WALZER DI MENZOGNE SULL’ORDIGNO ESPLOSIVO
CON CUI GLI USA INCOLPANO LA MARINA IRANIANA:
LA FOTO TAROCCATA CON PHOTOSHOP DALL’US NAVY
SMENTISCE IL VIDEO DEL COMANDO AMERICANO
I GIAPPONESI: “RAPPORTO FALSO: SOLO OGGETTI VOLANTI”
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Un walzer di menzogne costruite ad arte con tanto di photoshop e video farlocchi. E’ questa l’unica certezza che a distanza di 24ore emerge sul presunto attacco alla petroliera giapponese Kokuka Courageous nelle acque vicine alla costa dell’Oman, poco prima dello Stretto di Hormuz.
Mentre è inequivocabile il filmato diffuso dall’agenzia nazionale iraniana Irna sull’incendio conseguente all’esplosione dell’altra nave cisterna oggetto di un danneggiamento, la Front Altair con bandiera delle isole Marshall ma di proprietà norvegese, l’aggressione al mercantile di proprietà nipponica si tinge di giallo.
Appare un tentativo palese degli Usa per creare ulteriori tensioni nel Golfo Persico, accusare l’Iran dei sabotaggi ed avere così la scusa per lanciare un attacco missilistico contro postazioni militari dei Pasdaran seguendo la strategia già adottata in Siria dopo l’attacco chimico a Douma.
PETROLIERA IN FIAMME NEL GOLFO PERSICO: FORSE COLPITA DA UN SILURO
LA COMPAGNIA GIAPPONESE SMENTISCE GLI USA
E’ la stessa compagnia a smentire il CentCom, il Comando Centrale dell’esercito Usa nel Golfo Persico che ha diffuso un video che dimostrerebbe il coinvolgimento della Marina iraniana ma a sua volta smentisce una foto diffusa dal cacciatorpediniere USS Bainbridge dell’Us Navy che ha ha imbarcato l’equipaggio di 21 uomini soccorso da un natante olandese.
Nella fotografia della Marina statunitense, infatti, la presunta mina è nera mentre in quella del video, di bassissima qualità in bianco e nero, il presunto ordigno diventa bianco come è ben visibile nello screenshot… Ma ciò è bastato al presidente Donald Trump per dichiarare a Fox News: «Lo ha fatto l’Iran. Ha lasciato scritto tutto quanto» nonostante la smentita dei giapponesi.
«Yutaka Katada, presidente di Kokuka Sangyo, ha detto ai giornalisti venerdì che i marinai a bordo della sfortunata petroliera hanno osservato “oggetti volanti” poco prima dell’incidente in cui la nave ha preso fuoco ed è stata gravemente danneggiata. La nave gigante è stata colpita due volte, prima vicino alla sala macchine e poi a dritta» riferisce Russia Today.
Il proprietario della petroliera, che stava trasportando metanolo da Singapore all’Arabia Saudita, ha definito “falso” il rapporto secondo il quale sarebbe stata colpita da una mina perché entrambi i punti in cui la nave era danneggiata sono sopra alla linea di galleggiamento e ciò rende impossibile l’ipotesi di una mina subacquea. Mostra un’immagine nella quale il danneggiamento sarebbe avvenuto appunto sul lato destro della nave (dritta) mentre quelle diffuse dai comandi militari americani evidenziano il danno su quello di sinistra.
LA MISTERIOSA MINA MAGICA FOTOCROMATIC… DA NERA DIVENTA BIANCA!
Ma la tesi degli Usa non si riferisce ad una classica mina galleggiante bensì ad una magnetica che sarebbe stata applicata allo scafo e indicata da un’immagine che evidenzia un’oggetto scuro triangolare quale “probabile mina” inesplosa.
Un’analisi ingrandita della foto mostra che proprio in corrispondenza delle parti dello squarcio, di cui non esistono altre immagini in rete, e della presunta mina, il profilo rosso della linea di galleggiamento è offuscato da alcune macchie che paiono assai simili a quelle che si creano in una grossolana modifica dello sfondo con photoshop. Inoltre l’oggetto triangolare è molto più nidito del resto della superficie, come se fosse stato appiccicato successivamente all’immagine.
Ma nel video in bianco e nero di bassissima qualità diffuso dal CentCom dell’Us Navy che dimostrerebbe la rimozione della mina magnetica inesplosa da parte dei marinai di una motovedetta della Guardia Rivoluzionaria Iraniana, senza peraltro che vi siano prove dello stato di appartnenza del natante, l’oggetto misterioso cambia addirittura colore e diventa bianco: in modo da essere ben visibile nelle mani di uno dei militari intervenuti.
