Le ”profezie” di San Pio sulla Patria Cristiana. La lotta coi Massoni e l’aborto imposto da Rockefeller – NWO
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Articolo pubblicato il 24 novembre 2019
«Io odio il peccato! Fortunata la nostra patria, se essa, madre del diritto, volesse perfezionare in questo senso le sue leggi e i suoi costumi nella luce dell’onestà e dei principi cristiani».
(San Pio da Pietrelcina, cit. pag. 143 dal libro Il buon Pastore di Monsignor Giuseppe Del Ton).
Queste parole furono pronunciate da Padre Pio certamente prima del 1959, data della pubblicazione del volume che riporta le sue perle di saggezza cristiana e cattolica ma soprattutto umana e sociale, talmente attuali da apparire profetiche. Le ho lette oggi, per un’ispirazione probabilmente divina, nel diario “Buona Giornata!… Un pensiero per ogni giorno dell’anno” dall’edizione speciale del Convento dei Padri Cappuccini di Santa Maria delle Grazie di San Giovanni Rotondo per la beatificazione del 1999 del francescano pugliese poi canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2002.
Francesco Forgione (Pietrelcina, Benevento, 25 maggio 1887 – San Giovanni Rotondo, Foggia, 23 settembre 1968), appare vocato all’Ordine Minore fondato dal Poverello d’Assisi fin dal battesimo in virtà del nome, che per aderire alla vita monastica cambiò in Pio, tenendo fede al significato di tale denominazione con le sue opere di misericordia spritituale e materiale e con la sua devozione religiosa al di là di ogni persecuzione ecclesiastica.
Il frate delle Stigmate della Passione di Cristo, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni, fu un francescano cappuccino assai amato e altrettanto contestato, non tanto per i modi a volte un po’ rudi con i peccatori dal pentimento vacillante o del “Vangelo-fai-da-te”, quanto per il suo amore per la verità espressa con tersa sincerità e luminosa semplicità.
Tale virtù è sempre stata la più avversata nella storia del mondo, come rammentano i sacrifici di San Giovanni Battista decollato e Gesù Croficisso, rei di denunciare la corruzione morale dei loro tempi non risparmiando potenti come Erode Antipa o congregazioni religiose come i Farisei.
Desta curiosità, anche in chi come me gli è devoto, leggere le illuminate parole di San Pio che in una frase assai concisa menzionano temi divenuti oggi sempre più reboanti come patria, diritto, leggi, costumi, onestà e, soprattutto, principi cristiani.
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Il suo breve pensiero è ancora più stentoreo in questo Terzo Millennio in cui anche la Chiesa Cattolica sta lentamente scivolando verso la deriva di altre confessioni come quella Protestante Luterana che, pur di tenersi stretti i fedeli peccatori, è giunta ad annichilire duemila anni di dottrina sociale giudaico-cristiana accettando le unioni omosessuali bandite come abominio dall’Antico Testamento fino alla Lettere di San Paolo ai Corinzi.
LA LETTERA DI SAN PAOLO SUGLI OMOSESSUALI
Essendo uomo di raffinata cultura Saul di Tarso ben conosceva le perverse inclinazioni diffuse nel mondo ellenistico dove la pedofilia era una pratica abituale soprattuto nella forma della pederastia, ovvero la sodomia sui fanciulli maschi di tenera età.
«Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il Regno di Dio? Non ingannatevi! Nè gli impuri, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati (malakoi), né gli omosessuali (arsenokoitai), né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il Regno di Dio (1 Cor. 6,9-10)».
Non scrivo queste cose perché discrimino o aborro gli omosessuali, sia chiaro, ma solo per ammonirli cristianamente come “fratelli” sul contenuto delle Sacre Scritture. Le scrivo, quindi, perché mai nessuna Chiesa che osi definirsi Cristiana può “giustificare” tale peccato come non può legittimare l’idolatria (vero Josè Maria Bergoglio?), l’adulterio, il ladrocinio, l’ebbrezza, la rapina, la calunnia e l’avidità di beni materiali. Le parole di Paolo, peraltro, non riecheggiano come un severo anatema ma come un premuroso avvertimento.
