SCOPPIO DI 3 TRASFORMATORI ELETTRICI
INFIAMMA LA NOTTE DELLA CAPITALE:
ALTRE 2 STAZIONI A FUOCO IN 24 ORE.
DOPO LA CENTRALE DELLA DIGA “SABOTATA”
E I CAMION DI AIUTI BRUCIATI DAI GOLPISTI.
MA GUAIDO’ ACCUSA ANCORA IL REGIME…
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
La conferma di quanto anticipato alcune ore fa in esclusiva mondiale da Gospa News grazie ai preziosi contributi di un profilo Twitter specializzato sulla crisi del Venezuela giunge in un tweet postato dal presidente autoproclamato Juan Guaidò che ha ovviamente tutto l’interesse a gettare benzina sul fuoco. Le fiamme stavolta ci sono davvero e come si vede nelle immagini sono anche imponenti!
«La nostra squadra è andata al mattino presto per raccogliere testimonianze sull’esplosione della sottostazione elettrica di La Ciudadela – twitta il leader dell’opposizione – Il regime usurpatore continua ad affrontare questo in modo irresponsabile. Preferiscono mettere a rischio la vita dei venezuelani piuttosto che comprendere la grandezza della crisi. Tre dei quattro trasformatori che forniscono energia elettrica all’area sono rimasti inutilizzabili, secondo le informazioni fornite dal personale di Corpoelec che non aveva gli strumenti necessari per affrontare le conseguenze dell’esplosione».
Il resoconto è da perfetto reporter: a conferma che avere una moglie laureata in giornalismo e blogger di professione aiuta assai in una comunicazione nella quale purtroppo il Socialismo Bolivariano del presidente Nicola Maduro si sta rivelando molto meno abile, soprattutto perché impegnato ad evitare che le preoccupazioni e le sofferenze della popolazione, nelle fasce più povere assai provata dalla crisi economica dopo le sanzioni viavia sempre più asfissianti del Governo Usa, diventino panico e terrore. Washington sembra determinata a disarcionare il figlio politico di Hugo Chavez per insediarvi il leader dell’opposizione con un golpe «con tutte le opzioni possibili sul tappeto» come spesso ripetuto dallo stesso presidente americano Donald Trump.
La Casa Bianca è infatti ormai pilotata, come un missile a guida laser, dal guerrafondaio John Bolton, consulente alla Sicurezza Nazionale che sta facendo liberare comandanti Isis a raffica in Medioriente, come segnalato da chi scrive su Gospa News e sul sito americano di geopolitica Veterans Today, magari per premiarli con un bel viaggio pagato nei Caraibi. Da esperto di media Guaidò lancia il sasso ma nasconde la mano: evita cioè di ipotizzare cosa può aver provocato questa terza esplosione nel paese nel giro di 24 ore che ha illuminato con bagliori lampeggianti e nubi inquietanti la notte di Caracas.
Non sono i missili lanciati anni fa dagli Usa su Baghdad o da Israele su Damasco come regalo di Natale 2018 alla Siria vittoriosa di Bashar Al Assad, fino a due anni fa dipinto come dittatore criminale con gigantesche fake news dai media di tutto il mondo (ad eccezione dei giornalisti russi, cinesi, curdi, iraniani e di pochi italiani come me), esattamente come oggi sta accadendo al presidente Maduro. Stavolta è un grosso incendio divampato dopo scoppi improvvisi nella sottostazione elettrica intorno alle 4 di notte ora venezuelana (le 9 in Italia) di cui non si conoscono le cause. Le pochissime informazioni le ho attinte dal profilo Twitter del piccolo sito di Conflicts-News CNW gestito da un social-reporter sudamericano, veicolo di immagini, brevi news e dichiarazioni, tanto del Governo che dei suoi oppositori.
LO SCOOP DEL NEW YORK TIME SULLA COSPIRAZIONE
Per fortuna proprio ieri ha fatto il giro del mondo il dettagliato reportage del New York Times sui camion di aiuti umanitari Usa incendiati al confine tra Venezuela e Colombia, a Cucuta, dopo che erano stati bloccati dalla Gnb (Guardia Nacional Bolivariana) per ordine del presidente eletto Maduro al fine di non assecondare le strategie del suo rivale Juan Guaidò, il quale con l’appoggio degli americani voleva passare per salvatore della patria mentre secondo il Governo di Caracas sarebbe impegnato in un golpe in piena regola.
