SCOMPARSI ALL’ESTERO 1394 ITALIANI. Insieme ai personaggi da prima pagina
DOPO QUATTRO MESI DI VANE RICERCHE IN KENYA
TROPPI SEGRETI IN OSTAGGIO DELLA FARNESINA
L’OMERTA’ DEL MINISTRO SULLA RAGAZZA RAPITA
HA IRRITATO PERSINO I SUOI AMICI DEL CORSERA
E RISCHIA DI SCREDITARE I CARABINIERI DEL ROS.
NEL RISERBO ORMAI DIMENTICATO PADRE MACCALLI…
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
AGGIORNAMENTO DEL 21 MARZO 2019
«Quattro mesi, centoventi giorni interminabili, in cui si sono alternate speranze, delusioni, silenzi e proclami che celavano una qualche certezza. Di Silvia Romano, rapita il 20 novembre 2018 a Chakama a 80 chilometri da Malindi, in Kenya, però, non si sa più nulla. E ciò che sconcerta e che nessuno dice più nulla. Le autorità del Kenya tacciono. Il 15 marzo il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha assicurato che “l’attenzione, l’ansia e l’impegno sono inalterati, altissimi e al massimo livello per poterla presto rivedere in patria”. Una rassicurazione doverosa e che fa ben sperare – riporta l’Agenzia Giornalistica Italiana AGI – Il 18 marzo il ministro degli Esteri italiano, Enzo Moavero Milanesi, da Bruxelles ha detto che “continua la nostra attenzione alle indagini che si stanno svolgendo in Kenya e continuiamo ad assicurare che si arrivi a un risultato. L’obiettivo resta quello di avere Silvia salva, di ritorno fra noi”. Anche queste parole fanno ben sperare, ma nulla su quello che sta accadendo, davvero, in Kenya. La Polizia del Kenya ha parlato l’ultima volta il 21 gennaio, spiegando di essere certa che Silvia è viva e che è ancora nascosta nella boscaglia del Tana River».
SILVIA ROMANO LIBERA! Grazie all’intelligence italiana… E agli 007 turchi amici dei Jihadisti
Ma dietro le parole diplomatiche di circostanza si cela il sospetto che i governanti italiani impegnati sul caso non vogliano racontare la verità o, peggio ancora, non abbiano alcuna novità da raccontare perché la Farnesina brancola nel buio insieme agli investigatori kenioti, legittimando il sospetto che la ragazza abbia perso la vita e per tale motivo i suoi sequestratori sono spariti nel nulla. A distanza di quattro mesi l’opinione pubblica ha il sacrosanto diritto di conoscere maggiori dettagli visto che il tanto decantato indispensabile riserbo ha portato finora al nulla. Sarebbe un atto dovuto verso l’intera popolazione visto che nel 2017 erano ben 1394 i casi di italiani scomparsi in paesi stranieri sui quali non è dato sapere quale impegno reale ci sia del Ministero degli Esteri.
ARTICOLO DEL 21 GENNAIO 2019
A chi non interessa il caso della 23enne Silvia Costanzo Romano, rapita esattamente 2 mesi fa a pochi chilometri dalla costa turistica di Malindi consigliamo di andarsi a leggere l’Annuario Statistico 2018 della Farnesina pubblicato nel settembre scorso e riferito ai dati del Ministero degli Affari Esteri dell’anno precedente: alla voce ricerche di connazionali scomparsi risultano ben 1394 pratiche pendenti al 31 dicembre 2017, a quella sequestri 6.
Questi numeri, fortunatamente in calo rispetto agli anni precedenti, sbattono in faccia agli energumeni saccenti deI social, che hanno dileggiato il rapimento della giovane cooperante milanese rea di essersi andata a cerca i suoi guai aiutando i bambini africani per lavoro, la terribile circostanza di che situazioni simili, magari avvenute nell’ombra e senza testimoni oculari decisivi per farle balzare sotto i riflettori dei media internazionali, possono capitare a chiunque di noi. Lo conferma la vicenda di Luca Tacchetto, l’architetto di Vigonza (Padova) di cui non si hanno più notizie dopo un viaggio in Burkina Faso e sparito il 15 dicembre 2018 insieme all’amica canadese Edith Blais in quello che ormai pare essere un altro sequestro, ad opera di jihadisti, di cui nessuno sarebbe stato spettatore o avrebbe voluto dichiarare di esserlo.
