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IL GIUDICE: «GOLPE VENEZUELA NEI PIANI DI SOSPETTA SPIA USA»

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DOSSIER E TECNOLOGIE DA “JAMES BOND”
IN MANETTE FALSO AVVOCATO ARGENTINO
CLAMOROSE RIVELAZIONI DI UN MAGISTRATO
AL CONGRESSO DI BUENOS AIRES

«Cospirazione internazionale contro Caracas
per sgretolare l’azienda petrolifera Pdvsa.
Obiettivi politici spiati anche coi droni»

___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

english version here for Veterans Today

Passa persino da Buenos Aires la lunga trama dell’intelligence statunitense per annientare il Governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Una ragnatela di vedove nere che hanno fatto la loro tana in America Latina fin dal 2002, quando diedero compimento al golpe militare ai danni del presidente Hugo Chavez. Cominciò con le contestazioni di piazza, proseguì con la sparatoria sulla folla di cecchini mercenari stranieri al soldo dei golpisti – esattamente come il 20 febbraio 2014 in piazza Euromaidan a Kiev, Ucraina, con 53 morti – e si concluse con la resa dello statista che fu arrestato, deposto ma tornò alla guida della nazione tre giorni dopo, a causa dell’insurrezione di milioni di venezuelani. Da allora i tentativi degli Usa di agguantare il petrolio caraibico sono sempre proseguiti con differente intensità fino agli ormai palesi sabotaggi dei giorni scorsi della rete elettrica e idrica, di una condotta del gas e di una raffineria. Mentre quasi tutti i media occidentali tacciono, attraverso i profili social di vari reporter indipendenti, ho tenuto il conto preciso degli attentati finora denunciati dal presidente venezuelano Nicola Maduro o segnalati da gente comune: uno cibernetico alla centrale idroelettrica della diga Guri nello stato confederato di Bolivar, si ritene partito da Houston, uno elettromagnetico alla centrale del sistema energetico di Caracas, 5 a differenti stazioni elettriche in varie zone del paese (tre soltanto nella capitale), 3 cisterne esplose nella raffineria Pdvsa di Petro San Felix in Anzoategui, una condotta idrica vandalizzata con la contaminazione di petrolio e liquami dell’acqua potabile delle case di due vaste aree in Carabobo e Aragua. E poche ore fa in una stazione elettrica nella regione Zulia e un’altra in quella di Miranda. Nella tarda serata  la CNN ha diffuso un filmato che riporta di attualità il tentativo di uccisione di Maduro perpetrato, senza successo, il 4 agosto scorso da un drone, in cui dà spazio ad un sedicente anonimo disertore dell’esercito venezuelano che coglie l’occasione per lanciare vari strali al regime. Un documento da prendere con le pinze viste le molteplici fake news della stessa emittente sulla Siria e l’intervista del gennaio scorso, poi rivelatasi fasulla, ad altri due presunti fuggiaschi del Fanb (Fuerza Armada Nacional Bolivariana) sbugiardati dal fatto che indossavano una divisa dismessa dagli equipaggiamenti ufficiali da almeno dieci anni. Più che di uno scoop giornalistico, quest’ultimo video, sembra una mossa intimidatoria rivolta allo statista per conto del suo più grande denigratore John Bolton, consigliere della Sicurezza Nazionale della White House.

