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ADRIANO NOSENGO, IL PITTORE DEGLI ANGELI E’ VOLATO IN CIELO

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SCOMPARE A 74 ANNI A VERCELLI
UNO DEI PIU’ GRANDI ARTISTI VIVENTI:
MAESTRO NELLA PITTURA METAFISICA
UMILE SANTO DEL QUOTIDIANO 

___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

«Un funerale per gli uomini é forse una festa di nozze per gli angeli»
Gibran Kahlil Gibran

Oggi togli pure il “forse” dalla tua splendida citazione caro Gibran. Perché ci sarà una grande festa lassù in cielo per l’arrivo dei Pittore degli Angeli, uno dei più grandi artisti viventi, maestro di pittura metafisica e di vita. Molce sempre l’anima quest’aforisma del poeta libanese che gronda di dolcezza nei cuori infranti da un lutto improvviso: anche quando appare una liberazione per il sofferente. E’ una frase tremolante di flebile corrusca luce di fronte alle porte delle tenebre dove la nostra umanità lacrima tristezza, amarezza ma soprattutto incertezza. Non era così per Adriano Nosengo che agli amici più intimi da anni parlava del suo incontro col Padre Eterno misericordioso come un passaggio a miglior vita, lontano dalle mediocrità e malvagità di un mondo che, da illuminato sapiente di profonda etica umana e cristiana, aborriva, fino a far qualche volta vibrare le corde della sua mansueta voce in impeti d’ira. Dopo essersi fatto conoscere ed apprezzare a Montmartre, cuore dell’arte pittorica parigina e mondiale, per i suoi fieri ed arcigni Generali, paradigma della forza e pericolosità dell’uomo ed espressione dello ‘spirto guerrier” ch’entro gli ruggiva (direbbe il Foscolo), iniziò a dipingere i suoi famosi Angeli che hanno conquistato l’anima ed il cuore, ancor prima degli occhi di tanti collezionisti piemontesi, italiani e internazionali. Gli era facile declinarne gli sguardi ora soavi ora incombenti ma sempre serafici e benevoli esattamente come lui: gli era semplice perché in fondo non erano altro che il riflesso speculare della bonomia, generosità, umiltà che dimoravano nella sua anima e si spandevano come acqua cristallina su coloro che avevano la fortuna di conoscerlo vincendo la sua indole riservata, anche un poco schiva, che gli è costata una fama artistica ben inferiore a quella che si sarebbe meritato e che ancor più oggi si merita.

Adriano Nosengo molti anni fa in un bistrot di Montmartre a Parigi

Educato in collegio insieme al fraterno amico enologo e sommelier Giuseppe Sicheri, l’elegante signore del vino di Vercelli, giù preside dell’Agrario e autore di innumerevoli libri, comprese il dolore della morte proprio alla sua scomparsa, straziante per Adriano quanto quella della sua amatissima madre, sua maestra di virtù morali e di antiche nobili tradizioni tra cui il Rosario. Si guadagnò da vivere vendendo il sapere: non il suo ma quello dei volumi della Utet da cui certamente attinse la sua ineguagliabile conoscenza enciclopedica. Lo fece in Italia ma anche in Francia dove soggiornò a lungo ma non abbastanza da riuscire a vincere le forche caudine della burocrazia per riuscire ad ottenere una pensione sudata con decenni di lavoro. «Vivo come i gatti, con quello che mi resta sotto le unghie» rispondeva a chi lo sollecitava a non lasciarsi sconfiggere da quell’Inps che lo ha condannato a vivere un’anzianità parsimoniosa con la contributiva minima. Ma in Francia diede sfoggio del suo estro pittorico. Come sia nato non lo so: non me lo ha mai confidato nelle migliaia di ore trascorse a discettare di arte con nostalgia per il Rinascimento ma anche riguardo a quell’epoca moderna dalle cui Grandi Avanguardie prese innumerevoli spunti e suggestioni, fino alle polemiche su quel Rothko che lui adulava ed io detesto. Discussioni anche vibranti soprattutto sulla sozza politica, sull’umanità ormai in cammino verso l’inferno delle sue aberrazioni trasgressive ed antietiche, sulla filosofia morale e i dubbi teologici di una fede cristiana da lui vissuta in un’intimità assai profonda, quasi nascosta, ma incarnata nelle sue parole ed opere quotidiane. «Il maresciallo che ci ascolta si sarà fatto una cultura e lo promuoveranno tenente» scherzava quando entrambi ci accorgevamo di aver trascorso tre ore a dialogare al telefono a causa della lontananza.

