CAMBIO DI SESSO PER 372 FANCIULLI MALATI
NEL CENTRO SPECIALISTICO DI LONDRA
DIMISSIONI A RAFFICA TRA I MEDICI.
A ROMA IN SENATO IL CASO TRIPTORELINA:
IL COMITATO DI BIOETICA E I PEDIATRI
FAVOREVOLI AL FARMACO BLOCCA-ORMONI
MA NEGLI ATTI SCIENTIFICI PURE LE BUFALE!
CONTRARIA SOLO L’ESPERTA CRISTIANA
PERPLESSE PERSINO LE COMUNITA’ LGBT
«È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: «Noi vediamo», il vostro peccato rimane».
Vangelo di Giovanni, 9, 39-41
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Mentre in Italia la Commissione Sanità del Senato ha iniziato in questi giorni il “processo” per valutare i rischi connessi all’uso della triptorelina, il farmaco che consente ai bambini di bloccare lo sviluppo ormonale in una prospettiva di cambiamento di genere sessuale, in Inghilterra, dove le cure per i trasgender in età anche pre-adolescenziale sono regolarmente effettuate a spese dello Stato da dieci anni scoppia una tempesta.
Ad innescarla è la ribellione, con tanto di dimissioni ufficiali, di alcuni degli stessi medici incaricati del trattamento perché ritenevano eccessivamente rapide e superficiali le pratiche di inizio del processo di transizione di genere adottate della struttura in cui operavano, la sola autorizzata dal servizio sanitario nazionale inglese, il National Health Service.
«Gli esperti hanno avvertito che l’unica clinica di genere per i bambini del NHS sta rischiando un “esperimento dal vivo” inviando centinaia di loro a interventi medici che gli cambiano la vita senza prove sufficienti dei suoi effetti a lungo termine». Lo scrive il Times di Londra in un inquietante articolo pubblicato da Lucy Bannerman lunedì 8 aprile che, di fatto, descrive i fanciulli in via di transizione sessuale come cavie umane.
Il dovizioso reportage, però, nella sostanza, fa un aggiornamento di quello precedente del Guardian di Manchester dell’autunno scorso ma non dà risalto alla dirompente e sconcertante inchiesta pubblicata dal Mail of Sunday il 18 novembre 2018. Basta il titolo per comprendere la gravità di quella denuncia: «Come l’unica clinica trangender NHS per bambini “seppellisce” il fatto che 372 su 1069 pazienti sono autistici».
Un particolare enorme sfuggito a Il Giornale, tra i pochi quotidiani italiani a riprendere l’articolo del Times ma non quello ancora più eclatante. Numeri che sono però sfuggiti a tutti perché, come evidenziato dal quotidiano con un milione di lettori e sede nel distretto londinese di Kensington, accuratamente occultati nel sito del Tavistock Center, unica struttura sanitaria autorizzata al Gender Identity Development Service (GIDS), nonostante quell’allarmante statistica risultasse dagli studi dei medici.
Non è però passato inosservato al network Russia Today che ha dedicato un articolo con ampio risalto a conferma della fondatezza e gravità della questione su cui piovono, come benzina sul fuoco, le proteste di alcuni genitori con i bambini già in cura; e persino quelle di un’associazione transgender. Anche perché il fenomeno sta assumendo proporzioni giganteschi in Inghilterra: nella clinica specialistica dai 97 casi di adolescenti in cura per la transizione del 2009 si è passati ai 2519 fino all’aprile 2018.
Una questione marcata da un’impronta fortemente ideologica in cui confliggono la cultura cristiana, che propone un’educazione spirituale e naturale dei bambini capace di aiutarli a superare i loro disagi e capricci, a quella relativista-scientista che, pur in assenza di dati empirici, si arroga il diritto di vendere i fumosi sogni dell’appagamento di ogni pulsione, desiderio o trasgressione, anche antinaturalistica, a qualsiasi costo!
Nel vero senso della parola visto che dietro al liberismo sessuale ed al caos emozionale lucrano enormi macchine di business. Come i privati che si intascano gli utili degli interventi trangender nella casa di cura londinese pagati dalla sanità pubblica. Esattamente come accadrà in Italia per le terapie con la triptorelina. Il reportage è abbastanza lungo ma le informazioni, le dichiarazioni autorevoli e le questioni controverse sono così numerose che era davvero impossibile sintetizzarle ulteriormente.
IN SENATO LA TRIPTORELINA DIFESA DAI PEDIATRI
L’allarme suonato in Inghilterra non pare aver avuto rilevanza alcuna per i medici sfilati, il 10 e l’11 aprile 2019, davanti alla XII Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica Italiana che ha cominciato l’esame dell“affare triptorelina” dopo che questo prodotto chimico, usato soprattutto per la cura dei tumori alla prostata e al seno, è stato autorizzato dall’Agenzia Italiana del Farmaco non solo in un utilizzo off label, ovvero per finalità diversa dalla prescrizione originaria e quindi nell’inibizione dello sviluppo in età puberale dei caratteri sessuali secondari, ma addirittura quale medicinale rimborsabile dal Sistema Sanitario Nazionale.