L’ultimo degli apostoli (scelse il nome di Paulus perché in latino significa piccolo), nella sua affettuosa “caritas” epistolare non usa gli arcigni moniti del Figlio di Dio.
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell’anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e d’intemperanza. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità (Matteo, 23,27-28)».
Tale condanna è riservata dal Messia ai sacer-doti, ovvero a coloro che hanno una “dote” speciale: la gestione del Sacro Tempio e delle Sacre Scritture. Mentre Paolo avverte semplicemente i peccatori che così facendo non entreranno nel Regno di Dio ma non ne prescrive la pubblica gogna o la lapidazione.
A sgomberare il campo da ogni equivoco sull’omosessualità come sul concetto di divorzio è lo stesso Gesà Cristo nella citazione citazione evangelica di Matteo 10, 5 rispondendo ai Farisei sulla questione del ripudio della moglie: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; 7per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
Le parole di San Pio di oggi, riportate proprio nel pensiero del 24 novembre, aprono davvero il Vaso di Pandora dei mali del mondo. Rileggiamo con attenzione la sua frase: «Io odio il peccato! Fortunata la nostra patria, se essa, madre del diritto, volesse perfezionare in questo senso le sue leggi e i suoi costumi nella luce dell’onestà e dei principi cristiani».
DAL PECCATO DI ADULTERIO AL DIVORZIO IN ITALIA
“Io odio il peccato” è il fulcro dell’insegnamento evangelico di Gesù Cristo e del Magistero della Chiesa Cattolica: odiare il peccato ma non il peccatore. E soprattutto essere pronti ad accoglierlo quando è in sincero pentimento dei suoi peccati. Cosa disse Gesù alla Maddalena? «Sei perdonata. Va e non peccare più». Cosa disse ai lapidatori dell’adultera: «Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra».
Ma ciò non significa, come interpretato da qualche omileta vaneggiante, che quella donna che tradì il marito era una “poveretta” da graziare con superficialità. Significa semplicemente che nessuno aveva diritto di metterla a morte per i suoi peccati: soltanto Dio può decidere le sorti della vita di un essere umano perché è l’unico capace di leggere davvero nel suo cuore il pentimento e la volontà di resipiscenza. Il Vangelo insegna dunque a non condannare e ci esorta anche non giudicare: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato (Luca 6,37)».
Ma è altrettanto rigoroso Gesù nel ribadire la condanna del peccato: «Ora, se il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo; se ti ascolta, tu hai guadagnato il tuo fratello; ma se non ti ascolta, prendi con te ancora uno o due persone, affinché ogni parola sia confermata per la bocca di due o tre testimoni. Se poi rifiuta di ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta anche di ascoltare la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano (Matteo 18,15-17)».
Il frate di San Giovanni Rotondo dopo aver rimarcato il suo odio per il peccato encomia la patria Italia come madre del diritto, in riferimento alla giurisprudenza romana, ponendola così in un ruolo di privilegio storico e mondiale, in un grande atto di devozione anche istituzionale verso la nazione di cui proprio San Francesco è patrono.
Infine c’è l’augurio che possa perfezionare le sue leggi e i suoi costumi nella luce dell’onestà e dei principi cristiani. Più rileggo queste frasi e più mi appaiono davvero apocalitticamente profetiche.
Pio da Petrelcina assume tale nome diventando francescano cappuccino il 22 gennaio 1903, a soli sedici anni; sette anni dopo, il 10 agosto 1910, fu consacrato sacerdote. Nel 1916 fu trasferito a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, e qui, nel convento di S. Maria delle Grazie, ha inizio per Padre Pio una straordinaria avventura di taumaturgo e apostolo del confessionale. Il 20 settembre 1918 il cappuccino riceve le stimmate della Passione di Cristo che resteranno aperte, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni: fino alla morte. sopraggiunta il 23 settembre 1968, a 81 anni, quando scompariranno dal suo corpo (la sua agiografia completa a fondo pagina).
