ALTRI BIMBI MORTI NEL LAGER DEGLI USA IN SIRIA
MALNUTRIZIONE, EPATITE E TUBERCOLOSI
UCCIDONO NEONATI E ALTRI PICCOLI INNOCENTI
NEL CAMPO PROFUGHI SIRIANO SENZA MEDICO
I 45MILA SFOLLATI VOGLIONO TORNARE A CASA
MA SONO OSTAGGI DI AMERICANI E RIBELLI.
INDIVIDUATE COL SATELLITE TRE FOSSE COMUNI
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
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«I comitati di coordinamento congiunto russo-siriano per il rimpatrio dei siriani sfollati hanno ritenuto gli Stati Uniti responsabili della morte di bambini nel campo di al-Rukban. Due giorni fa, due bambini sono morti a causa della malnutrizione, delle scarse condizioni igienico-sanitarie e dell’infezione e della posizione distruttiva di Washington e della sua indifferenza per le vite di piccoli abitanti innocenti di questo campo». Questa è soltanto l’ultima nota, diffusa in un articolo dall’agenzia d’informazione Sana (Syrian Arab National Agency): aggiorna il bollettino di una guerra in Siria ormai vinta dal Governo di Bashar Al Assad che però si trascina dietro non solo l’eco degli orrori perpetrati dall’Isis e dagli stermini dei droni killer della Grande Coalizione a guida Usa, ma verI e propri strascichi umanitari irrisolti. Come il “ghetto” di Al Rukban, un lager del terzo millennio dove il Pentagono tiene in ostaggio 45mila siriani che potrebbero e vorrebbero ritornare nei loro villaggi liberati quale probabile “merce di scambio” in vista di definitivi accordi politici post bellici sul territorio. Nel dicembre scorso il presidente americano Donald Trump aveva annunciato il ritiro dei circa 2000 soldati di contingente nell’area settentrionale ed orientale del paese mediorientale, salvo poi rimangiarsi la parola e affermare che 200 di loro sarebbero rimasti come testa di ponte. Ma vicino alla base militare Usa di Al Tanf, al confine tra Siria, Irak e Giordania, sulla strategica autostrada che collega Damasco a Baghdad c’è un vero e proprio campo di concentramento contemporaneo, nemmeno custodito dall’esercito americano ma dai guerriglieri ribelli finanziati però da Washington. Un escamotage diplomatico che consente di salvare la faccia in caso di spiacevoli episodi come le morti di bambini per denutrizione o infezioni virali che continuano a ripetersi dopo le stragi di neonati per il freddo denunciate a gennaio dall’Unicef nella totale indifferenza della Casa Bianca. Fu costituito lì proprio perché vicino alla postazione del Pentagono collocata, guardacaso, su una delle principali vie di accesso dei primi miliziani jihadisti dell’Isis: lo Stato Islamico inventato nel 2014 dal medico iracheno terrorista Ibrāhīm al-Badrī, autoproclamatosi califfo del Daesh e noto col nome di battaglia di Abū Bakr Al Baghdadi, con la regia e il finanziamento statunitense.
BAGHOUZ E IDLIB: LE ZONE DI CONFLITTO SONO LONTANE
Ora la battaglia è tutta concentrata a Baghouz, dove i combattenti dello Sdf (Forze Democratiche Siriane), schieramento a maggioranza composto dai curdi Ypg, stanno sempre più stringendo il cerchio intorno all’ultima sacca degli estremisti Isis vicino all’Eufrate ed al confine con il Rojava, enclave curda in Siria. Nell’ultima settimana sono state liberate altre migliaia di civili con la cattura di moltissimi jihadisti e la capitolazione dell’estrema roccaforte dello Stato Islamico sembra ormai questione di ore più che di giorni. Gli altri fronti roventi rimangono la provincia di Idlib, dove sono rintanate sotto la protezione dei ribelli siriani, le ultime milizie dei mulsumani sunniti qaedisti di Al Nusra (Fronte del Soccorso) e i loro alleati-rivali di Tahrir al-Sham (comitato di Liberazione del Levante) che continuano a fiondare razzi sulla vicina Hama e starebbero preparando un attacco chimico, con bandiera fasulla, per una controffensiva diplomatica e militare contro l’esercito regolare di Assad, sostenuto dagli alawiti-sciiti del partito Ba’th Socialista Arabo. Quest’ultimo può infatti limitarsi solo ad un’operazione di difesa ma non di battaglia frontale ed assedio in virtù degli accordi di Sochi sottoscritti il 17 settembre scorso da Russia e Turchia nei quali i fratelli musulmani di Istanbul si impegnavano a garantire una via di fuga ai qaedisti per evitare un eccidio nella provincia. I turchi, ripetutamente sollecitati dai russi anche in un incontro tra i rapprersentanti