– AMBASCIATA ARABA NELL’ISOLA CINGALESE
AVVISATA PRIMA DEGLI ATTACCHI AI CRISTIANI
– INSEGNANTE WAHABITA DI RIAD ARRESTATO
PER LEGAMI CON L’IMAM DELLE STRAGI DI PASQUA
– DIPLOMATICO BRACCATO DALL’INTERPOL A DUBAI
– STRANIERI CONDANNATI A MORTE IN ARABIA
GRAZIATI PER COMBATTERE CONTRO ASSAD
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Secondo il geniale investigatore letterario Hercule Poirot, invenzione letteraria di Agatha Christie, tre indizi fanno una prova: per la magistratura devono essere indizi gravi, precisi e concordanti. Ma si sa che la giustizia nazionale ed ancor più quella internazionale è una ragnatela che trattiene gli insetti piccoli e lascia sfuggire i grandi.
Il Regno dell’Arabia Saudita può ben essere paragonato ad un velenosissimo scorpione, capace di fare a pezzi nel proprio consolato di Istanbul persino un opinionista del Washington Post, il giornalista arabo Jamal Kashoggi, di ricevere qualche bacchettata formale dal Congresso Usa ma non abbastanza da vedere minimamente scalfita la sua alleanza con la Casa Bianca, da cui riceverà altri aiuti militari per sterminare gli Houti di confessione islamica Sciita, quindi sostenuti dall’Iran, nel martoriato Yemen.
Ora però i tre indizi che provano non solo un monumentale coinvolgimento dei Sauditi nella guerra civile in Siria ma anche una reiterata strategia del terrorismo internazionale affiorano in tutta la loro tremenda evidenza. Soltanto chi scrive aveva menzionato, sul webmedia Gospa News prima e poi sul sito americano di geopolitica ed intelligence militare Veterans Today, lo studio di un centro accademico internazionale con sede presso il Department of War Studies del King’s College di Londra dal quale emergeva l’esistenza di circa 800 Foreign Terrorist Fighters partiti dall’Arabia per combattere nelle file dell’Isis.
Molteplici fonti ritengono lo Stato Islamico noto anche col nome arabo di Daesh fondato dagli stessi sauditi dopo il graduale tramonto di Al Qaeda. Fu il Centre for the Study of Radicalisation (ICSR) a tracciare un profilo di questi miliziani sauditi: nella maggior parte giovani studenti, nemmeno troppo indottrinati dal Corano, forse allettati dall’adrenalina di una reality wargames e dai cospicui ingaggi e premi.
Oggi emergono dagli archivi segreti del regno d’Arabia due documenti scioccanti, rimbalzati su autorevoli Osint (Open-sources Intelligence) di controinformazione, che provano come e quanto Ryadh sia implicata con i terroristi dell’Isis.
Uno risale al 2013 ed è quello con cui il Ministero degli Interni del Regno di Arabia Saudita (che citeremo come RSA in seguito) conferma il piano di riabilitazione per i detenuti condannati alla decapitazione per violazione della Sharia, la legge coranica, attraverso il loro impiego stipendiato nella jihad in Siria. Una guerra scatenata da arabi e alleati Nato contro il governo del presidente Bashar Al Assad, di confessione Alawita-Sciita, assai tollerante verso ogni religione, e pertanto nemico giurato dei Sunniti-Wahabiti della Casa reale saudita.
L’altro è il cablogramma che il Ministro degli Esteri RSA nell’aprile 2019 avrebbe inviato all’Ambasciata saudita nello Sri Lanka per avvisare dell’imminente attacco terroristico delle stragi di Pasqua. Il condizionale in questo caso è d’obbligo perché non esiste nessuna conferma ufficiale alla notizia lanciata dal quotidiano degli Hezbollah libanesi (e quindi di orientamento sciita) Alahed News: ma è avvalorata solo da acuni siti internazionali, tra cui le citazioni del giornalista e scrittore francese esperto di terrorismo e Medio Oriente, Thierry Meyssan, e del sito Voltaire.net.