Due anni dopo, la Legge Nazionale 898 del 1° dicembre 1970 (confermata dal referendum 1974) sancisce il diritto al divorzio che rappresenta il primo passo di disgregazione della famiglia, culla della tradizione biblica cristiana e millenni prima di quella giudaica, focolare di carità ma anche fortezza protettiva dei bambini.
Nelle cronache quotidiane si vedono ora le evidenti conseguenze di destabilizzazione sociale che quella norma ha prodotto: abusi sui minori, figli contesi tra coniugi, violenze sulle donne (e anche sugli uomini) accentuate da separazioni traumatiche, spesso per futili motivi, spesso anche frutto di denunce inventate per un più rapido divorzio, come attestato da illustri avvocati matrimonialisti. I paladini del diritto alla separazione possono intontirci con fiumane di parole ma gli esiti nefasti sono questi…
L’ABORTO NEGLI USA VOLUTO DA ROCKEFELLER
Nello stesso anno 1970 Nelson Aldrich Rockefeller (Bar Harbor, 8 luglio 1908 – New York City, 26 gennaio 1979), terzo figlio di John Davison Rockefeller Jr, unico erede dell’omonimo patriarca della famiglia propritaria della Standard Oil, durante il suo mandato di Governatore di New York fece approvare il primo disegno di legge americano per la legalizzazione dell’aborto. Proprio questa scelta, ritenuta troppo liberista all’interno del Partito Repubblicano, gli impedì per tre volte di vincere le primarie per le presidenziali costringendolo ad accontentarsi di essere nominato poi vicepresidente degli Stati Uniti (1974-1976).
Ma lui ne andò fiero al punto da porre il veto a un altro disegno di legge che avrebbe ripristinato il divieto di aborto. Questa la sua dichiarazione ufficiale: «Non credo sia giusto che un gruppo imponga la sua visione della moralità a un’intera società».
Il teorema del Nuovo Ordine Mondiale cominciava ad affacciarsi prepotentemente sulla scena internazionale, come lupo travestito da agnello, anche sotto la maschera di effervescenze spirituali. Come spiega bene la recensione del reverendo Philip E. Wheaton al libro “In Thy Will Be Done: The Conquest of the Amazon: Nelson Rockefeller and Evangelism in the Age of Oil (1996)” scritto da Gerard Colby e Charlotte Dennett
Colby e Dennett documentano come Nelson Rockefeller e la più grande organizzazione missionaria americana hanno lavorato con gli Stati Uniti e i governi stranieri per assicurarsi risorse (petrolio , ecc.) in America Latina e “pacificare” le popolazioni indigene in nome di democrazia, profitto aziendale e religione, provocando massacri e genocidi.
Wheaton afferma: «Thy Will Be Done fornisce al popolo americano un quadro illuminante per comprendere le macchinazioni degli interessi corporativi e in che modo i Rockefeller hanno sfruttato la sincera motivazione spirituale nella loro ricerca di profitti e potere».
Nelson Rockfeller, oltre ad essere il grande finanziatore dell’imprenditore italiano Bernardo Caprotti nel progetto della catena di supermercati Esselunga, fu un uomo di fiducia neò Coordinamento degli affari Inter-americani e pupillo del massone di 33° grado Franklin Delano Roosvelt, già Governatore di New York e presidente Usa dal 1933 al 1945. Non va dimenticato che la Massoneria si radicò fortemente in Nord America grazie anche all’intensa attività di propaganda del suo “papa nero” ovvero il generale sudista Albert Pike, sospettato di essere occultista e satanista nochè tra i fondatori del Ku Klux Klan.
Durante il lungo “regno” del confratello Roosvelt gli Alleati Americani sbarcarono in Sicilia con l’aiuto delle relazioni internazionali della Massoneria del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico Accettato (con loggia madre a Washington e sede a Palermo) e l’appoggio delle famiglie mafiose costrette alla fuga oltreoceano dalla caccia alle cosche lanciata dal prefetto Cesare Mori per ordine del duce Benito Mussolini.