Se non ci fosse stato l’articolo dell’autorevole media statunitense in cui si sbugiarda la Casa Bianca, colpevole di aver sostenuto la fake news secondo cui erano stati i militari di Maduro ad appiccare il fuoco e non le bombe molotov dei contestatori guerriglieri pro Guaido, come dimostra il video ora diffuso integralmente e senza l’accurato taglio di 13 minuti dal Governo Usa, sarebbe più difficile credere alle accuse di sabotaggio. Accuse lanciate dai ministri venezuelani dell’Informazione Jorge Rodriguez e degli Esteri Jorge Arreaza in merito al blocco “cibernetico-elettromagnetico” della centrale idroelettrica Simon Bolivar della diga di Guri che ha creato uno dei più grossi e lunghi blackout della storia contemporanea (vedi link a fondo pagina).
E’ quindi più facile almeno sospettare che dietro alle ormai 3 esplosioni verificatesi in sole 24 ore, tra domenica e lunedì notte, nella Repubblica Bolivariana caraibica ci sia una vera e propria cospirazione di intelligence tecnologica militare.
LA GUERA OCCULTA SUL VENEZUELA
A parlare per primo di “Us Stealth war on Venezuela”, una guerra invisibile, occulta sul paese dell’America Latina, è stato il giornalista Finian Cunningham, esperto di geopolitica internazionale e vincitore di premi per la sua integrità professionale, in un editoriale di sabato 9 marzo sul’attendibile network d’informazione russo Sputnik International, sempre molto cauto nel riportare notizie od opinioni fondate, alla stregua di Russia Today che aveva smascherato le fake news sugli aiuti incendiati a Cucuta già il 26 febbraio scorso, ovvero 12 giorni prima dello scoop del New York Times., come da noi evidenziato in un articolo il 9 marzo, un giorno prima di quello del NYT.
Ma l”interessantissima riflessione di Cunningham che spiega le strategie della “electric war” e i retroscena del golpe è stata scritta ancora prima delle esplosioni verificatesi ieri presso la sottostazione elettrica di Sidor, tra le città di Guyana e Bolivar, capitale dell’omonimo stato dove sorge l’impianto sulla diga di Guri andato in tilt, e di una condotta del gas nelle nelle vicinanze di Marapa Plache nello stato del Vargas come asserito su Twitter dalla deputata Milagros Eulite, di cui abbiamo riferito nell’articolo di domenica 10 marzo.
Eventi che non hanno avuto risalto sui media internazionali, per la maggior parte schierati contro Maduro e pertanto inclini a non diffondere nulla che possa alimentare aria di cospirazione; anche perché tutti presi dalla tremenda contestuale coincidenza dell’aereo della Ethiopian Airlines caduto in Kenya con 157 passeggeri tutti morti (tra cui otto italiani): il secondo Boeing 737 Max precipitato in cinque mesi dopo quello della Lion Air in Indonesia.
L’INFERNO NELLA NOTTE DI LUNEDì 11 MARZO A CARACAS
«Sebbene la militarizzazione dell’area sia stata immediata, sono stati gli stessi vicini a dover partecipare alla prima fase dell’emergenza. Quella azione coraggiosa ha permesso di proteggere alcune vite, prima che i vigili del fuoco e la Protezione Civile arrivassero sul posto per domare l’incendio».
Cinguetta ancora in un tweet Guaidò. Al momento in cui scrivo non si sa nulla sulle cause di questa esplosione che si è verificata intorno alle 4 di notte nella capitale Caracas, illuminandola con fiamme alte decine di metri e spettrali gigantesche nubi di fumo. C’è solo un dettagliato reportage fotografico di CNW su Twitter che per primo aveva diffuso domenica le immagini della stazione di Sidor in fiamme (notizia poi ripresa e dettagliata dal quotidiano venezuelano El Nacional e da RT e Sputnik International).
Riportiamo sotto l’intera galleria di immagini compresa la google map in cui si evidenzia l’esatto punto della sottostazione elettrica La Ciudadela in cui sono esplosi tre dei quattro trasformatori elettrici accanto all’Avenida Parque Humboldt che conduce all’omonimo shopping centre nel Sud di Caracas, nella località della Terrazas del Club Hipico. Le ipotesi su Twitter si sprecano.