Ma un’implicazione dell’Arabia nella strage di Pasqua, costata la vita a 253 persone, perlopiù cristiani presenti alle Sante Messe per la solennità religiosa della Resurrezione, è giunta anche da un’agenzia internazionale come la Reuters che diede puntuale notizia sull’arresto di un insegnante religioso salafita-wahabita, l’Islam più radicale, laureatosi a Riyad, capitale saudita. E’ stato ritenuto implicato con l’imam Moulvi Zahran Hashim, fondatore del gruppo fondamentalista musulmano srilankese National Thowfeek Jamaath, autore degli attentati kamikaze e ritenuto in stretto contatto con lo Stato Islamico. Un arresto al quale seguì quello di altri sauditi: ecco quindi chiudersi il cerchio dei gravi, precisi, concordanti indizi.
Con l’aggiunta di un’ulteriore ghiotta notizia dell’ultima ora: l’ex ambasciatore dello Sri Lanka a Mosca, ricercato dall’Interpol per un mandato d’arresto internazionale per appropriazione indebita, pare libero di muoversi come vuole negli Emirati Arabi Uniti, storico alleato saudita, a sostegno della campagna elettorale per le prossime presidenziali srilankesi (2020) di Gotabaya Rajapaksa, fratello dell’ex presidente Mahinda, nominato premier (per un breve periodo a causa di un scontro politico parlamentare) dall’attuale capo dello Stato Maithripala Sirisena, finito nella bufera proprio per aver trascurato l’allarme dei servizi segreti indiani RAW sugli imminenti attentati. Lo stesso Mahinda Rajapaska, come rivelato da Gospa News, era ritenuto in stretti rapporti con un tycoon islamico al centro di vari scandali … Ma andiamo con ordine.
IL DOCUMENTO TOP SECRET: GRAZIATI PER LA JIHAD
«Sua Eccellenza Generale Suood Al-Thnayyan. L’Ufficio [segreto] classificato presso il Ministero degli Interni possa Allah proteggerlo. La pace sia con te e con la misericordia e le benedizioni di Allah. In riferimento al telegramma della Corte Reale n. 112, datato 19/04/1433 H [3 marzo 2012], riferito a quei detenuti nelle carceri del Regno accusati di crimini ai quali si applica la legge islamica della Sharia sull’esecuzione con la spada [decapitazione], ti informiamo che stiamo dialogando con i criminali accusati che sono stati condannati con traffico di stupefacenti, omicidio, stupro, dalle seguenti nazionalità: 110 yemeniti, 21 palestinesi, 212 sauditi, 96 sudanesi, 254 siriani, 82 giordani, 68 somali , 32 afgani, 94 egiziani, 203 pakistani, 23 iracheni e 44 kuwaitiani. Abbiamo raggiunto un accordo con loro che gli verrà concesso il perdono dalla condanna a morte in cambio di uno stipendio mensile per le loro famiglie che resteranno in Arabia Saudita, verso la riabilitazione e l’addestramento a ragione di essere inviati nella Jihad in Siria. Per favore, accetta i miei saluti. Direttore controllo presso il Ministero degli Interni, Abdullah bin Ali al-Rmezan».
Questa eloquente missiva “top secret” con numero di protocollo 71466/J/H e logo del RSA è stata tradotta dal dottor Samir Johna per AINA-Global Research News che l’a pubblicata sul sito nel 2013 insieme ad ulteriori dettagli che ne avvalorano l’autenticità.
«Secondo il promemoria, datato 17 aprile 2012, il Regno Saudita ha negoziato con un totale di 1239 detenuti – scrive Global Research – Un ex parlamentare iracheno, che ha parlato con l’AINA a condizione di anonimato, ha confermato l’autenticità del documento e ha affermato che la maggior parte dei prigionieri iracheni inviati in Arabia Saudita sono tornati in Iraq e hanno ammesso di aver accettato l’accordo offerto dal Regno Saudita e ha chiesto al governo iracheno di presentare una petizione al governo saudita per liberare le loro famiglie, che erano state tenute in ostaggio in Arabia Saudita». Una tecnica identica a quella dei clan della mafia nera nigeriana (Black Axe, Eiye, Maphete) che obbligano le immigrate in Europa a prostituirsi sotto la minacca di ritorsioni ai parenti in patria, facendo a pezzi le madri davanti ai figli.
