JIHADISTI ARMATI DAI TURCHI FUCILANO LA GIOVANE POLITICA. Erdogan bombarda anche le ambulanze
Bloccata in un agguato e uccisa Hevrin Khalaf:
sognava la pace tra Curdi, Cristiani e Arabi
e si batteva per i diritti delle donne
Il video choc pubblicato dagli stessi terroristi
mostra la strage di civili sull’autostrada
Razzi su ospedali e mezzi della Mezzaluna Rossa
Già 130mila profughi secondo l’Onu
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Aveva un sogno: quello di riunire i gruppi etnici Curdi, Cristiani, ed arabi Sunniti e Sciiti del Rojava per una pacifica convivenza in quell’area del Nord Est della Siria. E si batteva per i diritti della donna contro i pregiudizi della cultura islamica. E’ stata sequestrata in un agguato dei feroci jihadisti che si nascondono sotto la maschera dei ribelli anti-Assad dell’Esercito Siriano Libero (Free Syrian Army in inglese). E’ stata subito fucilata insieme al suo autista con i kalashnikov.
Gli stessi fucili d’assalto semiautomatici AK 47 sono utilizzati dai terroristi affiliati ad Al Qaeda di Al Sharqiyah per controllare i Curdi, per conto della Turchia, nelle città occupate di Afrin nell’operazione denominata sarcasticamente Olive Branch, ramoscello d’ulivo, avviata dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel 2018 insieme ad un’analoga missione Euphrate Shield nella valle dell’omonimo fiume.
Si chiamava Hevrin Khalaf, aveva solo 35 anni, ed era segretario generale del Future Syria Party. La notizia è stata diffusa ieri dal Consiglio democratico siriano (DSC), l’ala politica delle Forze Democratiche Siriane (SDF) che, dopo aver sconfitto l’Isis a Raqqa e Bagouz, da mercoledì 9 ottobre stanno cercando di opporsi all’invasione dei carriarmati del dittatore di Ankara, leader politico dei Fratelli Musulmani, un’organizzazione dell’Islam Sunnita radicale.
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Con la morte di Hefrin sono almeno 61 i civili uccisi, tra cui 7 donne e 6 minori, nelle ultime 72 ore, secondo la Mezzaluna Rossa curdo-siriana, che ha subito anche attacchi diretti alle sue ambulanze. E secondo l’Onu i profughi in fuga dal Rojava sono già saliti a 130mila in soltanto uattro giorni. Un esodo di proporzioni immani che avrà gravi ricadute sulle migrazioni in Europa.
Ad ucciderla non è stato un razzo come avvenuto per la piccola Sara di 10 anni di cui abbiamo narrato la storia come emblematica del martirio dei bambini della Comunità Cristiana strangolata tra i due fuochi dello scontro tra Turchi e Curdi. In una dichiarazione ufficiale l’esercito SDF ha rivelato che ad Hevrin è stata tesa un’imboscata in cui è stata catturata da militanti sostenuti dalla Turchia sull’autostrada M4 nel nord-est della Siria che collega la martoriata enclave cristiana di Qamishli (a est) e Manbij (a nord), mentre era di ritorno da un incontro pubblico.
«Questa è una chiara prova che lo stato turco sta continuando la sua politica criminale nei confronti di civili disarmati. La professoressa Hevrin Khalaf, era il segretario generale del Future Syria Party, un partito con un orientamento politico nei confronti della Siria in generale, è ben lungi dall’essere un’attività militare» si legge nella dichiarazione della DSC.
La donna sarebbe stata ingiustamente accusata dalla propaganda di regime di essere un esponente del PKK, l’organizzazione paramilitare del Partito dei Lavoratori del Kurdistan fondata da Abdulha Ocalan, detenuto per atti di terrorismo nelle carceri turche dove sta scontando l’ergastolo ma considerato vittima di rappresaglia politica da molte organizzazioni policihe ed umanitarie internazionali. Accuse in palese contrasto con l’attività di mediazione etnica svolta da Hevrin in Siria. In realtà era colei che cercava di rivendicare i diritti delle donne e si faceva tramite tra i suoi alleati Curdi dell’SDF-YPG e gli altri gruppi etnici e religiosi del Rojava, dai Cristiani sino ai Musulmani Sunniti.
