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RAZZI SIONISTI SUL LIBANO. A RISCHIO 1.100 CASCHI BLU ITALIANI

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ESCALATION DELLE TENSIONI SUL CONFINE “BLUE LINE”
DOVE OPERANO I MILITARI DELLA BRIGATA AOSTA
PER LA MISSIONE UNIFIL DIRETTA DAL GENERALE DEL COL
LA TV DEGLI HEZBOLLAH SEGNALA BOMBE INCENDIARIE
E UN MISSILE ISRAELIANO CONTRO LA POSTAZIONE ONU
IL PATRIARCA CRISTIANO CONDANNA TEL AVIV
E IL PIANO OCCIDENTALE DI GUERRA IN MEDIO ORIENTE

___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

Dopo i droni suicidi su Beirut ecco i primi razzi in una zona fortunatamente quasi disabitata perchè nel territorio rovente di confine tra Libano e Israele. Il corrispondente di Al-Manar TV, Ali Shoaib, ha riferito che «le forze di occupazione sioniste nelle Shebaa Farms hanno sparato sabato (31 agosto) alle 4 del mattino circa 36 bombe incendiarie, incenerendo fasce di territori libanesi occupati e liberati». Il reporter della televisione vicina agli Hezbollah libanesi ha anche aggiunto che «i Caschi Blu della missione UNIFIL (United Nations Interim Forces in Lebanon) sono sopravvissuti a un razzo israeliano di 155 mm che ha colpito la loro postazione nella fattoria di Bustra» e ha rilevato che «la paura sta ancora paralizzando il movimento militare sionista al confine con il Libano in attesa della risposta di Hezbollah ai recenti attacchi israeliani».

VENTI DI GUERRA TRA ISRAELE E LIBANO. GLI USA ROMPONO LA TREGUA RUSSA IN SIRIA

 

Lo stesso sito, da prendere con cautela in considerazione della visione di parte, riporta due notizie delle 17 in cui si riferisce del movimento di navi di Israele sulla costa del Mediterraneo e della chiusura dell’aeroporto civile di Kiryat Shmona a causa di tensioni al confine settentrionale. Sono questi i primi evidenti segnali di un’escalation della tensione sulla Blue Line al confine tra Libano ed Israele: le reciproche minacce di azioni militari si stanno trasformando rapidamente in conflitto mettendo a repentaglio non solo le popolazioni libanesi ed israeliana ma anche i 10mila peacekeeper (portatori di pace) dell’operazione internazionale Onu tra cui 1.100 militari italiani, oltre a 1.309 indonesiani, 676 francesi, 475 irlandesi, 419 cinesi per citare solo i contingenti più numerosi dei 44 paesi impegnati.

Hassan Nasrallah, segretario generale del partito Hezbollah

Parlando all’inaugurazione delle cerimonie di lutto di Muharram nel complesso di Sayyed Shohadaa nella serata di sbato 31 agosto Sayyed Nasrallah, segretario generale Hezbollah ha detto che apprezza la posizione libanese riguardante l’aggressione israeliana al sobborgo meridionale di Beirut della scorsa settimana. «C’è stato un consenso nazionale nel condannare l’accaduto a Dahiyeh e considerarlo come una vera aggressione contro il Libano»  il leader del partito sciita filoiraniano ha menzionato in modo specifico la posizione ufficiale del presidente libanese Michel Aoun, del Primo Ministro Saad Hariri e del parlamentare Nabih Berri. «Dovremo soffermarci sull’appello di Berri al movimento Amal per essere vigili e pronti, ciò significa che la resistenza con tutte le sue fazioni e movimenti ha una posizione ferma e coerente, tagliando la strada contro ogni delusione»

IL PATRIARCA CRISTIANO CONDANNA GLI ATTACCHI ISRAELIANI

«Tutto quello che succede in Medio Oriente, sia in Egitto, sia in Siria, sia in Iraq, è una guerra che ha due dimensioni. In Iraq e in Siria, la guerra è tra sunniti e sciiti; in Egitto la guerra è tra fondamentalisti, tra cui i Fratelli musulmani, e i moderati. Sono guerre senza fine ma, mi dispiace di doverlo dire, ci sono dei Paesi, soprattutto occidentali, ma anche dell’Oriente, che stanno fomentando tutti questi conflitti. Bisogna trovare una soluzione a tutti questi problemi. Nelle guerre in Medio Oriente i cristiani pagano il prezzo più alto».