Circostanza che, secondo alcuni contestatori di questa disposizione (in vigore dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio 2019), potrebbe incentivarne il consumo per la gratuità a vantaggio degli utenti e gli affari sulle spalle dello Stato per le case farmaceutiche produttrici. Ma soprattutto perché potrebbe alterare l’esistenza di fanciulli: secondo alcuni troppo giovani per esprimere un consenso informato. Dalle prime audizioni effettuate dall’Ufficio di Presidenza della Commissione senatoriale, presieduta da Pierpaolo Sileri del Movimento 5 Stelle, però, il destino della verifica politica, volta a decidere se rivedere quantomeno la vendita mutuabile, parebbe già segnato.
Quattro differenti enti sentiti hanno infatti già espresso parere favorevole all’utilizzo, pur con differenti raccomandazioni di prudenza ovviamente tutt’altro che vincolanti, ad eccezione di un medico del Comitato Nazionale di Bioetica che ha espresso una postilla in contrasto con le conclusioni della relazione di tale organismo.
Se da una parte specialisti e pediatri sostengono l’utilità del farmaco TRP nella Disforia di Genere, ovvero la percezione del bambino di non sentirsi adeguato al suo sesso, e nella cura dei conseguenti disturbi psicologici che a detta degli esperti possono avere anche gravi conseguenze autolesioniste; dall’altra c’è la professoressa Assuntina Morresi, docente del Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie dell’Università degli Studi di Perugia, che ne contesta la valenza anche soltanto per una banalissima ragione: in un mare magnum di pareri e contropareri tecnici più o meno dettagliati «non vi è alcuna evidenza scientifica che quello con TRP sia il trattamento elettivo per queste situazioni» dice proprio la dottoressa di cui riporteremo le analisi più avanti.
E’ infatti doveroso partire questo viaggio tra i bambini trangenderizzati a spese pubbliche da quanto sta avvenendo in Inghilterra dove la sperimentazione e l’impiego terapeutico sono molto più avanti: anche se c’è pure lì chi sostiene una tesi analoga a quella della cattedratica italiana.
«ESPERIMENTO NON REGOLAMENTATO SUI BAMBINI»
«Data la scarsità di prove, l’uso off-label di farmaci (per esiti non coperti dalla licenza del farmaco) nel trattamento della disforia di genere significa in gran parte un esperimento dal vivo, e non regolamentato, sui bambini» ha dichiarato al Times, Carl Heneghan, direttore del Center of Evidence-based Medicine dell’Università di Oxford accreditando quindi l’ipotesi che allo stato attuale delle conoscenze sessuali quei preadolescenti siano delle “cavie” di transizioni sessuali.
Ma il professor Marcus Evans, uno dei governatori di The Tavistock e Portman NHS Foundation Trust nella sua lettera di dimissioni dal centro autorizzato al GIDS è andato ben oltre: «Nei miei 40 anni di esperienza in psichiatria, ho imparato che respingere le serie preoccupazioni su un servizio o un approccio è spesso condizionato da un desiderio difensivo di prevenire l’esame doloroso di un “sistema sopravvalutato” – lamentò, come riportato dal Guardian sul numero del 23 febbraio – Non credo che capiamo cosa sta succedendo in questo settore complesso. E la necessità di adottare un atteggiamento che esamina le cose da diversi punti di vista è essenziale. Questo è difficile nell’attuale contesto in quanto il dibattito e la discussione richiesti vengono continuamente chiusi o descritti efficacemente come “transfobici” o in qualche modo pregiudizievoli».
Ecco quindi che una disquisizione meramente epistemologica e scientifica sui metodi di valutazione e cura della disforia di genere spalanca subito le porte ad una visione ideologica e culturale che parte da due punti di vista contrapposti: quello che per il bene del fanciullo vuole avviare interventi meno invasivi possibili sotto il profilo fisiologico e quello che per cercare di contenere i turbamenti emotivi del giovanissimo è disposto ad accondiscendere a qualsiasi suo desiderio oggi realizzabile con i farmaci che bloccano lo sviluppo ormonale (non solo la triptorelina).
«La decisione di Evans di separarsi dalla compagnia londinese, dopo un’associazione di 35 anni, intensificherà l’esame accurato del servizio che si è trovato nell’occhio di un ciclone mentre migliaia di giovani che considerano la transizione verso un altro genere cercano il suo aiuto» rimarca il Guardian.
DIMISSIONI A RAFFICA NELLA CLINICA PER TRANSGENDER
Ma è il Times ad evidenziare che nel centro specialistico per lo Sviluppo dell’Identità Gender, che ha sede presso la Tavistock Center e la Portman Clinic nella zona nord ovest di Londra (e una succursale a Leeds), proprio nelle ultime settimane è successo il finimondo.
