SIRIA-KENYA: STRAGI JIHADISTE, RAPPRESAGLIE USA
ECCO IL FILMATO DELL’ESPLOSIONE A MANBJI
CHE INCASTRA IL TERRORISTA DELL’ATTACCO ISIS
FATTO 24ORE DOPO IL BLITZ QAEDISTA A NAIROBI.
LA VENDETTA AMERICANA A DEIR EZZOR DEGENERA:
UCCISI ANCHE 20 CIVILI SIRIANI E BAMBINI IN FUGA
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Green-go! Verdi andatevene! Il grido che i cubani lanciarono ai soldati degli Usa in uniforme verde nella guerra ispano-americana del 1887 da cui nacque il dispregiativo epiteto di “gringo” in uso nell’America Latina certamente riecheggia nel cuore dei siriani ora che per mister Donald Trump, il presidente più imprevedibile nella storia degli States, “alea iacta est” , il dado è tratto e la ritirata dell’esercito del Pentagono è già iniziata: almeno per gli equipaggiamenti, cui seguirà in un paio di settimane quella dei circa 2000 soldati del contigente americano nella Global Coalition against Daesh. Ma nel frattempo in Siria si muore ancora per colpa dell’Isis come per colpa degli Usa. E lo stesso capita a Nairobi dove nel massacro di Al Shabaab sono stati uccisi altri americani facendo scattare la rappresaglia sui jihadisti nelle loro basi in Somalia. Attacchi nel segno della Jihad vicini nella tempistica e nei bersagli che mirano agli statunitensi: così prosssimi da indurre a sospettare un comune scellerato piano del terrore, sebbene perpetrato da due fronti fondamentalisti rivali. Nell’attentato esplosivo vicino ad un ristorante di Manbji mercoledì 16 gennaio sono rimaste uccise 21 persone, tra cui 4 statunitensi (due militari, un civile dipendente del dipartimento della Difesa e un contractor) e 17 civili locali. Il filmato (link al video integrale sotto) di una telecamera fissa di un esercizio pubblico ha ripreso l’intera deflagrazione dagli attimi prima al panico successivo e consente di ricostruire i connotati del terrorista autore della strage rivendicata dall’Isis. Un massacro servito ai generali antitrumpisti dell’Us Army ed ai media occidentali fans della loro permanenza in Siria a ribadire la pericolosità dei miliziani islamici. Gli stessi organi d’informazione del mainstreami, però, non hanno riservato nemmeno una virgola alle bombe piovute a raffica l’altro giorno (venerdì 18 gennaio) sulle campagne di Deir Ezzor, ultimo baluardo siriano dell’Isis; non hanno suscitato la minima attenzione sebbene causa di altrettanti morti, tra cui donne e bambini, che vanno ad aggiungersi agli altri 21 dei primi giorni dell’anno. Un’ennesima strage di cui riferisce solo Sana (Sirian Arab National Agency) ma di cui non c’è ancora traccia nemmeno sui solitamente attenti media russi perché diventata amara consuetudine. D’altronde, dal mese di novembre, quando la decisione del ritiro delle truppe ha cominciato ad aleggiare ai vertici del Pentagono nella Casa Bianca, la pioggia di fuoco è divenuta intensa come non mai: come ha evidenzia il New York Times i jet americani hanno condotto 1424 bombardamenti, il 60 per cento in più rispetto al mese precedente: un tentativo di sterminare le ultime sacche di terroristi islamici che ha però finito col distruggere abitazioni civili dei siriani. Una strategia militare assurda che induce a sperare e pregare che la colazione a guida Usa (in cui ci sono anche britannici e francesi) levi le tende al più presto per lasciare spazio all’avanzata dell’Esercito siriano e del contigente alleato russo che hanno dimostrato in molteplici occasioni di saper distinguere la zizzania dal grano buono: a costo di far uso di pazienza e prudenza. Cosa che curiosamente riesce invece sempre agli americani in Somalia dove i missili degli aerei Usaf hanno ucciso acribicamente 52 qaedisti Al Shabaab in risposta all’assalto stragista all’albergo keniano.