Il patriarca cristiano maronita Bechara Boutros Rai che ha il suo episcopato a Bkerké, in Libano

Queste parole sono di Bechara Boutros Rai, il Patriarca di Antiochia della Chiesa Cristiana Maronita che è in comunione con quella Cattolica e riconosce come Primate il Papa. Le ha pronunciate in un intervista a Radio Vaticana nell’agosto 2013. Sono passati sei anni, sono rimaste uccise più di mezzo milione di persone soprattutto nel conflitto in Siria ma il cardinale torna ad usare parole di fuoco per condannare la missione dei droni suicidi israeliani in Libano dove, a Bkerké, ha sede l’Episcopato del culto antiocheno da San Marone.

«In un comunicato, diffuso martedì 27 agosto, il Cardinale libanese ha stigmatizzato le ripetute violazioni israeliane della risoluzione 1701 approvata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu nell’ agosto 2006, in cui si chiedeva tra l’altro il ritiro delle forze armate israeliane dal Libano meridionale, lo stop agli attacchi delle milizie di Hezbollah contro l’esercito israeliano e la fine di ogni operazione militare nelle aree di confine – riporta l’agenzia Fides delle Pontificie Opere Missionarie – Il Patriarca ha anche riaffermato l’urgenza di configurare e mettere in atto “una strategia di difesa nazionale”, invitando la comunità internazionale a fare pressione su Israele per spingere lo Stato ebraico “a rispettare le risoluzioni internazionali, in particolare le 1701, che viola regolarmente”, e ad “aumentare il sostegno politico, economico e militare al Libano, per aiutarlo a superare le sue difficoltà”».

Dei due droni inviati da Israele sui sobborghi di Beirut, uno era esploso in aria e un altro è caduto sulla capitale libanese, deflagrando fuori dalla sede degli uffici di propaganda di Hezbollah e provocando ingenti danni alla struttura. I media locali riferiscono che i droni israeliani sarebbero stati teleguidati nell’ultimo tratto da operatori presenti sul territorio libanese. Poche ore prima, l’aviazione militare israeliana aveva compiuto un’incursione ad Aqraba, in Siria, a sudest di Damasco provocando anche la morte di due libanesi, esperti in ingegneria aeronautica e addestrati alla guida dei droni.

A differenza di Papa Francesco I, spesso depistato da consiglieri fraudolenti sulle tematiche di geopolitica, il patriarca è consapevole che esiste un «determinato progetto di distruzione del mondo arabo per interessi politici ed economici. C’e’ anche il progetto di acuire quanto più possibile i conflitti interconfessionali nel mondo musulmano, tra sunniti e sciiti. Quindi, il progetto c’è, ed è un progetto di distruzione del Medio Oriente. Purtroppo questa politica viene dall’esterno».

IL PIANO ”DIVIDE ET IMPERA” DEI SIONISTI-MASSONICI

L’impero sionista-massonico angloamericano sta cercando di replicare nelle terre asiatiche grondanti sangue la strategia “divide et impera” che fu dei Romani. Il braccio armato più potente e pericoloso è da sempre Israele fin dalla sua “forzosa” costituzione favorita dal Movimento Sionista degli Askenaziti e dalla Gran Bretagna su sollecitazione della massoneria internazionale e del barone Nathan Rothschild come scritto in un reportage sulla lobby delle armi ed il tycoon israeliano costruttore di droni militari.