«Ben cinque medici si sono dimessi, per motivazioni legate all’etica e alla sicurezza, a causa delle preoccupazioni sul trattamento dei bambini vulnerabili che arrivavano in clinica presentandosi come transgender – scrive il quotidiano italiano Il Giornale sintetizzando la lunga inchiesta del Times – Gli esperti che hanno rassegnato le dimissioni hanno parlato di centinaia di interventi medici, che possono cambiare la vita dei bambini, attuati senza prove sufficienti dei loro effetti a lungo termine». Secondo il quotidiano londinese sarebbero addirittura 18 gli specialisti che si sono allontanati dalla struttura santaria negli ultimi 3 anni. Tutti con la medesima motivazione: i giovanissimi che hanno con la loro identità sessuale naturale un rapporto conflittuale sono stati erroneamente diagnosticati come “trans-identifying” dalla clinica londinese. Inoltre «ritengono che alcuni bambini gay che lottano con la loro sessualità vengano erroneamente diagnosticati come “transgender» scrive il Times.
Gli ultimi cinque dimissionari dello staff si occupavano proprio della somministrazione di farmaci per interrompere lo sviluppo sessuale dei pazienti in cura e hanno riferito di diagnosi errate sulla disforia di genere e temono che alcuni giovani siano stati sottoposti a pressioni per ottenere un trattamento di cambiamento di genere dopo aver sofferto di bullismo omofobico. Uno dei medici ha affermato che sono rimasti così a lungo fedeli al loro incarico “solo per evitare che altri bambini ricevessero il trattamento”.
Secondo un rapporto dell’ex governatore del team David Bell, un altro dei dimissionari, alcuni bambini assumono un’identità trans come soluzione: «a molteplici problemi come l’abuso storico di minori in famiglia, il lutto, l’omofobia e un’incidenza molto significativa del disturbo dello spettro autistico. Molti bambini che mettono in discussione la loro identità possono aver imparato attraverso risorse online, o sono stati istruiti dai genitori, cosa dire per ottenere i risultati che vogliono». Ma è stato proprio il “dossier nascosto” sui casi di autismo a scatenare l’uragano iniziale che ancora incombe sulla clinica.
BEN 372 AUTISTICI SOTTOPOSTI ALLA TERAPIA
«Dal 2011, gli specialisti del Gender Identity Development Service di The Tavistock Center a Londra hanno visto oltre 1.000 minori di 18 anni. Un esame interna ha rilevato che 372 di questi pazienti – circa il 35% – esibivano “tratti autistici moderati o gravi”. Eppure, nonostante il potenziale significato delle cifre – e tra le preoccupazioni crescenti che i giovani con problemi di sviluppo e di salute mentale vengano incanalati in cure mediche per “disforia di genere” – la scoperta non è mai stata evidenziata dalla clinica dalla sua pubblicazione in giugno».
A scrivere queste frasi è stato Stephen Adams, corrispondente The Mail on Sunday, che rimarcò proprio il palese tentativo di occultamento da parte della struttura sanitaria sulle sue pagine ufficiali in internet: «Il fatto che un’alta percentuale di pazienti fosse autistica poteva essere trovato solo facendo clic su un collegamento a un sito Web esterno nella parte inferiore dell’articolo».
La rivista medica Archives of Disease in Childhood, infatti, riferì solo della percentuale, ma fu poi il co-autore Bernadette Wren, consulente psicologo clinico presso il Tavistock, a confermare al giornalista che non era un’ipotetica stima generica bensì un dato matematico desunto dai 372 casi di autismo accertato su 1069 fanciulli in cura (dato fino al 2017).
La risposta di un portavoce del centro GIDS cerca di essere rassicurante ma appare sconcertante: «Tutti i giovani che frequentano il nostro servizio intraprendono una valutazione completa per un periodo di tempo. Esiste un consenso generale sul fatto che una diagnosi di disturbo dello spettro autistico non è di per sé una ragione per escludere gli individui dal trattamento per la disforia di genere».
Di parere diametralmente opposto il pensiero di Stephanie Davies-Arai, fondatrice del gruppo di campagne per genitori Transgender Trends: «Il fatto che un terzo di questi pazienti abbia tratti autistici è di enorme preoccupazione e mi aspetterei che i professionisti clinici stiano indagando seriamente su di esso». Il motivo lo spiega la dottoressa Sally Powis, esperta di autismo: «Se sai che sei diverso da quando eri un bambino piccolo, c’è la possibilità che consideri che il tuo genere è il problema, piuttosto che l’autismo». Secono la psicologa sarebbero preoccupati dalle mutazioni che stanno iniziando nel loro corpo al punto da non sapere come gestirle e cercare quindi la semplice “via di fuga” di bloccarle. Ma la studiosa avverte: «gli adolescenti autistici che hanno terminato la transizione potrebbero pentirsi profondamente se scoprissero che scambiare il sesso non ha risolto i loro problemi». Proprio come vissuto sulla sua pelle da una madre intervistata dal quotidiano britannico.