«Anche i cittadini yemeniti che sono stati inviati in Siria sono tornati in Yemen e hanno chiesto al loro governo di garantire il rilascio delle loro famiglie, secondo l’ex deputato iracheno, che ha affermato che ci sono molti altri documenti, come quello mostrato sotto, su Iraq, Libia e Siria –si legge ancora nel’articolo di Global Research – Inizialmente l’Arabia Saudita ha negato l’esistenza di questo programma. Ma la testimonianza dei prigionieri liberati ha costretto il governo saudita ad ammettere, in circoli privati, la sua esistenza. Secondo l’ex deputato iracheno, i russi hanno minacciato di portare questo problema alle Nazioni Unite se i sauditi avessero continuato a lavorare contro il presidente Bashar al-Assad. I sauditi hanno concordato di interrompere le loro attività clandestine e di lavorare per trovare una soluzione politica a condizione che la conoscenza di questo programma non fosse resa pubblica».
AL BAGHDADI, IL CALIFFO ISIS E AGENTE MOSSAD-CIA NASCOSTO DAGLI USA
L’ALLERTA DA RIAD PER GLI ATTACCHI NELLO SRI LANKA
Ma si sa che il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ecco perché assume importanza il secondo documento topsecret pubblicato da differenti siti Osint e avvalorato con la pubblicazione nel libro “Sous nos yeu” del giornalista scrittore francese Tyerry Meyssan. In esso si evidenzia come il governo di Riyad non fosse solo a conoscenza del pericolo degli attentati kamikaze jihadisti nello Sri Lanka ma addirittura sapesse tempi e luoghi esatti.
Ecco i contenuti del cablogramma, diffuso dal quotidiano degli Hezbollah libanesi Alahed News, che sarebbe stato inviato dal Ministro degli Esteri RSA all’ambasciata di Colombo con data 17 aprile 2019, quattro giorni prima degli attentati esplosivi di Pasqua, tradotto da Jean-Louis Scarsi.
«Urgente – Top secret A Sua Eccellenza l’Ambasciatore Abdul Nasser Bin Hussein al-Harethi
È necessario eseguire immediatamente i seguenti passi:
1. È necessario eliminare tutti i documenti, i dati informatici e l’ultima corrispondenza con i membri e i gruppi in patria e all’estero, nonché imporre un coprifuoco al personale dell’ambasciata a meno che non sia necessario [viaggiare].
2. È necessario informare tutte le persone collegate al Regno dell’Arabia Saudita, inclusi consiglieri, forze di sicurezza e servizi di intelligence, per evitare la presenza in luoghi pubblici e sovraffollati, comprese le chiese entro i prossimi tre giorni, in particolare quella dei cristiani di Pasqua.
3. Dovresti inviare regolarmente notizie scritte sulle autorità dello Sri Lanka e le loro opinioni a questo ministero. Firmato: Ibrahim bin Abdul Aziz al-Assaf, ministro degli Affari esteri»
Com’è noto le stragi nei luoghi di culto cristiani sono avvenuti nella mattinata del 21 aprile. Il sito Voltaire.net ricorda anche che «il canale televisivo ufficiale saudita, Al-Arabiya, annunciò il 1 ° febbraio 2014 che il Daesh era guidato dal principe Abdul Rahman al-Faisal (fratello del ministro degli esteri in quel momento)».
5 MILIONI USA AI CASCHI BIANCHI: “COMPLICI DI JIHADISTI E LADRI D’ORGANI”
Ma precisa anche che «In seguito al discorso del presidente Donald Trump a Riyad (2017), l’Arabia Saudita ha ritirato il suo sostegno alle organizzazioni jihadiste. Tuttavia, abbiamo visto con il caso “Movement for Faith”, chiamato dalla propaganda britannica “Arakan Rohingya Salvation Army”, che l’Arabia Saudita stava guidando il terrorismo rohingya in Myanmar nel 2017. Da allora, molte informazioni non verificate indicano la copertura di Riyadh ai jihadisti». Tra queste ci sarebbe soprattutto l’arresto del predicatore salafita-wahabita srilankese per presunte implicazioni con l’imam kamikaze delle stragi di Pasqua.
IL WAHABITA IMPLICATO CON L’IMAM DELLE STRAGI
Una notizia che ha trovato pochissimo risalto sui media occidentali ma persino su quelli cingalesi, timorosi di non esacerbare il conflitto etnico-religioso tra buddisti (la maggioranza), induisti, cristiani e musulmani, questi ultimi perlopiù Sunniti e di lingua Tamil e perciò sorvegliati speciali dopo la lunga guerra civile tra Tigri Tamil e governo dello Sri Lanka.