LA SCOMUNICA DEI MASSONI E LE LEGGI ANTICRISTIANE
Mussolini, invece, l’11 febbraio 1929, aveva sottoscritto i Patti Lateranensi tra il Regno d’Italia e la Santa Sede per l’istituzione della Città del Vaticano e la riapertura del dialogo tra l’Italia e il Pontefice interrotti nel 1870 per la breccia di Porta Pia, ovvero l’irruzione armata nello Stato Pontificio ordita dagli stessi massoni anglo-italiani che si appropriarono della capitale dopo aver unito l’Italia nel sangue con lo sbarco dei Mille del massone Giuseppe Garibaldi finanziato da notabili della Grande Loggia d’Inghilterra come Henry Jonh Temple, III visconte di Palmerston.
https://www.gospanews.net/2018/11/04/lopinione-iv-novembre-onore-ai-caduti-del-grande-inganno/
Nel 1884 Papa Leone XIII promulgò l’enciclica Humanus Genus con la scomunica della massoneria. Una manciata di anni dopo Ernest Nathan, nipote di coloro che diedero asilo a Londra al massone Giuseppe Mazzini, terrorista ricercato in tutta Europa dal 1848, divenne il primo Sindaco non aristocratico di Roma dopo essere stato Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, la consorteria massonica più importante della nazione.
E’ lecito ritenere che il buon Padre Pio non avesse cognizione di tutte queste sconcertanti interconnessioni storiche facili da ricostruire oggi grazie a internet. Ed appare persino terribile pensare che il divorzio in Italia e l’aborto negli Usa, due dei principali sfregi alla morale cristiana, siano stati varati esattamente 100 anni dopo il proditorio assalto allo Stato Pontificio.
Il 22 maggio del 1978 anche la Repubblica Italiana recepì la legge per l’interruzione di gravidanza che, secondo ProLife e ProVita, ha causato almeno 6 milioni di morti con un evidente peso sul decremento demografico. Ciò avvenne solo dieci anni dopo la morte del francescano di Pietrelcina che auspicava che la sua patria madre del diritto perfezionasse le sue «leggi e i suoi costumi nella luce dell’onestà e dei principi cristiani».
Mentre a causa di normative diametralmente opposte proprio in questi giorni Gospa News ha raccontato la storia di una ragazza cristiana di Firenze bombardata con potenti psicofarmaci a cui è intollerante e poi costretta ad abortire contro la sua volontà.
“MIA FIGLIA DEVASTATA DAGLI PSICOFARMACI, SEGREGATA E COSTRETTA AD ABORTIRE DALLO STATO”
Il 5 giugno 2016 il Parlamento ha approvato la legge sulle Unioni Civili che legalizza i diritti delle coppie omosessuali fortemente voluta dalla maggioranza di governo del Partito Democratico e subito firmata senza esitazioni dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a dispetto della millantata fede cattolica di quest’ultimo e di vari esponenti del PD. A conferma che l’influenza Massonica e del Nuovo Ordine Mondiale, anche denominato Deep International State, è in grado di sedurre e coartare coscienze dalle radici cristiane.
Tre pupazzi nel Luna-Park del DEEP STATE-CIA alla canna del gas in Libia
IL CASTIGO DI DIO E LA MARTIRE DEI SARACENI
Nell’autunno 2016 il dominicano Padre Giovanni Cavalcoli fu allontanato da Radio Maria e messo alla gogna da molti ecclesiastici per aver affermato che i terromoti in Italia erano un castigo divino per tale atto politico.
Intervistato da la Fede Quotidiana, da teologo coerente, aggiustò la forma ma non la sostanza: «Non mi riferivo alla legge in senso stretto, ma ad alcuni vizi e condotte peccaminose e sregolate come la sodomia. Dio manda il castigo a colui che pecca rendendosi conto di quello che fa, sapendo che va deliberatamente contro la legge di Dio».
LA MISTERIOSA VENDETTA DEL CREATO CONTRO I NEMICI DEL CRISTIANESIMO
Se fosse ancora vivo padre Pio gli avrebbe sicuramente dato ragione…
Ho scritto questa riflessione il 24 novembre e pertanto il pensiero va anche alla santa del giorno: Flora di Cordova, martire della Chiesa Cattolica uccisa il 24 novembre 851 durante l’occupazione Saracena per ordine di un Qadì, un magistrato musulmano, cui si era consegnata spontaneamente per testimoniare la sua fede cristiana pur sapendo che sarebbe andata incontro alla morte.
