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USA E FRANCIA VERSO LA GUERRA NEL GOLFO PERSICO

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PORTAEREI AMMIRAGLIE DI WASHINGTON 
NEL MAR MEDITERRANEO E NEL MAR ROSSO
CON LA FLOTTA DELLA CHARLES DE GAULLE.
BOMBARDIERI B-52 E GRUPPO ANFIBIO KEARSARGE
SULLA ROTTA DELL’ORO NERO DELL’IRAN.
TRIPOLI BLOCCA LA TOTAL E ALTRE COMPAGNIE

___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

La notizia più clamorosa è il transito del gruppo navale d’attacco della portaerei Abraham Lincoln nel Canale di Suez avvenuta giovedì 9 maggio per passare dal Mar Mediterraneo al Mar Rosso ed essere così più vicina alla base dell’Us Navy di Manama, nel Bahrein, dove la Quinta Flotta sorveglia lo Stretto di Hormuz, un punto crociale del Golfo Persico in quanto transita gran parte dell’oro nero consumato nel mondo tra cui quello prodotto dall’Iran. Secondo i dati dell’Energy Information Administration (Eia) americano, nel 2016, da lì è transitato circa un terzo del petrolio trasportato via mare a livello mondiale, pari a 18,5 miliardi di barili.

Ma le operazioni navali negli ultimi tre mesi si sono intensificate portando intorno al Medioriente, nelle acque del Mediterraneo come in quelle del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano, un enorme movimento di vascelli tra cui ben due portaerei americane, la Lincoln e la USS John C. Stennis (CVN 74), e la nave ammiraglia della flotta francese: la mitica Charles De Gaulle con relativo gruppo d’attacco per l’Operazione Chanmal in una non meglio precisata missione contro gli ultimi gruppi dell’Isis in Siria ed Iraq.

Una motivazione abbastanza inverosimile dato che la conquista di Baghuz ad opera delle truppe di terra delle milizie curde dell’YPG ha favorito la resa degli ultimi jihadisti fedeli al califfo Al Baghdadi e la liberazione di alcuni comandanti gestita dagli stessi Usa in cambio di tonnellate d’oro rubato a Mosul dai combattenti dello Stato Islamico. Mentre tutto questo movimento in Medio Oriente sembra più funzionale ad un’intimidazione verso l’Iran: in considerazione alle forti tensioni tra Washington e Teheran da quando l’amministrazione Trump si è ritirata un anno fa da un accordo nucleare internazionale del 2015 con la Repubblica Islamica sottoposta a sanzioni econmiche. Ma pare anche un piano d’intervento in Libia, falcidiata con centinaia di morti e decine di migliaia di profughi dall’attacco a Tripoli dell’esercito del generale Haftar, appoggiato tacitamente da Francia e Usa, che ha indotto proprio ieri il Governo del presidente Al Sarraj a fare una sorta di rappresaglia contro varie aziende commerciali straniere tra cui la multinazionale petrolifera francese Total. Tensioni che potranno determinare un rincaro folle del costo del petrolio su scala mondiale…

 

PORTAEREI LINCOLN E BOMBARDIERI B-52 IN MEDIORIENTE

The U.S. Navy’s Abraham Lincoln carrier strike group includes guided-missile cruiser USS Leyte Gulf, and missile destroyers USS Bainbridge, USS Gonzalez, USS Mason and USS Nitze. Photo by MCS3 Stephen Doyle/U.S. Navy/UPI

Il vice ammiraglio Jim Malloy, comandante della Quinta Flotta degli Stati Uniti, ha confermato alla Reuters l’arrivo del gruppo Lincoln nel Mar Rosso sotto il suo comando senza precisare se sarà destinato a raggiungere il Bahrein. «Se devo portarlo all’interno dello stretto, lo farò – ha detto Malloy in un’intervista telefonica – Non sono limitato in alcun modo nel gestirla ovunque in Medio Oriente».

Il Pentagono ha detto che ha accelerato il dispiegamento della portaerei e inviato bombardieri in Medio Oriente, con ogni probabilità nella base di Al Udeid in Qatar ma non è stato specificato nemmeno sul sito del Comando Centrale (CentCom), dopo che l’intelligence americana ha segnalato possibili preparativi da parte di Teheran di attacchi contro forze o interessi degli Stati Uniti. L’Iran ha definito fasulle queste informazioni auspicando invece un intervento dell’Unione Europea nel trattato JCPOA sul nucleare che gli Usa hanno abbandonato non ritenendolo sufficiente a tutelare la scurezza internazionale dalla minaccia iraniana ma ritirandosi anche dall’accordo sugli euromissili INF con la Russia inducendo Mosca a fare lo stesso e spianando la strada a una nuova era di guerra fredda con fronti di battaglia aperti e irrisolti non solo nel martoriato Yemen ma anche nella stessa Siria, dove la presenza delle milizie musulmane sciite degli Hezbollah libanesi e delle Forze Quds iraniane è presa a pretesto per i continui attacchi aerei dell’aviazione di Tel Aviv IDF (Israel Defence Force) e resta un nodo irrisolto il campo profughi di Al Rukban, gestito dai ribelli contro il governo di Bashar Al Assad ma di fatto protetto dalla base militare Usa di Al Tanf.