GLI ORARI DESTANO ULTERIORI INTERROGATIVI
A destare molti dubbi sull’attendibiltà della ricostruzione Usa non sono soltanto queste ambigue immagini ma anche il comunicato stesso del capitano Bill Urban, portavoce del Comando Centrale degli Stati Uniti.
«Le forze navali statunitensi nella regione hanno ricevuto due chiamate di soccorso separate alle 6:12 del mattino ora locale dalla motonave (M / T) Altair e una seconda alle 7 del mattino. ora locale dal M / T Kokuka Courageous – riporta la dichiarazione ufficiale – Entrambe le navi erano in acque internazionali nel Golfo di Oman a circa 10 miglia nautiche a parte al momento delle chiamate di soccorso. USS Bainbridge era a circa 40 miglia nautiche dalla M / T Altair al momento dell’attacco, e immediatamente iniziò a chiudere la distanza».
Alle 8:09 del mattino, un aereo degli Stati Uniti ha osservato una motovedetta della classe IRGC Hendijan e diverse unità di attacco rapido IRGC / imbarcazioni da attacco costiero veloce (FAC / FIAC) nelle vicinanze della M / T Altair. Alle 9:26 del mattino, gli iraniani hanno chiesto che la motonave Hyundai Dubai, che aveva salvato i marinai dalla M / T Altair, per consegnare l’equipaggio alle FIAC iraniane. La motonave Hyundai Dubai ha ottemperato alla richiesta e ha trasferito l’equipaggio della M / T Altair alle FIAC iraniane.
«Alle 11:05, ora locale, la USS Bainbridge si avvicina al tiratore olandese Coastal Ace, che ha salvato l’equipaggio di ventuno marinai dal M / T Kokuka Courageous che aveva abbandonato la nave dopo aver scoperto un probabile mina magnetica inesplosa a seguito di un’esplosione iniziale – scrive il capitano – I marinai sono stati salvati dalla USS Bainbridge su richiesta del comandante del M / T Kokuka Courageous. I marinai salvati sono attualmente a bordo della USS Bainbridge – scrive il CentComm – Alle 4:10 pm ora locale una motovedetta della classe Gashti dell’IRGC si avvicinò alla M / T Kokuka Courageous e fu osservata e registrata rimuovendo una mina magnetica inesplosa dal M / T Kokuka Courageous».
Dinnanzi a tali pesanti accuse contro l’Iran due domande diventano essenziali: perché non ci sono video dettagliati ed eloquenti sulla presenza della mina sulla fiancata della Kokuka Courageous dato che il cacciatorpediniere americano Bainbridge era nelle sue vicinanze?
Ammesso e non concesso che l’ordigno esplosivo sia stato davvero rimosso dagli iraniani perché ciò sarebbe avvenuto ben 5 ore dopo il primo intervento di soccorso? Con quale coraggio militari della Guardia Rivoluzionaria Islamica avrebbero compiuto questa pericolosa missione sul mercantile nelle acque trafficate da imbarcazioni dell’Us Navy?
LA MINACCIA DEL COMANDO USA, LA REPLICA DELL’IRAN
«Gli Stati Uniti e i nostri partner nella regione prenderanno tutte le misure necessarie per difendere noi stessi e i nostri interessi. Gli attacchi odierni rappresentano una chiara minaccia alla libertà di navigazione internazionale e alla libertà di commercio – conclude il comunicato del comando mediorientale dell’Us Army – Gli Stati Uniti e la comunità internazionale sono pronti a difendere i nostri interessi, inclusa la libertà di navigazione. Gli Stati Uniti non hanno interesse a impegnarsi in un nuovo conflitto in Medio Oriente. Tuttavia, difenderemo i nostri interessi».
Il Ministro degli Esteri dell’Iran Javad Zarif dice che non c’è bisogno di essere «chiaroveggenti» per vedere il «piano B» degli Stati Uniti per l’Iran. Come aveva respinto le precedenti accuse di sabotaggio nei danneggiamenti alle petroliere nel porto di Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti, il membro del governo ribatte alle accuse del Segretario di Stato americano Mike Pompeo.
«Né le invenzioni e le campagne di disinformazione, né incolpare vergognosamente gli altri – ha dichiarato la missione iraniana all’Onu – possono cambiare la realtà». Teheran, inoltre, ha «espresso preoccupazione per gli incidenti alle petroliere», chiedendo poi «alla comunità internazionale di essere all’altezza delle sue responsabilità nel prevenire le politiche e le pratiche sconsiderate e pericolose degli Usa e dei suoi alleati che aumentano le tensioni nella regione».