LA MADRE DISPERATA PER IL FIGLIO PSICOLABILE IN TRANSIZIONE
Il 3 novembre, come detto, The Guardian per primo ha riportato i dubbi di un membro anziano dello staff sul fatto che non fossero esaminate pienamente le motivazioni psicologiche e sociali alla base del desiderio dei giovani di cambiare sesso. Un’opinione immediatamente condivisa da un gruppo di genitori preccupato dal sospetto che il servizio stesse «portando rapidamente i giovani» a decisioni drastiche nella loro vita senza valutare appieno i loro personali storie. In una lettera al consiglio di amministrazione, osservata dall’Observer, i genitori hanno scritto di temere «che venga chiesto al team GIDS di affrontare e valutare casi complessi e difficili entro un lasso di tempo molto limitato».
I familiari hanno anche contestato il fatto che i ragazzi della fascia 17-25 anni fossero dirottati al centro GID per adulti: dove ovviamente non vengono fatte le esplorazioni piscosociali. Ma è ancora il Mail on Sunday a completare il lavoro del giornale rivale con quello che può essere ben definito uno scoop: l’intervista al genitore di una ragazza con gravi problemi psicologici.
«La madre di un’adolescente autistica dice di essere “sconvolta” dal modo in cui il Tavistock Center ha accettato le affermazioni di suo figlio che era transgender, ma ha trascurato i gravi problemi di salute mentale – scrive sempre il giornalista Stephen Adham – La donna, che desidera rimanere anonima, ha detto che il figlio di 16 anni è stato indirizzato alla clinica dal suo consulente del NHS dopo che ha iniziato a insistere sul fatto che voleva diventare una ragazza. La mamma, 38 anni, ha detto di essere “estremamente turbata” dal fatto che uno psicologo anziano ha accettato che il ragazzo volesse cambiare sesso, nonostante sapesse del suo autismo e del suo disturbo ossessivo-compulsivo (DOC). L’esperto ha poi detto al figlio, unico, che avrebbe potuto vedere i dottori della clinica che potevano prescrivere farmaci per aiutarlo a cambiare sesso. “Lo psicoterapeuta del Tavistock lo ha incontrato per un’ora al massimo e poi ha fatto l’ipotesi che cambiare sesso fosse qualcosa che si era ben definito nella sua testa” disse la madre. “Era semplicemente terrificante. La sua principale preoccupazione era sull’affermazione di mio figlio di voler essere una ragazza quando avrebbe dovuto essere preoccupato del fatto che chiaramente non era sano di mente a causa del suo autismo e del disturbo ossessivo compulsivo”».
Il Tavistock non è entrato nel merito delle contestazioni sul problema piscologico ma si è limitato a difendere il metodo: «Il nostro processo di valutazione si svolge in almeno tre sessioni, spesso più lunghe. Nessun trattamento fisico sarebbe offerto o suggerito dopo una sessione».
La struttura sanitaria sostiene di rispettare protocolli rigorosi che in realtà, come ben evidenziato dai vari medici, non esistono perché si brancola alla cieca nelle stanze della mera sperimentazione di applicazioni scientifiche assai invasive ma senza riscontri. Gli stessi motivi per cui la professoressa italiana Assuntina Morresi vuole indurre la Commissione Sanità del Senato della Repubblica Italiana a ridiscutere le autorizzazioni alla diffusione della Triptorelina.
LE BUFALE SPACCIATE PER ATTI SCIENTIFICI IN SENATO
«L’Ufficio di Presidenza della Commissione Sanità, nell’ambito dell’esame dell’affare assegnato relativo all’uso del medicinale triptorelina (Atto n. 207), ha svolto alcune audizioni. Mercoledì 10 aprile, ha incontrato i rappresentanti del Comitato Nazionale di Bioetica e di AIFA. Giovedì 11 aprile, è stata la volta dei rappresentanti della Società italiana pediatria – SIPe, Società italiana medici pediatri – SIMPE e della Federazione italiana medici pediatri – FIMP» relaziona la pagina della XII Commissione del Senato della Repubblica che è ovviamente nella fase totalmente conoscitiva.
Posto che sarebbe inutile riportare le argomentazioni dell’Agenzia Italiana del Farmaco che ha già espresso il parere favorevole che ne ha consentito la messa in commercio concentriamoci sugli altri interventi tutti integrati da relazioni doviziosi di dettagli scientifici ma anche scarne e bizzarre. Come quella della dottoressa Adima Lamborghini a nome del Comitato Scientifico Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP), che in sole 18 pagine riempite di scritte grandi e schematiche volteggia sul problema portando allusioni persino grottesche che palesano la superficialità dell’approccio come se la sentenza di assoluzione della Triptorelina fosse già scritta.