DAL GIUDICE LE PROVE DELLA COSPIRAZIONE INTERNAZIONALE

Ma giunge dall’Argentina la conferma dell’esistenza di una cospirazione internazionale trasversale a vari stati dell’America Latina. Tutto comincia con l’arresto per estorsione di un falso avvocato con un piccolo tesoretto in mezzo al quale sono state trovati apparecchi da James Bond di altissima tecnologia e vari dossier da 007 su personaggi assai influenti, tra cui un procuratore argentino sotto inchiesta per presunti episodi di corruzione. La vicenda è molto delicata ed inquietante perché si fanno anche i nomi della Nsa (National Secury Agency) – l’ente per la sicurezza nazionale deli Usa, divenuto amaramente noto nel 2012 per le subdole intercettazioni delle telefonate dei presidenti degli stati dell’Unione Europea – e degli Hezbollah, la milizia libanese bonedetta dalla Siria per il fondamentale contributo nella lotta all’Isis ma scomunicata dai governi di Washington e Londra come organizzazione terroristica filo-iraniana; ma tutto deve ancora essere accuratamente verificato e provato dalla magistratura. Anche perchè l’inchiesta da cui emerge nei dettagli il complotto contro la società energetica statale Petroleros de Venezuela è ancora in fase istruttoria e tutte le informazioni, in parte avvalorate da altre articoli, giungono dal sito-web di un giornalista-attivista ebreo argentino. Una fonte degna della massima attenzione per due motivi: in primo luogo perché antagonista delle strategie guerrafondaie del premier israeliano Benjamin Nethanyahu che denota una lucida capacità di analisi geopolitica oggettiva anche in contrasto con gli attuali governanti della terra dei propri avi; in secondo luogo perché non riferisce argomentazioni sue bensì la testimonianza di un giudice federale davanti ad una commissione parlamentare del Congresso di Buenos Aires, tenutasi ieri, giovedì 14 marzo.

 

FALSO AVVOCATO CON TECNOLOGIA DA JAMES BOND

Il falso avvocato argentino Marcelo D’Alessio sospettato di essere uno 007 Usa implicata nel Golpe in Venezuela

«Il giudice federale di Dolores, Alejo Ramos Padilla ha relazionato per un arco di quasi cinque ore ai legislatori che compongono la Commissione per la Libertà di Espressione sulle molteplici implicazioni delle indagini che ha in relazione alla cospirazione illegale di cui farebbe parte Marcelo D’Alessio». Comnincia così il resoconto del giornalista, sociologo ed economista Jorge Elbaum, presidente di Llamamiento Argentino Judío, letteralmente Appello Argentino-Giudeo, un’organizzazione culturale e sociale impegnata anche sul fronte dei diritti umani e della trasparenza della vita amministrativa del paese. Nel suo blog fa una cronaca che sembra più il verbale di un cancelliere che l’articolo di un opinionista. Informazioni a raffica, una dietro l’altra, concise e perentorie. Un’ulteriore conferrma di attenbibilità con tutto il beneficio di inventario. Ma la storia di cui parla è quella che sta spaccando in due l’Argentina: perché da una parte ci sono molti parlamentari che vogliono andare a fondo della questione, dall’altra ci sono i politici fedeli al governo del presidente Mauricio Macri che stanno facendo di tutto per screditarla. Proprio perché nelle indagini è spuntato anche il nome del Capo di Stato che guida il paese sudamericano dal 2015. Tutto ruota intorno a Marcelo D’Alessio che, alfine di non tradire le sue antiche origini italiane, si trova in mezzo ad una tresca persino difficile da ricostruire. Pochissime sono le certezze riportate esclusivamente dalla stampa sudamericana. L’uomo è stato arrestato il 15 febbraio scorso nella sua casa in località Saint Thomas, nella città di Canning (provincia di Buenos Aires) su ordine del giudice federale Padilla in quanto sospettato di aver chiesto 300dollari a un datore di lavoro, a nome del procuratore federale Carlos Stornelli, per rimuoverlo dalla causa sulle fotocopie dei taccuini. Si tratta dei diari in cui Oscar Centeno, l’autista di Roberto Baratta, braccio destro dell’ex ministro Julio De Vido, teneva un resoconto dettagliato delle borse di denaro, presumibilmente provento delle tangenti milionarie che le società di costruzione avrebbero pagato ai governi kirchneristas, quelli dei due coniugi della sinistra peronista Néstor Carlos Kirchner e Cristina Fernández de Kirchner, avvicendatisi alla guida del paese dal 2007 al 2015. «La divulgazione pubblica dei taccuini, nell’agosto 2018, ha aperto una delle più grandi cause di corruzione nella storia argentina, a carico del procuratore Carlos Stornelli e del giudice Claudio Bonadio» scrive il sito del quotidiano argentino Clarin a sua volta coinvolto nello scandalo per il presunto doppio gioco di un giornalista. Proprio nell’ambito di questa inchiesta ha fatto la sua apparizione D’Alessio, rivelatosi un falso avvocato con millantati contatti con i servizi segreti argentini Afi (Agencia Federal de Inteligencia) e sospettato ora di essere un agente della Nsa americana. Il finto legale, che cercò di difendere il magistrato indagato con una memoria rivelatasi priva di riscontri, era un personaggio noto ai media quale uomo vicino all’entourage presidente Macri, il padrone del Boca Juniors eletto nelle file del partito conservatore filo-americano Propuesta Republicana, e già difensore, poi si scoprì senza titolo, del pentito della tangentopoli argentina, il finanziere Leonardo Fariña. Le indagini condotte dal giudice di Dolores hanno portato alla scoperta di un vero tesoro nelle sue proprietà durante le perquisizioni come riferisce il periodico argentino Pagina 16: «oltre alla villa di Saint Thomas, un appartamento a Puerto Madero, un’altra proprietà nel Chaco, dieci auto di lusso, due motociclette di grande potenza, un yacht, una collezione di 50 orologi di alto valore, tra cui un Double Tourbillon che, se originale, vale circa $ 200.000. Inoltre, hanno trovato armi, tecnologia legata allo spionaggio, una placca DEA (Drug Enforcement Administration) e T-shirt dell’FBI». Ed è proprio a questo punto che la storia da un enorme inchiesta per corruzione assume la gigantesca dimensione di cospirazione internazionale.