LOBBY ARMI – 3: TYCOON SIONISTA DEI DRONI SPIA-KILLER PREMIATO DAI MASSONI USA E DALLA REGINA UK

L’attacco al Libano non rappresenta però una minaccia solo per il paese, già invaso tre volte da Israele nel 1978, poi nel conflitto di tre anni denominato dai sionisti Operazione Pace Galilea ed infine nel 2006 con la guerra dei 33 giorni interrotta dalla mediazione Onu. E’ un gravissimo reale pericolo per la pace internazionale e la tranquillità del Mediterraneo, ma, nell’immediato, soprattutto per i 10.277 militari dei Caschi Blu dell’operazione Unifil tra cui 1100 militari italiani della Brigata Aosta e degli elicotteristi Task Force Italair.

La missione Onu, legittimata da 4 risoluzioni di cui l’ultima pochi giorni fa, è focalizzata sulla cosiddetta Blue Line che va dal Mediterraneo fino alle Alture del Golan per evitare conflitti tra gli eserciti dell’Israeli Defense Forces (IDF), della Lebanon Army Forces (Laf) e della guardia repubblicana sciita filo-iraniana degli Hezbollah, terzo partito di governo ma ritenuto un’organizzazioen terroristica da Usa, Canada, Olanda, Israele e, solo relativamente al “braccio armato” anche da Australia e Regno Unito.

LA MISSIONE UNIFIL CON MILLE SOLDATI ITALIANI

Unifil è attualmente comandata dal generale italiano Stefano Del Col che dopo l’attacco dei droni israeliani sta intensificando gli incontri diplomatici con le autorità libanesi per scongiurare un’escalation dello scontro nonostante abbia dichiarato in un’intervista a Radio24 che l’operazione sia avvenuta a Beirut, in una zona che non è di competenza dei Caschi Blu. Ha incontrato il premier Saad Al Hariri, leader del partito sunnita, e successivamente il comandante LAF Joseph Kalil Aoun.

Il comandante generale dell’esercito libanese Joseph Aoun (a destra) nell’incontro dei giorni scorsi con il comandante italiano della missione Unifil generale Stfano Del Col

Il contingente italiano in Libano, dislocato nel Sector West, è basato sulla Brigata meccanizzata Aosta che, al comando del generale di Brigata Bruno Pisciotta, è schierata nella Terra dei Cedri con le proprie unità provenienti dalla caserma di Palermo e costituite dal reggimento Lancieri di Aosta (6˚), dal reggimento Logistico “Aosta” e dal battaglione “Simeto” del 4˚ reggimento genio guastatori; nonché dal 1˚ battaglione del 62˚ reggimento fanteria “Sicilia” di Catania. Ad essi si aggiunge la Task Force Italair comandata da poco dal colonnello Andrea Ascani (in avvicendamento al parigrado Luca Piperni premiato da Del Col) che è dotata di 6 elicotteri a doppia turbina AB 212, con capacità di volo strumentale diurno e notturno e stanziata nell’eliporto di Naqoura.

Lo stato di allerta dei Caschi Blu si è alzato non solo per la missione suicida dei velivoli senza pilota dell’IDF e le conseguenti dure reazioni libanesi ma anche per la notizia, immediatamente diffusa dal governo provvisorio di Tel Aviv secondo la consueta strategia del terrore, dell’annullamento di tutte le licenze ed i permessi ai militari per questo primo weekend di settembre.

I Caschi Blu italiani della Brigata meccanizzata Aosta nella missione Unifil

Ecco perché oggi la minaccia del premier Benjamin Netanyahu, a caccia di consensi per il suo partito Likud in vista delle elezioni dei 120 membri della Knesset, nei confronti degli Hezbollah di Beirut è più reale che mai e rischia di diventare il detonatore della Terza Guerra mondiale qualora l’Iran intervenga a supporto del Libano, dando agli Usa e alla Gran Bretagna, principali agenti provocatori della Nato, la scusa per un’azione militare motivando così a loro volta l’intervento di Russia e Cina, con la Turchia pronta ad allearsi a qusti ultimi per approfittare dell’occasione per radere al suolo il Kurdistan ed annientare tutte le milizie curde, tra cui SDF nel Rojava siriano, non a caso alleati degli americani.

