AIRBUS, MANNAIA DI DAZI USA SU PARMIGIANO E GRANA: L’italia paga per gli illeciti di francesi, tedeschi e inglesi
La decisione del WTO sull’holding aerea europea
penalizza le eccellenze enogastronomiche italiane
e favorirà il fake Parmesan e altre imitazioni
difese in America da un erede degli Auricchio.
Il direttore del Consorzio Grana Padano:
«Protesteremo davanti ale basi Usa in Italia»
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
«Questi dazi americani vengono autorizzati dal WTO per un aiuto che l’Europa ha dato all’Airbus, una società per azioni composta dal governo francese, tedesco, spagnolo e inglese. Non italiano! È vero che l’Italia fa parte dell’Ue, però l’Airbus non c’entra niente con noi! Oltre il danno c’è anche la beffa. Gli accordi sulle politiche internazionali dovrebbero passare attraverso discorsi diversi che non le punizioni sui prodotti di qualità. Alla fine si puniscono anche i consumatori, sono stati puniti quelli russi, così come ora potrebbero esserlo anche i consumatori americani».
E’ furente Stefano Berni, il direttore generale del Consorzio Tutela Grana Padano, che in comunicati ufficiali e interviste annuncia l’intenzione di portare la protesta davanti alle basi Usa in Italia. La World Trade Organization, l’ente internazionale che disciplina con criteri assai opinabili il commercio internazionale, ha autorizzato gli Stati Uniti d’America ad applicare dazi sui prodotti europei per 7,5 miliardi di dollari (contro gli 11 richiesti dall’amministrazione americana) per l’illecito aiuto dato dall’Unione Europea alla compagnia aerea Airbus. Un supporto finanziario che ha contribuito alla holding di diventare leader dei velivoli di aviazione civile a discapito della statunitense Boeing.
I dazi scatteranno dal 18 ottobre ed imporranno una tariffa maggiorativa del 25% anche su Parmigiano reggiano, Pecorino Romano, Provolone e prosciutto crudo: si salverebbero invece l’olio d’oliva e il prosecco, secondo quanto emerge dalla lista dei prodotti pubblicata dalle autorità americane dopo il via libera del Wto agli Stati Uniti. Nell’elenco figurano anche il whisky scozzese, i vini francesi, l’Emmental svizzero e la Groviera e tassazioni extra del 10% sugli aerei commerciali. Nel 2020 l’Unione Europea potrà forse prendersi la rivincita se l’organizzazione per il commercio accoglierà la medesima istanza al WTO contro l’aiuto del governo americano a Boeing. Ma intanto a farne le spese sono allevatori e produttori di una filiera italiana della gastronomia di eccellenza…
Ma in Italia oltre al danno c’è pure la beffa: la compagnia aerea Airbus, infatti, ha sede principale a Blagnac, in Francia (ma amministrativa a Leida nei Paesi Bassi) ed opera con varie filiali in Regno Unito, Germania, Spagna, Nord America, Cina e Giappone. Ha uffici anche a Mosca, Dubai, Bangalore, Singapore e Sidney, ed ha tre siti di produzione in Francia, altrettanti in Spagna e Germania e due in Inghilterra cui si aggiungono 7 linee di assemblaggio finale a Tolosa, Amburgo, Siviglia, Pechino e Mobile (Alabama). Può contare su circa 133mila dipendenti. Di questi nemmeno un Italia! Nel 2018 ha faturato ben 63,7 miliardi di dollari con un utile netto di 3,05. Nonostante ciò gli illeciti contributi erogati dall’Unione Europea per una cifra pari al doppio dell’utile annuo della compagnia ora ricadono anche sulle teste degli italiani…
UKRAINEGATE: Trump contro il figlio di Biden per il maxi-stipendio da Burisma gas
E’ stato lo stesso Mike Pompeo, segretario di Stato Usa, ad annunciare che i dazi potranno avere pesanti ricadute sul comparto agroalimentare ed in particolare su prodotti caseari. Pompeo lo ha dichiarato in un’intervista a SkyTG24 mentre si trovava impegnato nel suo tour in Italia dove ha incontrato il presidente Sergio Mattarella ed il premier Giuseppe Conte al fine di tranquillizzare la politica romana nel mezzo dell’Ukrainegate e della richiesta di impeachment contro il presidente Donald Trump per una telefonata ritenuta di pressioni al presidente ucraino. La procedura è stata sollecitata dai Democratici in uno scandalo gravido di contraddizioni e sospetti anche sul ruolo del candidato alle presidenziali Usa per i Dem, Joe Biden e del figlio Hunter, amministratore e direttore di una società energetica con grossi interessi nella regione ucraina del Donbass, al centro della guerra civile finanziata prima da Obama e poi da Trump.
Pompeo ha anche incontrato il neoministro agli Affari Esteri Luigi Di Maio, fotografato sorridente mentre brindava con una birra insieme al numero 2 della Casa Bianca nonostante la tremenda notizia. «In un momento in cui l’economia rallenta, le nostre imprese devono avere certezze e noi non faremo sconti nel difendere le imprese italiane con tutte le nostre forze. I dazi ci preoccupano perché abbiamo imprese che vivono di export. Stiamo lavorando per esportare prodotti e tenere qui gli stabilimenti» ha commentato Di Maio con dichiarazioni di vacuo qualunquismo dopo la cena con Pompeo a Villa Madama.