L’autostrada M4, che collega al-Hasakah, Raqqa e Aleppo, è stata bloccata dai miliziani appoggiati dalla Turchia nelle prime ore del mattino di sabato 12 ottobre. Il blitz sarebbe stato condotto sotto la bandiera dei rivoluzionari ESL/FSA che fino a pochi giorni fa era un’entità praticamente sconfitta con pochi combattenti nella provincia di Idlib, dove ormai sono comandati dai qaedisti di Al Nusra-HTS.
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La propaganda turca ha resuscitato la compagine ESL/FSA definendola sua alleata al fine di spacciare per ribelli democratici contrari al governo di Damasco dei plotoni di jihadisti in cui i gruppi rivali di Al Qaeda ed Isis si sono di fatto alleati. Ecco perchè non è ancora chiaro se a compiere l’agguato siano stati i terroristi musulmani di Al Sharqiyah usati come “contractors” dalla Turchia, o un manipolo di soldati della Bandiera Nera che ancora credono nel progetto dello Stato Islamico, rilanciato dal califfo Al Baghdadi, nascosto in qualche covo nel deserto, nel video dell’aprile scorso.
Brett McGurk, ex inviato americano della Global Coalition against Daesh, è rimasto incredulo. «I media turchi appoggiati dallo stato salutano come un’operazione di successo quella di aver neutralizzato una donna di 35 anni disarmata che lavorava per unire arabi, cristiani e curdi nel nord-est della Siria» ha affermato il diplomatico sul suo profilo Twitter (@brett_mcgurk). «Secondo quanto riferito, Khalaf è stata trascinata da un veicolo e uccisa a colpi di arma da fuoco. Come se ciò non fosse abbastanza atroce, i combattenti arabi sostenuti dalla Turchia sembra che abbiano trucidato almeno altri due prigionieri sul ciglio della strada. Uno di loro era ammanettato e sdraiato. Il seguente video non è piacevole».
Sono ormai numerosi i filmati che attestano questa feroce violenza e vengono postati dagli stessi jihadisti per vantarsi delle cruente gesta. In un altro di essi, su Twitter, si vede la ragazza trascinata fuori dal SUV corrazzato su cui viaggiava per essere freddata con un colpo di fucile.
In un altro post, invece, c’è la foto del famigerato gruppo qaedista di Ahrar al Sharqiya (TFSA) che ostenta le proprie bandiere accanto ad alcuni prigionieri civili curdi prima di ammazzarli con una sommaria esecuzione, secondo quanto riferito dall’attivista che ha diffuso l’emblematica immagine.
AMBULANZE ED OSPEDALI BOMBARDATI DAI TURCHI
Intanto la furia malefica scatenata dal dittatore islamico
non conosce limiti: «La Mezzaluna Rossa Curda (Kurdish Red Crescent) ha detto che due delle loro ambulanze che erano in viaggio per Serekaniye sono state prese di mira dai bombardamenti dell’esercito Turco» ha riferito l’agenzia locale ANHA.
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Ma anche l’Ansa ha evidenziato gli attacchi agli ospedali ed ai mezzi di soccorso. «L’ ong internazionale ‘Un ponte per’ denuncia in una nota una serie di attacchi turchi contro presidi sanitari, ambulanze e operatori in Siria. “Colpire le strutture mediche, il personale medico-sanitario, gli operatori umanitari è una gravissima violazione del Diritto Umanitario e delle Convenzioni di Ginevra”, afferma la ong, che chiede, insieme alla Mezzaluna rossa curda che “ogni misura sia intrapresa perché la Turchia includa nella lista degli obiettivi non militari i presidi sanitari, gli ospedali e le ambulanze, cosa che ad oggi non ha fatto”» scrive l’Ansa.