ENNESIMA STRAGE DI CIVILI A DEIR EZZOR
«Venti civili, tra cui donne e bambini, sono stati uccisi in nuovi attacchi aerei portati avanti dalla coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti nel villaggio di al-Baghouz Foqani, nella campagna sud-orientale di Deir Ezzor, e nei pressi della cittadina di Soseh, zona di al-Boukamal – scrive Gh. A. Hassoun nel sito dell’agenzia Sana – Le fonti hanno sottolineato che l’aggressione ha colpito una dozzina di famiglie mentre cercava di fuggire dalle aree in cui sono posizionati i terroristi del Daesh. E’ probabile che il numero delle vittime aumenti in quanto la maggior parte delle ferite gravi ferite riportate. La coalizione guidata dagli Stati Uniti effettua regolarmente attacchi aerei e commette massacri con il pretesto della lotta contro il gruppo terrorista Daesh». Nella vasta area di Deir Ezzor, ad ovest dell’Eufrate, si sono rifugiate le milizie dello Stato Islamico di Al Baghdadi tra il 2017 ed il 2018 dopo essere state sconfitte a nord-ovest dall’esercito governativo siriano di Bashar Al Assad, a nord da quello turco (ad Idlib rimangono estremisti qaaedisti Al Nusra) e a nord-est da quello curdo dell’Ypg spalleggiato proprio dalla coalizione occidentale. Il bilancio delle vittime civili nei raid degli F-16 dell’Usaf (Us Air Force) è assai elevato tanto che gli stessi americani hanno ammesso, per difetto, ben 1140 morti tra Siria ed Irak dal 2014. Un danno collaterale vergognoso che induce a ritenere l’abuso di bombe a grappolo anziché di sofisticati missili a guida laser, capaci di colpire con precisione chirurgica ma ovviamente molto più costosi. Le bombe a grappolo sono vietate dalla Convenzione Onu del 3 dicembre 2008 a Oslo proprio per gli effetti devastanti che hanno sull’area limitrofa a quella del bersaglio ma è palese che difficilmente qualcuno andrà a fare accertamenti in quella zona semidesertica ancora in parte roccaforte di jihadisti. Inoltre va rammentato che la Global Coalition opera comunque in assenza di qualsiasi pronunciamento del Palazzo di Vetro. Proprio per questo, come rimarca Sana, «la Siria ha chiesto ripetutamente, attraverso dozzine di lettere al Segretario generale delle Nazioni Unite e al Presidente dell’UNSC (Consiglio di Sicurezza Onu – ndr), un’azione seria e immediata per fermare tali attacchi e massacri e prendere le misure necessarie per istituire un meccanismo internazionale indipendente per indagare su questi crimini». Ma ovviamente, visto che il Palazzo di Vetro è ubicato a New York e gli Usa hanno diritto di veto, non c’è mai stata risposta. La strage di venerdì si aggiunge a quella dei primi di gennaio nei villaggi al-Kishkiah e al-Sha’afa che causarono 21 morti tra i civili, sterminando una famiglia intera tra cui quattro bambini, ed alle vittime civili dell’attentato di Manbji.
IL GIALLO SUL VIDEO CHE INCHIODA IL TERRORISTA DI MANBJ
Il filmato dell’esplosione di Manbji è stato diffuso dall’Osservatorio sui Diritti Umani Siriani (Sohr), l’organizzazione umanitaria creata da un commerciante siriano anti-Assad emigrato in Inghilterra (Coventry), sulla propria pagina Facebook in arabo ed è stato ripreso da un media di geopolitica a sua volta poi relinkato da Il Giornale. L’analisi pone l’accento sul fatto che si tratti di un professionista. «Il video dell’Osservatorio mostra un uomo che sembra proprio l’attentatore che scappa dal locale dove è stata piazzata la bomba – si legge sul sito Piccolenote – Si può notare come all’inizio, quando si intravede in prossimità del locale esploso, egli cammini, evidentemente per non insospettire le potenziali vittime, per poi iniziare a correre. Giunto nei pressi della telecamera che batte l’area, della quale evidentemente ignorava l’esistenza, frena la corsa, sempre per non destare sospetti, e si porta una mano al volto per nascondere le sua fattezze. E si muove con cautela e grande professionalità. Inoltre, come si può vedere dopo che abbassa le mani dal volto si può notare come non sembri affatto un mediorientale, anche se indossa abiti locali. Capelli ben tagliati, ordinati e pettinati, carnagione chiara, viso un po’ arrossato, forse per la grande tensione. Un occidentale? In effetti sembra proprio un soldato… D’altronde i soldati occidentali nell’Isis son legione».