di governo a fine febbraio, hanno sempre tergiversato in attesa di vedere le evoluzioni Manbij, città settentrionale e zona strategica che i curdi hanno lasciato nelle mani dell’esercito siriano-russo per scongiurare l’attacco minacciato presidente turco, acerrima nemico e persecutore della popolazione di quell’etnia per le rivendicazioni di autonomia politica in Turchia, culminate in passato anche con gravissimi attentati dinamitardi e la carcerazione di Abdullah Ocalan, leader Pkk, ancora oggi in isolamento in una prigione nonostante i reiterati scioperi della fame organizzati in tuto il mondo dai suoi sostenitori pacifici. Rimane invece tremendamente grave la situazione ad Afrin, sempre a nord, dove le milizie curde Ypg, fiancheggiate dalla resistenza locale, non si rassegnano a lasciare una città simbolo del Rojava alle truppe turche che, dopo averla conquistata nei mesi scorsi, stanno perpetrando ai danni della popolazione yazida (di etnia e religione differente) omicidi, estorsioni e razzie, finendo sotto osservazione da parte delle Nazioni Unite per presunti «crimini di guerra». Questo sommario e superficiale aggiornamento del quadro degli scontri in atto in Siria fa comprendere come l’area meridionale di Al Tanf, pur continuando ad avere un ruolo altamente strategico sotto il profilo militare, in quanto è ad esempio la via di ritorno in Irak dei combattenti Isis purtroppo liberati dagli Usa in cambio di tonnellate di oro, sia una regione relativamente tranquilla in cui i ribelli dell’Esercito Siriano Libero (Fsa o Esl) si sono rassegnati alla sconfitta. A comandare in quella zona ci sono gli Stati Uniti d’America che hanno però affidato il campo profughi di Al-Rukban proprio alle milizie Fsa, considerate ovviamente terroristiche dal governo siriano. A rendere potenzialmente incadescente la zona c’è la presenza, a circa 50 km dalla base militare Usa, delle postazioni delle Forze Quds iraniane che, insieme agli altri combattenti musulmani sciiti libanesi Hezbollah, hanno aiutato Assad a sconfiggere le forze rivoluzionarie e l’Isis in varie zone della repubblica araba dilaniata dalla Guerra Civile. Ecco quindi che i profughi siriani nel «ghetto», sebbene abbiano ormai tutta la possibilità e volontà di tornare nelle loro case nelle zone dove il conflitto è terminato, sono diventati una sorta di ostaggio nelle mani dei nemici del presidente siriano col benestare di Washington che, secondo i russi, avrebbe così una scusa per restare nel tentativo di ridefinire nuovi assetti geopolitici creando nella parte meridionale magari un micro-stato per i ribelli, destinati così a rimanere loro eterni alleati. A ciò si aggiunge l’indiscrezione secondo cui alcuni dei jihadisti Isis sarebbero stati fatti trasportare dalla Cia, con documenti falsi, proprio nello smisurato campo di Rukban, nell’intento dell’intelligence americana di confonderli tra le altre migliaia rifugiati lì ospitati.
DENUTRIZIONE, EPATITE, TUBERCOLOSI UCCIDONO I BAMBINI
Il protrarsi di questa situazione sta però trasformando quel campo temporaneo di accoglienza in un vero lager di atroci sofferenze. «Secondo il rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in Siria, Elizabeth Hoff, nel campo non esiste un medico e continuano a sviluppare malattie infettive potenzialmente letali: molti casi di diarrea, epatite e malattie della pelle sono stati identificati in aggiunta alla morte di due bambini a causa di malnutrizione, scarsa igiene e infezioni» riporta un articolo dell’agenzia d’informazione Sana dando eco a quanto già riferito il 7 marzo scorso in una nota ufficiale dalla portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova: «Tra i profughi di Al Rukban alcuni sono morti dal freddo. Ci sono malati di poliomelite, tubercolosi». Le due commissioni siriana-russa del Comitato congiunto per il rimpatrio degli sfollati hanno confermato in una dichiarzione che la situazione nel campo «simile a un ghetto, continua a deteriorarsi e l’attuale pericolosa situazione sanitaria è motivo di grave preoccupazione» ma hanno anche lanciato pesanti accuse: «Gli Stati Uniti occupano illegalmente la zona di al-Tanf e limitano le attività delle organizzazioni umanitarie internazionali e non governative sul territorio, usando terroristi Maghawir al-Thawra». Il riferimento è al nome arabo ai ribelli dell’Esercito Siriano Libero.
