IL PORTAVOCE DELL’ESERCITO CURDO SDF
IN UN TWEET DI OGGI POMERIGGIO
NEGA NOVITA’ E LIBERAZIONE DEL GESUITA
RAPITO A RAQQA SEI ANNI FA PROPRIO VICINO
A UNA FOSSA COMUNE DI 3500 VITTIME ISIS
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Padre Paolo Dall’Oglio è vivo e prigioniero dell’Isis a Bagouz? Al momento è, purtroppo, una gigantesca fake news del sito d’informazione Al-Akhbar, vicino agli Hezbollah libanesi che da tempo combattono in Siria l’Isis al fianco dell’esercito regolare di Bashar Al Assad. Sono ignoti i motivi per cui tale agenzia d’informazione abbia rimbalzato nei giorni scorsi una notizia già divulgata dal Times agli inizi di febbraio, riportata da alcuni media italiani, e smentita da ogni fonte ufficiale curda, accreditata come latrice dell’informazione. Già perché secondo il farraginoso articolo diffuso dalla fonte libanese, sempre ritenuta poco degna di attenzione dalle agenzie d’informazioni europee ed occidentali quando narra degli stermini missilistici degli Usa nella stessa Siria, in Kurdistan e in Iraq, sarebbe in corso una trattativa per la liberazione del padre gesuita italiano rapito il 29 luglio 2013 a Raqqa, allora roccaforte siriana di Daesh. Non va dimenticato che padre Dall’Oglio avrebbe lavorato molto, secondo attendibili fonti cattoliche, per il dialogo tra musulmani e cristiani fino a cercare di convincere questi ultimi della bontà della predicazione del sanguinario Maometto. Al punto che qualcuno sospetta che il suo rapimento ed il suo destino sia collegato con il tentativo di trattative con jihadisti di Al Nusra (cellula siriana di A Qaeda) per due religiosi cristiani rapiti.
La smentita ufficiale giunge da Mustafa Bali, portavoce dello Sdf (Sirian Defence Force), il gruppo militare animato principalmente, ma non solo, dai curdi del Royava. Giunge ad una mia specifica domanda in Twitter che altri giornalisti prima di me avrebbero dovuto fare ma non hanno fatto. «The fate of many hostages held by ISIS such as Paolo Dall’Oglio and Samir Kassab remains unknown, however we try hard to obtain information regarding their whereabouts. We have no sign suggesting they’re alive or dead as of now». Per chi non è pratico dell’inglese la traduzione è questa: «Il destino di molti ostaggi detenuti dall’ISIS come Paolo Dall’Oglio e Samir Kassab rimane sconosciuto, tuttavia ci sforziamo di ottenere informazioni sulla loro ubicazione. Non abbiamo nessun segno che suggerisca che siano vivi o morti al momento».
