BUSINESS DELLA MORTE SULL’EVEREST: VETTA SOLO PER RICCHI

BUSINESS DELLA MORTE SULL’EVEREST: VETTA SOLO PER RICCHI

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PER LE ECCEZIONALI CODE SULLA CRESTA
GIA’ 10 VITTIME DA MALORI D’ALTA QUOTA
O ESAURIMENTO DELLE BOMBOLE D’OSSIGENO:
POLEMICHE SUI 381 PERMESSI DEL NEPAL
CHE HA INCASSATO 4 MILIONI DI DOLLARI
COI DIRITTI DI SCALATA DA 11MILA $ A TESTA

___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

Quattro milioni di dollari: per l’esattezza 4.191.000 $. Questa è l’astronomica cifra incassata dal Nepal finora nella stagione primaverile grazie alle scalate sul monte Everest, la vetta più alta del mondo con i suoi 8.848 metri. Tale guadagno da solo spiega perché il governo non limita i numerosi permessi alla salita che avrebbero causato un sovraffolamento di alpinisti sulla cima nei giorni scorsi diventanto la concausa di ben 10 morti in soli 12 giorni. Sale così a 307 il numero delle vittime del Sagaramāthā, il nome nepalese della montagna che in Sanscrito significa “dio del cielo”, la maggior parte delle quali causate dalle valanghe o dalle bufere di neve, ma ora anche dai lunghi tempi di permanenza sopra gli 8mila metri per malori d’alta quota o esauimento delle bombole ad ossigeno.

Il corpo di una delle ultime vittime sul monte Everest

La BBC ha riferito che altri due scalatori, un britannico e un irlandese, sono morti giovedì 24 maggio dopo aver avvertito un malore a causa dell’altitudine. Lo riporta la Bbc. «Si tratta dell’ottava e della nona vittima in una settimana e la decima della stagione cominciata il 14 maggio, mentre aumentano le polemiche sul sovraffollamento del ‘tetto del mondo’ e l’elevato numero di permessi rilasciati dalle autorità del Nepal: 381 per la sola stagione primaverile, al costo di 11.000 dollari ciascuno» precisa l’agenzia Ansa pubblicando la foto postata sul profilo Instagram di Nirmal Purja.

Centinaia di persone sulla cresta in attesa del proprio turno per raggiungere la cima – foto di Nirmal Purja

Nell’immagine si vedono sulla cresta mozzafiato centinaia di scalatori in fila indiana, uno dietro l’altro, in attesa di raggiungere l’agognata vetta. Secondo i media sarebbero 320 persone: una cifra impossibile da verificare quanto abbastanza improbabile perché significherebbe che quasi tutti i richiedenti del costosissimo permesso sono arrivati in cima nello stesso giorno e nelle stesse ore. Ma anche se fossero soltanto 200 l’emergenza permane ed ha scatenato dure polemiche sul rischio che gli alpinisti corrono proprio a causa del ‘traffico’ ad alta quota.

«Il capo dell’ufficio del turismo nepalese Danduraj Ghimire ha definito “senza senso” le voci secondo le quali tra le cause di morte degli scalatori potrebbe esserci il sovraffollamento della cima e i tempi lunghissimi, fino a due ore di coda, per raggiungere la vetta – riporta l’Ansa – Tuttavia secondo gli esperti l’ipotesi non è del tutto infondata tanto più che il mal di montagna è già la prima causa di morte. Ad un’altezza di 8.848, infatti, ogni respiro contiene un terzo dell’ossigeno rispetto a quello che si trova al livello del mare. Il corpo umano, inoltre, si deteriora più rapidamente e può sopravvivere a quelle altitudini solo pochi minuti».

L’ultima vittima Robin Haynes Fisher

Nella foto si vedono centinaia di persone nel punto noto, secondo l’autore dello scatto, come “la zona della morte”. L’ultima ultima vittima, venerdì 25 maggio, è stata l’inglese Robin Fisher di Birningham. «Aveva paura del sovraffollamento, per cui aveva cambiato i suoi programmi e spostato la data della scalata: “Sono sicuro che andare il 25 significherà trovare meno persone, a meno che non facciano tutti lo stesso calcolo”, aveva scritto sui social Robin Haynes Fisher, 44 anni, prima di affrontare la scalata dell’Everest – scrive il Corriere della Sera E invece la sua consapevolezza che i ritardi causati dal sovraffollamento potevano essere fatali non lo ha salvato. Anche lui è morto per mancanza di ossigeno: la scorta delle bombole non gli è bastata, come è successo già ad altre nove persone che, in fila per aspettare il proprio turno di raggiungere la vetta, sono finite in deficit e sono rimaste senza vita. Le guide locali ritengono che a causare le vittime siano proprio le attese in coda, che risucchiano le limitate scorte di ossigeno degli alpinisti e li espongono più a lungo ai venti forti». Fisher è morto circa 150 metri sotto la cima, intrappolato nella lunga coda per la dicesa.