Adriano Nosengo – L’angelo degli innamorati cm.100 x 70

Bastava non parlargli di fare mostre. Non ne voleva sapere di gettarsi nella mischia di un panorama pittorico depimente nel quale si emerge grazie ai favori politici, al denaro, alla maligna dissacrazione più che per la genalità creativa ed il talento manuale. Ecco perché la sua ultima personale risale al febbraio di nove anni fa. La fece, forse più per farmi un favore e rispondere alle mie insistenze, nel nobile Palazzo Medici del Vascello nel centro storico di Asti. I suoi angeli riconcorrendosi con lo sguardo sulle ampie ed alte pareti irroravano un messaggio di armonia, letizia ed amore. In particolare l’Angelo degli Innamorati scelto quale icona dell’esposizione, era una primizia di sopraffina arte emozionale, stilistica e concettuale: le tre virtù intellettuali secondo il mio modesto canone estetico. La risposta tangibile ed intelleggibile alle virtù cardinali dell’arte: il vero, il buono ed il bello.

Da sinistra gli artisti Alessio Averono, Adriano Nosengo, il curatore d’arte Fabio Carisio e gli altri maestri pittorici Giorgio Sambonet, Pier Domenico Magri e Camillo Francia durante il vernissage della mostra di Magri presso l’Art & Wine Gallery di Prarolo (Vc) nel 2009

Richiede almeno venti minuti descrivere sommariamente i riferimenti simbolistici di quell’opera come di altre di Nosengo: impregnate di evocazioni avanguardistiche che alludono alla metafisica di Giorgio De Chirico, al cubismo di Pablo Picasso, alle tecniche divisioniste, alle geometricità di Paul Klee, agli oggetti archetipi di Renè Magritte, ma soprattutto ad una straordinaria liricità iconopoietica tutta soltanto sua. Culminata nelle chiome a forma di libro aperto, distese quali ali di conoscenza, quali irradiazioni della sapienza universale sovente infatti declinate cromaticamente con le sfumature dei colori dell’iride. Grazie ad esse divenne protagonista immancabile ed ospite d’onore ad una delle più importanti rassegne contemporanee d’Italia, la Mostra Nazionale di Santhià ideata nel 1962 da un eccezionale promotore come Mario Pistono, promossa a livello nazionale nel 2008 dal sindaco Gilberto Canova e interrotta al primo avvento di una giunta comunista: lo rimarco qui per il disgusto che provò anche Adriano per la soppressione dell’evento.

Potrei scrivere ore delle sue opere ma non è questo il momento… La mia missione di critico d’arte non sarà mai minimamente compiuta finchè non riuscirà a curare una mostra antologica della sua immensa produzione. Oggi mi limito a riportare in estrema sintesi la presentazione fatta sull’ultimo catalogo delle esposizioni itineranti dell’associazione di volontariato culturale Art & Wine Club che dedicò nel 2017 ad Adriano la copertina. Sempre per amicizia e stima reciproca mi accontentò nel parteciparecon i suoi dipinti a queste mostre collettive e lo fece ritagliandosi l’inevitabile encomio dei visitatori ma anche partorendo dal suo funambolico estro qualcosa di assolutamente unico come le Quattro stagioni di Langa realizzate ciascuna con una matrice stilistica differente: l’inverno Cezanne, la primavera tratteggiata nei contrasti di sfumature tonali delle sottili vibrazioni lineari divisioniste, l’estate cubista, l’autunno espressionista.

Adriano Nosengo con il fotografo Max Giannotta alla mostra di Art & Wine Club del 2013 nel Palazzo del Monferrato ad Alessandria

Per chi ama i riferimenti storici ecco le quattro note essenziali. Nato nel 1944 a Vercelli ha trascorso molti anni della sua gioventù a Parigi. Ha esposto nelle principali città italiane ed estere. Memorabile la sua mostra nella galleria parigina Man Art con cui ha partecipato nel 1992 all’ArtExpo di New York. Suoi lavori sono in collezioni private e pubbliche tra cui il Museo di Santa Caterina a Treviso. Una sua opera si guadagnò nel 2005 il primo premio Presidente della Repubblica al Concorso Nazionale di Pittura di Santhià. Dal 2015 un suo angelo è inserito nel mosaico pittorico della Iglesia de Los Angeles nella Estancia del Milagro nel nord-este dell’Argentina, grazie alla collega critica Serena Mormino di AmArte, direttrice del Parco Artistico di Portofino. Insufflata dalle suggestioni delle Grandi Avanguardie storiche la sua arte attinge alle impronte simboliste, surrealiste, metafisiche e cubiste per generare stilemi pittorici sempre nuovi ed assolutamente geniali ed originali. Non ho mai scritto molto di più in attesa di poterlo fare per il catalogo di una sua grande mostra antologica che tanto avrei voluto organizzargli in vita e che tanto lui rifuggiva.