Ma ora non è nemmeno corretto dare adito a libere opinioni di sedicenti esperti o semplici venezuelani che incolpano il governo, per cattive manutenzioni, come ripetuto a mantra da Guaidò e dai sodali americani già dispensatori di menzogne ufficiali sull’incendio degli aiuti umanitari a Cucuta, oppure gli Usa, quali cospiratori in un sabotaggio volto ad esasperare una popolazione già stremata dalle vessanti sanzioni.
Non si sa nulla anche perché i portavoce di Maduro sono sempre assai cauti nel commentare gli eventi per non allarmare ulteriormente la popolazione: sull’incendio di Sidor, ad esempio, non c’è stata alcuna dichiarazione ufficiale. Come accadde in Siria sul finto attacco chimico a Douma, oggi smentito dalle inchieste ufficiali ma allora ritenuto credibile dalla Casa Bianca al punto da bombardare, anche il Venezuela, è ormai teatro di una guerra occulta, subdola ma globale perché soprattutto mediatica come dimostra il caso delle vittime negli ospedali del paese per il blakout.
LA GRANDE FAKE NEWS SUI 296 MORTI IN OSPEDALE
Ebbene è vero che uno degli ospedali che ha patito momentanei è proprio quello Universitario di Maracaibo ma al momento sul numero di vittime ci sono solo la smentita, sopra riportata da uno stralcio dell’articolo dello stesso El Nacional sulla cifra “totalmente errata”, ed il resoconto del monitoraggio condotto dal dottor Julio Cortes e diffuso su twitter domenica sera alle 21 (ora di Caracas).
Come si vede nel dispaccio, di cui lo stesso medico mi ha confermato stanotte l’ufficialità asserendo di non avere notizie di ulteriori decessi, risultano 21 morti (tra cui un bambino prematuro) cui si dovrebbero aggiungere, per un totale di 36, i 15 dializzati spirati sabato nelle loro abitazioni (e non in ospedale), per mancanza del trattamento salvavita come segnalato da un urologo (vedi precedente articolo).
Come si nota bene nella scheda riassuntiva elaborata dal medico specialista infettivologo dottor Cortes tra tutti i 21 deceduti nei 18 principali ospedali soltanto uno risulta essere morto nell’ospedale dove secondo i “periodisti” caraibici ci sarebbe stata la strage, ipotizzata con similare articolo anche dall’Ansa in Italia.
Ora mi chiedo: perchè io dal Piemonte sono riuscito ad avere numeri apparentemente “ufficiali” e a Caracas e Roma non ci sono riusciti??? Forse perché stanno facendo il gioco di soffiare sul Golpe visto che oggi il presidente autoproclamato Juan Guaidò si è recato all’Assemblea Nacional, il parlamento venezuelano che presiede, per chiedere di dichiarare lo stato di emergenza secondo l’articolo 338 della Costituzione Bolivariana.
IL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO CONTRO “IL REGIME”
Lo stesso sembra fare il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani che, invece di informarsi per bene su quanto stia davvero accadendo in Venezuela e sul vento di cospirazione di intelligence militare che sta soffiando, punta il dito sulla «tragedia economica ed umana enorme», senza accennare alle sanzioni Usa che dal 2015 l’hanno causata, e, come se si fosse già messo d’accordo con Guaidò, già parla di «emergencia nacional» per «mancanza di investimenti e manutenzione da parte del regime».
Delle bombe molotov denunciate dai video amatoriali sugli aiuti umanitari incendiati oggetto del reportage del New York Times nemmeno una parola. L’ipotesi di sabotaggio cibernetico alla centrale idroelettrica di Guri, denunciato dal Governo di Caracas, è scartata a priori. Ignoranza totale sulle notizie delle due esplosioni documentate ieri da almeno 4 media tra cui il nostro.
Alea Iacta Est: il dado è tratto, la sorte di Maduro è già segnata dal presidente degli Usa Donald Trump come da quello del Parlamento Europeo. La guerra invisibile è già iniziata. Quella sul campo è dietro l’angolo: visto che gli americani hanno «tutte le opzioni pronte, compresa quella militare» aspettiamoci d’ora in poi di tutto. Aspettiamoci anche mezzo milione di morti come in Siria… In fondo siamo solo “Pedine in gioco”, come scrisse nel libro Pawns in the game il commodoro della marina canadese William Guy Carr denunciando già nel 1956 le cospirazioni massoniche internazionali italo-anglo-americane del Nuovo Ordine Mondiale.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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