 

ARGENTINA NEL COMPLOTTO USA-ISRAELE CONTRO L’IRAN

Il giudice federale di Dolores, Alejos Ramos Padilla

In alcuni paesi come l’Italia i giudici onesti li ammazzano facendo credere che sia solo colpa della mafia come nel caso di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino o di Emilio Alessandrini, il magistrato ucciso nel 1979 da militanti di Prima Linea nel cui dossier il presidente emerito della Corte di Cassazione Ferdinando Imposimato trovò un documento sul Nuovo Ordine Mondiale, lo spettro che aleggia dietro all’ormai noto “deep state” lo stato profondo fatto di intrecci tra politica, servizi segreti internazionali e a volte criminalità organizzata o associazioni terroristiche. In Argentina, per ora, una parte della politica si limita a screditare l’inchiesta del giudice Padilla. Come scrive sempre Elbuam nel suo articolo, infatti, la sua scottante ed importante deposizione è stata sollecitata «dal presidente della Commissione per la Libertà di Espressione, Leopoldo Moreau, dopo il rifiuto del senatore Juan Carlos Marino, presidente della Commissione bicamerale per il Monitoraggio e l’Agenzia di Controllo Intelligence, ad invitarlo» a riferire sulle delicate indagini. Analogo boicottaggio è avvenuto da parte dei deputati del partito di governo, che si sono esimati dal partecipare alla stessa «sostenendo che il rapporto presupponeva uno spettacolo e una farsa». In questo clima rovente «l’esposizione di Ramos Padilla ha evidenziato molteplici criticità. Tuttavia, ci sono alcuni assi imprevisti legati alle relazioni internazionali, le cui derivazioni favoriscono effetti di trascendenza geopolitica – rimarca l’articolo intitolato Il Punto de L’ovillo ovvero il bandolo della matassa leggibile integralmente a fondo pagina – I paesi coinvolti nella documentazione analizzata, che è un decimo del totale da investigare (per ora ha una perizia su uno dei 4 dischi rigidi rapiti), includono il legame dell’Argentina con Uruguay, Venezuela, Stati Uniti, Israele e la Repubblica Islamica dell’Iran. Le operazioni di spionaggio includono l’uso di supporti tecnologi e informatici provenienti (o forniti) per due di questi paesi e rapporti di intelligence realizzati per agenzie di intelligence estere veicolati attraverso le delegazioni diplomatiche straniere. Gli “obviectivos elegidos”, gli “obiettivi eletti”, questo è il nome utilizzato dal falso avvocato D’Alessio per indirizzare le attività di spionaggio e di estorsione, tra gli altri crimini – i cui risultati sono di importanza sovranazionale sovranazionale».

