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EX SINDACO RIACE, CASSAZIONE: “NIENTE FRODI”. MA IL GIP LO MANDA A PROCESSO

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RINVIATO A GIUDIZIO PER ABUSO D’UFFICIO
MA NON PER ALTRI 19 REATI CONTESTATI DAI PM
DAI GIUDICI RAFFICA DI GIUSTIFICAZIONI
AGLI ILLECITI DI DOMENICO LUCANO
SU APPALTI E REATI DI IMMIGRAZIONE
“AIUTAVA I MIGRANTI E L’AMANTE”

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio 

AGGIORNAMENTO DEL 10 APRILE 2019

Il Gup di Locri, Amelia Monteleone, dopo una camera di consiglio durata circa cinque ore, ha disposto il rinvio a giudizio dell’ex Sindaco di Riace, Domenico Lucano, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di abuso d’ufficio. Il dibattimento inizierà il prossimo 11 giugno. A processo anche gli altri 26 indagati coinvolti nell’inchiesta “Xenia”, che si è concentrata sulla gestione dei migranti nel paesino calabrese diventato simbolo dell’accoglienza. Per il Giudice dell’Udienza Preliminare, però, il tanto decantato modello di integrazione voluto da Lucano deve passare al vaglio di un Tribunale: anche se non ha ritenuto sussistenti gli altri 19 capi d’accusa (tra cui associazione a delinquere e concussione) contestati dalla Procura ma lo ha ritenuto imputabile solo dei due meno pesanti.

Gli avvocati Antonio Mazzone e Andrea Daqua avevano chiesto il non luogo a procedere per il sindaco. La stessa richiesta era stata avanzata anche per la compagna di Lucano, Lemlem Tesfahun. Il Gup ha però deciso diversamente allineandosi di fatto al Gip che, quando si era espresso in merito alle richieste di arresti domiciliari, in 100 pagine aveva massacrato le mille dell’atto d’accusa dei pubblici ministeri: i quali ritenevano l’ex sindaco responsabili di gravi illeciti, accertati sotto il profilo amministrativo prima dagli ispettori del Ministero dell’Interno (quando il Dicastero era ancora retto dal Pd Marco Minniti) e poi dalla Guardia di Finanza. Carta straccia per i giudici: come per la Cassazione che in merito alle misure cautelari ha sciorinato una raffica di giustificazioni per Lucano… L’ex sindaco di Riace nel frattempo ha però ricevuto un altro avviso di garanzia: indagato per truffa e falso ideologico per le case che ospitavano i migranti. Al centro dell’inchiesta le abitazioni utilizzate dalla cooperativa di una imprenditrice locale, anche lei indagata insieme al primo cittadino di Riace e altre otto persone.

TESTO DEL 3 APRILE 2019

Santo Subito. Manca soltanto questa frase in fondo alla sentenza con cui la Corte di Cassazione ha annullato il divieto di dimora all’ex Sindaco di Riace Domenico Lucano. La boutade non è casuale visto che i giudici romani del Terzo Grado indossano toghe con il profilo di pelliccia di ermellino esattamente come i cardinali e i più alti prelati. Le motivazioni depositate oggi, in riferimento al dispositivo letto il 26 febbraio scorso, rappresentano il massacro giudiziario della tesi accusatoria della Procura di Locri che aveva chiesto gli arresti domiciliari per ben 21 reati. E per un’arcana coincidenza molto sospetta giungono proprio nei giorni in cui l’inchiesta è al vaglio davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Locri che il 4 di aprile è tornato in aula per riprendere la disamina della richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero per Lucano ed altri 29 indagati.

La Procura chiede infatti il processo ribadendo la sua linea d’accusa su vari reati: tra cui anche associazione a delinquere, concussione e abuso d’ufficio. Secondo i pm Lucano avrebbe orientato «l’esercizio della funzione pubblica degli uffici del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Reggio Calabria, preposti alla gestione dell’accoglienza dei rifugiati nell’ambito dei progetti Sprar, Cas e Msna e per l’affidamento dei progetti da esplicare nell’ambito del Comune di Riace». Il pronunciamento della Cassazione, invece, è limitato al pronunciamento sulle misure della custodia cautelare e pertanto non ha la minima valenza sull’udienza davanti al Gup ma, essendo giunto proprio in contemporanea ad essa, è pacifico che potrebbe rappresentare un elemento di conscia o inconscia suggestione.

 

PER LA CASSAZIONE LA RELAZIONE AFFETTIVA GIUSTIFICA…

La lettura dell’agenzia Ansa con i dettagli della vicenda è davvero sconcertante per chi si è analizzato ben bene sia i capi d’accusa del pubblico ministero che anche l’ordinanza del Gip, pur cassandone la maggior parte, aveva ritenuto acclarati circa i reati di illecito affidamento di appalto pubblico ad una cooperativa di extracomunitari e per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in riferimento ai matrimoni combinati.

TUTTI I PECCATI DEL SINDACO DI RIACE

Il sunto della sentenza di Cassazione è presto detto: non sono ravvisabili comportamenti fraudolenti nell’assegnazione di quel lavoro perché avvenuto alla luce del sole;  inoltre gli interessamenti per favorire l’irregolare permanenza in Italia della sua compagna Lemlem sono giusficabili dalla “relazione affettiva” e il richiamo a “presunti matrimoni di comodo” che sarebbero stati “favoriti” dal sindaco, tra immigrati e concittadini, “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”.