«Al momento attuale non sappiamo chi ha compiuto l’incursione, e come si è svolta» ha detto il ministro dei Trasporti del Giappone, Keiichi Ishi, in una conferenza stampa. Gli attacchi sono avvenuti durante la visita del premier nipponico Shinzo Abe a Teheran, in un incontro anche con l’ayatollah Ali Khamenei, guida suprema della teocrazia Sciita iraniana, realizzato per mediare tra l’amministrazione di Washington, fedele alleato di Tokyo, e la Repubblica Islamica, con cui il Giappone intrattiene relazioni commerciali ed economiche definite “amichevoli”. Il ministro dell’Economia e del Commercio giapponese, Hiroshige Seko, ha escluso problemi con la fornitura di petrolio, ribadendo che il governo continuerà a monitorare la situazione.
IL NODO SUL COMMERCIO DI PETROLIO IRAN-GIAPPONE
Gli incidenti vanno letti anche nell’ambito dell’embargo sull’esportazione di petrolio imposto daWashington a Teheran come rappresaglia per l’uscita dal trattato JOCPA sull’energia nucleare, abbandonato dall’Iran dopo il ritiro degli stessi americani che lo ritenevano eccessivamente permissivo nell’incremento degli investimenti sul settore. Una decisione assunta dalla Casa Bianca nello stesso momento in cui ha invece deciso di sviluppare un piano di collaborazione sulla ricerca atomica con l’Arabia Saudita, storica nemica degli Iraniani per la forte contrapposizione religiosa tra i Wahabiti-Sunniti della casa reale di Riad e gli Sciiti della nazione persiana.
Ecco perché i sabotaggi alle petroliere oltrchè essere una strategia della tensione dell’amministrazione di Donald Trump per dimostrare la necessità delle sanzioni possono rivelarsi anche un occulto avvertimento ai partner commerciali di Teheran che cercano una via d’uscita per i loro interessi nel mercato del greggio.
«Il Giappone, che importava circa il 5 percento del suo petrolio dall’Iran negli ultimi mesi, era uno degli otto paesi in cui gli Stati Uniti avevano concesso esenzioni speciali per continuare ad acquistare petrolio iraniano per sei mesi dopo che le sanzioni petrolifere erano state rinnovate a novembre dell’anno scorso – scrive il sito specializzato in analisi del mercato petrolifero internazionale OilPrice.com – Gli Stati Uniti, tuttavia, hanno perseguito una campagna di massima pressione contro l’Iran e posto fine a tutte le esenzioni per tutti i compratori di petrolio iraniani, a partire da maggio. Il Giappone è stato obbligato a interromprere l’importazione di petrolio dall’Iran. Durante la finestra delle deroghe sanzionatorie tra novembre e aprile, il Giappone ha importato petrolio dall’Iran solo a febbraio, marzo e aprile di quest’anno, con le importazioni di aprile che sono crollate a 169.100 di barili al giorno».
Si tratta di un decremento del 42% rispetto a marzo quando erano state di 292.209 bpd dopo la ripresa delle importazioni a febbraio per soddisfare i requisiti contrattuali delle raffinerie in vista del blocco delle esenzioni. «Sebbene i raffinatori giapponesi abbiano smesso di importare petrolio dall’Iran, sperano che il governo giapponese possa lavorare per una possibile ripresa» rimarca la giornalista sul sito.
Ma qui si scontrano due interessi contrapposti. Da una parte l’Iran ed il Giappone hanno il desiderio di riprendere il commercio del greggio prima possibile, dall’altra gli Usa non hanno alcuna fretta: secondo i dati dell’agenzia governativa Eia, l’import di petrolio degli Stati Uniti dai paesi Opec crolla ai minimi degli ultimi 33 anni a 1,5 milioni di barile al giorno grazie all’aumento della produzione nazionale e alle sanzioni al Venezuela, rendendo il paese meno dipendente dall’estero.
Gli incidenti nel Golfo di Oman hanno creato una lieve scossa al mercato del petrolio dove il WTI è balzato sopra i 53 dollari per poi assestarsi intorno ai 52, ben al di sotto dei 66 dollari della punta massima del mese di aprile e di quella superiore ai 70 dell’ottobre 2018. Pertanto possono essere ritenuti del tutto ininfluenti sul commercio internazionale.
Ogni minaccia, reale o creata ad arte, nel Golfo Persico consolida invece la posizione di Washington sul mercato globale mentre impoverisce quella di Teheran dato che anche la Cina ha interrotto le esportazioni, come già fatto da Italia e Grecia e in ultimo dal Giappone, ed oggi solo Russia, Turchia e Sud Corea sfidano le sanzioni americane.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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