ENNESIMO SCONTRO TRA TOGHE SUI MIGRANTI!
I GIUDICI DEI REATI MINISTERIALI SMENTISCONO IL PM
E VOGLIONO PROCESSARE IL MINISTRO DELL’INTERNO.
L’ON. PAGANO: «A RISCHIO LA LIBERTA’ DEGLI ITALIANI»
IL VICEPREMIER: «NON MOLLO FINO ALL’ERGASTOLO»
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
«Attacco politico: non può che definirsi altrimenti questo decisione del Tribunale dei Ministri». Con la potenza deflagrante di vulcano, come quelle Etna all’ombra del quale è esploso il casus belli, il deputato Alessandro Pagano, vicepresidente della Lega alla Camera nonché siciliano – e perciò ogni giorno spettatore delle gravi conseguenze sociali e criminali di un’immigrazione indiscriminata – non ha usato mezzi termini nel commentare i clamorosi sviluppi sulla vicenda della nave Diciotti. «Il Tribunale dei Ministri di Catania, contraddicendo la richiesta motivata di archiviazione della procura della Repubblica del capoluogo etneo, ha richiesto l’autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti del ministro dell’Interno Salvini per il caso Diciotti. E’ quanto si apprende da fonti del Viminale». Recita lo stringato lancio dell’agenzia di stampa Agi con cui si rende noto all’Italia che, di fatto, il Governo è sotto attacco, come evidenziato dal deputato leghista. «Non bisogna vederlo soltanto in questa azione irrituale e ingiustificata – aggiunge Pagano – Bisogna sommarla alle minacce di morte che Salvini sta ricevendo dappertutto, dai social e anche sui muri; bisogna sommarla agli attacchi politici scomposti, alle pressioni dei potentati finanziari stranieri e, dulcis in fondo, anche di qualche pretino o pretone che evidentemente anziché pensare alla cura delle anime perde sempre più credibilità attaccando Salvini. Tutto questo va inquadrato all’interno di un vero e proprio attacco politico che minaccia non soltanto la libertà del leader più carismatico e benvoluto che c’è ora in Italia ma anche la libertà degli italiani stessi: perché ci induce ad immaginare cosa potrebbe succedere all’uomo della strada se tutte queste cose vengono fatte a Salvini. E’ una considerazione amara che però dobbiamo fare. Per fortuna ci sono le elezioni: in democrazia queste cose contano e il suffragio che riceverà Salvini tra tre mesi e mezzo sarà clamoroso». Nonostante l’eloquente richiesta di archiviazione formulata per il vicepremier dal procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, uno che da anni indaga per dimostrare la connivenza tra scafisti e Ong delle navi di soccorso, già provata da intercettazioni dei servizi segreti e perciò inutilizzabili in un processo, i tre giudici della specifica commissione deputata ai reati ministeriali (ovvero commessi da Presidente del Consiglio o Ministri nell’ambito delle loro funzioni), radicata nella sede di Corte d’Appello competente per giurisdizione, hanno invece ritenuto sussistenti gli estremi di una grave violazione al Codice Penale. Si tratta dell’ennesimo episodio di macroscopiche e sconcertanti divergenze di vedute tra le stesse toghe a riprova di una spaccatura intestina ormai sanabile solo con una profonda riforma della giustizia e del Consiglio Superiore della Magistratura, l’organo di autogoverno dei magistrati.
IL PM LO GIUSTIFICO’. SALVINI: “NON MOLLO FINO ALL’ERGASTOLO”
Nel caso del Ministro dell’Interno Matteo Salvini non si tratta degli odiosi reati contro il patrimonio sovente commessi da politici molto spesso sotto gli occhi distratti o addirittura compiacenti di alcuni magistrati (vedi caso Trani). C’è la questione del presunto sequestro di persona nei confronti dei 150 migranti recuperati dalla nave Diciotti della Guardia Costiera e tenuti per cinque giorni sull’imbarcazione per la controversa questione sulle circostanze di soccorso dei medesimi. Un provvedimento che secondo il pm Zuccaro che chiese il proscioglimento fu «giustificato dalla scelta politica, non sindacabile dal giudice penale per la separazione dei poteri, di chiedere in sede Europea la distribuzione dei migranti in un caso in cui, secondo la convenzione Sar internazionale, sarebbe spettato a Malta indicare il porto sicuro». Così non la pensano i giudici del Tribunale dei Ministri che hanno chiesto al Parlamento l’autorizzazione a procedere per sequestro di persona aggravato. «Ci riprovano: rischio da 3 a 15 anni di carcere per aver bloccato gli sbarchi dei clandestini in Italia – dice Salvini in una diretta Facebook – Torno a essere indagato per sequestro aggravato di persone e minori. Mi sono arrivati gli atti del Tribunale di Catania. Ora tocca al Senato esprimersi sul sequestro di persona aggravato. Questo perché osai bloccare lo sbarco della nave Diciotti». Va ricordato che lo stesso Ministro dell’Interno, non appena la nave approdò a Catania, autorizzò immediatamente lo sbarco dei 27 minori per dare loro la necessaria assistenza. Ma la contestazione del presunto reato anche nei confronti di minori concerne evidentemente anche i ritardi nel concedere l’autorizzazione all’attracco dell’imbarcazione della Guardia Costiera. «Paura? Zero – sbotta il Ministro dell’Interno e vicepremier della Lega – Sono pronto all’ergastolo. Io non cambio di un centimetro la mia posizione. Barche, barchette e barchini in Italia non sbarcano. Se sono stato sequestratore, una volta ritenetemi sequestratore per i mesi a venire. La difesa della patria è sacro dovere del cittadino».
