CINQUESTELLE SCONFITTI IN SARDEGNA
PER L’ASSENZA DI AIUTI AUTONOMISTI.
LA LEGA EROSA DAI REGIONALISMI
PORTA SALVINI AL DISTACCO DA FORZA ITALIA:
INCOGNITE SULL’ALLEANZA IN PIEMONTE
DOVE SOLO ALBERTO CIRIO PUO’ VINCERE
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Come rimarcato da molti analisti politici gli esiti elettorali in Italia sono belli perché forieri delle più disparate ed a volte assurde riletture. Stavolta l’unico che sembra aver saputo leggere i risultati delle consultazioni per il rinnovo dell’assemblea della Regione Sardegna è Matteo Salvini. Se in politica estera, vedi posizioni filo-israeliane sulla Siria, cui Tel Aviv ha rubato ampie fette dell’altopiano del Golan, e filo-guaidiste, che fa rima con golpiste, in Venezuela, è condizionato dal suo consulente internazionale Guglielmo Picchi, professionalmente cresciuto nell’establishment mondialista dei banchieri Rothschild e politicamente nel vivaio di Silvio Berlusconi, per quanto concerne i panorami politici italici Salvini osserva, analizza e decide pressochè da solo. E non sbaglia. Anche molti dei suoi fans saranno inizialmente saltati sulla sedia leggendo la sua perentoria dichiarazione “Mai più col centrodestra” che ha suscitato le battute ironiche dell’analista esperta (ah ah) azzurra Mara Carfagna: lei su Twitter ha lanciato una frecciatina al leader della Lega: «Quanto astio Salvini. Ma cosa ti avrà mai fatto Forza Italia? Qualcuno di noi, senza volere, ti ha rubato la Nutella?». Una frase che da sola evidenzia la grande capacità di osservazione politica dei parlamentari di FI, tetragoni nel sentirsi “duri e puri” dopo essersi svenduti a Matteo Renzi nello scellerato Patto del Nazareno, formalmente siglato col Partito Democratico per le riforme mai fatte (unioni gay a parte…), sostanzialmente per evitare la galera a Berlusconi, ed aver consegnato l’Italia al settennato di sinistra egemonia guidato dai presidenti della Repubblica Dem Guido Napolitano e Sergio Mattarella e dai loro sicari governativi Renzi e Paolo Gentiloni. Basterebbe questo a ricordare cosa ha fatto agli italiani Forza Italia tanto da legittimare l’ascesa strepitosa di un “enfant des places” come il capitano della Lega, ottimo demagogo, pragmatico ministro ma certamente statista tutto ancora da scoprire.
IL TRIONFO DEI PARTITI REGIONALISTI SARDI
Ebbene la Sardegna per quanto incantevole non è un’isola facile. Forse si trascina dietro il retaggio dell’emarginazione che non deriva tanto dalla lontananza geofisica e culturale dalla penisola quanto dal trattamento che subì nel 1871 quando il Regno omonimo, finanziato dai massoni inglesi, dopo aver garantito con la sua flotta navale la copertura ai Mille di Giuseppe Garibaldi negli sbarchi a Marsala e Napoli fece la stessa fine dell’eroe dei due mondi (anch’egli massonissimo mercenario) e fu messo in naftalina dal Regno d’Italia. Forse per questa inconsapevole atavica preclusione i sardi ancora oggi chiamano gli italiani continentali al pari di tutti gli altri Europei. Ciò premesso Salvini sembra aver dato una lettura del voto del 24 febbraio 2019 nell’isola che nessun’altro politico pare aver colto: Christian Solinas non è divenuto governatore per merito del centrodestra ma grazie ai suoi amici sardi. Se al 51,74 % sottriamo voti dei partiti autonomisti regionali pari al 27,62 % vediamo che alla coalizione rimane un misero 24,12 % inferiore alla quotazione della Lega che a livello nazionale è data dai sondaggi al 33,2 % ovver 9 punti percentuali in più rispetto al raggruppamento e ben 21,85 % in più rispetto al proprio 11,35 % conquistato in Sardegna. Defalcata dei voti dei regionalisti, guidati dal Partito Sardo d’Azione dello stesso Solinas con il 9,9 %, ovvero quasi due punti in più di Forza Italia, l’alleanza di centrodestra avrebbe rischiato la debacle contro Massimo Zedda (anch’egli nel suo 32,93 % comunque aiutato dai partiti sardi per quasi il 15 %), pur ben consapevoli che l’aritmetica in politica non è mai una scienza perfetta e che mutando le partnership sarebber certamente cambiati anche le rispettive percentuali…
LA TENUTA DEI CINQUESTELLE NEI SONDAGGI