Adriano Nosengo nel febbraio 2010 all’inaugurazione della sua mostra personale ad Asti accanto al curatore Fabio Giuseppe Carlo Carisio ed a sua madre Anna Maria Frigiolini – CLICCA SULL’IMMAGINE PER VISIONARE IL CATALOGO DELLA MOSTRA

Adriano amava poco sia i peana che gli allori. Ecco perché solo in pochi sanno che la sua arte è celebrata in una delle stanze più importanti della Diocesi di Vercelli: la sala capitolare dove è esposto il ritratto, da lui realizzato su commissione della Curia, dell’arcivescovo emerito monsignor Enrico Masseroni. Già perché il pittore Nosengo era anche un abilissimo ritrattista e sublime disegnatore: tanto che per poco nella sua gioventù artistica non fu reclutato da una galleria milanese per dipingere falsi d’autore. Non fu trovato l’accordo per realizzare qualcosa che tutto sommato lui avrebbe fatto solo per mero esercizio manuale più che per amore. E così la sua arte rimase pura espressione del suo spirito. Suscita un po’ di amarezza ma fa ben comprendere i meccanismi dell’arte internazionale che un pittore così assolutamente eclettico e talentuoso non abbia mai trovato celebrazione in una delle più importanti case d’aste d’Italia che ha sede proprio a Vercelli a poche centinaia di metri dalla casa dello stesso Nosengo. Fa piacere invece che Luigi Tarricone, il governatore Lions del Distretto Piemonte e della Valle d’Aosta abbia chiesto proprio ad Adriano di disegnare il gagliardetto ufficiale del 2018, con le relative litografie di omaggio ai soci, a sugello di una carriera pittorica celebrata da chi sapeva cercarne e riconoscerne il talento velato dalla sua modestia.

Adriano Nosengo – studio per il ritratto dell’arcivescovo Enrico Masseroni

Chi lo ha conosciuto fa davvero fatica a comprendere se sia più imponente la sua statura artistica o quella umana. Ma è forse dalla fusione di entrambe, abbracciate in un afflato divino, che giunge l’immensità di Adriano. Sempre capace di rispondere anche alle provocazioni dialettiche più accese con una frase che smorzava ogni tensione: «Sta bravo…» detto con quella modulazione risoluta ma pacata che evoca il piglio di un nonno giusto ma amorevole, esempio di generosità di anima, cuore e mani, ogni volta che qualcuno aveva un piccolo bisogno. Non gli potrò mai essere abbastanza riconoscente per le opere che mi ha donato nella nostra collaborazione professionale ma soprattutto della sua amicizia che resterà sempre per me il ritratto del suo volto, quello di un padre buono del’umanità intera, quello di un angelo oggi richiamato nell’alto dei cieli a vegliare su tutti noi che abbiamo avuto l’onore, la grazia e la gioia di conoscerlo e pertanto abbiamo un piccolo, modesto santo del quotidiano in più in Paradiso da pregare. Un angelo che anche oggi, nel giorno del dolore straziante per le ultime telefonate cui non ha risposto, per la mancata visita al suo letto di ospedale dove fortunatamente è rimasto pochi giorni ormai da due anni debilitato da continui mali di senescenza, da lassù riesce a porgere un sorriso tra le lacrime. Dietro le sbarre di una pioggia di amarezza, che imprigiona la solitudine per la perdita di uno dei pochi amici fidati, lui già compie già il prodigio di far splendere un arcobaleno iridato come le chiome delle sue celestiali creature. Lascia fisso nella nostra anima un solo dovere: quello di sapergli rendere gratitudine e memoria in parole ed opere con la stessa spontanea e disinteressata benevolenza con cui l’angelo Adriano ci ha sopportati, capiti, aiutati ed amati.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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Il giornalista e critico d’arte Fabio Carisio con il maestro Adriano Nosengo al vernissage della mostra 2013 al Palazzo del Monferrato di Alessandria

 

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