ERGASTOLO ALLO SQUARTATORE DI PAMELA: resta l’ombra della mafia nera

ERGASTOLO ALLO SQUARTATORE DI PAMELA: resta l’ombra della mafia nera

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CARCERE A VITA AL PUSHER NIGERIANO
PER LA RAGAZZA STUPRATA E MACELLATA.
MA LA MADRE DELLA VITTIMA INSISTE:
«TROPPI MISTERI SULLA SUA MORTE
DA CHIARIRE LE COLPE DEI COMPLICI»

___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

«Avevamo chiesto l’ergastolo ed ergastolo è stato». E’ il primo commento del procuratore di Macerata Giovanni Giorgio dopo la sentenza pronunciata ieri sera, mercoledì 29 maggio, dalla Corte d’Assise maceratese nei confronti di Innocent Oseghale per la morte di Pamela Mastropietro.

Pamela Mastropietro, la ragazza violentata a Macerata di cui è stato maciullato il corpo per occultare il delitto

Dopo cinque ore di Camera di Consiglio i togati ed i sei giudici popolari, quattro donne e due uomini, hanno emesso il verdetto. Ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi per Innocent Oseghale, 30enne pusher nigeriano condannato per omicidio, occultamento di cadavere – mentre la violenza sessuale è stata assorbita dalle aggravanti – per la morte della diciottenne romana, il cui cadavere fatto a pezzi fu trovato in due trolley sul ciglio della strada a Pollenza il 31 gennaio 2018.

Innocent Oseghale accusato di stupro, omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere

Prima di leggere la sentenza il presidente della Corte d’assise Roberto Evangelisti aveva raccomandato silenzio. Ma quando ha pronunciato la parola “ergastolo” ci sono state grida di giubilo e applausi, che si sono subito smorzati ad un’occhiata del giudice. Per la giuria Oseghale è colpevole di tutti i reati che gli erano stati contestati: l’omicidio volontario aggravato dalla violenza sessuale, il vilipendio, la distruzione del cadavere e l’occultamento dei resti di Pamela nelle due valigie abbandonate sul ciglio della strada a Pollenza.

La diciottenne Pamela Mastropietro

“Non ci aspettiamo nulla meno dell’ergastolo, e spero proprio che finalmente arrivi”, aveva detto il papà, Stefano Mastropietro, al termine delle repliche di accusa e difesa, aspettando la sentenza. Soddisfatto il procuratore Giovanni Giorgio per aver ottenuto la condanna all’ergastolo per tutti i reati, ha ringraziato i collaboratori della Procura, i magistrati, gli avvocati, anche quelli della difesa. “E’ stato un lavoro duro – ha aggiunto – c’è stata tanta pressione mediatica, ma noi abbiamo cercato sempre di tenere i piedi per terra”.La vicenda Oseghale comunque non è finita, “questa è solo una prima tappa, probabilmente ci sarà un ricorso in appello e forse la Cassazione…”.

 

LA MADRE DELLA VITTIMA: “SI CERCHINO I COMPLICI”

Innocent Oseghale, accusato delle violenze su Pamela, trasferito in carcere da due agenti della Polizia Penitenziaria

Anche i genitori che hano accolto piangendo la sentenza sono parsi soddisfatti per la compiuta giustizia. Sebbene Alessandra Verni, la mamma  di Pamela, sia certa che ci siano altri responsabili come dichiarato al quotidiano Repubblica: “Fuori uno, adesso tocca a tutti gli altri. Non credo che Oseghale abbia fatto tutto da solo, siamo convinti che ci siano altre colpevolezze da accertare. Quei segni di contenimento sul braccio di Pamela – aggiunge Alessandra – sono il segno che le hanno iniettato a forza la dose di eroina. Pamela odiava gli aghi, l’eroina la fumava ma sono sicura che non si bucava. Sono state dette e scritte tante cose non vere, su di lei”.

ALLARME STUPRI NERI

 

«COME MAGIA NERA: COSTOLE SCUOIATE, ORGANI ABRASI»

L’assassino di Pamela, Innocent Oseghale

«Sembra magia nera – scrisse lo scorso marzo Carlo Cambi su La Verità nel riportare una delle udienze più raccapriccianti del processo – Il corpo di Pamela Mastropietro è stato fatto in 24 pezzi». Il quotidiano raccontò allora della testa staccata dal collo, gli occhi sbarrati e la lingua serrata tra i denti. Ma non solo: le cosce sono state disossate, i femori “scarnificati” e disgiunti da bacino e rotule. Così come le costole, staccate da sterno e in parte scuoiate, mentre gli organi interni sono stati separati. Mani e piedi sono stai amputati e le braccia disarticolate, la colonna vertebrale spezzata in due. Seni, vagina e vulva recisi e abrasi. Secondo il giornalista Cambi – che ha visionato quelle foto – «manca circa il 20% della pelle, non c’ è traccia di cinque litri di sangue e non si è mai trovato il collo». La pelle (quella rimasta) è «bianchissima e puzza della varechina con cui il nigeriano ha lavato accuratamente il corpo».

 

DIALOGHI SUL CANNIBALISMO IN CARCERE

Non basta dunque nemmeno la condanna a fare luce su una vicenda tremenda per i particolari macabri emersi. Tra questi ci furono i colloqui intercettati in carcere tra i presunti complici che avevano evocato anche rituali cannibali chiedendosi perché l’omicida dopo aver squartato la giovane non si fosse mangiato i resti del corpo per far sparire ogni traccia. Nonostante ciò quegli altri indagati uscirono dal processo scagionati da ogni accusa ed Oseghale è stato ritenuto l’unico responsabile dei reati.

Una spiegazione che alla famiglia non basta per giustificare la dinamica di questa storia agghiacciante e cruenta: dalla violenza sessuale subita sotto l’effetto di droga, allo squartamento del corpo della giovane fino al tentativo di occultamento del cadavere sezionato.  Troppi atti delittuosi avvenuti in poche ore per essere attribuibili ad un uomo e due mani soltanto. Lo zio della ragazza, e avvocato di famiglia, Marco Valerio Verni, sostiene che ci siano anche altre complicità da cercare, ma su questo nulla è emerso nel processo.

BLACK AXE: MAFIA NERA

Nessuno potrà mai dimenticare tanta torva malvagità e le immagini orribili dei pezzi del corpo proiettate in aula per provare la colpevolezza di Oseghale. L’unica colpevolezza dimostrabile con certezza in mezzo ad un oceano di sospetti sui suoi connazionali spacciatori e persino sulla sempre più potente mafia nigeriana che controlla il mercato della droga in tutta Italia. La giustizia ha fatto il suo corso ma tutta la verità di questo orrendo e disumano crimine deve ancora venire a galla…

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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