Desta ilarità il surrettizio inserimento dell’immagine dello screenshot dell’articolo de Il Giornale “Vaticano: sì al farmaco per cambiare sesso” riportato con soltanto il titolo e senza nemmeno il testo. Una news, riferita all’intervista alla vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica, Laura Pallazzani, membro corrispondente della Pontificia Accademia per la vita, etichettata persino come “disinformazione” dal sito Bufale.net ma prodotta quale implicito messaggio subliminale in un udienza parlamentare, ovviamente priva dei contenuti che non sono tali da giusstificare il titolo ad effetto del quotidiano.
Primo perché la dottoressa esprime il suo parere favorevole al farmaco in casi eccezionali nei quali «deve essere somministrato solo per un breve periodo di tempo, al fine di superare eventuali gravi rischi e trovare le forme più opportune di accompagnamento del minore»; secondo perché quella non rappresenta affatto una posizione del Vaticano o della Pontifical Academy for Life in quanto essa annovera quali “membri corrispondenti” ben 87 esperti internazionali!!!
Orbene l’inserimento, ovviamente non casuale, di tale citazione in un atto ufficiale per il Senato a mio parere giustificherebbe l’immediata estromissione del FIMP da questa e successive audizioni in materia sanitaria: perché si tratta della palese esibizione di un contributo non solo privo di minima valenza scientifica ma pure artatamente manipolato… Ma questa nostra piccola scoperta serve a confermare il clima di faziosità che aleggia intorno ai bambini Trangender e la confusione culturale ma anche scientifica in merito.
LE RACCOMANDAZIONI DEL COMITATO DI BIOETICA
Proprio per questo il Comitato Nazionale di Bioetica nella sua ricchissima doppia relazione (testo e grafici) mette subito le mani avanti, di fatto abdicando allle sue stesse vocazioni speculative teleologiche, iniziando con una premessa: «Il Comitato non intende in questa sede ricostruire sul piano storico-sociologico e filosofico la questione della identità di genere, sebbene sia consapevole che tale questione rimanga inevitabilmente sullo sfondo».
Se gli esperti di bioetica tralasciano il contesto socio-filosofico mi chiedo che contributo possano apportare visto che l’etica in relazione alla vita (bios) è una tematica primariamente della morale logica più che della dottrina sanitaria. Acclarato un fondato rischio di “paralogismo” vediamo cosa riferisce il dossier. «In primis» per il CNB c’è «la sofferenza dell’adolescente con DG: si tratta di una sofferenza psichica significativa, accompagnata ad un elevato rischio suicidario e di autolesionismo e ad alti livelli di depressione e di ansia. Pertanto, nei casi in cui l’assistenza psicologica, psicoterapeutica, psichiatrica non sia risolutiva, può risultare indicato l’utilizzo del farmaco per aiutare l’adolescente ad affrontare una situazione di tale complessità».
A molti bambini in difficoltà una gita a Lourdes o Medjugorie, arricchita dai Rosari dei genitori, ha portato molto giovamento ed è stata sicuramente meno invasiva di un bombardamento chimico. Ma nell’era del progresso si rischia la denuncia asserendo verità sancite da dati empirici millenari. Si rischia di essere tacciati di “transfobia” come scritto dal professore britannico Evans.
Ecco quindi che dopo aver sviscerato in modo assolutamente accurato il problema, rimarcandone la difficoltà anche per assenza di evidenze scientifiche sedimentate, l’istituzione di Bioetica condiziona il suo parere favorevole a 7 “raccomandazioni” di cui riportiamo la finale: «Il Comitato, in seguito a quanto sottolineato in precedenza, in conclusione raccomanda una specifica determinazione da parte di AIFA per chiarire le particolari condizioni di somministrazione del farmaco nella diagnosi e nel trattamento della DG in adolescenza. Attualmente siamo ancora lontani da forme di approccio combinato da parte di un team multidisciplinare e non vi è alcuna garanzia che l’informazione ai genitori e il consenso informato del minore siano assunti con la necessaria accuratezza. La questione della rimborsabilità e della relativa inclusione nell’elenco istituito ai sensi della L. 648/96 non risolve alcuno di questi problemi, perché si limita a stabilizzare sul piano economico l’uso del farmaco, lasciando aperti i problemi etici rilevanti esplicitati in questo documento».
Insomma è un gran caos a siccome «alcune Società scientifiche ne propongono l’uso, come indicato da AIFA» e «alcune strutture sanitarie già trattano casi singoli con la triptorelina in adolescenti con DG, senza peraltro che risulti ancora approvato un protocollo di interventi e linee guida condivise. Il CNB ritiene, pertanto, che sia opportuno giustificare l’utilizzo di tale farmaco ispirandosi ad un approccio di prudenza». Siccome “così fan tutti” si proceda. Ricordano vagamente le posizioni dei primi medici abortisti: siccome è comunque praticato clandestinamente tanto vale sia almeno regolamentato. Nel caso della TPR, inoltre, sebbene si deformi lo sviluppo naturale di un individuo,non c’era nemmeno violazione prima e non c’è tanto meno ora che è mutuabile.
