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Giornalista americano arrestato a Washington dopo l’inchiesta sui jihadisti armati dalla CIA coi missili TOW

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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Max Blumenthal, il giornalista di punta del sito di contro-informazione di fama mondiale GrayZone, è stato arrestato venerdì scorso dalla polizia DC (District of Columbia) di Washington in quello che lui stesso ha definito “un tentativo politicamente motivato di mettere a tacere il giornalismo investigativo”.

La notizia è stata diffusa soltanto poche ore fa, alle 10,41 PM (Gmt +4) ora della costa Atlantica americana, dallo stesso reporter sul suo account Twitter in quanto gli è stata negata la possibilità di chiamare un avvocato nei due giorni in cui è stato detenuto nella prigione centrale DC. E’ stato così privato di un diritto fondamentale come se fosse il peggiore dei terroristi islamici di cui invece lui smaschera le trame proprio con il Pentagono…

L’arresto è stato effettuato durante un raid che lui ha descritto stile SWAT, le unità speciali di pronte intervento con armi speciali della polizia statunitense, nella mattinata del 26 ottobre nella sua abitazione di Washington.

«Il governo federale ha essenzialmente arruolato la polizia della DC come SWAT, assicurandomi di essere sottoposto a un raid mattutino e poi languire in prigione per giorni senza nemmeno la possibilità di chiamare un avvocato» ha scritto il giornalista aggiungendo che l’operazione è stata giustificata «con l’accusa inventata di aggressione legata alla sua copertura dell’assedio dell’ambasciata venezuelana da parte di attivisti dell’opposizione appoggiati dagli Stati Uniti».

Il giornalista investigativo Max Blumenthal e l’ambasciata del Venezuela a Washington occupata dai sostenutori di Maduro nel maggio scorso

Ciò avvenne in seguito al tentativo di regime-change operato dalla Casa Bianca in Venezuela con l’unilaterale riconoscimento dell’autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidò in contrapposizione al presidente eletto Nicolas Maduro.

IL GIUDICE: «GOLPE VENEZUELA NEI PIANI DI SOSPETTA SPIA USA»

Nella primavera scorsa, in seguito all’espulsione dagki Usa dei diplomatici della Repubblica Socialista Bolivariana, i sostenitori di Maduro occuparono l’ambasciata in segno di protesta mentre quelli dell’avversario Guaidò circondarono l’edificio impedendo per giorni gli approvigionamenti dei beni di prima necessità agli occupanti.

Gli attivisti pro Maduro messi al muro dalla polizia DC durante il blitz nell’ambasciata del Venezuela a Washington il 16 maggio 2019

Le tensioni durarono alcuni giorni fino al 16 maggio quando la stessa polizia DC fece irruzione nell’edificio mettendo al muro i giovani pro Maduro ed arrestandoli per liberarli con una diffida il giorno successivo. Blumenthal fu uno di coloro che diede maggiore risalto alla vicenda riportata con dovizia di particolari anche da Gospa News.

WASHINGTON: POLIZIA ASSALTA L’AMBASCIATA DEL VENEZUELA

Ma nel clima ormai decotto del golpe a Caracas, dove Guaidò è sempre meno popolare e si trova a rischio di numerosi processi per complicità nei sabotaggi cibernetici ed elettromagnetici che lasciarono la nazione in un tremendo black-out a marzo, la motivazione di quel vecchio episodio sembra davvero pretestuosa. Mentre sembra più credibile che, come teme la redazione, si tratti di una vera rappresaglia per qualche articolo pubblicato da GrayZone come l’ultimo sui 41 milioni di dollari dati dall’organizzazione governativa USAID al team di Guaidò.

Risulta ancora più inqietante, però, la coincidenza per cui il blitz della polizia sia avvenuto pochi giorni dopo la pubblicazione da parte dello stesso Blumenthal di una dettagliata e sconcertante inchiesta sui finanziamenti del Pentagono e della Cia ai gruppi jihadisti ora alleati della Turchia nell’invasione del Rojava, la regione autonoma curda della Siria Nord-Orientale.