Ecco perché la sempre più drammatica vicenda di Silvia, sequestrata da un commando armato di kalashnikov il 20 novembre 2018 nell’orfanotrofio Chakama Guest House a 80 chilometri dai lussuosi resort turistici di Malindi, diviene epifenomeno di una terribile piaga che affligge i viaggi all’estero, di lavoro o vacanza che siano. Ma diventa anche spia di una politica estera del nostro paese completamente da rivedere perché dopo 60 giorni il riserbo del Ministero degli Esteri comincia a fetare di omertà, irrita persino i suoi amici del Corsera e rischia di gettare discredito non solo sul Governo ma persino sui Carabinieri del Ros di Roma che fin dai primi istanti del rapimento furono inviati in missione speciale nella contea di Kilifi per supportare la Regional Coast Police di Mombasa e le forze speciali della Rapid Border Patrol Unit (RBPU).
L’irritazione nello storico quotidiano dev’essere assai tangibile se bersaglia quel Maeci (Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale) guidato per imposizione del Quirinale dal montiano Enzo Moavero Milanesi, già Ministro degli Affari Europei nei Governi di Mario Monti ed Enrico Letta, già politico di Scelta Civica accanto ai banchieri, espressione dei mondialisti Bilderberg cui il giornale milanese guarda sempre con reverenza; come confermato dalla recente polemica interna sollevata dal giornalista Ivo Caizzi contro il direttore sulle trattative tra Italia e Unione Europea e il deficit della Finanziaria 2019 (cui dedicheremo altro articolo).
Tanto più che oltre a Silvia e Luca sarebbero altri sei gli italiani sequestrati di cui non si sa più nulla perchè inghiottiti nel sordo gorgo del riserbo ufficiale: quattro dei quali finiti con certezza o altissima probabilità nelle mani dei terroristi islamici della Jihad. Più avanti riassumeremo brevemente le loro storie ma vediamo dapprima la sconcertante vicenda che riguarda la giovane cooperante sparita in Kenya.
L’IRRITAZIONE DELL’INVIATO DEL CORSERA PER IL RISERBO
Ben comprendo l’irritazione del collega Francesco Battistini che, tra i primi a fiondarsi a Chakama per seguire le indagini sul sequesto della cooperante milanese, qualche giorno fa ha scritto un articolo con pochissime novità ma molte opinioni e domande, da cui emerge una certa stizza: «State zitti, se potete. Per il 20 gennaio, a due mesi dal sequestro di Silvia Costanza Romano in Kenya, un gruppo di uomini di buona volontà stava per organizzare un flash mob nelle città italiane. Tutti in strada, a chiedere solamente una cosa: liberatela. Le adesioni si stavano accumulando, dalle «madamine» torinesi del Sì-Tav a personalità della scienza, della cultura, dello spettacolo. Poi, lo stop: la famiglia di Silvia, cortese, preferisce il silenzio. La Farnesina, più decisa, lo raccomanda».
Il giornalista si è inoltrato tra i villaggi sparsi tra le pericolose foreste infestate di serpenti velenosissimi in quell’area di 40mila metri quadri messa sotto coprifuoco dalla polizia keniana nella speranza, per ora rimasta vana, di riuscire a individuare gli spostamenti dei due sequestratori (uno è stato arrestato). Ha inviato reportages dettagliatissimi con tanto di nome e cognome dell’ufficiale dei corpi speciali keniani che, sapendo esprimersi nell’italiano sconosciuto alla maggior parte dei suoi colleghi, confermò senza ombra di dubbio la pista terrorista: «Sono stati gli Al Shabaab» disse facendo riferimento ai jihadisti somali che hanno i loro covi nella giungla del Parco Naturalistico di Boni ai confini tra Kenya e Somalia e dove in ultimo si sono concentrate le battute di ricerca della giovane da parte delle forze dell’ordine africane (vedi link precedenti articoli sotto).
«Il silenzio è una strategia. Spesso giusta, com’è stato per molti ostaggi salvati dai negoziati riservati e dai riscatti mai confessati. Talvolta inutile, come fu per il povero Giovanni Lo Porto prima dimenticato, poi ammazzato per sbaglio da un drone americano sul confine afghano – scrive ancora Battistini – O come stanno dimostrando i desaparecidos ormai quasi persi nella memoria: il bresciano Sergio Zanotti, rapito fra Siria e Turchia nell’aprile 2016; il missionario cremonese Luigi Maccalli, preso in Niger lo scorso 18 settembre; padre Paolo Dall’Oglio, sequestrato a Raqqa cinque anni e mezzo fa».