IL PARERE DEI PEDIATRI SIMP: RISCHI PER LE OSSA
Ancora più cauta la posizione della Società Italiana Medici Pedriatri (SIMPe). «Un uso di questo trattamento in condizioni di disforia di genere per frenare lo sviluppo, in attesa di una scelta definitiva del soggetto, a supporto dei trattamenti psicoterapeutici, è stato proposto in alcune Nazioni del nord Europa, Olanda in particolare, a un numero limitato di soggetti, senza peraltro che ci siano studi scientifici pubblicati che ne garantiscano la sicurezza a lungo termine» scrivono gli specialisti che poi mettono bene in evidenza i “potenziali rischi”: «Sicuramente, lo sviluppo della massa ossea viene fortemente bloccato e poiché il picco di massa ossea si raggiunge intorno ai 23 anni (mediamente 10 dopo la pubertà), ciò può determinare una importante predisposizione a condizioni di osteoporosi in età adulta con rischio di fratture ossee. Infine, una condizione fortemente prepubere del soggetto, pur effetto di una scelta personale e supportata da interventi psicoterapeutici, può esporlo a maggior rischio di bullismo in un contesto di coetanei con caratteristiche somatiche ampiamente adultosimili». Accidenti!
Ma erano i professori inglesi a scrivere che alcuni bambini prendono in considerazione la scappatoia transgender per fuggire dal bullismo omofobico. In tal caso la cura potrebbe quindi aggravare la patologia…
«Da questa serie di considerazioni deriva la raccomandazione sull’approccio multidisciplinare da parte di un’equipe o di un centro specialistico “che accompagni nel tempo gli adolescenti e le loro famiglie, per consentire di realizzare le aspettative nel modo meno traumatico possibile e di evitare fenomeni di stigmatizzazione e discriminazione, con pesanti ripercussioni sull’adolescente”. La somministrazione del farmaco andrà inoltre prevista nell’ambito di un protocollo che includa anche interventi psicologici, psicoterapeutici e psichiatrici, «rivolti a rimuovere cause di sofferenza indotte da motivazioni sociali. Evitando soprattutto forme di automedicazione».
Ma in un paese come l’Italia dove la malasanità è corrotta dalle grandi case farmaceutiche le raccomandazioni diventeranno ovviamente acqua fresca. Come insegna la storia del vaccino Epatite B divenuto obbligatorio in Italia nel 1991 in virtù, si accertò dopo, della tangente da 600milioni di vecchie lire per la quale fu condannato l’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo. Ecco perché non guasta leggere le riflessioni della professoressa Assuntina Morresi al momento l’unica ad aver evidenziato forti criticità e perplessità sul trattamento davanti al Senato della Repubblica.
NESSUNA EVIDENZIA SCIENTIFICA MA PERICOLO MORTALITA’
«Prendo atto con soddisfazione che la risposta del CNB al quesito dell’AIFA sull’uso della triptorelina (TRP) per disforia di genere (DG) è orientata a un uso prudenziale del prodotto, mentre l’inserimento della TRP nell’elenco degli off label rimborsabili dal SSN, come ne ha manifestato intenzione AIFA, rischierebbe di favorirne l’uso, già ora regolamentato solamente nella modalità off label. Non posso però condividere pienamente il documento approvato, e questo in base ad alcune obiezioni, in primo luogo sul piano scientifico. Allo stato attuale delle conoscenze, infatti, non ci sono evidenze della efficacia della TRP per il trattamento della DG nei minori nella fase dell’adolescenza. Al contrario, dalle audizioni e dalla letteratura di settore sono emersi pesanti dubbi e perplessità che, posti all’attenzione del CNB e degli esperti auditi non hanno avuto risposta, e non hanno trovato spazio nel documento finale. Ritengo utile, quindi, ribadire le mie perplessità, espresse peraltro nel corso della discussione del documento, perplessità che riguardano: la consistenza della letteratura scientifica a sostegno (a mio parere veramente carente); la ratio stessa del metodo (il criterio della “neutralità” di genere) e infine il profilo bioetico (il consenso informato del minore)».
Con incredibile lucidità e capacità di sintesi, forte della sua attività di editorialista di Avvenire (quotidiano della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana dei vescovi cattolici), la professoressa Assuntina Morresi, membro del CNB, scrive una postilla con cui in buona sostanza boccia l’approvazione della TRP per motivazioni, ancor prima che etiche, rigorosamente scientifiche fondate sulla «incertezza sui dati di letteratura esistenti» riconosciuta dallo stesso Comitato di Bioetica.