MEZZO SECOLO DI ATTACCHI ISRAELIANI IN SIRIA E LIBANO

Chi ritiene questi incubi da fantapolitica non deve dimenticare che l’ha occupato le Alture del Golan nel 1967 strappando i territori alla Siria ottenendo dal presidente Usa Donald Trump, nel marzo 2019, la legittimazione della proprietà tanto da indurre nel giugno scorso Netanyahu a rinominare Ramat Trump il progetto di un insediamento urbano sull’altopiano.

Ma bisogna anche ricordare che il Mossad, il servizio segreto israeliano accusata e sospettata di centinaia di omicidi politici e mgiliaia di sabotaggi, viene ritenuto da autorevoli esperti di intelligence militare internazionale (come ex agenti CIA e Fbi di Veterans Today) implicato nell’addestramento dei kamikaze degli aerei lanciati sul World Trade Center di New York l’11 settembre 2001 e dell’assassinio del premier libanese Rafiq al Hariri, ucciso insieme a 21 persone tra colleghi e guardie del corpo con un’autobomba condotta da un kamikaze ed imbottita di una tonnellata di TNT. L’omicidio scatenò la “rivoluzione dei cedri”, la caduta del governo filo-siriano ed una forte spaccatura politica in Libano tra le componenti cristiane e quelle islamiche rivali di sciiti e sunniti. Tanto da diventare terreno ideale per l’invasione israeliana del 2006.

Il cratere formato dall’autobomba esplosa a Beirut il 14 febbraio 2005 per l’attentato al premier Rafiq Hariri

Secondo un dettagliato reportage del 16 febbraio 2005 di Joe Vialls, ripubblicato in questi giorni dal sito VT, «il 18 aprile 1983, i sionisti bombardarono l’ambasciata americana a Beirut, uccidendo 63 persone. Quindi, il 23 ottobre dello stesso anno, i criminali di guerra ebraici delle “forze speciali” fecero esplodere due micro-bombe Dimona fuori dalla caserma marina americana e francese a Beirut, uccidendo rispettivamente 241 e 58 soldati. Come nell’omicidio di Rafik Hariri nel 2005, i media occidentali hanno tentato di usare la “false-flag” di Hezbollah e della Siria per le atrocità».

Proprio per questo gli esponenti del partito sciita ma anche quelli delle formazioni politiche cristiane hanno fortemente contestato il Tribunale Internazionale per il Libano avviato dall’Olanda che ha incriminato quattro esponenti degli Hezbollah senza prove evidenti con la stessa facilità con cui Joint Investigation Team (JIT) ha incolpato quattro filorussi del Donbass per l’abbattimento del volo MH17 Malaysian Airlines suscitando le proteste persino del governo malese che ha un componente nella commissione d’indagine.

LA FATICOSA PACE TRA CRISTIANI, SCIITI E SUNNITI IN LIBANO

La minaccia israeliana è un palese atto ostile contro la recente stabilità politica conquistata dal Libano dopo le elezioni del 6 maggio 2018 in cui il partito Movimento Patriottico Libero (MPL) del cristiano maronita Michel Aoun, Presidente della Repubblica dal 2016 e già comandante generale del LAF, ha conquistato il 15,72 % ottendo 29 seggi e garantendo la maggioranza con 69 seggi su 128 nel parlamento libanese grazie alla coalizione “8 marzo” costituita con gli schieramenti sciiti di Amal di Nabih Berri e di Hezbollah guidato da Hassan Nasrallah. Aoun, al fine di garantire tranquillità al paese martoriato da molteplici guerre, ha conferito il mandato a Sa’ad al Hariri, leader dello schieramento musulmano sunnita Movimento Il Futuro fondato dal padre assassinato.