Questa la ricostruzione del sito d’informazione che velatamente insinua una cospirazione militare magari ordita dall’intelligence Usa per indurre Trump a lasciare i militari in Siria. Mi sento di essere fortemente scettico sulla descrizione dopo aver guardato e riguardato decine di volte il filmato perché i capelli dell’uomo sono sì corti ma neri e crespi come quelli di un mediorientale. Il volto più che rossatro sembra olivastro ed anche le sopracciglia nere sono particolarmente folte e marcate come in tutti i maschi arabi. Che sia lui l’attentatore non ci sono dubbi: certamente le autorità di polizia siriana ne hanno già elaborato l’identikit partendo dai connotati ben visibili nei primi piani. A confermarlo c’è anche il guanto bianco che ha sulla mano con cui si tocca il naso probabilmente usato per non lasciare la benchè minima impronta su improbabili ma eventuali detriti dell’ordigno. Il fatto che si muova con professionalità non deve destare stupore: i jihadisti dell’Isis come quelli di Al Nusra (già Al Qaeda) sono reclutati anche negli stessi eserciti arabi regolari e vengono addestrati come milizie da guerra spesso con l’aiuto di reparti speciali stranieri, come purtroppo fecero istruttori americani con i ribelli siriani dello Sfd che accolsero nelle loro fila anche terroristi islamici fondamentalisti. I portavoce dell’Us Army hanno definito «di routine» l’attentato alla pattuglia. Una routine che purtroppo diventerà l’arma periodica dell’Isis sconfitto: come capita in Afghanistan e in Irak ma anche nella vicina Somalia.
L’ATTENTATO IN KENYA DI AL SHABAB E LA RISPOSTA USA IN SOMALIA
Nel campo delle curiose coincidenze credo che meriti molta attenzione l’attentato compiuto martedì 15 in Kenya, nell’hotel di lusso Dusit D2 di Nairobi, da terroristi qaedisti somali di Al Shabaab che ne ha rivendicato la responsabilità. I jihadisti armati fino ai denti con gli abituali kalashnikov prima hanno tenuto per alcune ore in ostaggio ospiti e personale quindi con due esplosioni, probabilmente con granate, e raffiche di fucile automatico hanno fatto una strage uccidendo 15 persone prima di essere a loro volta freddati dalle forze speciali keniane della Rapid Border Patrol Unit (RBPU) dopo una notte di conflitto a fuoco. E’ davvero singolare che in soli due giorni i terroristi islamici, sebbene di due fronti rivali nella Jihad, abbiano messo a segno attacchi su obiettivi logistici in cui sapevano essere presenti cittadini statunitensi. Sarebbe davvero inquietante se non fosse una semplice coincidenza perché evidenzierebbe un comune e specifico piano del terrore. A distanza di quattro giorni, nella giornata di ieri (sabato 19 gennaio) c’è stata la rappresaglia mirata dell’Africom (United States African Command). L’esercito americano ha compiuto un raid aereo in Somalia che ha ucciso 52 estremisti Al Shabaab in risposta ad un precedente attacco subito dalle forze regolari somale. Il raid è avvenuto a Jilib nella regione del Medio Juba. I jihadisti controllano gran parte della Somalia rurale meridionale e centrale e continuano a condurre attacchi di alto profilo nella capitale Mogadiscio e altrove. Cellula somala di Al Qaeda dal 2012, gli Al Shabaab vogliono imporre alla Somalia una versione estrema della sharia, la legge islamica, e per questo cercano di cacciare le truppe straniere dall’ex colonia italiana devastata una guerra civile iniziata nel 1991. La contiguità con il Kenya ha reso le foreste di confine covo di questi terroristi: in particolare quella del Parco Naturalistico di Boni dove si teme sia tenuta prigioniera, da delinquenti comuni ma correlati agli estremisti islamici, la giovane cooperante milanese Silvia Costanzo Romano rapita vicino a Malindi lo scorso 20 novembre.
SUPERSTITE DELLE TORRI GEMELLE MUORE A NAIROBI
Davvero sconcertante la storia di una delle vittime di Nairobi ripercorsa dall’Huffington Post: «Era sopravvissuto all’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, ma il destino ha voluto che morisse in un altro atto terroristico: questa è la storia di Jason Splinder, l’americano ucciso ieri nell’attacco a un hotel di Nairobi. La vicenda, tra le varie testate internazionali, è stata riportata dalla CNN». Jason è stato una delle 15 vittime dell’azione rivendicata dal gruppo radicale islamista somalo Al Shabaab. Spindler, laureato in diritto alla New York University, lavorava per la società di investimenti Salomon Smith Barney nel World Trade Center raso al suolo dagli attacchi aerei dell’11 settembre. In Kenya lavorava per la I-Dev, società di investimenti che aveva co-fondato a San Francisco e impegnata nel Paese africano in un progetto di elettrificazione. Un appuntamento con la jihad che si è tragicamente consumato per una tremenda fatalità. A meno che proprio la presenza sua e di altri americani non sia stata il movente dei miliziani islamisti.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI
https://www.facebook.com/syriahro/videos/2256226761258136/
http://piccolenote.ilgiornale.it/38610/siria-mambij-video-attentato
20 civilians, kids included, martyred in US-led coalition airstrikes
https://notizie.tiscali.it/esteri/articoli/somalia-raid-aereo-usa-52-shabaab-uccisi/