IL BAZOOKA “QE” DI DRAGHI: per fare più debito e rapinare i beni d’Italia
L’ALLARME DEI CONSORZI PARMIGIANO REGGIANO E GRANA PADANO
La mannania dei dazi è destinata ad essere davvero devastante soprattutto sui formaggi Dop italiani come Grana Padano e Parmigiano Reggiano che hanno i loro marchi tutelati solo in Europa ma non nel resto del mondo, dove le imitazioni Parmesan e Grana senza denominazione di origine stanno facendo una concorrenza spietata anche per i metodi di produzione stagionatura differenti che consentono un notevole contenimento dei costi.
Basti citare il fatto che il Parmigiano Reggiano Dop non consente l’aggiunta di additivi, mentre nell’imitazione americana, utilizzabile col nome Parmesan negli Usa e in molte parti del mondo dove contano i Trade Marks ma non le Dop, è permesso l’utilizzo di cellulosa (polpa di legno polverizzata) per rinforzare la “grana” di un formaggio con minore stagionatura: massimo 10 mesi contro i 12 minimi del prodotto Reggiano che puà arrivare fino a 48 nelle versioni riserva (il Grana Padano fino a 20 mesi). Nel 2016 scoppiò uno scandalo perché in Pennsylvania si scoprì una partita di Parmesan di importanti brands che aveva una concentrazione dell’8,8 % di truciolati sebbene Dean Sommer, esperto tecnologo di un centro di ricerca nel Wisconsin, segnalasse che la quantità di cellulosa accettabile varia tra il 2 e il 4%.
«Trump ha stilato una lista di prodotti europei, e tra questi ci sono tanti prodotti italiani, che saranno soggetti ad un dazio al 100%. Tra questi c’è anche il Parmigiano Reggiano. Se questa cosa dovesse accadere, il prezzo del nostro prodotto passerebbe sugli scaffali americani da 40 a 60 dollari al chilo. Ciò significherebbe perdere fino al 90% del mercato americano. Sarebbe un’operazione folle perché perdente per tutti i player. In primis, per i produttori di Parmigiano Reggiano che vedrebbero un crollo delle vendite negli USA, ma in seconda battuta anche per gli operatori americani che acquistano il Parmigiano Reggiano e poi lo porzionano in diversi formati, grattugiano il prodotto, lo utilizzano per differenti preparazioni. Solo questo business vale circa 200 milioni di dollari che vanno tutti nelle tasche degli americani» aveva segnalato ancor prima della decisione WTO Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano, durante un incontro col premier Conte a Villaggio Coldiretti, durante l’evento tenutosi a Bologna lo scorso weekend.
«La grande vittima sarà il consumatore americano che non troverà più il Parmigiano Reggiano sugli scaffali e dovrà accontentarsi del fake Parmesan che costa meno, ma che nulla ha a che vedere con l’autentico prodotto italiano. Se a questo aggiungiamo che, il Parmigiano Reggiano, insieme al Grana Padano, rappresenta la trasformazione del 40% del latte italiano, il crollo del prezzo delle due DOP vorrebbe dire anche far crollare il prezzo del latte e di tutti i prodotti lattiero caseari italiani. In sostanza sarebbe un’operazione disastrosa – aggiunge Bertinelli – Ecco perché stiamo sensibilizzando l’opinione pubblica sia americana che italiana per fare capire che questa è un’operazione assolutamente ingiusta in quanto l’Italia, che non c’entra nulla con il consorzio Airbus (ne fanno parte la Francia, la Germania , la Spagna e il Regno Unito) si troverebbe a pagare una bolletta veramente insensata, con il conseguente crollo del prezzo del prodotto e di tutto il comparto lattiero caseario».
Il direttore del Consorzio Grana Padano, Stefano Berni, analizza nel dettaglio il rischio di «danni ingentissimi, perché di fatto si bloccherebbero le esportazioni verso gli Stati Uniti. L’entità annunciata è così rilevante che non sarebbe più interessante per il consumatore americano comprare del Grana Padano. Ci sarebbe un danno per mancata esportazione di circa 50 milioni di euro, ma vi sarebbe anche un danno indotto di 270 milioni, perché il prodotto che doveva andare negli Stati Uniti è già nei magazzini da mesi. È un danno che già abbiamo subito quando purtroppo ci fu l’embargo dei nostri prodotti verso la Russia. I prodotti stagionati stanno nei magazzini, se si blocca un mercato quel prodotto va a pesare sugli altri mercati, quindi cadono le quotazioni. Il danno sarebbe grandissimo: in Russia esportavamo 30 mila forme, in America 160 mila; il rapporto sarebbe il danno subito in Russia moltiplicato per cinque».