In questo contesto di questioni controverse ma soprattutto ipocrisia (basti ricordare i finti attacchi chimici progettati e filmati dai White Helmets britannici e smascherati anche dalla stessa BBC) anche le dichiarazioni ufficiali vanno prese con cautela come la mezza intervista del vice ammiraglio Malloy che conferma alla Reuters «l’attività effettiva che abbiamo osservato. E questo è stato certamente abbastanza per me … per dire che abbiamo visto questa come una minaccia» ha detto riferendosi all’allarme dell’intelligence Usa per l’Iran che sarebbe intento, secondo fonti del Pentagono ufficiose, anonime e non verificabili, alla collocazione di alcuni missili su piccole navi.

L’arrivo dei bombardieri U.S. B-52H Stratofortress l’8 maggio scorso nella base di Al Udeid in Qatar (U.S. Air Force photo by Staff Sgt. Ashley Gardner)

Nel mese scorso, gli Stati Uniti hanno designato la Guardia rivoluzionaria iraniana (IRGC) come organizzazione terroristica e aumentato la pressione sulle sanzioni, con l’obiettivo esplicito di tagliare a zero le esportazioni di petrolio dell’Iran. Come riporta ancora la Reuters: «Alcuni dei critici di Trump temono che la Casa Bianca stia provocando intenzionalmente l’Iran» in conformità alle intenzioni bellicose del consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Bolton, nemico dell’Iran quanto del Venezuela suo alleato.

Ed il senatore democratico Tim Kaine, ha dichiarato di «temere che l’amministrazione Trump ci stia conducendo verso una guerra non necessaria». Esattamente come sta avvenendo a Caracas dove la Casa Bianca sostiene il leader dell’opposizione Juan Guaidò, autoproclamatosi presidente ad interim e discepolo di Leopoldo Lopez. Entrambi furono a lungo studenti universitari negli Stati Uniti, si sospetta a spese dell’amministrazione Obama, ma Lopez fu condannato per incitazione alla violenza dopo i morti del 2014 negli scontri delle Guarimbas, le barricate contro il presidente Nicolas Maduro, fu messo in carcere ma ottenne gli arresti domiciliari da cui è fuggito a fine aprile per sollecitare, senza successo, la ribellione dei generali venezuelani, prima di rifugiarsi nell’Ambasciata della Spagna a Caracas, come altri parlamentari sostenitori del golpe, cui è stata revocata l’immunità, hanno trovato asilo in quella dell’Italia.

 

L’EMBARGO SUL PETROLIO E IL NODO DELLO STRETTO DI HORMUZ

Lo Stretto di Hormuz poco distante dalla base della V Flotta Us Navy di Manama in Bahrein

Il comandante in capo della Marina della Guardia del Corpo delle Guardie Islamiche (IRGC) ha dichiarato che lo Stretto di Hormuz è un passaggio marittimo internazionale, avvertendo che l’Iran potrebbe chiudere questo nodo cruciale di traffico navale se non potrà utilizzarlo per le sue esportazioni. Alireza Tangsiri, comandante della Marina Militare dell’IRGC, lo ha preannunciato in un’intervista al canale di notizie in lingua araba iraniano Al-Alam, pubblicata il 19 di aprile scorso, lo stesso giorno in cui la Casa Bianca ha annunciato che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non avrebbe prorogato le esenzioni per la deroga all’embargo ai paesi importatori di petrolio dall’Iran in vigore fino allo scorso 2 maggio nei confronti di otto paesi clienti commerciali di Teheran. Tra questi l’Italia, così come la Grecia e Taiwan, ha già bloccato le proprie importazioni di petrolio, mentre continuano a rifornirsi Cina, India, Turchia, Giappone e Sud Corea, che hanno lavorato a livello diplomatico per ottenere un’estensione che non è ancora giunta e li espone pertanto al rischio di sanzioni economiche.

Questa comunicazione fa seguito alle ripetute minacce del premier di Israele, Benjamin Netanyahu, di bloccare il transito alle petroliere dell’Iran nelle acque del Mediterraneo. La risposta del comandante militare iraniano è perentoria: «Secondo la legge internazionale, lo Stretto di Hormuz è un corso d’acqua regolato dalle leggi internazionali e lo chiuderemo agli altri paesi nel caso in cui ne venisse vietato l’uso per l’Iran».