Il premier libanese Saad Hariri ed il padre Rafiq assassinato in un attentato

Hariri, erede del patrimonio miliardario del padre che lo ha classificato il 522° uomo più ricco del pianeta, era già stato sostenuto da una maggioranza traversale nel 2009, quando ottenne l’appoggio degli Hezbollah concedendo il diritto a mantenere gli armamenti delle milizie, autorizzati anche da Unifil nonostante la risoluzione 1701 Onu ne imponesse lo smantellamento.

Ma il suo governo ebbe vita breve a causa della sua decisione di collaborare e non disconoscere il Tribunale speciale per il Libano, il cui scopo “sarebbe” ritrovare e condannare gli assassini del padre Rafīq ma in realtà si è tradotto nel dimostrare le responsabilità delle guardie repubblicane sciite nell’attentato inizialmente attribuito alla Siria.

Il 6 settembre 2010, però, proprio il premier libanese Sa’ad dichiarò al quotidiano saudita al-Sharq al-Awsat (Medio Oriente) di essersi sbagliato, in base a dati di fatto, nel sospettare la Siria dell’omicidio del padre. Fu questa una probabile conseguenza della precedente distensione cercata dall’allora presidente ad interim Aoun che il 3 dicembre 2008 effettuò una visita ufficiale in Siria dove venne ricevuto dal presidente Bashār al-Asad. Durante una storica conferenza stampa, tenutasi il giorno stesso, il leader politico libanese dichiarò l’intenzione di costruire il futuro insieme alla Siria e lasciarsi il passato alle spalle.

IL RISCHIO DI UN ATTENTATO AL PREMIER LIBANESE

Il 3 novembre 2016, poco giorni dopo l’elezione di Aoun a presidente, Hariri ottenne da quest’ultimo l’incarico di formare il nuovo governo nell’accordo trasversale tra cristiani, sciiti e sunniti. Ma un anno dopo, Il 4 novembre 2017, annunciò le sue dimissioni durante una visita di Stato in Arabia Saudita, denunciando una forte interferenza dell’Iran in Libano dichiarando di sentirsi in pericolo di vita. Le dimissioni furono temporaneamente respinte dal presidente libanese che sospettò interferenze da parte dell’Arabia Saudita. Hariri rientrò a Beirut il 22 novembre e, su richiesta di Aoun, sospese le dimissioni, per poi revocarle definitivamente il 5 dicembre.

E’ assai probabile che sia stato messo sull’avviso che i pericoli maggiori potevano arrivargli non tanto dagli iraniani, comunque sostenitori della forza politica e paramilitare Hezbollah, quando dal famigerato Mossad e da Israele. Cosa che si è puntualmente verificata con l’attacco della scorsa settimana definito dallo stesso Hariri un «attacco alla sovranità libanese». Il presidente del Libano Michel Aoun, che da ufficiale dell’esercito libanese si trovà coinvoltà nell’invasione israeliana del 1978 e il successivo conflitto inizato nel 1982, è andato ancora oltre, definendo l’attacco di droni contro il suo paese una «dichiarazione di guerra».

E’ quindi evidente che un’eventuale nuova mossa di Israele scatenerebbe l’inevitabile rappresaglia degli Hezbollah, sostenuta con ogni probabilità dallo stesso Lebanon Army Forces in virtù della coalizione politica più che mai compatta tra cristiani, sciiti e sunniti. Ecco perché è altissimo il timore che possa pure esserci un attentato eccellente degli esperti 007 con licenza di uccidere del Mossad, magari proprio al già minacciato Hariri, per gettare scompiglio nel governo e nel paese.

LE MILIZIE HEZBOLLAH PRONTE ALL’AZIONE MILITARE

«L’attacco suicida all’alba è il primo atto di aggressione dal 14 agosto 2006. La condanna dello stato libanese di ciò che è accaduto e il rinvio della questione al Consiglio di sicurezza è buono, ma questi passaggi non impediscono di intraprendere il corso delle azioni – ha dichiarato Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah in un intervento sulla televisione amica Al Manar – I droni israeliani che entrano in Libano non stanno più raccogliendo informazioni, ma [effettuando] omicidi. D’ora in poi, affronteremo i droni israeliani quando entreranno nei cieli del Libano e lavoreremo per abbatterli. Dico agli israeliani che Netanyahu sta correndo con il tuo sangue».