L’UNICEF: «NEONATI MORTI DI FREDDO»
La disumana e tragica situazione del campo-lager non è stata segnalata solo dai funzionari governativi di Siria e Russa, che potrebbero anche essere ritenuti di parte nelle rivendicazioni contro gli Stati Uniti, ma dalla stessa Unicef Italia lo scorso 16 gennaio. «Le gelide temperature e le dure condizioni di vita a Rukban, al confine sud occidentale della Siria con la Giordania, mettono sempre più a rischio la vita dei bambini. Nell’ultimo mese, sono morti almeno 8 bambini: la maggior parte neonati sotto i 4 mesi, il più piccolo nato da appena un’ora – si legge nel sito ufficiale Unicef Italia – A Rukban, dove l’80% delle circa 45mila persone sono donne e bambini, il freddo intenso e la mancanza di cure mediche per le madri prima e durante il parto e per i neonati, hanno acuito le già difficili condizioni di vita per i bambini e le loro famiglie». Ma anche questo appello cadde nel vuoto dell’insensibilità del presidente Donald Trump e dei tanti attivisti così solleciti ad occuparsi delle presunte violazioni ai diritti umani in Venezuela, un paradiso se paragonato all’inferno mediorientale sotto gli occhi colpevoli di Washington. A destare maggiore indignazione è anche il fatto che il governo siriano è da tempo pronto a sciogliere il campo e a ricevere i suoi abitanti nelle aree da loro scelte. Un numero sufficiente di strutture residenziali è stato preparato per l’alloggio. È stato fornito lo stock necessario di cibo, acqua potabile, coperte e medicinali. Le autorità siriane si sono organizzate e hanno costante disponibilità di 6 colonne di comodi autobus pronti a spostarsi in qualsiasi momento al campo di al-Rukban per evacuare gli sfollati. I comitati ancora una volta hanno invitato gli Stati Uniti a mostrare misericordia e infine ad aprire l’accesso alla zona occupata di al-Tanf, per dare l’opportunità di eliminare i sofferenti residenti del campo di Rukban, per fermare le loro sofferenze e permettere loro di vivere liberamente nei loro luoghi natali per il rapido ripristino della vita pacifica in Siria».
LA RUSSIA: «OSTAGGI USA PER CREARE UN MICRO-STATO»
«Siamo pronti a continuare il dialogo incondizionato sul campo di Rukban con tutte le parti interessate, comprese le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e la Giordania, senza politicizzare gli aspetti umanitari della questione» aveva dichiarato nei giorni scorsi il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov facendo dure insinuazioni: «Il fatto che le persone non siano autorizzate a lasciare il campo e siano tenuti in ostaggio suggerisce che gli Stati Uniti hanno bisogno di questo campo per continuare a giustificare la sua presenza illegittima – ha aggiunto Lavrov – Questo è in linea con la politica statunitense volta a creare qualcosa come un para-stato sulla sponda orientale del fiume Eufrate. Non vuole che questi territori tornino sotto il controllo delle autorità legittime della Siria. Insisterremo sul fatto che queste persone non sono più detenute nel campo contro la loro volontà». A tutto ciò si aggiunge il fatto che ai profughi è impedito anche di entrare nella confinante Giordania: «Le autorità giordane, adducendo le questioni di sicurezza e la difficile situazione economica del paese, rifiutano di aprire la frontiera per permettere ai rifugiati di entrare nel loro territorio. I rifugiati sono lasciati con l’unica via per la salvezza, cioè il corridoio umanitario fornito dalle autorità siriane».
LA SCOPERTA DI TRE FOSSE COMUNI
Ad aggravare gli allarmi per la situazione di Al Rukban giunge anche l’atroce scoperta fatta dai satelliti utilizzati dall’esercito russo per monitorare il territorio siriano: «Tre tombe di massa sono state trovate nell’area adiacente ai punti che dovrebbero essere destinati alla distribuzione di acqua al campo di al-Rukban, secondo il ministero della Difesa russo – scrive sempre Syrian Arab National Agency – Le immagini satellitari hanno mostrato corpi di circa 300 persone ma il numero è probabilmente più alto in quanto ogni singola tomba delle tre fosse comuni potrebbe contenere più di una salma». A differenza dei lager nazisti, dove gli scheletri venivano ammassati per la loro successiva cremazione e pertanto erano esposti a testimonianze e fotografie, le fosse comuni riescono nel facile intento di nascondere ad ogni paladino dei diritti umani la reale gravità del fenomeno perché spesso rimangono nascoste per decine di anni, come le Foibe carsiche di Tito in Istria, in quanto, soprattutto in passato senza le immagini satellitari, venivano e vengono individuate solo per caso.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI
SANA – BAMBINI MORTI AL CAMPO AL RUKBAN
UNICEF – BAMBINI MORTI DI FREDDO
PRESS TV – PROFUGHI OSTAGGIO USA
ASKA NEWS – POLIOMELITE IN CAMPO PROFUGHI
SANA – TOMBE DI MASSA AD AL RUKBAN
Un pensiero su “ALTRI BIMBI MORTI NEL LAGER DEGLI USA IN SIRIA”