Dall’altra parte Malloy, comandante della Quinta Flotta Us Navy che ha proprio il compito di sorvegliare l’Iran dal Bahrein, smentisce alla Reuters un progetto di attacco: «Non sono in un piano di guerra e non ho avuto il compito di farlo. Tuttavia siamo assolutamente pronti a rispondere a qualsiasi aggressione contro gli Stati Uniti, i partner della regione o i nostri interessi». Il rischio più concreto è che gli Usa comincino a fare provocazioni di sabotaggio come in Venezuela contro l’Iran o le petroliere per poi scatenare bombardamenti in caso di reazioni militari. Ma non è soltanto il Golfo Persico a trovarsi al centro di manovre militari.

 

PORTAEREI NEL MAR ROSSO E NEL MAR MEDITERRANEO

L’ammiraglia della flotta navale della Marina Francese, la portaerei Charles de Gaulle

Sul sito del Comando Centrale Usa CentCom sono evidenziate molteplici operazioni navali avvenute tra il Mar Rosso ed il Golfo Persico nei mesi di marzo e aprile fino a quelli di maggio con l’arrivo in Medio Oriente del velivolo Stratofortress US B-52H assegnato al 20 ° Expeditionary Bomb Squadron e parcheggiato su una linea di volo l’8 maggio 2019, con tutta probabilità nella base aerea del Qatar, la più importante del Medio Oriente per l’Us Air Force. «Il B-52H può eseguire attacchi strategici, supporto a distanza ravvicinata, interdizione aerea, operazioni off-shore e marittime offensive per supportare stabilità nella regione. La Task Force del Bombardiere è schierata nell’area di responsabilità del Comando Centrale degli Stati Uniti per difendere l’America» si legge in una nota del sito sul quale si annunciava il 29 marzo lo schieramento della nave d’assalto anfibia di classe Wasp USS Kearsarge (LHD 3) in appoggio alla V Flotta Us Navy con base in Bahrein.

Un hovercraft del gruppo della nave USS Kearsarge (LHD 3) stanziata nella base della V Flotta Us Navy in Bahrein (U.S. Navy photo by Mass Communication Specialist 3rd Class Kaitlyn E. Eads/Released

Sempre sul CentCom ha largo spazio l’operazione Artemis Trident 19 in cui il 10 aprile scorco sono state impegnati vascelli di molteplici nazioni appartenenti alla Marine Nationale francese, dalla Royal Navy del Regno Unito e dalla US Navy. Ma ancora prima, il 13 marzo, ha avuto molto risalto la mobilitazione del gruppo di attacco CTF473, guidato dalla porta aerei Charles de Gaulle, arrivato nelle acque internazionali dinnanzi alla Siria per sostenere l’operazione congiunta Joint Task Force Inherent Resolve. «L’arrivo del CSG rafforza le capacità militari francesi coinvolte nell’operazione CHAMMAL e rafforza la Coalizione contro ISIS – scrive CentCom ricordando che la Charles de Gaulle fu impegnata nell’area nel 2015 – Questo rafforzamento delle capacità illustra la determinazione della Francia e della coalizione per completare la sconfitta militare dell’ISIS». Ma quale sia il contributo di fronte ai miliziani del Daesh già arresi, in fuga o trasportati dagli stessi Usa è difficile capirlo. Resta il fatto che il 17 settembre 2018 i missili contro la Siria, che causarono come danno collaterale l’abbattimento di un velivolo di ricognizione della Russia IL – 20 con la strage dell’equipaggio di 15 uomini, partirono non solo dagli F-16 dell’aviazione di Israele ma anche dalla fregata francese Auvergne.

La portaerei della Us Navy USS John C.Stennis mentre entra nel porto di Marsiglia

Ecco perché rimane minacciosa la presenza del gruppo d’attacco navale della Charles de Gaulle che nel frattempo si sarebbe trasferita nel Mar Rosso. A riferirlo è un articolo di Sputnik France che riferisce dell’arrivo della portaerei USS John C.Stennis, approdata al porto di Marsiglia insieme ad un incrociatore sabato 27 aprile ed entrata nel gruppo della Sesta Flottta Us Navy con base a Napoli comandato dal vice ammiraglio Lisa Franchetti, un’americana di discendenza italiana. «La nave statunitense aveva incontrato il 15 aprile nel Mar Rosso la portaerei francese Charles de Gaulle per eseguire 36 ore di operazioni congiunte» scrive Sputnik France riferendo che le due portaerei hanno verificato verificare «la loro capacità di agire insieme in modo coordinato e integrato» come evidenziato dalle forze armate francesi. Il gruppo di combattimento USS John C. Stennis era rimasto nel Mediterraneo per qualche settimana a fianco di quello ancor più potente della USS Abraham Lincoln. Questa è la prima volta in quasi tre anni in cui le forze armate statunitensi hanno schierato simultaneamente due portaerei in questo mare: una circostanza temporanea spiegabile con la necessità di spostare la Lincoln nel Mar Rosso. Il vice ammiraglio Lisa Franchetti, ha sottolineato che tali operazioni avevano lo scopo di dimostrare il «fermo impegno di Washington nella stabilità e la sicurezza nella regione». Soprattutto da quando in Libia c’è stata l’escalation del conflitto culminata ieri, giovedì 9 maggio, con il blocco delle attività di alcune compagnie straniere.