La scalata sull’Everest per molti alpinisti rimane soltanto un miraggio soprattutto per la spesa: gli 11.000 dollari sono infatti solo per i diritti turistici ma il costo per la scalata varia da $ 35.000 a $ 60.000, e talvolta arriva fino a $ 100.000 a persona, perché oltre al permesso di arrampicata include una guida e i portatori, il cibo e altre cose insipensabili. A ciò va anche aggiunto l’eventuale altissimo costo per un’assicurazione sulla vita che può coprire le spese di soccorso e di recupero della salma in caso di morte. Altrimenti, in caso di decesso, c’è pure da pagare questo!

Le vie nord e sud verso la vetta dell’Everest

In alternativa ci si può accontentare di fare trekking più semplice fino a 6500 metri o scegliere le tappe a una quota più bassa che parte da 4mila metri…

 

IL PERCORSO ECOLOGICO DI PIKEY TREK A 4065 METRI

L’emozionante vista dal Pikey Trek

Pikey Trek (4065 m), situato nella regione del Nepal dell’Everest, è uno dei percorsi di trekking ecologico non turistico in Nepal. Pikey Trek offre viste mozzafiato sull’alba e sul tramonto durante il bel tempo. Il sentiero attraversa alcuni degli insediamenti unici più belli della regione dell’Everest. Il sentiero inizia a Bandar e attraversa il villaggio di Goli, la cima di Taklung Pikey, Lamajura, Junubeshi e termina a Bandar. Pikey prende il nome dalla divinità dell’etnia sherpa. Un buon momento per fare un viaggio a Pikey durante il mese di luglio; la gente del posto organizza celebrazioni per adorare il dio clan, l’orientale Chyabo Pikey, come Pikey Hlapchen Karbu. Ci sono altre interessanti possibilità di intraprendere attività turistiche a Pikey come il parapendio, la mountain bike, il birdwatching, il pellegrinaggio e la meditazione. Il Pikey Danda è molto popolare per le sue vedute dell’alba e del tramonto e si può godere della magnifica vista delle vette oltre la valle di Kathmandu fino alle pianure insieme alla catena montuosa dell’Himalaya. Everest, Makalu e Rolwanling.

 

LO STORICO CAMPO BASE A 5200 METRI

Il campo base dell’Everest fu usato per la prima volta nella spedizione britannica dell’Everest del 1924. Il sito ha un paio di strutture permanenti e una piccola base militare. Si chiama Mt. Qomolangma Base Camp e si trova a 5200 metri sul livello del mare. Non è raggiungibile in auto: tutti i veicoli devono fermarsi al campo tendato pochi chilometri dopo il monastero di Rongpuk. Da qui i passeggeri devono camminare o prendere un autobus per finire gli ultimi 4 km. La salita è dolce e il dislivello è inferiore a 200 m. Lungo la strada si passano ghiaioni, creste frastagliate e vaste valli glaciali che scorrono con acqua fangosa. A circa 1 km in salita dal tendone, sulla sinistra, si trova una grotta di meditazione Guru Rinpoche. Il monaco residente ti permetterà di entrare nella grotta e nella piccola cappella.

 

IL TREKKING PIU’ ALTO DEL MONDO A 6500 METRI

La spedizione attraversa gli altopiani tibetani diventa più emozionante nel campo base avanzato del Monte Everest (lato nord) attraverso un percorso di trekking in Tibet che si trova a 6500 metri sopra il livello del mare ed è pertanto il più alto del mondo. E’ facilmente raggiungibile anche per un non scalatore, con attrezzi di arrampicata semplice e minime abilità alpinistiche. Il trekking di 22 km inizia dal campo base dell’Everest (5200 m) e prosegue dal monastero di Rongbuk con una durata di circa 4-5 giorni. Gli escursionisti si muovono verso l’alto lungo le colline accanto al ghiacciaio Rongphu. I turisti sono in grado di apprezzare la particolare forma dei ghiacciai e quindi raggiungere il campo intermedio (5800 m) e proseguire verso l’alto passando il ghiacciaio East Rongphu fino alla destinazione finale.

 

IL RECORD DI UNO SHERPA: 24 VOLTE SULLA VETTA

Kami Rita, lo scalatore Sherpa che ha sabilito il record sull’Everest raggiungendo la cima per 24 volte

Uno sherpa nepalese ha raggiunto la vetta del Monte Everest per l’ennesima volta stabilendo il record di 24 scalate con la sua seconda ascesa nella stessa settimana sta già pensando ad un’altra salita prima di andare in pensione. Si chiama Kami Rita, ha 49 anni ed raggiunto ancora una volta la cima di 8.850 metri (29.035 piedi) sulla tradizionale cresta sud-est, ha dichiarato Mira Acharya, funzionario del dipartimento del turismo.

«Sono ancora forte e voglio scalare Sagarmatha 25 volte» ha detto a Reuters Kami prima di partire per la sua 23a salita, riferendosi al nome nepalese dell’Everest. Altri due alpinisti, entrambi sherpa, hanno scalato l’Everest 21 volte ciascuno ma ormai si sono entrambi ritirati dall’alpinismo. Il percorso fu inaugurato dal neozelandese Sir Edmund Hillary e dallo sherpa Tenzing Norgay nel 1953 e rimane la pista di neve più popolare che porta al punto più alto sulla Terra.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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