Il peso di questi due prodotti di eccellenza nel comparto agroalimentare del Bel Paese è ben evidentiato dai numeri attinti dai rispettivi siti dei Consorzi di Tutela. Nel 2018 i 128 caseifici del Grana Padano Dop hanno dato lavoro a 40mila addetti consentendo di produrre 4.932.996 forme totali di cui 1.938.328 esportate. Mentre i 335 caseifici del Parmigiano Reggiano Dop che occupano 50mila persone hanno consentito l’esportazione di 54.360 tonnellate di questo formaggio stagionato he rappresentano il 40 % dell’intera produzione per un giro d’affari di 1,4 miliardi di euro.
LA SFIDA DEL PARMESAN AMERICANO DEL SIGNOR AURICCHIO
«Già adesso il falso Grana prodotto negli Stati Uniti supera di molto quello nostro italiano. Questi dazi creerebbero ulteriori spazi per i fake dei prodotti italiani fatti in America. Con questo provvedimento Trump non porterà a casa più soldi per gli Stati Uniti, si tratta di una scusa che usa per assecondare le lobby dei farmer americani e dei trasformatori di latte americani» evidenzia Berni rammentando quanto sia ormai potente la lobby casearia statunitense.
Per comprenderlo basta riportare acuni numeri diffusi dal quotidiano finanziario IlSole 24Ore alcuni mesi fa: «Ogni cinque abitanti in Wisconsin c’è una mucca da latte (sono 1.274.000 per la precisione, dagli ultimi dati dell’associazione dei Dairy Farmer’s). Mucche che producono fiumi di latte. Nel 2018 le mucche del Wisconsin hanno prodotto circa 14 miliardi di litri di latte. Il 90% del latte finisce nella produzione di formaggi, oltre 600 varietà. Per un giro d’affari che l’Università del Wisconsin stimava nel 2016 a 43,3 miliardi di dollari. Per capire le dimensioni del settore lattiero caseario, se fosse uno stato sovrano il Wisconsin sarebbe al quarto posto nel mondo per la quantità di formaggi prodotti, dietro Stati Uniti, Francia, Germania e prima dell’Italia».
La guerra tra Dop italiane e produzioni casearie americane, alcune delle quali di alta qualità come emerso anche durante la recente fiera internazionale Cheese di Bra, non ha ragione di esistere secondo un italiano emigrato negli Usa che porta un cognome di fama mondiale nella tradizione dei formaggi. Si tratta di Errico Auricchio che nel 1979 ha lasciato Cremona per trasferirsi nel Wisconsin dove la sua esperienza nel campo caseario gli ha consentito di fare una fortuna: ha venduto le sue quote nell’azienda di famiglia (dal 2017 tra i produttori di Parmigiano Reggiano Dop) e nel 1993 ha rilevato il marchio italiano Belgioioso che oggi produce 27 diverse varietà d formaggio tra cui, ovviamente, anche il Parmesan…
«Per poter usare un marchio negli Stati Uniti ci sono due condizioni da soddisfare: devo essere solo io a usarlo e il marchio non deve confondersi con altri prodotti» – ha spiegato Errico Auricchio in un’intervista a Il Sole 24Ore anche inqualità di presidente del Consortium for common food names, (Ccfn), l’associazione internazionale, con sede a Washington D.C., che si batte per il diritto a utilizzare i nomi comuni dei prodotti alimentari.
«Credo che ormai si produca più parmesan all’estero che in Italia. Se pure i produttori di Parmigiano Reggiano volessero, con il latte di Parma e di Reggio Emilia non riuscirebbero a soddisfare tutta la domanda di prodotto che c’è. Una cosa è l’origine: la Mozzarella di Bufala Campana Dop è quella che si produce in Campania e nessuno ha il diritto di produrla se non è lì, ma la mozzarella è un tipo di formaggio. La difficoltà è sul nome comune. Importante è non fare confusione con l’origine. Un altro fattore è il prezzo: per acquistare un pezzo di 450 grammi di Parmigiano Reggiano negli Usa ci vogliono 15 dollari, contro la metà del parmesan americano. Ci sono tanti consumatori che preferiscono il Parmigiano Reggiano, altri che guardano il prezzo e comprano il nostro. Il mercato americano è molto grande e c’è spazio per tutti. Noi d’altronde – conclude Auricchio – non possiamo esportare il nostro formaggio in Europa. Ma sono convinto che se Trump verrà rieletto con altri 4 anni entreremo anche noi in Europa».
La stangata in arrivo sull’agroalimentare per il caso Airbus rappresenta un ulteriore volano per la produzione casearia americana visto che un pezzo di Parmigiano Reggiano Dop da domani potrebbe costare più di 20 dollari per mezzo chilo scarso: il triplo dell’imitazione Made in Usa!
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI
SPUTNIK ITALIA – PARLA IL DIRETTORE DEL CONSORZIO GRANA PADANO
VILLAGGIO COLDIRETTI – IL CASO PARMIGIANO REGGIANO
IL GIORNALE – TRUCIOLI NEL PARMESAN
WISCONSIN: LA VALLE FELICE DOVE NASCE IL PARMESAN
IL CONSORZIO PARMIGIANO REGGIANO DOP