Chi è dunque il vero sconfitto delle elezioni sarde? Non il Movimento 5Stelle che ha pagato l’enorme ingenuità strategica di non inserire partiti autonomisti sardi e le percentuali significative rubate da altri candidati governatori autonomisti (Paolo Giovanni Maninchedda 3,35 %, Mauro Pili 2,31%, Andrea Murgia 1,82%, Vindice Mario Lecis 0,59%). Il candidato pentastellato Francesco Desogus che ha conquistato un onorevole terza piazza col 11,18% ha infatti beneficiato dei suoi voti personali ma principalmente di quelli del M5S pari allo 9,72 %, ovvero un punto e mezzo abbondante sopra Forza Italia e più del doppio di Fratelli d’Italia stabili al 4,73 %. Certamente è un risultato assolutamente al di sotto delle aspettative del vicepremier Luigi Di Maio e soprattutto del suo rivale interno Alessandro Di Battista, pronto a guidare la fronda intestina allo schieramento grillino in cui la base rivoluzionaria maldigerisce gli inevitabili ed indispensabili compromessi di governo. Una conferma dell’apparente stabilità del peso politico pentastellato giunge dai sondaggi dell’istituto demodossologico Swg evidenziati da Tg7 in cui il partito di Di Maio il 26 febbraio, due giorni dopo le elezioni sarde, risulta in crescita dello 0,5 % passando al 22,6 % rispetto al 22,1 del 18 febbraio. Erano quindi le velleità politiche ad essere smisurate rispetto alla candidatura di un sardo appoggiato solo dal popolo dei cinquestelle e non da partiti regionalisti.
LA LEGA SCONFITTA: SALVINI SI STACCA DA FORZA ITALIA
Dunque chi è il partito che veramente esce sconfitto dall’isola dei Nuraghi? Sicuramente la Lega che pur essendo un partito sovranista e populista, ma soprattutto federalista, lascia agli autonomisti autoctoni ben il 21,85 % del suo potenziale elettorale. Una perdita su cui aleggia certamente anche lo spettro di quel Berlusconi sempre considerato il rospo da ingoiare più che il principe da incoronare dal popolo leghista. L’analisi non è sfuggita all’intelligenza politica di Salvini che ha subito fatto un annuncio impegnativo “Mai più col centrodestra” che pare assolutamente perentorio in un’ottica di governo nazionale, certamente non dovrebbe sovvertire l’ordine delle cose alle regionali della piccola Basilicata nell’appoggio della candidatura dell’indipendente Vito Bardi del centrodestra unito, ma potrebbe pesare come un macigno gettando ombre ed incognite nella corsa al rinnovo dell’assemblea della Regione Piemonte dove il candidato governatore dovrebbe essere, secondo precedenti accordi, proprio in quota a Forza Italia.
LA CANDIDATURA DELL’EURODEPUTATO CIRIO IN PIEMONTE
Forza Italia non ha ancora sciolto le riserve tra l’europarlamentare Alberto Cirio, autorevole deputato a Bruxelles in difesa del Piemonte, promotore mondiale della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba (città dove vive) e rispettato anche dall’elettorato di centrosinistra ma con il minuscolo “peccato originale” di essere politicamente nato nella Lega Nord prima di indossare la casacca azzurra per quasi vent’anni, e il deputato Paolo Zangrillo, coordinatore regionale piemontese di FI dal 18 ottobre 2018 al posto di quel Gilberto Pichetto Fratin che aveva già incoronato Cirio candidato. Se la candidatura di Cirio pare in pole position in quanto accreditata anche dai sondaggi con uno share del 55 % contro il 45 % del governatre uscente del Pd, Sergio Chiamparino; quella di Zangrllo, storico manager del Gruppo Fiat, pare assai più debole per la scarsa visibilità politica del personaggio e la sua estrazione da quell’élite finanziaria torinese certamente poco gradita dalla base populista leghista. Una candidatura quindi rischiosa, se non suicida, quest’ultima per il centrodestra che potrebbe rientrare solo in una delle ormai dissennate logiche politiche del sempre più livoroso Berlusconi, incapace di comprendere perché la maggior parte degli italiani (tra cui chi scrive) lo ha ripudiato ma proprio per questo forse troppo superbo per accettare che il Piemonte veda trionfare un governatore azzurro grazie ad una Lega magari vicina al 40 %. Di certo proprio Cirio, europarlamentare di antica foggia e perciò callido nel pescare voti anche dalle sacche rosse delle Langhe albesi, potrebbe essere il punto di convergenza ottimale tra gli interessi di Forza Italia e del Matteo nazionale (Salvini): ma forse non di quelli di un Berlusconi ancora malinconicamente e smaccatamente troppo innamorato del suo pupillo sinistro, il Matteo sconfitto e sbugiardato dagli italiani, al secolo Renzi.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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