ENCOMIO AL PRESIDENTE DELLA RUSSIA
VITTORIOSO A DAMASCO E CALMO A CARACAS:
MA IL SOSTEGNO MEDIATICO DI MOSCA
AI VIOLENTI MANIFESTANTI DI PARIGI
PUO’ DIVENTARE UN TREMENDO BOOMERANG
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
In Siria la Russia ha conquistato una vittoria mondiale e storica perché il presidente Vladimir Putin è stato capace di resistere alle provocazioni di una guerra totale sul campo nonostante le stragi di suoi militari. Non ha reagito all’abbattimento di un aereo Su-24 colpito il 24 novembre 2015 nei pressi di Latakia dai missili di due F-16 della Turchia e nemmeno al disastro del’Il-20, inavvertitamente centrato dalla contraerea di Damasco impegnata a difendersi dal proditorio attacco dell’IDF (Israele Defence Force) comunicato agli “alleati” di Mosca un minuto prima. Un’aggressione avvenuta il 18 settembre 2019 proprio nel giorno in cui Russia e Turchia avevano firmato l’accordo di pace per scongiurare la battaglia contro Idlib, ultima roccaforte dei rivoluzionari contro Bashar Al Assad ma soprattutto dei terroristi jihadisti di Al Nusra, affiliati ad Al Qaeda e protetti dai Fratelli Musulmani del partito politico Akp del presidente turco Recep Tayyp Erdogan. Quel trattato fu totalmente ignorato dalla Turchia che aveva il compito di offrire una via di fuga ai miliziani qaedisti dalla Siria per il semplice fatto che all’esercito turco faceva e fa comodo avere fronti di fuoco nel paese al fine di nascondere la propria guerra contro i curdi ad Afrin e in altre zone del Royava come Manbij dove, certamente grazie al suggerimento del’intelligence militare del Cremlino, i curdi dell’YPG abbandonarono la città consegnandola all’esercito siriano-russo che apertamente non può esssere attaccato dai turchi essendo alleati di Mosca. A Idlib e dintorni il massacro continua perché terroristi di Al Nusra e i pochi ribelli anti- Assad da mesi bombardano Hama ed Aleppo scatenando le inevitabili rappresaglie dell’esercito della Siria ormai al 97 % liberata. Ciò avviene perché Erdogan ha tradito il suo accordo di pace con Putin ma quest’ultimo non ha comunque reagito onde evitare l’escalation di un conflitto militare sperata e voluta dalla Turchia per riaprire ogni fronte di guerra contro il Governo di Assad che ha la colpa imperdonabile di essere di religione Alawita-Sciita e perciò odiata dai Sunniti dei Fratelli Musulmani turchi come dei Sunniti-Wahabiti dell’Arabia Saudita, storica alleata degli Usa proprio perché contrapposta alla Russia che è amica degli Sciiti di Iran, Libano e Siria, paese nel quale hanno pure la gravissima colpa di tollerare i Cristiani.
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LA GRANDE PAZIENZA DI PUTIN
In poche righe ho scritto perché Putin potrebbe meritarsi un’immediata proposta di beatificazione anche perché refrattario ad interventi militari nonostante sia alleato della Cina e dell’Iran che non aspettano che la giusta occasione internazionale per farla pagare agli Stati Uniti d’America da troppi decenni prima sceriffi, poi bounty killer dei presunti tiranni del mondo, infine vergognosamente finanziatori dell’Isis. Abbiamo più volte dimostrato con fatti acclarati che lo Stato Islamico è stato sostenuto da Washington per essere usato come sicario nei paesi ostili alle politiche mondialiste degli Usa, governati dal Deep State della Fed, che controlla la finanza americana e di conseguenza il Fondo Monetario Internazionale (FMI) grazie alle banche sioniste ed ai fondi d’investimento che a loro volta sono azionisti delle più importanti multinazionali statunitensi della difesa e delle armi. Holding che rischiano il tracollo ed il taglio dei dividendi in tempi di pace.
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Ecco perché si arriva al Venezuela. Un fronte aperto dal 2002 da un golpe militare della Cia contro Hugo Chavez, poi sostenuto daò presidente Barack Obama e ripetutamente finanziato dalla nuova agenzia americana Usaid che sotto la parvenza dello sviluppo internazionale nasconde operazioni di regime-chance volute dal Dipartimento di Stato di Washington che ha chiesto al Congresso di stanziare, su proposta del presidente Donald Trump, ben 500 milioni di dollari nel 2019 per rimuovere il nemico Nicolas Maduro dalla presidenza del Governo di Caracas. La guerra per la conquista del petrolio e del gas, non è riuscita in Siria e nemmeno in Ucraina grazie alla strenua resistenza del Donbass (nonostante Hunt Biden, il figlio avvocato dell’ex vicepresidente Usa John Biden ora candidato alla Casa Bianca, dopo il Golpe di Euromadian fosse subito entrato nel Board di Burisma, la principale società energetica ucraina).