«L’uso autorizzato della TPR è innanzitutto per la pubertà precoce, cioè per interrompere una “pubertà patologica” (per esempio per bambini molto piccoli, 7-9 anni), mentre l’uso off label per DG è per interrompere una “pubertà fisiologica” (per preadolescenti, intorno ai 12) – evidenzia la docente di Chimica Fisica del Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie dell’Università degli Studi di Perugia – Di conseguenza non è corretto assumere i risultati degli studi del blocco di una pubertà “patologica” mediante TRP (dei quali si dispone ampia letteratura scientifica) come validi anche per quello di una pubertà “fisiologica”, come spesso invece riporta la letteratura di settore». Tra le preoccupazioni menzionate c’è l’esempio della “disparità di confronto tra pari” di una bambina di 7 anni per la quale avere un seno formato è una grave difformità e quella di 14 per la quale non averlo è un’anomalia.
La dottoressa Morresi ribadisce poi il rischio già rimarcato dai pediatri Simp: «interrompere lo sviluppo osseo per una pubertà “patologica” a 7 anni, equivale dal punto di vista clinico/biologico a interrompere lo stesso sviluppo se “fisiologico”, a 12 anni?». Per quanto riguarda l’efficacia della TRP nella DG la dottoressa nota la mancanza del cosiddetto “follow up”, ovvero l’analisi dei risultati a terapia evoluta, riferita ad un singolo caso e ad uno studio olandese su giovani transgender che conferma il largo uso del farmaco (111 su 196) ma evidenzia solo per 55 l’esito positivo: un dato ritenuto preliminare dagli stessi medici estensori.
«In queste condizioni non è possibile parlare di evidenze scientifiche» anche perché «i dati esistenti sull’esito del SRS (Sex Reassignment Surgery) hanno una perdita al follow up del 70% delle persone trattate, e comunque quelli disponibili mostrano che i tassi di mortalità per tutte le cause – compreso il suicidio – sono generalmente molto più elevati rispetto a quelli della popolazione in generale. Inizia inoltre ad emergere il fenomeno dei cosiddetti detransitioners, ossia di coloro che, dopo un percorso di cambiamento di genere, chirurgico e/ormonale, ritengono opportuno tornare al genere di partenza (…) tanto da prevedere una sezione appositamente dedicata nell’ottava edizione del WPATH (World Professional Association for Transgender Health) Standards of Care».
FARMACI PER I TRANSGENDER NON PER I MALATI CRONICI
La cattedratica non lesina inoltre una stoccata al CNB che farà certo riflettere le associazioni di consumatori: «sorprende il suggerimento nel testo (Raccomandazione 6) ad un accesso equo e omogeneo alla TRP, soprattutto in riferimento ai pareri del CNB per una politica di accesso equo a farmaci innovativi ad alta efficacia per patologie gravi: riduzione dei prezzi e contenimento dei costi a carico del SSN e dei cittadini (2017) e Farmaci orfani per persone affette da malattie rare (2011): entrambe riguardano farmaci la cui efficacia è riconosciuta (Epatite C). In secondo luogo, i pareri citati si occupano di indubbie, gravi situazioni patologiche, mentre la tendenza delle principali organizzazioni internazionali di riferimento è quella della de-patologizzazione delle “incongruenze di genere”».
Ovvero farmaci gratis per chi vuole farsi curare uno “sviluppo naturale” mentre più difficili da reperire per alcuni malati cronici. Un tremendo paradosso delle politiche AIFA. Sul piano scientifico poi Morresi stronca ogni certezza: «La motivazione principale per il CNB a favore della TRP è la sofferenza del minore con DG, soprattutto per il timore di comportamenti autolesionistici e intenzioni suicidarie. Ma non vi è alcuna evidenza scientifica che quello con TRP sia il trattamento elettivo per queste situazioni».
PERPLESSE ANCHE LE COMUNITA’ LGBT
Notevoli sono invece le implicazioni secondo la studiosa: «Secondo la letteratura dedicata, questo uso della TRP porta a un “limbo in cui possono esplorare il proprio genere senza lo stress di sviluppare un corpo in cui si percepiscono come alieni”, “il corpo resta in uno stato neutrale di prima pubertà”. Come è possibile in queste condizioni di non appartenenza a nessun genere, “esplorare la propria identità di genere”? Rispetto a quale ipotesi si verifica e si esplora, in assenza di un corpo sessuato, cioè in assenza dell’espressione fisica della propria identità di genere, se non a un immaginario? E che dire delle esperienze di amore tipiche dell’adolescenza? La soppressione della pubertà non impedisce forse di avere le prime, tipiche esperienze romantiche e sessuali adeguate all’età (12-16 anni)?».
La docente di Biologia aggiunge quindi un interrogativo con cui smaschera i fondamenti della cultura No-gender: «Nel parere CNB sui disturbi della differenziazione sessuale dei minori si raccomandava di individuare un sesso natale, definendo “l’interesse preminente del bambino a essere cresciuto in senso maschile o femminile”. In altre parole: è possibile intraprendere un percorso di consapevolezza dell’identità di sé, in un vissuto di identità sessuata “neutrale” che può durare fino a quattro anni?».