Nel suo articolo che consiglio a tutti di leggere (link a fondo pagina) il giornalista del Corsera ripercorre tutti i misteri e le contraddizioni di questi due mesi concludendo con una frase inquietante: «Ma allora in Kenya su che cosa indagano, se stanno indagando? E su che cosa si tratta, se si sta trattando?». Domande che sconcertano se a porsele è l’inviato speciale di un quotidiano che da giorni e giorni segue le investigazioni sul rapimento. Il sequestro, ormai, più che avvolto dal riserbo pare inghiottito dall’omertà, dalla paura di dover ammettere che ore ed ore di indagini e telefonate tra la Farnesina e e Nairobi non hanno portato a un fico secco. Che persino la presenza degli investigatori dei Carabinieri del Ros, tanto sbandierata alla loro partenza per il paese africano, è svanita nel nulla e non è nemmeno lecito sapere se siano ancora o non siano più a Garsen, campo base delle ricerche nella contea di Tana River.
MISTERI E CONTRADDIZIONI SUL RAPIMENTO E SUL RISCATTO
Che fosse un sequestro misterioso si è capito già nelle prime due settimane quando si accavallarono tre piste: attacco terroristico, come annunciato dal comandante nazionale della Polizia del Kenya, Joseph Boinnet; sequestro di delinquenti comuni come minimizzato poche ore dopo dal capo della Polizia Regionale di Mombasa per non allarmare potenziali turisti; tentata rapina finita male come successivamente accreditato dagli investigatori africani.
Come disse già Aristotele il giusto sta nel mezzo ed alla fine l’ipotesi più avvalorata è stata quella di criminali di etnia Orma (o Wardei non è ancora sicuro), un gruppo musulmano che vive nei villaggi delle contee costiere di Kilifi, Tana River, Lamu e Garissa, in contatto con gli estremisti islamici di Al Shabaab, filiale somala di Al Qaeda, che si rifugiano nelle foreste vicine e non si pongono problemi a sterminare keniani seguaci di Maometto ingenerando quindi un alone di terrore intorno a loro. Nella ricostruzione dell’assalto a Chakama, quando Silvia fu rapita all’interno dell’orfanotrofio, si riferì di un commando composto da 5 uomini, alcuni dei quali con fucili automatici Ak 47, i kalashnikov in dotazione agli Al Shabaab, altri con machete. Ma fu acclarato che due di loro si diedero subito alla macchia lasciando la ragazza in ostaggio degli altri tre.
Qualcuno ipotizzò che fossero complici della rapina finita male in fuga per evitare grane: io credo che potessero essere anche miliziani jihadisti intervenuti a dare manforte nell’agguato e poi dileguatisi per lasciare ai tre delinquenti comuni il gravoso compito di portare la ragazza nei loro covi nella foresta di Boni o in quella confinante del Lag Badana-Bushbush National Park in Somalia. Un rapimento su commissione per un riscatto oppure semplicemente un sequestro autonomo per rivendere l’ostaggio ai terroristi: in entrambi i casi la destinazione della ragazza sarebbe stata i jihadisti somali.
Ma dov’è ora Silvia??? Tutte le ipotesi si schiantano contro questa atroce domanda che è ingigantica dall’ormai vergognoso riserbo del Dicastero degli Affari Esteri guidato da Moavero. E si fa labile anche quella della trattativa per un riscatto: sola circostanza che giustificherebbe un così totale silenzio del governo italiano. Infatti anche l’agenzia Agi, unico media a riferire esplicitamente il 7 dicembre scorso di una trattativa per il rilascio della ragazza non andata a buon fine per le richieste troppo esose dei sequestratori, ha fatto proprio ieri un corposo articolo di riassunto della vicenda nel quale non compare affatto la parola “riscatto” mai entrata negli articoli dei quotidiani kenioti The Nation e The Standard come nei reportages di Corsera, Repubblica, RaiNews, i soli ad avere per più di un mese gli inviati sul posto.
E’ sempre Battistini a riferire che sull’ipotesi del pagamento di un riscatto era giunto il “Niet” inderogabile del Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Quindi è lecito domandarsi – come fa l’inviato del Corriere – su cosa tiene il riserbo la Farnesina? Su cosa stanno indagando polizia keniana e Carabinieri del Ros, ammesso che questi ultimi siano ancora in Kenya???