L’organizzazione ‘Un ponte per’ riporta che tra venerdì e sabato sono state colpite due scuole a Tel Abyad e due chiese a Qahtaniya, due ospedali a Serekanye/Ras Al Ain e Kobane, un panificio a Qamishlo, una colonna di civili che avanzava da Raqqa verso Tel Abiad, mentre il 10 ottobre era state prese di mira le due dighe che alimentano i principali depositi d’acqua dell’area di Hassaka e Raqqa, necessari a rifornire la popolazione di acqua potabile ed a servire gli ospedali della zona.
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Sembra la storia dello sterminio avviato contro i Curdi dell’ex presidente iracheno Saddam Hussein. Con la sostanziale ed enorme differenza che lui era considerato dalla comunità internazionale un dittatore. E come tale fu combattuto ed ucciso durante le due Guerre del Golfo, sebbene con tante motivazioni rivelatesi poi anche fasulle…
Erdogan, invece, dovrebbe essere un alleato del Patto Atlantico che proprio l’altro ieri ha avuto un cordiale incontro diplomatico con il segretario generale Jens Stoltenberg. Bene ha scritto sul suo profilo Twitter ieri mattina CNW (@ConflictsW) nel riportare preziose notizie sulle operazioni militari nel Rojava: «Solo una nota a margine. La Turchia ha lasciato che questi jihadisti si raggruppassero ed attaccassero la SDF. Sono finanziati e forniti dalla Turchia, membro della NATO e stanno eseguendo esecuzioni di politici e civili in Siria».
USA E RUSSIA BOCCIANO LA RISOLUZIONE ONU CONTRO LA TURCHIA
L’esperto giornalista Lorenzo Vita ha scritto su Inside Over, rubrica di geopolitica e cronache di guerra de Il Giornale, un illuminante articolo dal titolo “Il colpo di grazia all’Europa” in riferimento all’incapacità dell’Unione Europea di agire politicamente ed energicamente per bloccare la presunta alleata Turchia. Ebbene se ciò non può farlo è anche perché, come scritto nel precedente reportage, c’è persino un contingente militare italiano impegnato sul fronte siriano nei pressi di Kobane a difesa dello spazio aereo turco per una precedente operazione Nato denominata Active Fence.
Ecco perché la guerra civile in Siria, come anche quella in Libia, soprattutto alla luce di quest’ultima invasione turca, analoga per sfrontatezza a quella dell’Iraq di Hussein in Kuwait nell’agosto 1990, è soprattutto il colpo di grazia alla NATO, divenuta un sofisticato centro di intelligence militare utile solo a giustificare le azioni dei più forti, come appunto la Turchia, secondo esercito della coalizione.
L’invasione turca nel Rojava dimostra che sono solo Usa e Russia in grado di decidere la partita. Oggi il masacro dei Curdi e dei Cristiani del Rojava è il sanguinario prezzo da pagare nel braccio di ferro tra Vladimir Putin e Donald Trump sull’egemonia strategica in Siria. Nei giorni scorsi gli ambasciatori di entrambi i paesi all’Onu hanno posto il veto contro la risoluzione del Consiglio di Sicurezza sollecitata da sette paesi europei per dichiarare illegittima l’azione di Erdogan.
Lo hanno fatto per motivi differenti: Washington perché vuole riportare Ankara nella sua sfera di parnership militare, cerca una scusa per restare nella valle dell’Eufrate ricca di petrolio (dove rimangono ben stabili le basi americane a spremerlo col contrabbando) e vuole che l’Europa si riprenda i suoi Foreign Terrorist Fighters dell’Isis come stanno facendo gli Usa.
Mosca perché vuole mantenere buoni rapporti con Erdogan per definire l’emergenza ad Idlib ma vuole soprattutto sfruttare la tragedia per ottenere una soluzione definitiva del conflitto siriano con la fuoriuscita dal paese di ogni esercito straniero ed il riconoscimento davanti al mondo intero della sovranità della Siria e della legittimità del governo del suo alleato Bashar Al Assad. Una nobile causa, quella di Putin, dopo mezzo milione di morti. Ma il fine non sempre giustifica i mezzi. Di certo non quando ad agire sono jihadisti che spargono sangue innocente e stanno rinconquistando potere in Medio Oriente.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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