Un orientamento che in questo caos etico sulla sessualità trova perplesse sulla triptorelina persino i trasgressivi per antonomasia: «Dal dibattito interno alle comunità LGBT emerge la preoccupazione di alcune riguardo la possibilità che il trattamento di transizione copra/censuri una questione legata piuttosto all’orientamento sessuale del minore: la percezione di sé come non congruente rispetto al genere di nascita potrebbe dipendere, invece, da un orientamento sessuale di tipo omosessuale, e non dalla propria identità di genere. Se così fosse, saremmo in presenza di un tentativo di “curare/modificare” un orientamento omosessuale mediante un percorso di transizione di genere, interferendo con lo sviluppo dell’orientamento sessuale: una obiezione posta anche da alcuni studiosi».
MALATTIE PSICHICHE, CONSENSO E CONSEGUENZE PER LA FERTILITA’
Ma le note più dolenti devono ancora arrivare e si riconnettono all’allarme dei medici inglesi del Tavistock Center sui pazienti autistici: «Si registra una elevata co-morbilità associata alla Disforia di Genere. Come è possibile stabilire il rapporto fra causa ed effetto, se non si procede prima almeno a curare le co-morbilità (ex. depressione, ansia, istinti suicidari, disturbi dello spettro autistico, etc.), per individuare con una ragionevole certezza la DG come causa primaria? Il problema si pone poiché la DG viene presenta spesso come “sentirsi in un corpo sbagliato”, ipotizzando quindi corretta la percezione di sé, della propria identità di genere. Va escluso cioè che alla base ci sia un problema più vasto o diverso, riguardante la propria identità, mentre il corpo è “giusto”. Vista la scelta del CNB di aprire alla TRP, esplicitare questo aspetto come criterio base per la somministrazione sarebbe stato opportuno.
«Il CNB ha giustamente sottolineato le difficoltà del consenso informato. Ma non ne ha menzionato un aspetto essenziale: la necessità di informare il minore e la sua famiglia riguardo le conseguenze per la propria fertilità».
E’ l’ulteriore avvertimento lanciato dalla professoressa Morresi: «attualmente non ci sono evidenze sull’effettivo pieno ripristino della fertilità nel caso di desistenza dal trattamento e di permanenza nel genere natale. Nel caso in cui, invece, si voglia continuare un percorso di transizione – come sembra avvenire nella grande maggioranza di chi opta per il blocco della pubertà – si va verso una sterilità certa, a meno di provvedere alla preservazione della fertilità mediante crioconservazione dei gameti, quando lo sviluppo puberale raggiunto lo consenta».
Ecco dunque la riflessione bioetica sul consenso informato: «È noto come preadolescenti (12 anni), come pure adolescenti (16 anni), abbiano una scarsa consapevolezza delle proprie potenzialità procreative. È doveroso chiedersi quanto un minore con DG e la sua famiglia possano valutare consapevolmente e liberamente tutto questo» e «considerando infine la co-morbilità che spesso si accompagna alla DG del minore (ansia, depressione, disturbi dello spettro autistico, intenzioni suicidarie), è quasi inevitabile che il consenso in queste condizioni scivoli verso un atto puramente formale».
Quesiti inquietanti ed imponenti che rivelano la babele etica ormai imperversante sulle tematiche educative e sessuali soprattutto quando attinenti quella depressione che il romanziere Giuseppe Berto battezzò “Il male oscuro” regalando tale pseudonimo alla psicoanalisi e psichiatria contemporanea. Due mondi scientifici in cui cozzano come onde di un mare oscuro supposizioni ed intuizioni più che certezze: ma soprattutto paranoie e “Istruzioni per rendersi infelici” come scrisse il gigante della letteratura psicologica Paul Watzlawich nel suo libro.
Un oceano di tempestosi moti in cui cercò di mettere ordine, secoli fa, un falegname nazareno con qualche pescatore della Galilea. E dopo essere morto col nome di Gesù e risorto in virtù di quello di Cristo ci riuscì per quasi Duemila anni. Prima di quel “collasso morale” scoppiato nel 1968 secondo le recenti riflessioni sulla sessualità del Papa Emerito Benedetto XVI di cui parleremo in un prossimo articolo su Lgbt e pedofilia: due figliastre degli stessi fanatici del liberismo, come Mario Mieli, padri dell’aborto come del Transumanesimo, degli uteri in affitto come dei No-Gender e Transgender e in ultimo della Triptorelina.
La Triptorelina appare come una nuova arma biologica nelle mani degli ateisti cospiratori che stanno cercando di distruggere i fondamenti spirituali del Cristianesimo: sfrontatamente. Almeno dal 1717 come bene evidenziò il Pontefice Leone XIII nella sua Enciclica Humanus Genus: la scomunica della Massoneria. Un documento del 1884 in cui sono già preconizzati i conflitti etici dei nostri giorni e i loro strateghi: di cui parliamo in un articolo sul Satanismo nella sezione Massoneria e Cospirazioni o in quello sulle neonate cinesi coi cervelli alterati in Bioetica e Trasnumanesimo.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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TIMES – DIMISSIONI MEDICI TAVISTOCK CENTER