L’inchiesta del giornalista investigativo Blumenthal pubblicata il 16 ottobre, ovvero soli 11 giorni prima del suo arresto, ebbe un grande risalto sui media specializzati nei reportage OSINT come Gospa News perché basata su un documentato dossier eleaborato dal think-tank turco SETA.

DOSSIER TURCO: I 21 GRUPPI JIHADISTI FINANZIATI DA USA E CIA: armati coi micidiali missili TOW

L’indagine, riportata da me anche sul sito americano di intelligence militare Veterans Today, fu menzionata in un articolo sulla Siria nelle pagine del quotidiano Il Giornale dall’inviato di guerra Fausto Biloslavo, perché conteneva la dettagliata rivelazione di tutte le formazioni islamiche sunnite estremiste che hanno ricevuto i micidiali missili anti-carro TOW dagli Usa durante la guerra civile siriana.

Un terrorista jihadista filo-turco HTS mentre spara un missile americano TOW nella provincia di Idlib

Recenti inchieste di media arabi hanno rivelato che quegli stessi razzi, utilizzabili da un apposito treppiedi di lancio o da un veicolo blindato, sono finiti nelle mani delle formazioni jihadiste protette dalla Turchia nella provincia di Idlib come quella qaedista di Hayyat Tahrir al-Sham (HYS) in cui sono confluiti i miliziani di Al Nusra.

Tra i 15 gruppi che ricevettero i TOW c’è Jaysh al-Ahrar, Esercito della Libertà, fondato da Hashim al-Shaykh (“Abu Jaber”) divenuto poi comandante HTS, Jaysh al-Nasr, Esercito della Vittoria, alleato della Turchia ad Afrin accanto ai mercenari della fazione jihadista più selvaggia Ahrar al Sharqiyyah, quella che ha ucciso l’attivista dei diritti umani curda Hevrin Khalaf, ed infine Jaysh al Thani, Esercito dell’Islam, accusato di aver usato in passato granate al fosforo bianco sui civili siriani e finiti al centro di una gaffe dell’ex Segretario di Stato Usa John Kerry che l’accusò di essere una formazione terroristica, come sostenuto dalla Russia, sebbene fosse nell’elenco dei cosiddetti ribelli moderati anti-Assad finanziati da Washington.

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Lo scottante dossier rilanciato da Blumenthal era stato diffuso dal centro turco Seta probabilmente in un tentativo di evidenziare le grandi responsabilità americane nella guerra in Siria per giustificare in qualche modo l’invasione dell’esercito turco di Recep Tayyip Erdogan.

Non va dimenticato che l’arresto del giornalista investigativo è avvenuto proprio nelle ore in cui il Pentagono ha ordito l’operazione militare contro il califfo dell’Isis Al Baghdadi su cui aleggiano tanti misteri da indurre a dubitare dell’effettivo compimento e successo del raid Usa.

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Una vicenda su cui l’esperto giornalista americano, supportato da una rete di autorevoli fonti internazionali, avrebbe potuto certamente fare molte indagini.

Il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump

Ma il presidente repubblicano Donald Trump, al pari del suo predecessore democratico Barack Obama che certamente agiva con maggiore tatto e diplomazia, non ha piacere che gli americani, l’occidente ed il mondo intero conoscano i loschi intrighi di Washington e della Cia con i manifestanti armati di molotov delle Guarimbas in Venezuela piuttosto che coi jihadisti in Siria.

Gli Usa, i grandi esportatori della presunta democrazia nel Medio Oriente ricco di petrolio, sono i primi a non riconoscere i diritti fondamentali di libertà di opinione, di stampa e persino di avere un avvocato quando si viene arrestati. Coraggio Max! Siamo tutti con te…

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI PRINCIPALI

GRAYZONE – BLUMENTHAL ARRESTATO A WASHINGTON

SYRIA, TUTTI I REPORTAGES DI GOSPA NEWS

JIHADISTI, TUTTI I REPORTAGES DI GOSPA NEWS

VENEZUELA, TUTTI I REPORTAGES DI GOSPA NEWS

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