A tracciare un profilo molto approfondito dell’arrestato è la giornalista Alexandra Dulmer per la Reuters in un reportage ripreso dal network The Telegram con dovizia di dettagli. «Le autorità dello Sri Lanka hanno arrestato uno studioso di istruzione saudita perché ritengono abbia collegamenti con Zahran Hashim, il capofila sospettato degli attentati della domenica di Pasqua, gettando i riflettori sulla crescente influenza dell’Islam salafi-wahhabita su i musulmani dell’isola. Mohamed Aliyar, 60 anni, è il fondatore del Center for Islamic Guidance, che vanta una moschea, una scuola religiosa e una biblioteca nel paese natale di Zahran, Kattankudy, una città dominata dai musulmani sulle coste orientali dello Sri Lanka».
Il salafismo è strettamente legato al wahabismo che ha le sue radici in Arabia Saudita. Sono entrambe due confessioni musulmane dei Sunniti che fanno riferimento alla dottrina integralista del Corano e delle Sure di Maometto. A Kattankudy sono fiorite molte scuole integraliste tra cui spicca il Jamiathul Falah Arabic College, frequentato in gioventù dal leader del gruppo terroristico musulmano National Thowfeek Jamaath (NTJ), dove un tempo l’islam predicato era quello “sufi”.
«Poi, dalla fine degli anni ’70 qualcosa è cambiato – scrive in un attento articolo Stefano Piazza su Babilon Magazine – Con il ritorno nello Sri Lanka dei primi immgrati in Arabia Saudita diventati ricchi con i petrodollari, vennero costruite moschee e scuole coraniche (madrasse) dove veniva insegnato ai giovani come mettere in discussione e respingere “la via sufi” e aderire alla corrente islamica più conservatrice rappresentata dal wahabismo- salafismo. Tra gli anni ’80 e ’90 la corrente dura e pura dell’islam si fece sempre piu’ numerosa e intraprendente nello Sri Lanka ed in partcolare sulla costa orientale, dove vennero erette moschee e dove trovarono spazio associazioni e fondazioni islmaiche non sempre cristalline nelle loro finalità. Impressionante il caso di Kattankudy che, con un’estensione di soli 3,9 km², vede la presenza di ben 45 moschee. Spicca l’ultima costruita: la Grand Jumma, decorata con mosaici blu e lettere arabe sulla cupola. Una copia fedele della moschea Al-Aqsa di Gerusalemme, terzo luogo santo dell’Islam».
Proprio Mohamed Alyvar, nei giorni successivi alle stragi, raccontò a varie testate internazionali di essersi scontrato con Zahran Hashim sia nello storico College di cui era vicepreside, che nel nuovo Centro da lui fondato, a causa degli orientamenti radicali dell’imam. A maggio, però, proprio Alyvar è finito in manette per le presunte connessioni con il fanatico islamico fondatore del gruppo fondamentalista NTJ già ritenuto responsabili di precedenti attentati a sfondo religioso.
«Due fonti della comunità musulmana di Kattankudy hanno riferito a Reuters che le sue opinioni estremiste (di Zahran – ndr) sono state in parte modellate da testi salafiti-wahabiti ultra conservatori che ha raccolto presso la biblioteca del Center for Islamic Guidance circa 2-3 anni fa» ha scritto ancora la giornalista Dulmer riferendo un’ulteriore testimonianza anonima: “Lo incontravo sempre al centro, leggendo riviste e pubblicazioni saudite”. La fonte riferì che l’imam cominciò a predicare “l’islam puro” secondo un insegnamento che “non c’era in Sri Lanka nel 2016, a meno che non lo leggessi nella letteratura salafita”.
Aliyar aveva fondato il centro nel 1990, un anno dopo essersi laureato all’Università islamica Imam Muhammad ibn Saud di Riyadh, in quello che un residente ha detto ha segnato un momento chiave nella diffusione della dottrina salafita a Kattankudy.
Il Center for Islamic Guidance, infatti, è stato in parte finanziato da donatori sauditi e kuwaitiani, come risulta da una targa esterna. I fondi, oltrechè da donazioni locali e tasse studentesche, provenivano anche privati che furono compagni di classe di Aliyar a Riyadh, secondo quanto riferito da alcuni frequentatori a Reuters: l’agenzia di stampa non ha invece ricevuto risposta in merito ai finanziamenti dall’ufficio delle comunicazioni del governo saudita a Riyadh non ha risposto alle richieste di commento sul finanziamento del centro.