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TENTATA RAPINA AL PETROLIO DEL VENEZUELA
Pertanto deve la rapina deve essere portata a termine in Venezuela che essendo troppo vicino al confine degli Stati Uniti rappresenta una minaccia nel momento in cui il Socialismo Bolivariano, grazie all’oro nero degli smisurati giacimenti della valle dell’Orinoco ed al Petrocoin, la prima valuta di stato digitale ancorata ad una risorsa naturale, dovesse riuscire nell’impresa di dare benessere ed autonomia al paese come stava avvenendo secondo l’Indice di Sviluppo Umano dell’Onu che fino al 2017 ha attestato il Venezuela come una nazione in grande crescita ed espansione, nella classifica davanti a paesi ritenuti di stabilità e tranquillità economica come Cina e Tunisia, oltrchè ad altri come Brasile e Colombia. Le sanzioni Usa ma soprattutto le conseguenti svalutazioni di rating delle agenzie finanziarie internazionali (controllate sempre dalle banche private socie della Fed americana) hanno creato un’inflazione folle e la conseguente crisi cui Russia e Cina (ma anche Iran e Turchia) hanno risposto con enormi concessioni di credito visto che la Banca d’Inghilterra ha negato, in modo arbitrario e criminale, la restituzione di 15 tonnellate d’oro al Banco Central de Venezuela che le aveva richieste per conto del Governo di Caracas. Rammentato tutto ciò ecco perché Maduro, per ora fin troppo tollerante dei golpisti americani come Juan Guaidò educato in un’università di Washington, ma soprattutto Putin, capace di resistere alla tentazione di un duello militare con gli Usa a meno che non diventi inevitabile come in Siria, meritano un encomio per la pace.
I MORTI CAUSATI DAI GILET GIALLI IN FRANCIA
Il morto degli ultimi scontri di qualche giorno fa tra manifestanti golpisti-rivoluzionari e polizia a Caracas non è certo meno importante della decina di automobilisti innocenti rimasti uccisi nei blocchi stradali dei mesi scorsi in Francia organizzati da Gilet Gialli che hanno perso il consenso popolare dal primo dicembre 2018. Da quando ciòè Jacline Moraud, la signora canuta che inneggiò sui social le reazioni contro il presidente Emmanuel Macron, massima espressione del mondialismo massonico, prese le distanze dal movimento dichiarando apertamente che nella protesta si erano infilati Agit Prop di dubbia provenenienza ovvero “giovani che volevano solo fare casino” tra i quali si sono insinuati facilmente i famigerati BlackBlocs. Un fenomeno inquietante che presenta molte analogie con il golpismo venezuelano anche se con obiettivi opposti.
UNA PROTESTA SENZA MOTIVO A PARIGI
Se in Venezuela le manifestazioni pro Maduro stanno dimostrando che qualsiasi evoluzione violenta porterà inevitabilmente ad una guerra civile, in Francia le sommosse di piazza stanno legittimando un presidente riconosciuto dall’alta finanza, dalle istituzioni internazionali ad adottare provvedimenti sempre più repressivi nei confronti di ogni adunata popolare. In pratica proprio a causa dei Gilet Gialli, che non sanno nemmeno più per quale motivo protestano, avendo Macron accolto molte delle richieste iniziali come il blocco del rincaro del carburante, c’è il rischio di una restaurazione di quel Regime del Terrore partorito dalla Rivoluzione Francese attraverso il quale ogni diritto democratico può essere soppresso per ragioni di sicurezza. Una tremenda Spada di Damocle che pende persino sulle prossime Elezioni per il rinnovo del Parlamento dell’Unione Europea: perché qualora in uno stato si ritenesse che le votazioni non possono svolgersi in modo sereno potrebbe diventare alibi per un rinvio delle consultazioni in cui gli schieramenti Populisti e Sovranisti come quello di Marine Le Pen paiono strafavoriti.
L’APPOGGIO DEI NETWORK RUSSI AI GILET GIALLI
Perché quindi i Gilet Gialli continuano a scendere in piazza contro Macron quando tra tre settimane un’ondata nuova in Europa potrebbe metterlo all’angolo e costringerlo alle dimissioni senza tafferugli o scontri violenti? E’ questa la domanda inquietante che bisogna porsi e che mette in luce l’unica pecca della strategia politica internazionale di Mosca, l’unico vizio di Putin a farsi tentare dal sostenere la vendetta contro quella Francia che fu alleata di Israele nei bombardamenti del 18 settembre in Siria che costarono la perdita dell’Il-20 con 15 militari dell’esercito di Mosca. Troppo evidente è oggi il supporto dei principali network russi come Russia Today e Sputnik ai Gilet Gialli. Una campagna di sostegno dei moti di piazza francesi che non può essere tale senza l’approvazione del Cremlino ma rischia di diventare un boomerang legittimando di fatto la medesima logica dei manifestanti venezuelani golpisti anti-Maduro.
DALLA LIBIA ALL’UCRAINA: I GOLPE CAUSA DI GUERRE
CENTINAIA DI MORTI IN LIBIA SULLA COSCIENZA SPORCA DI NAPOLITANO
Nessuna rivoluzione violenta di piazza ha mai prodotto buoni governi. Tutte hanno causato successivi scontri armati o guerre civili ben più tremendi. Vietnam, Libia, Siria ed Ucraina avrebbero dovuto insegnare qualcosa al mondo. E’ comprensibile che gli Usa che vivono di politica bellica se ne freghino, un po’ meno che non lo capisca la Russia che nonostante embarghi e sanzioni nel 2020 sarà completamente autonoma per ogni sua materia prima e risorsa: e perciò potrebbe anche blindare i confini e lasciare che gli americani si scannino nel resto del globo con la complità degli idioti europei che li sostengono. Tra questi ci sono anche quei partiti italiani che si dichiarano populisti e sovranisti ma nella politica estera sono totalmente allineati alle posizioni del Qurinale e di quel presidente Sergio Mattarella che deve la carriera parlamentare del padre alla Cia (allora OSS) e ad altre cupole…
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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