 

IL PIANO PER SGRETOLARE  L’AZIENDA PETROLIFERA DI CARACAS

L’incendio di gioved’ 14 marzo 2019 dopo l’esplosione di 3 cisterne per un sospetto attentato nella raffineria della Petroleos de Venezuela in Petro San Felix vicino a San Diego de Cabrutica nello stato di Anzoategui.

Terminata l’introduzione il sociologo attivista ebreo entra nel merito delle singole “missioni” che avrebbe avuto, secondo il resoconto del giudice federale di Dolores, la presunta spia. Tra i primi compiti ci sarebbe stato proprio quello di dare manforte agli Usa nel tentativo di esproprio delle ricchezze del Venezuela, colpevole di avere nel sottosuolo, oltre a gas, oro e carbone, soprattutto la metà di tutte le risorse petrolifere mondiali. Prima di proseguire con l’attualità è doveroso fare un salto nel passato per ricordare che i sospetti legami tra Usa, servizi segreti e politica sudamericana era già emersi in merito al venezuelano Leopoldo Lopez, pupillo prima del repubblicano George Bush junior e poi del democratico Barack Obama. Pochi mesi dopo al suo arrivo alla Casa Bianca, in Venezuela Lopez fondò Voluntad Popular e nacquero varie associazioni umanitarie finanziate da agenzie governative Usa, ci furono le prime barricate contro la prima elezione del presidente Nicola Maduro insieme a morti e feriti che fecero finire l’esponente di opposizione in carcere (e ora ai domiciliari) dopo una condanna a 13 anni per incitazione alla violenza. Non solo Lopez era sostenuto da Obama, come dimostra la foto reperita sul web da Gospa News, ma giornalisti stranieri lo accreditarono anche molto vicino alla Cia (vedi articolo Guaidò l’Obama sbiancato agente Usa a Caracas, link a fondo pagina). Adesso invece una delle presunte, e probabilmente numerose, spie degli Usa in America Latina sarebbe stata individuata a Buenos Aires proprio nella persona di Marcelo D’Alessio m che avrebbe avuto il compito di organizzare una manovra politico-finanziaria volta a distruggere l’azienda petrolifera statale Pdvsa, già fortemente danneggiata dall’embargo sulle esportazioni di greggio negli Stati Uniti e nei paesi loro alleati e dal blackout perdurato per 5 giorni nel paese con un danno complessivo stimato di 50milioni di dollari. Secondo il materiale sequestrato dal magistrato la cospirazione avrebbe avuto come perno proprio il presidente argentino Macrì, repubblicano come l’inquilino della Casa Bianca Donald Trump.

 

DIRIGENTE PDVSA DA CORROMPERE. AIUTO A MACRI’ DAL FMI

L’incontro alla Casa Bianca tra il presidente americano Donald Trump e quello argentino Mauricio Macri

Al centro degli “obiettivi eletti” del presunto James Bond argentino ci sarebbe stato un manager dell’impresa statale PDVSA, Petroleos de Venezuela. Secondo quanto riferito dal magistrato Padilla sulla base del suo scottante dossier e riportato da Elbaum, D’Alessio «ha cercato di “corrompere” un ex dirigente (Gonzalo Brusa Dovat), con l’obiettivo di contribuire alla politica del governo di Donald Trump per appropriarsi del petrolio venezuelano e favorire quindi lo strangolamento della sua economia. La manovra sulla compagnia di idrocarburi include – nelle parole di D’Alessio – un vantaggio per Mauricio Macri, che si vedrà premiato per favorire lo sgretolamento della compagnia petrolifera caraibica. La contropartita della premuera si realizzerebbe attraverso la continuità del sostegno fornito da Washington nel Fondo monetario internazionale, dove ha la capacità di decidere le politiche di tale organizzazione multilaterale». Le prove? Sono ovviamente nei voluminosi fascioli e nelle scatole del materiale sequestrato dal giudice federale di Dolores che si trova ora suo malgrado trascinato in investigazioni di respiro internazionale come capitò a suo tempo al nostro beneamato e compianto giudice Falcone, volato in America dalla Fbi per l’inchiesta Pizza Connection ed ucciso alcuni anni dopo man mano che in Sicilia si dipanava la matassa finanziaria tra Cosa Nostra, politica e alti ufficiali vicini ai servizi segreti (la misteriosa e poi insabbiata indagine del cosiddetto rapporto Caronte dei Ros dei Carabinieri). Cosa abbia davvero in mano il dottor Padilla è ovviamente sotto segreto istruttorio ma il modus operandi sarebbe davvero inquietante. Dedicheremo un prossimo reportage sui retoscena inerenti le manovre della cospirazione contro l’Iran ed l’organizzazione militare libanese Hezbollah perché richiede premesse ed analisi assai più amplie in correlazione con i reiterati attacchi aerei di Israele in Siria ed alle minacce di Tel Aviv di bloccare con la marina militare le petroliere di Teheran nel Mediterraneo e del Golfo Persico.