ALTRI SAUDITI IN MANETTE NELLO SRI LANKA
“Le informazioni hanno rivelato che il sospetto arrestato aveva strette relazioni con Zahran e aveva operato transazioni finanziarie” riportò un comunicato ufficiale della Polizia nel quale si dichiarava che Aliyar è stato “coinvolto” nell’addestramento nella città meridionale di Hambantota per il gruppo di attentatori suicidi che attaccarono i 4 hotel di lusso e le tre chiese gremite causando 253 morti e più di 500 feriti. Non furono forniti altri dettagli sulle accuse che portarono il 4 maggio 2019 a quell’arresto vista la delicatezza delle indagini; ma nei giorni successivi giunsero altri fermi internazionali proprio nella penisola araba, come riportato da Repubblica.
«Oggi l’Interpol ha confermato il fermo e l’estradizione in Sri Lanka di Ahamed Milhan Hayathu Mohamed, 29 anni, sospettato di aver preso parte a quegli attacchi – scrisse il quotidiano romano lo scorso 12 giugno – Insieme al giovane sono state fermate altre quattro persone. Il portavoce della polizia dello Sri Lanka Ruwan Gunasekara ha spiegato che i sospetti sono arrivati venerdì mattina dall’Arabia Saudita, ma al momento non è ancora stato indicato in quale Paesi siano avvenuti gli arresti».
La pista dei terroristi estremisti di cultura salafita-wahabita prese così sempre più corpo. Gli investigatori dello Sri Lanka non avevano avuto dubbi sul fatto che l’imam di etnia tamil Moulvi Zahran Hashmi fondatore del gruppo radicale islamico National Thowfeek Jamaath, fosse il leader. Era emerso chiaramente dai suoi video denunciati su Facebook da musulmani moderati, dalla sua foto di “battaglia” con gli altri kamikaze: unico a volto scoperto. Ma anche dalle informative della polizia indiana che lo aveva arrestato, interrogato e rilasciato per poi segnalarne la pericolosità all’intelligence RAW (Research and Analys Wing) di Nuova Delhi che a sua volta la comunicò alle autorità dello Sri Lanka senza che l’allarme fosse preso nella dovuta considerazione.
L’INTRECCIO TRA POLITICI SRILANKESI E AFFARISTI ISLAMICI
L’intreccio tra penisola araba e Sri Lanka si fa ancora più tenebroso seguendo altre connessioni tra diplomatici e politici dell’isola che rievocano i già segnalati intrighi tra l’ex presidente Mahinda Rajapaksa ed il tycoon musulmano asiatico-britannico Alliraja Subaskaran, il produttore televisivo indiano di origini Tamil finanziatore di Muslim Aid, la principale ong islamica, ma anche di vari progetti nello Sri Lanka e persino della campagna elettorale del premier inglese John Cameron. L’affarista islamico è famoso anche per essere il magnate della Lycamobile, la compagnia telefonica commerciale virtuale (si appoggia ai ripetitori Vodafone) che sta fatturando miliardi in Europa grazie alle SimCard dei migranti dall’Africa e dall’Asia.
«L’ex ambasciatore dello Sri Lanka in Russia, Udayanga Weeratunga, che sta attualmente eludendo un mandato di cattura rosso dell’Interpol emesso per il suo arresto, è stato visto ieri a Dubai durante la campagna elettorale “Eliya” del candidato alla presidenza Gotabaya Rajapaksa». Ha riferito il Colombo Telegraph nella giornata del 3 agosto pubblicando un video in cui il “wanted” si muove serenamente all’interno della sala prima dell’inizio di un convegno. Il 16 ottobre 2016 un magistrato del Colombo Fort (il quartiere della city della capitale) aveva emesso la richiesta di arresto.
«Ciò era dovuto al presunto coinvolgimento e alla frode finanziaria commessa da Weeratunga durante l’acquisto di diversi aeromobili MiG per l’aeronautica durante il mandato dell’ex presidente Mahinda Rajapaksa. In qualità di Chief Account Officer Gotabaya aveva versato una somma di $ 10 milioni a un conto appartenente a una società fasulla nel Regno Unito di nome Billimissa Holdings» riferisce Colombo Telegraph rammentando lo scandalo che coinvolse G. Rajapaska, tenente colonnello in pensione dell’esercito e già segretario del Ministero della Difesa, proprio mentre il fratello Mahinda era presidente.Un’inchiesta internazionale nella quale è implicato anche Weeratunga, cugino di primo grado dell’ex capo di stato. Come riporta in un altro articolo lo stesso media cingalese si tratta della «presunta appropriazione indebita di fondi pubblici per un importo di 7,833 milioni di dollari USA sugli aerei e riciclaggio di denaro».