Meditando sulla folgorante tesi giustificativa dei magistrati romani viene da chiedersi come mai un povero cittadino qualunque debba sposare direttamente la compagna straniera cui è affezionato per consentirle di restare in Italia mentre al Sindaco più chiacchierato d’Italia, censurato dalla Prefettura e dagli ispettori del Ministero dell’Interno per discrepanze contabili prima che dalla Guardia di Finanza, sia giustificabile individuare altre vie irregolari in virtù della relazione affettiva… Misteri della giustizia italiana!

 

L’APPALTO ILLECITO MA NON TROPPO…

Ovviamente l’Ansa, da anni ormai organismo di propaganda dell’immigrazione indisciminata, dedica quasi più spazio all’ex Sindaco paladino dei migranti che si augura il pieno proscioglimento su tutto che alla sentenza sminuzzata in poche frasette virgolettate. «Il mio auspicio è che ci sia giustizia – ha dichiarato Domenico Lucano intervenendo alla trasmissione Circo Massimo su Radio Capital dopo che sono state rese note le motivazioni della sentenza – Ora mi aspetto con tutto il cuore che il divieto di dimora possa cadere». La Cassazione ha infatti rinviato il caso al Tribunale del Riesame che dovrà nuovamente valutarlo per decidere se sospendere o confermare il divieto di dimora al momento annullato.

Per i giudici della Corte Suprema non solo non sarebbero provate le “opacità” che avrebbero caratterizzato l’azione di Lucano per l’affidamento di questi servizi alle cooperative L’Aquilone e Ecoriace, ma è la legge che consente “l’affidamento diretto di appalti” in favore delle cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”. Per questo il riesame deve rivalutare il quadro per sostenere l’illiceità degli affidi.

Domenico Lucano, ex Sindaco di Riace, saluta i manifestanti col braccio sinistro levato ed il pugno chiuso dei combattenti di sinistra

E qui c’è il capolavoro degli Ermellini perché mentre entrano nel merito dei comportamenti sui presunti favoreggiamenti dell’immigrazione per discolparlo, in questo caso lasciano al Tribunale del Riesame l’onere di verifica dell’illiceità sebbene dalle carte fosse emerso chiaramente che quei due appalti ammontavano a un valore di circa un milione di euro annuo e pertanto vergognosamente superiore ai 40mila consentiti dalla legge per ‘affidamento diretto (oggi 150mila con la nuova normativa appena approvata nel 2019).

Secondo i giudici cassazionari mancherebbero gli indizi di comportamenti fraudolenti. Ecco quindi che un caso di palesi gravissime e reiterate irregolarità acclarate da ispezioni ministeriali e 18 mesi d’indagine delle Fiamme Gialle diviene magicamente una vicenda di qualche piccolo svarione amministrativo a conferma che quando vuole trovare cavilli per incolpare o prosciogliere la giustizia italiana sa essere maestra.

Va inoltre rilevato che la violazione della legge sull’appalto può rappresentare fattispecie criminosa a prescindere dall’accertamento di una frode, motivo per cui sarebbe configurabile anche una truffa, a meno che, come avvenuto per l’ex Presidente della Provincia Matteo Renzi su cao delle nomine illegali, non si sostenga che l’amministratore pubblico era incapace di intendere la violazione di rilievo penale e non aveva reali intenti dolosi. Cosa che potrebbe giustificare chiunque commetta un qualsiasi reato se fatto con spavalderia ed alla luce del sole e che rende di fatto estremamente discrezionale l’interpretazione del Codice Penale.

 

CANTONE: «TROPPE LEGGE NON SERVONO SE NON SI APPLICANO»

Il presidente dell’Anac Raffaele Cantone

Proprio questa vicenda riporta d’attualità l’emergenza del sistema giudiziario. La Legge Sicurezza, poi quella sulla Legittima Difesa e infine quella sul Codice Rosso per lo stalking con l’aggravante del revenge porn (diffusione di contenuti a luci rosse per vendetta da parte di conoscenti o ex amanti), motivo di festa nel Governo gialloverde, in realtà non fanno altro che andare ad appesantire la burocrazia legislativa in un campo penale dove, di fatto, le normative introdotte, anche se con sfumature diverse e più generiche, esistevano già venivano interpretate con estrema libertà da giudici e Corti di vario livello. Pertanto il problema non è produrre leggi ma far sì che siano applicate ed interpretate senza voli pindarici quelle che esistono. Mi consola che mentre meditavo su queste cose un’autorità istituzionale le ha pronunciate in pubblico.

«La smetterei con gli interventi normativi che non risolvono il problema. Dobbiamo provare ad applicare le norme che abbiamo, ce ne sono tante, alcune sono da migliorare, ma il sistema va messo a regime». Ha dichiarato il magistrato Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, l’ente nazionale anticorruzione, durante il suo intervento al Festival del Giornalismo di Perugia. Ovviamente senza il minimo riferimento alle motivazioni della sentenza su Riace ma il concetto è allarmante. «La bulimia legislativa non è un buon risultato – ha chiosato – Certo, ci sono delle cose che possono essere fatte. Sarebbe utile per esempio che venisse fatta una legge sulle lobby». A cominciare da quelle rosse. Di alcune toghe.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI

ANSA – LUCANO SICURO DEL PROSCIOGLIMENTO

IL FATTO QUOTIDIANO – UDIENZA PER IL RINVIO A GIUDIZIO

l’opinione – LA GIUSTIZIA MUORE A RIACE

TUTTI I PECCATI DEL SINDACO DI RIACE

TOGA ROSSA LA’ TRIONFERÀ…

https://www.gospanews.net/mafie-ingiustizie/

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