenti in molte metropoli nordamericane. Tramite i servizi di money transfer o anche attraverso meccanismi finanziari del deep web, i soldi dagli Stati Uniti finiscono sui conti di alcuni migranti presenti lungo la costa domiziana».
Scrive Mauro Indelicato in uno scottante reportage su Il Giornale divenuto in merito agli immigrati che popolano il Casertano (e Castel’Volturno) anche grazie agli edifici abbandonati di resort abusivi o falliti divenuti rifugi ideali per i clandestini.
«La mafia nigeriana, spiegano dagli Usa, è molto ricca e potente grazie alla sua capacità di gestione del lucroso traffico di droga che dall’Africa giunge in America. Per questo gli uomini dell’Fbi impegnati a bloccare la tratta di droga dal continente nero, si imbattono ad un certo punto nei copiosi e corposi trasferimenti di denaro verso l’Italia e, in particolare, verso la provincia di Caserta. Da qui, contestualmente, arrivano i collegamenti tra le inchieste dell’Fbi e quelle della nostra polizia – si legge ancora nell’inchiesta sulla rubrica Gli Occhi della Guerra – Tutto parte da Benin City. Qui la criminalità nigeriana, come detto, affonda molte delle proprie radici. Da qui i mafiosi locali fanno partire centinaia di nigeriani. Gestire un simile traffico è dispendioso: i viaggi durano diverse settimane, se non mesi. E dunque lì la mafia nigeriana ha necessità di pagare milizie locali, organizzare la macabra logistica della tratta di migranti lungo il deserto, oltre che infine mantenere in vita tutta la rete di collegamenti presente in Italia ed in Europa. Ecco dunque a cosa servono tutti quei soldi. La mafia nigeriana arricchita dal traffico di droga in nord America, riversa milioni di Dollari in Italia per consentire alla criminalità africana presente nel nostro paese la gestione del traffico di esseri umani da Benin City. Un traffico anch’esso drammaticamente lucroso. Migliaia di ragazze nigeriane vengono introdotte in Italia, alcune vengono inviate anche in nord Europa. La criminalità organizzata africana gestisce la tratta di prostitute, guadagnando in tutto il vecchio continente parecchi soldi. Ma gli inquirenti, anche nella stessa Nigeria, registrano anche episodi di gente uccisa per immettere sul mercato i propri organi».
A TORINO I BOSS DELLA MAFIA NIGERIANA SBARCATI A LAMPEDUSA
Durante un recentissimo processo alla mafia nigeriana tentosi a Torino un giudice ha scritto in una sentenza il sospetto che i nuovi boss sono arrivati sui barconi a Lampedusa. A fare luce sul fenomeno è stato il primo pentito della Cosa Nera nigeriana che ha descritto per filo e per segno le modalità intimidatorie e le feroci violenze: «Sono tornati gli Eiye e ci sono ancora i Black Axe. Con loro anche i Bucaneer, i Maphite e i Vikings. E poi i Sea Dogs e i Man Fight. I gruppi si scontrano e si picchiano, hanno i loro club e i loro bar. Le persone accoltellate non denunciano, perché hanno paura o non sono in regola con i documenti».
In ordine cronologico gli ultimi arrivati sono i Maphite. «Sono sbarcati a Lampedusa e la gente ha paura di loro, perché sono più pericolosi di chi li ha preceduti. Possono accoltellare e uccidere. Non hanno nessun rispetto per la vita, hanno già sofferto troppo attraversando prima il deserto e poi il mare per arrivare in Italia». Il racconto si arricchisce di note raccapriccianti come le madri fatte a pezzi davanti ai figli e gli avvocati dei pentiti minacciati (link a fondo pagina).
La spirale si fa sempre più profonda in un abisso del terrore che dal Nord Italia giunge fino a Palermo dove proprio in questi giorni il sindaco Leoluca Orlando si sta battendo contro il Decreto Sicurezza in difesa dei diritti degli immigrati e sembra anche lui non vedere – o non voler vedere – le ormai acclarate collusioni tra Cosa Nostra, cui si oppose a parole ma osteggiando il giudice Falcone nei fatti (vedi precedente articolo) e Cosa Nera.