Da tre giorni seguo ininterrottamente i siti d’informazione curdi che cominciano con il più accreditato Anf (Firat New Agency) con sede in Olanda, fino a Rojaname o ReteKurdistan, il sito italiano di sostegno alla causa dei curdi in Irak, Siria e Turchia. Tutti questi questi aggiornatissimi siti d’informazione non scrivono una minuscola virgola su Padre Dall’Oglio ma sono assolutamente doviziosi di informazioni sugli attacchi militari in Siria e sullo sciopero della fame fatto da moltissimi curdi nel mondo per la revoca dell’isolamento carcerario ad Abdullah Ocalan, leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, che ha ispirato l’orgoglio dei curdi e della minoranza Yazida di analoga lingua, divenuta bersaglio delle rappresaglie dei miliziani Daesh perché non solo sono curda, in maggioranza di confessione Musulmana Sciita, ma pure di una religione che nulla c’entra con Maometto ed Allah. In questo caos di conflitti di confessioni ed etnie, che spesso ha portato gli iraniani curdi contro quelli iracheni e siriani, non c’è quindi da stupirsi che un religioso cristiano gesuita sia usato come argomento mediatico in mediatiche tensioni…
C’è da stupirsi che giornalisti della stampa internazionale e quindi anche italiani si abbeverino a tali fonti. Posto che la notizia della presunta imminente liberazione di padre Dall’Oglio risale ad un articolo del Times degli inizi di febbraio ma non anticipò alcuna conferma: anzi furono gli stessi militanti dello Sdf a smentirla come oggi la smentisce il portavoce ufficiale. Così come non ha mai trovato conferma la presunta trattativa per la liberazione del giornalista britannico John Catlie e di una povera infermiera neozelandese di cui nessun media cita nemmeno il nome. Da cristiano spero e credo che il gesuita italiano sia ancora vivo e presto libero. Da giornalista di cronaca ormai un po’ esperto di geopolitica militare (e corrispondente per l’Italia di Veterans Today) penso purtroppo alla fossa comune di Al Fukheikha, area agricola nelle vicinanze di Raqqa, proprio dove fu rapito padre Paolo. Nel mese di dicembre quando fu tristemente scoperta parevano qualche centinaio le vittime giustiziate dall’Isis. Negli ultimi reportages del benedetto esercito curdo, quello che più di tutti ha combattuto i maledetti miliziani Isis nella Siria settentrionale (Manbij) e in quella meridionale (Deir El Ezzor), purtroppo non esiste una minima nota sull’esistenza in vita del povero gesuita. Da quell’inferno di Bagouz dove si sta perpetrando la vittoria finale dello Sdf con 164 guerriglieri jihadisti uccisi (nota dell’altra sera), 600 tra prigionieri e mercenari Foreign Fighters portati nel centro per rifugiati di Hol Camp di Hezeke, dove c’è uno specifico settore per i jihadisti Isis ed il numero degli ospiti è passato da 41mila a 56mila in pochi mesi, e 103 prigionieri sono stati rilasciati per un pacifico clemente indulto dei Curdi, non affiora una sola minima nota su padre Paolo. Da laggiù giungono dettagli troppo circostanziati su ogni azione di guerra o di pace, attraverso il sito ANF, per indurre una speranza che in noi tutti resta comunque viva… Memore però purtroppo dei fatali versi di Ugo Foscolo: «Anche la Speme, Ultima Dea, fugge i sepolcri».
Alla disperazione poetica sul destino del religioso italiano si aggiunge infatti quella geopolitica per il blocco dell’uscita dei profughi dal campo Al-Rukban ai confini tra Siria e Giordania, imposto non si sa bene per quale ragione dagli Usa del presidente Donald Trump, e altresì al trasferimento degli supersititi Yazidi nella comunità dei loro parenti di Shengal, in arabo Sinjar, enclave irachena dove sono stati uccisi e rapiti, padri, madri e bambini come Marwa Khedr, ridotta a schiava sessuale a 10 anni di cui nessuno sa la sorte. Ebbene l’Irak oggi filoamericano o Usa-condotto sta ostacolando persino il rimpatrio. Ennesima evidenza di una lurida guerra di controllo del Medioriente iniziata da Barack Obama con la creazione dell’Isis per sovvertire il legittimo governo siriano di Bashar Al Assad e purtroppo proseguita, pur tra tante manfrine dialettiche, dal suo successore Trump. In mezzo a tutto ciò rimane la totale assenza del Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana: come per la drammatica e omertosa vicenda del rapimento di Sivia Costanza Romano in Kenya anche sul caso di padre Paolo è assolutamente vergognoso il silenzio della Farnesina e nello specifico del ministro Enzo Moavero Milanesi, militante nel partito di Mario Monti e inutile titolare di Dicastero nel Governo gialloverde di Lega e M5S.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI
RETEKURDISTAN – FOSSE COMUNI RAQQA
ANF – VIETATO RITORNO CURDO IN IRAQ
FIDES – NON NOTIZIA SU PADRE DALL’OGLIO