QUEI MEDICINALI CHE NON SONO BUON SEGNO
Ad aggravare la ridda delle ipotesi c’è un dettaglio marginale ma sempre più inquietante man mano che passano i giorni: quello riferito da alcuni media tra cui l’agenzia Adnkronos in un articolo del 4 dicembre in merito all’arresto di due dei tanti presunti complici (gli arresti sono stati più di 20): «Dumal Haji Osman e Hassan Borow Khamis, riporta The Nation, sono stati arrestati sabato nella foresta di Asa Kone, mentre tentavano di consegnare cibo e medicinali ai presunti sequestratori della cooperante italiana».
Per chi erano quei medicinali? Chi stava male o si era ferito? Un sequetratore o la ragazza? Quanto valgono le rassicurazioni della polizia keniana che ancora a metà dicembre dichiarò che Silvia era viva e che, per l’ennesima volta, si era ad un passo dalla svolta poi culminata in un silenzio tombale? A distanza di 60 giorni è quindi purtroppo inevitabile cominciare a chiedersi se l’ottimismo palesato dagli investigatori della Regional Coast Police di Mombasa non fosse avventato così come la certezza che la ragazza fosse ancora in vita. Un dubbio che attanaglia la sorte di tutti gli italiani più noti di cui si sono perse le tracce all’estero.
SCOMPARSI 8 VIP ALL’ESTERO INSIEME A 1394 ITALIANI
Come evidenziato all’inizio di questo articolo sono ben 1394 le pratiche aperte alla Farnesina al 31 dicembre 2017 sotto la voce “ricerche di connazionali scomparsi”: poche meno delle 1441 pendenti nel 2016 ma molte meno delle 1.807 del 2015. Dati del Maeci che da soli non dicono granchè in considerazione dell’alto numero di persone anziane o con disturbi cognitivi che spariscono all’estero (più del 10 % secondo alcune inchieste giornalistiche) o dei giovani che fanno perdere le loro tracce perché invischiati in giri di droga.
Purtroppo le statistiche del Ministero degli Affari Esteri non contemplano la differenza tra casi irrisoli, casi risolti felicemente e nuovi casi e pertanto non è dato sapere quanto le variazioni annuali siano determinate da ricerche andate a buon fine, da ritrovamenti con decesso e nuove sparizioni. Fortunatamente, fino al 2017, i sequestri di italiani erano in fortissima diminuzione: soltanto 6 in quell’anno contro i 12 del 2016 ed i 20 del 2015. Purtroppo il 2018, con il rapimento di Silvia Romano, padre Pierluigi Maccalli, Alessandro Sandrini, quello presunto di Luca Tacchetto e dei tre napolitani in Messico vedrebbe un notevole incremento di tale tragica e crimonosa circostanza di sparizione. Ecco in estrema sintesi ed in ordine cronologico il report sulle loro storie.
PADRE PAOLO DALL’OGLIO
Padre Paolo Dall’Oglio: di lui non si hanno più notizie dal 29 luglio 2013, quando fu rapito nella zona di Raqqa, in Siria, dove avrebbe dovuto incontrare un esponente dell’Isis per negoziare la liberazione di un prigioniero. Dall’Oglio, 64 anni, ha vissuto per quasi trent’anni in Siria, ed e’ noto per aver rifondato la comunita’ monastica cattolico-siriaca di Mar Musa, promuovendo il dialogo interreligioso. Nel marzo scorso alcuni media cattolici diffusero la notizia della sua imminente liberazione dopo la conquista di Baghuz, roccaforte dell’Isis, ad opera delle milizie SDF. Ma proprio il portavoce di tale contingente militare, contattato su Twitter da Gospa News, smentì categoricamente la notizia rivelatasi poi infondata.
SERGIO ZANOTTI: LIBERATO DOPO 3 ANNI!
Sergio Zanotti: imprenditore bresciano, è scomparso nell’aprile del 2016 mentre si trovava in una località al confine tra la Siria e la Turchia. In questi anni sono venuti alla luce messaggi e video nei quali l’uomo aveva chiesto l’intervento del governo italiano per evitare una “sua eventuale esecuzione”. Più fonti ritengono sia stato rapito da terroristi legati ad Al Qaeda. E’ stato liberato il 6 di aprile 2019 dopo una segreta operazione dell’intelligence italiana dell’Aise, i servizi segreti esteri encomiati pubblicamente dal premier Giuseppe Conte.