 

I DRONI SPIA DEI POLITICI E IL SILENZIO DEGLI USA

Il sociologo e attivista giudeo Jorge Elbaum

Ora analizziamo le modalità operative emerse dalle indagini sul presunto 007 americano a Buenos Aires che si attuavano attraverso interventi astutamente pianificati di aggressione mediatica e giudiziaria degli “obiettivi eletti”. «Il modus operandi dell’organizzazione, costituita come associazione per delinquere, include l’uso di attrezzature di spionaggio sconosciute nel nostro paese, presumibilmente dagli Stati Uniti e da Israele – riferisce l’articolo di Jorge Elbaum, Il bandolo della Matassa sul sito El Cohote a la Luna (il razzo sulla luna), nomi pittoreschi a fronte di una cronaca cruda e densa di dettagli – Attraverso questi dispositivi sono stati raccolti dati sensibili su avvocati, giornalisti, politici e membri del mondo dello spettacolo. Il raggiungimento di questi report personalizzati è stato effettuato con il monitoraggio, l’utilizzo di droni, interferenza telefoniche e telecamere nascoste con sofisticati sistemi di elaborazione delle immagini. L’obiettivo finale delle informazioni (che a volte sono state inviate all’estero) è stato utilizzato per eseguire operazioni di coercizione (ammorbidire, corrompere), a disposizione per la produzione di depistaggi, influenzare le cause giudiziarie e generare operazioni psicologiche di stampa finalizzate ad ampliare confusione tra un pubblico specifico. In tutti i casi queste “cartelle” erano inizialmente usate dai diffusori giornalisti (tra cui Daniel Santoro, del quotidiano Clarín) e poi inviate al mondo della giustizia. Prima si produceva un’apertura divulgativa e poi si approfittava dello scandalo generato per accusare l’imputato, scelto a priori». Sembra di leggere la sceneggiatura di una spy-story come il magistrale film Rapporto Pelikan con Denzel Washington e Julia Roberts. Ma è il rapporto del giudice federale di Dolores ai membri del Congresso di Buenos Aires. «D’Alessio riferisce nelle sue molteplici comunicazioni classificate nel caso a vincoli con agenzie di intelligence, tra cui la DEA, all'”estrazione di persone” (rapimenti, cambi di identità e /o fughe) e all’uso di valigie diplomatiche da inviare allo Stato del Maine, situato nel lontano nord-est degli Stati Uniti. Secondo il contributo dato dal deputato Nilda Garré nell’arco delle domande rivolte al magistrato, in quello Stato opera un centro di raccolta delle informazioni controllato dalla National Security Agency (NSA)». Proprio a fronte di tutte queste delicate e sconcertanti connessioni il giudice Ramos Padilla ha chiesto formalmente alla delegazione diplomatica degli Stati Uniti, attraverso il Ministero degli Esteri argentino, di riferire se D’Alessio faccia parte di «un’agenzia di intelligence in quel paese, vista l’enorme quantità di prove (tecnologiche, armi e documentario) trovato a casa tua». L’ambasciata non ha ancora risposto. Il quotidiano Clarin nelle scorse settimane, quando già un altro giornalista d’inchiesta aveva fatto trapelare le prime indiscrezioni sui legami coi servizi segreti, aveva riportato la smentita anonima di non meglio identificati diplomatici Usa. Ma non va dimenticato che è lo stesso giornale che vede un proprio “periodista” implicato nell’inchiesta.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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