COSA NERA IN AFFARI CON COSA NOSTRA
Inquietante quanto inequivocabile ciò che emerse dalle intercettazioni telefoniche tra l’ergastolano Giovanni Di Giacomo, «un boss autorevole già nel gruppo di fuoco di Pippo Calò» ed il fratello Giuseppe, ritenuto reggente del clan di Porta Nuova ed ucciso il 12 marzo del 2014 nelle strade del quartiere Zisa. In uno di quei colloqui Giovanni Di Giacomo chiese informazioni su Ballarò, il quartiere storico nel centro della città. Lì, proprio pochi mesi prima dell’agguato omicida, era avvenuta un’aggressione a colpi d’ascia e machete nei confronti di due nigeriani rei di aver sgarrato contro Black Axe, come sancì il successivo processo nei confronti di tre loro connazionali conclusosi con pesanti condanne (da 8 a 12 anni di carcere) per tentato omicidio, lesioni ed estorsione aggravate da metodi mafiosi.
«“Lì ci sono i turchi”» rispose Giuseppe al fratello facendo riferimento a qul nomignolo affibbiato a Palermo genericamente alle persone di colore. “Quali turchi?” chiese ancora l’ergastolano. “I nigeriani” chiarì il boss di Porta Nuova aggiungendo: “Ma sono rispettosi mi vengono ad aspettare sotto casa per parlare, chiedere… E poi questi immagazzinano”. Una affermazione che, per gli inquirenti, spiega chiaramente come Cosa Nostra a Palermo abbia dato il suo via libera sul territorio ai nigeriani di Black Axe che “immagazzinano”, ovvero conservano enormi quantitativi di droga, con il beneplacito delle famiglie della mafia nostrana, falcidiate dagli arresti ed a corto di soldati ma soprattutto ormai più concentrate in affari di alto riciclaggio finanziario.
«Una mafia a volte più violenta di quella palermitana – ha rivelato il procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci, in merito all’operazione Black Axe condotta nel novembre 2016 dalla Polizia di Stato proprio nel quartiere Ballarò con 17 arresti – Sono stati ricostruiti diversi casi di violenza. Persone che non sottostavano alle regole di comportamento, per esempio chi non pagava le partite di droga, venivano ‘punite’ in modi severi e violenti. Cosa Nostra ha consentito ai nigeriani di organizzare una struttura subalterna alla mafia – ha spiegato Agueci – Loro erano tollerati a patto che non uscissero dal loro ‘perimetro’ di appartenenza”».
Come riportato da PalermoToday in merito le indagini hanno accertato come l’organizzazione al suo interno riproducesse compiti, funzioni e persino organigrammi tipici di uno stato, tanto che per indicare le figure di vertice faceva riferimento al tipico formulario di cariche istituzionali (Ministro della Difesa e Consiglio dei Saggi). Il peso di alcuni di questi nuovi boss africani viene confermato a Catania dove gli agenti dei servizi segreti dell’Aisi, l’Agenzia per la Sicurezza Interna (ex Sisde), hanno individuato un capo di Eiye, l’altra importante organizzazione criminale nigeriana, «diventato un boss autorevole tra le cosche di mezza Sicilia».
MAFIA NIGERIANA – 1. ORA IRRIDE L’ITALIA E SI FA BEFFE DI MONTI E VATICANO
Dunque l’intelligence indaga, la polizia arresta e la magistratura condanna decine e decine di mafiosi nigeriani che sfruttano proprio i loro connazionali clandestini senza diritto di asilo umanitario; dunque sempre più numerosi africani impongono la legge del machete nelle giungle urbane d’Italia, fino a smembrare le ragazzine vittime dei loro stupri, ma mentre tutto ciò accade la politica dei buonisti rossi continua a fare prediche soporifere tramite l’inquilino del Colle, scende in piazza riottosa col Sindaco di Palermo a rivendicare i diritti di tutti gli immigrati (anche se delinquenti) e per iniziativa della Regione Toscana si rivolge alla Corte Costituzionale contro il Decreto Sicurezza con cui il Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha voluto solo dare una risposta certa all’appello del piddino De Luca: «Chi viola le nostre leggi deve essere espulso dall’ Italia».
Un rivoltante coro d’ipocrisia, in gran parte opportunista per i giri d’affari pubblici connessi all’immigrazione, che fa rimpiangere persino le scimmiette giapponesi perché oltre a non vedere ed a non sentire, almeno tacevano!
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
© COPYRIGHT GOSPA NEWS
divieto di riproduzione senza autorizzazione
ULTERIORI FONTI
http://www.palermotoday.it/cronaca/mafia/black-axe-fermi-mafia-nigeriana-palermo-retroscena.html
http://www.limesonline.com/rubrica/la-jeep-la-libia-il-barcone-viaggio-in-italia-dal-corno-dafrica