CUGINO DEL PRESIDENTE “WANTED” INTERPOL A DUBAI
«Il ministero degli Affari esteri in un comunicato stampa sostiene che all’ex ambasciatore in Russia e Ucraina Udayanga Weeratunga è stato impedito dalle autorità di lasciare gli Emirati Arabi Uniti». L’interessato aveva dichiarato in un post di Facebook di essere stao interrogato dalla polizia EAU e rilasciato successivamente. La nota ufficiale, sottoscritta nel febbraio 2018 anche dal Ministro della Giustizia, informava che era stata avviata un’investigazione con l’Interpol di Abu Dhabi sul caso per questioni tecniche inerenti il “blu notice”, il mandato inerente l’approfondimento d’indagine per una persona implicata in un’investigazione criminale. Ma successivamente la “notice” della polizia internazionale è diventata “rossa”, ovvero quella riservata ai “wanted”, come riporta il media srilankese.
«Nonostante l’emissione di un mandato rosso dell’Interpol per il suo arresto, Udayanga Weeratunga continua a viaggiare liberamente per il mondo – aggiunge il giornalista Janaka Ranaweera sul Colombo Telegraph – Infatti, una volta fu incontrato da suo cugino di primo grado, l’ex presidente Mahinda Rajapaksa a Bangkok, in Thailandia».
STRAGI ISIS SRI LANKA: GRAVI ACCUSE DI COMPLICITA’ AL PRESIDENTE E AL MINISTRO ISLAMICO
Chissà se questo evidente trattamento di favore per l’ex ambasciatore ricercato non sia dovuto all’influenza dei cugini Rajapaska: Gotabaya in corsa con l’avallo degli Usa per le prossime presidenziali nello Sri Lanka, dove anche il ministro leader di un partito musulmano è stato lambito da sospetti di collusione con la famiglia di altri kamikaze delle stragi di Pasqua, e Mahinda, ritenuto socio occulto del tycoon musulmano Allirajah Subaskaran, capace di conquistare le copertine delle riviste islamiche di alta finanza come IS-Fire, ormai londinese di adozione e talmente benvoluto nel Regno Unito da indurre al sospetto che potrebbe persino essere uno 007 al servizio di Sua Maestà nelle politiche mondialiste.
Mi riferisco a quel Deep International State del New World Order creato per speculare sulle rivalità etnico-religiose al fine di alimentare nuove guerre per i guadagni insanguinati della malavita organizzata e della lobby delle armi. Basti ricordare che nel 2009, dopo aver sollevato lo scandalo della corruzione internazionale sui MiG nell’isola dell’Oceano Indiano, il giornalista Lasantha Wickrematunge del Sunday Leader di Colombo fu assassinato in un agguato. E proprio quest’anno, il 7 aprile 2019, sua figlia ha avviato una causa legale negli Usa contro Gotabaya Rajapaska in quanto sospettato di essere dietro l’omicidio. Ma di ciò racconteremo in un altro reportage…
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI
SRI LANKA: JIHADISTI NASCOSTI E INTRIGHI DELL’AFFARISTA ISLAMICO
STRAGI ISIS SRI LANKA: GRAVI ACCUSE DI COMPLICITA’ AL PRESIDENTE E AL MINISTRO ISLAMICO
AL BAGHDADI, IL CALIFFO ISIS E AGENTE MOSSAD-CIA NASCOSTO DAGLI USA
5 MILIONI USA AI CASCHI BIANCHI: “COMPLICI DI JIHADISTI E LADRI D’ORGANI”
LOBBY ARMI – 1: BLACKROCK E GLI ALTRI AFFARISTI DELLE GUERRE USA
GLOBAL RESEARCH – DETENUTI ARABI USATI PER LA JIHAD
VOLTAIRE – AMBASCIATA SAUDITA AVVISATA SUGLI ATTACCHI
REUTERS – SALAFITA DI RIYAD ARRESTATO
BABILON MAGAZINE – LE SCUOLE SALAFITE A KATTANKUDY
COLOMBO TELEGRPAH – DIPLOMATICO RICERCATO DALL’INTERPOL