Non va dimenticato che numerosi dei raid dell’IDF contro la Siria per colpire le postazioni delle milizie libanesi e delle Forza Quds iraniana, alleati con il presidente Bashar Al Assad, sciita alawita, nella guerra contro l’Isis, sono stati condotti dai cieli della terra dei cedri in quanto l’aviazione libanese, dotata di vecchi velivoli giocattolo Cessna convertiti, non può competere con i moderni F-16 ed F-35 di fabbricazione americana dell’esercito sionista.

I razzi Katyusha delle forze paramilitari del partito sciita filoiraniano Hezbollah

Come riferisce il media iraniano Tasnim News: «Hezbollah non ha paura di alcuna risposta israeliana o di azioni di ritorsione da parte del regime, poiché ha un enorme arsenale di missili intelligenti, UAV, sistemi di difesa missilistica che corrispondono ai missili S-300 russi e possono raggiungere la maggior parte delle città e dei principali obiettivi: Palestina occupata, aeroporti, porti, fabbriche, centrali elettriche e servizi idrici».

 

LA GUERRA NON DICHIARATA IN MEDIO ORIENTE

«Dopo i recenti attacchi israeliani contro Libano, Siria e Iraq, il Medio Oriente si è trovato nel mezzo di una guerra non dichiarata – riferisce su Russia Today il giornalista investigativo Andre Vltchek – Quasi tutti in Libano sembrano essere d’accordo. “Questa volta Israele è andato troppo lontano. In soli due giorni ha bombardato tre paesi ”, mi è stato detto da uno staff locale delle Nazioni Unite con sede a Beirut».

«Nel frattempo, un potente blocco nel parlamento iracheno – la Fatah Coalition – insiste nel ritenere gli Stati Uniti “pienamente responsabili” degli attacchi israeliani, “che consideriamo una dichiarazione di guerra contro l’Iraq e il suo popolo”. La coalizione Fatah vuole che tutte le truppe statunitensi escano dall’Iraq il prima possibile – aggiunge il reporter di RT – Non c’è dubbio che Netanyahu, con le sue recenti incursioni e bombardamenti sui droni da combattimento, abbia gettato l’intera regione in grandi e inaspettati tumulti. Israele attacca regolarmente la Siria e bombarda la Palestina da decenni. Ma il Libano è una storia completamente diversa: solo il suo spazio aereo è stato abitualmente violato dai jet israeliani che volano verso gli obiettivi siriani. Bombardare l’Iraq è anche chiaramente un’escalation della strategia bellicosa di Israele. Una bizzarra escalation, considerando che l’Iraq è ancora di fatto uno stato occupato dal più stretto alleato di Israele: gli Stati Uniti».

SIRIA: I MISSILI ISRAELIANI UCCIDONO 3 CIVILI E UN BIMBO

Come spiega sempre Vltchek «Hezbollah sta fornendo servizi sociali tra cui forniture alimentari, cure mediche e istruzione a tutte le persone che risiedono sul territorio libanese, indipendentemente dalla razza o dalla religione. Inoltre, sta combattendo le invasioni israeliane, portando tra le sue fila tutti i cittadini libanesi che vogliono unirsi. Combatte anche i terroristi in Siria. È strettamente legato all’Iran. Tutto ciò, ovviamente, fa infuriare gli Stati Uniti, Israele e l’Arabia Saudita. Hezbollah è saldamente nella “lista dei terroristi” dell’Occidente e dei suoi associati».