LA CONTROVERSIA SULLA DICIOTTI MOTIVATA DAL PIANO THEMIS
Ora è palese anche per uno sprovveduto di diritto penale che laddove sussista una controversia tra nazioni circa il porto di destinazione di migranti soccorsi la questione assume una rilevanza prettamente politica che è di squisita competenza del governo e nel caso di specie del Ministro dell’Interno. Sarebbe come, per usare un parossistico paradosso, se la Francia bombardasse l’Italia ed il Ministro della Difesa fosse passibile di unn procedimento per omicidio qualora ordinasse l’abbattimento del jet straniero sconfinato sullo spazio aereo italiano. A supportare la decisione di Salvini c’era inoltre un preciso trattato dell’Unione Europea per la gestione delle migrazioni: il Themis, entrato in vigore il 4 febbraio 2018 al posto del Triton. Se quest’ultimo, per ormai nota scellerata decisione dell’allora premier Matteo Renzi prevedeva lo sbarco in Italia per tutti e la successiva ricollocazione quasi mai avvenuta, Themis era ben chiaro sulle responsabilità dei paesi mediteranei dell’Unione Europea: «in caso di incidente di search and rescue (ricerca e soccorso), un centro di coordinamento di soccorso marittimo (Mrcc) ha l’obbligo di coordinare le operazioni e decide in ciascuno caso in quale porto i migranti saranno sbarcati – precisò una portavoce della Commissione Ue alla presentazione del piano – nella maggior parte dei casi è il centro italiano che deciderà dove inviare le imbarcazioni». Così avvenne ma Malta rispose picche sulla nave Diciotti e l’Unione Europea nicchiò. Il braccio di ferro durò alcuni giorni, al termine dei quali Salvini ottenne l’impegno dell’Ue per una ricollocazione dei migranti e ne autorizzò lo sbarco. Ricollocazione che di fatto non è mai concretamente avvenuta poiché, come ribadisce lo stesso Ministro dell’Interno, «su 43mila migranti sbarcati in Italia nel 2018 ne sono rimasti nel nostro paese 43mila!» Ora, oltre al danno, anche la beffa di dover rispondere in Parlamento ad una richiesta di procedimento giudiziario che rischia di assumere i connotati di un vero “golpe” in quanto potrebbe minare la stessa stabilità del Governo gialloverde in virtù della corrente pro-sbarchi interna al Movimento 5Stelle; o comunque di condizionarne l’attività politica giacchè episodi come quello della Diciotti sono capitati nei giorni scorsi e potranno capitare almeno una volta alla settimana finchè non saranno realmente contrastate le partenze.
IL RISCHIO DEL REATO PENALE DI ATTENTATO AL GOVERNO
Nella malaugurata ipotesi che il Senato dovesse approvare l’autorizzazione a procedere grazie ai voti convercenti del Pd e dell’ala sinistra del M5S è praticamente ovvio che ciò causerebbe un’immediato crollo del Governo con il rischio di un altro esecutivo tecnico di gradimento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, da sempre prono verso le posizioni dell’Unione Europea che ama sfoggiare la sua ipocrita faccia buonista sull’accoglienza grazie ai porti dell’Italia. Di fatto si tratterebbe di un vero e proprio “golpe politico” innescato da un provvedimento giudiziario sul quale il pubblico ministero competente aveva già espresso l’insussistenza del reato. A questo livello di scontro toccherà agli avvocati della Lega vagliare se in questa volontà manifestamente ostinata dei giudici a procedere penalmente, nonostante la richiesta di archiviazione della pubblica accusa, nei confronti di un Ministro dell’Interno impegnato a porre fine all’immigrazione illegale per la salvaguardia della sicurezza nazionale non si possano ravvisare gli estremi di un attentato agli Organi Costituzionali e nello specifico al Governo. L’articolo 289 del Codice Penale recita infatti quanto segue: “È punito con la reclusione da uno a cinque anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente: 1) al Presidente della Repubblica o al Governo l’esercizio delle attribuzioni o prerogative conferite dalla legge; 2) alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali l’esercizio delle loro funzioni“. Al fine di capire meglio il concetto giuridico ecco la ratio dell’articolo spiegata dal sito di giurisprudenza Brocardi.it: «La norma in esame rappresenta un’ipotesi di reato di pericolo, essendo bastevole l’attitudine degli atti a produrre uno degli effetti previsti dalla norma, non occorrendo che essi si realizzino determinando un evento inteso in senso naturalistico. Per quanto riguarda l’altro elemento costitutivo del reato, ovvero la violenza, essa va suddivisa in propria ed impropria. Per quest’ultima va intesa quando si utilizza un qualsiasi mezzo idoneo a coartare la volontà del soggetto passivo, annullandone la capacità di azione o determinazione. Per violenza propria, si intende invece l’impiego di energia fisica sulle persone o sulle cose, esercitata direttamente o per mezzo di uno strumento».
Non spetta certamente a chi scrive valutare se possano sussistere gli estremi di un così grave reato. Ma rimane il fatto che un eventuale secondo golpe politico fomentato dalla magistratura nei confronti di un leader del centrodestra (dopo quello del 2011 a Silvio Berlusconi) in soli 7 anni sarebbe davvero troppo. E potrebbe rivelarsi un boomerang alle prossime elezioni di maggio: perché se il Governo gialloverde dovesse saltare per l’autorizzazione a procedere contro Salvini alle prossime elezioni la Lega conquisterebbe il 60 % dei consensi: anche se si dovesse candidare premier uno sconosciuto cugino di Salvini qualora il leader della Lega fosse impedito a farlo proprio per effetti di una simile ardimentosa e politicizzata procedura giusiziaria.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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