GIORNALE DI BRESCIA – ZANOTTI LIBERO
RAFFAELE RUSSO CON IL FIGLIO ANTONIO ED IL NIPOTE VINCENZO
Raffaele Russo, 60 anni, suo figlio Antonio, 25 anni, e suo nipote, Vincenzo Cimmino, 29 anni: i tre napoletani scompaiono dopo essere stati fermati dalla polizia in una stazione di servizio a Tecalitlan, in Messico, nello stato di Jalisco, il 31 gennaio 2018. Si ritiene che proprio questi agenti avrebbero venduto i tre italiani a un gruppo criminale. La scorsa estate la polizia ha fermato a Guadalajara un presunto narcotrafficante, Jose’ Guadalupe N., indagato per il suo possibile rapporto con la scomparsa dei tre italiani.
ALESSANDRO SANDRINI
Alessandro Sandrini: bresciano 32enne di Folzano (Brescia), è sparito dopo essere partito nell’ottobre del 2016 per una vacanza in Turchia dalla quale non ha fatto ritorno. Da allora solo quattro telefonate, l’ultima a gennaio dell’anno scorso, in cui chiedeva aiuto allo Stato, sostenendo di essere stato rapito. Nel luglio scorso era venuto alla luce un video in cui l’uomo indossava una tuta arancione ed era minacciato da due persone con dei mitra, presunti estremisti islamici. Nello stesso video si vedeva il giornalista giapponese Jumpei Yasuda, 44 anni, liberato alla fine di ottobre 2018 dopo essere stato rapito in Siria nel giugno 2015.
PADRE PIERLUIGI MACCALLI
Padre Luigi Maccalli: appartenente alla Società delle missioni africane (Sma), è stato rapito in Niger il 18 settembre 2018 da presunti jihadisti attivi nella zona. Originario della diocesi di Crema, gia’ missionario in Costa d’Avorio per vari anni, padre Maccalli si trovava nella parrocchia di Bomoanga, diocesi di Niamey. (Vedi reportage di Gospa News in merito).
LIBERATO IN MALI PADRE MACCALLI: Era stato rapito dai Jihadisti in Niger
LUCA TACCHETTO CON L’AMICA EDITH BLAIS
Luca Tacchetto: 30 anni, architetto di Vigonza (Padova). E’ somparso il 15 dicembre in Burkina Faso dove si trovava con l’amica canadese, Edith Blais. Il Primo Ministro del Canada Justin Trudeau ha dichiarato pubblicamente che la ragazza è viva. Da vari giornali è affiorata l’ipotesti che i due ragazzi siano stati rapiti da jihadisti che avrebbero già chiesto il riscatto. Il Gazzettino di Padova di oggi scrive: «Si procede per il reato di sequestro di persona a scopo di terrorismo nel fascicolo avviato dalla Procura di Roma in relazione alla scomparsa in Burkina Faso dell’architetto padovano Luca Tacchetto. Quindi anche la Procura ritiene ormai che si tratti di rapimentio. Il procedimento era stato aperto in un primo momento come modello 45, ossia senza indagati o ipotesi di reato. Il pm Sergio Colaiocco, titolare dell’indagine, ha adesso rubricato il fascicolo con quanto previsto dall’articolo 289 bis del codice penale. Sugli sviluppi dell’indagine gli inquirenti di piazzale Clodio mantengono al momento il più stretto riserbo».
L’INGIUSTIFICATO RISERBO DELLA FARNESINA
Identico riserbo che giunge sul sequestro di Luca Tacchetto ovviamente dalla Farnesina guidata dal ministro Enzo Moavero. Come se qualche piccola informazione in meno o in più sui media potesse compromettere una trattativa con terroristi già altamente determinati nei loro scopi. Come se ci fosse il timore che l’opinione pubblica possa formarsi un proprio giudizio sull’operato di ministri politici che, fino a prova contraria, sono scelti da parlamentari eletti dal popolo e, oltrechè al Parlamento ed alle Commissioni d’Inchiesta, dovrebbero rispondere proprio al popolo. In 72 anni di Repubblica la logica del riserbo spesso divenuto impudente omertà condita da abbondanti secretazioni, come denunciato da questo webmedia di recente sul Caso Moro, ha infatti legittimato, impudentemente e impunemente, le peggiori nefandezze governative.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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IL CORRIERE DELLA SERA: MISTERI E SILENZI DALL’ITALIA
FONTI
https://www.agi.it/estero/rapimento_silvia_romano_kenya-4868365/news/2019-01-19/
https://www.agi.it/estero/silvia_romano_rapimento-4714188/news/2018-12-07/
https://www.adnkronos.com/fatti/esteri/2018/12/04/sequestro-silvia-sotto-torchio_P0tjZwm1wu2jXrdCHqC5nK.html