 

VENDETTA CONTRO LA FRANCIA: BLOCCATA LA TOTAL IN LIBIA

Impianti di raffinazione di petrolio e gas in Libia vicino a Tripoli

«Il Governo di Accordo Nazionale (GNA) della Libia e di Tripoli ha sospeso le operazioni di 40 compagnie straniere, compresa la multinazionale petrolifera francese Total. La decisione è stata presa dal ministro dell’economia e dell’industria della GNA, Ali Issawi. Secondo la dichiarazione del ministero, le licenze delle compagnie straniere per operare in Libia sono scadute. La mossa di GNA interesserà anche le compagnie francesi di telecomunicazioni aerospaziali e Alcatel. – scrive Sputnik International – Secondo quanto riferito, la mossa è stata provocata dalla rabbia di GNA per la riluttanza del presidente francese Emmanuel Macron ad offrire al primo ministro libico, Fayez al-Sarraj, un sostegno più esplicito alla crisi politica in corso in Libia».

Dopo il golpe occidentale ordito da Francia e Usa con il sostegno Nato e l’uccisione del leader libico Muammar Gheddafi nel 2011, il paese si è spaccato tra due governi, con la parte orientale controllata dal parlamento basato su Tobruk appoggiato dall’LNA del generale Khalifa Haftar, e la parte occidentale governata dalla GNA sostenuta dall’ONU. Proprio l’Onu ha reiterato appelli al cessate al fuoco da quando, il 4 aprile scorso, il feldmaresciallo Haftar ha iniziato l’offensiva su Tripoli causando finora centinaia di morti e decine di migliaia di profughi. Il governo di Al Sarraj ha sostenuto che ci fosse un piano della Francia di tacito consenso e sostegno all’iniziativa militare dI Haftar e per questo il ministero degli Interni GNA aveva già annunciato che avrebbe «interrotto ogni cooperazione con la Francia per gli accordi bilaterali nel campo della sicurezza».

CENTINAIA DI MORTI IN LIBIA SULLA COSCIENZA SPORCA DI NAPOLITANO

Così è stato ma questo potrebbe non fare altro che peggiorare le cose e legittimare un intervento diretto dei francesi in appoggio al generale Haftar seminando ulteriore spargimenti di sangue e conflitti in Medio Oriente in mezzo ai quali Israele potrebbe rinforzare le azioni contro Damasco e far riprecipitare nel caos anche il paese siriano ormai apparentemente tranquillo grazie all’alleanza con la Russia. Un piano di azioni di destabilizzazione che pare funzionale all’alleanza tra sionisti di Tel Aviv, sunniti dell’Arabia Saudita e guerrafondai anglo-francesi-americani per continuare a garantire le gigantesche speculazioni delle holdings delle armi partecipate da tutti i fondi di investimento e le potenti banche internazionali. Il solito bagno di sangue progettato dai mondialisti del NWO per tenere a galla il dollaro ed il signoraggio bancario ad esso collegato tramite Federal Reserve e Fondo Monetario Internazionale. Ovviamente tutte queste tensioni ed eventuali conflitti potrebbero far schizzare alle stelle il costo del petrolio in modo da rendere più concorrenziale lo shale oil, l’oro nero di scisto, di cui gli Usa sono ricchi ma che ha costi di estrazione molto alti ed è lucroso quando il prezzo al barile del greggio, oggi poco superiore ai 62 dollari, viaggia verso gli 80/90 dollari. Così per rimediare al danno temporaneo delle forniture interrotte dalla crisi in Venezuela gli alleati Usa e Francia potrebbero causare un altro mezzzo milione di morti come in Siria.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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LOBBY ARMI – 1: BLACKROCK E GLI ALTRI AFFARISTI DELLE GUERRE USA

FONTI

GOSPA NEWS – MEDIO ORIENTE E TERRE DI GUERRE

GOSPA NEWS – JIHAD E TERRORISMO 

REUTERS – USS LINCOLN ON RED SEA

SPUTNIK FRANCE – CHARLES DE GAULLE

SPUTNIK NEWS – LIBIA

 

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