Un soldato indonesiano davanti al muro costruito da Israele sulla Blue Line al confine con il Libano – foto Andre Vltchek

«Solo pochi giorni fa, sono riuscito a guidare fino al confine tra Libano e Israele, e poi sono andato a est, seguendo la cosiddetta Blue Line che è pattugliata dalla Forza interinale delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL), per decine di chilometri – riferisce l’articolo di Russia Today – Gli israeliani hanno già eretto un muro quasi completamente dal Mar Mediterraneo fino alle alture del Golan – la frontiera libanese. Più di un anno fa, il governo del Libano ha affermato che “costruire il muro equivarrebbe a un atto di guerra”. A Israele non potrebbe importare di meno. Ha messo in piedi un’enorme struttura di cemento proprio di fronte all’esercito libanese, Hezbollah e UNIFIL».

Per suscitare commenti il giornalista ha chiesto a militari indonesiani dei Caschi Blu che cosa avrebbero fatto se Israele avesse tentato un’invasione. Hanno sorriso senza rispondere… «“In molte occasioni, gli israeliani hanno effettivamente attraversato il confine, almeno alcuni metri o centimetri, mentre erigevano il muro”, mi hanno detto diversi agricoltori locali nel villaggio di Markaba. E non è successo niente» rammenta Vltchek.

IL GANGSTER SIONISTA NETANYAHU ATTACCA LA SIRIA PER SCATENARE L’INFERNO

Il dubbio per Beirut è davvero ”amletico”: se il Libano o Hezbollah decidessero di vendicarsi migliaia di persone moriranno. «Se non risponderanno, verranno eretti nuovi muri e le campagne di bombardamento “low-key” da parte degli israeliani continueranno, molto probabilmente, per molti anni a venire. Di conseguenza, l’intera regione continuerà a essere paralizzata» riferisce il reporter riportando le parole di un collega libanese: “Questa inerzia è come una morte lenta per l’intero Libano”.

 

LE SANZIONI USA CONTRO LA BANCA LIBANESE

Ad essa si aggiungono le sanzioni comminate dal Dipartimento del Tesoro Usa a 4 banche del Libano tra cui la più importante Jammal Trust Bank sospettata di essere finanziatrice di Hezbollah. Una decisione che ha destato fortissimo sconcerto a Beirut dove la stessa banca è stata utilizzata da Usaid, l’agenzia americana di sostegno ai paesi in via di sviluppo (spesso impiegata per finanziare regime-change come in Siria e Venezuela).

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu sempre più stretto alleato nelle strategie di geopolitica bellica del presidente Usa Donald Trump

Soprattutto perché avvenute a soltanto un anno dalla visita in cui Mike Pompeo, Segretario di Stato Usa, promise che non sarebbero mai state varate sanzioni finanziarie contro il Libano. Ma si sa che il presidente Trump non esita ad intraprendere repentini tradimenti pur di accontentare le lobby delle armi e i poteri occulti mondialisti sionisti-massonici. Il premier israeliano Netanyahu ha subito ringraziato la Casa Bianca dimostrando un’alleanza solida e criminale come quella che ci fu inizialmente tra Hitler e Stalin

NETANYAHU EMULA HITLER NELLA GUERRA RELIGIOSA ALLA SIRIA

«La nuova escalation nella regione a seguito delle ultime operazioni militari israeliane in Siria e Libano suscita preoccupazione di Mosca» ha riferito un comunicato del ministero degli Esteri russo, avvertendo che «un ampio conflitto militare che potrebbe portare a ripercussioni inaspettate». Il Cremlino ha chiesto ed ottenuto la quarta risoluzione delle Nazioni Unite per la pace in Libano. Carta straccia per Washington che forte del diritto di veto all’Onu ha già dimostrato con il riconoscimento delle Alture del Golan occupate da Israele di farsi beffa delle risoluzioni del palazzo di vetro.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES

AL MANAR – I RAZZI ISRAELIANI SUL LIBANO

FIDES – LA CONDANNA DEL PATRIARCA

I CONFLITTI ALIMENTATI DALL’OCCIDENTE

RUSSIA TODAY – LA MINACCIA DI ISRAELE

VETERANS TODAY – L’ATTENTATO AD HARIRI

 

 

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