«A Córdova nell’Andalusia in Spagna, sante Flora e Maria, vergini e martiri, che durante la persecuzione dei Mori furono gettate in carcere insieme a sant’Eulogio e poi trafitte con la spada» recita il Martirologio Romano.
«Era nata nella Spagna islamica, da padre musulmano e madre cristiana. Una volta morto il padre fu educata al Cristianesimo insieme alla sorella Baldegoto ma fu osteggiata dal fratello musulmano. Scappò una prima volta dalla casa natale per farvi poi ritorno poiché suo fratello aveva fatto imprigionare dei religiosi e dei chierici per ricattarla. Tornata fu brutalmente battuta. Si allontanò di nuovo da casa per anni e ne fece ritorno per volontà di martirio – narra Wikipedia – Si disse che il suo corpo, dopo essere stato gettato nei campi e rispettato dalle bestie che non se ne nutrirono, fu gettato nel fiume Guadalquivir».
A distanza di pià di mille anni quella di Santa Flora da Cordova rimane una storia terribile che nell’Italia e nell’Europa di oggi, proprio come le parole di San Pio, evoca davvero visioni apocalittiche e gli spettri diabolici del Nuovo Ordine Mondiale: quel Deep International State capace di riunire gli estremisti più radicali tra Islamici Sunniti, Sionisti Askenaziti e Massoni occidentali, a sostegno delle guerre in Medio Oriente e dei golpe in Asia e America Latina.
Proprio come le operazioni in Sud America in cui era specializzato il pioniere dell’aborto negli Usa.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI PRINCIPALI
GOSPA NEWS – INCHIESE STU COSPIRAZIONI E MASSONERIA
GOSPA NEWS – REPORTAGE ZONE DI GUERRA
GOSPA NEWS – REPORTAGE CRISTIANI PERSEGUITATI
LA VITA DI PADRE PIO
di Maria Di Lorenzo dal sito Santi e Beati
Quando muore, il 23 settembre 1968, a 81 anni, le stimmate scompaiono dal suo corpo e, davanti alle circa centomila persone venute da ogni dove ai suoi funerali, ha inizio quel processo di santificazione che ben prima che la Chiesa lo elevasse alla gloria degli altari lo colloca nella devozione dei fedeli di tutto il mondo come uno dei santi più amati dell’ultimo secolo.
Francesco Forgione era nato a Pietrelcina, provincia di Benevento, il 25 maggio 1887. I suoi genitori, Grazio e Giuseppa, erano poveri contadini, ma assai devoti: in famiglia il rosario si pregava ogni sera in casa tutti insieme, in un clima di grande e filiale fiducia in Dio e nella Madonna. Il soprannaturale irrompe assai presto nella vita del futuro santo: fin da bambino egli riceveva visite frequenti di Gesù e Maria, vedeva demoni e angeli, ma poiché pensava che tutti avessero queste facoltà non ne faceva parola con nessuno. Il 22 gennaio 1903, a sedici anni, entra in convento e da francescano cappuccino prende il nome di fra Pio da Pietrelcina. Diventa sacerdote sette anni dopo, il 10 agosto 1910. Vuole partire missionario per terre lontane, ma Dio ha su di lui altri disegni, specialissimi.
I primi anni di sacerdozio sono compromessi e resi amari dalle sue pessime condizioni di salute, tanto che i superiori lo rimandano più volte a Pietrelcina, nella casa paterna, dove il clima gli è più congeniale. Padre Pio è malato assai gravemente ai polmoni. I medici gli danno poco da vivere. Come se non bastasse, alla malattia si vanno ad aggiungere le terribili vessazioni a cui il demonio lo sottopone, che non lasciano mai in pace il povero frate, torturato nel corpo e nello spirito.
Nel 1916 i superiori pensano di trasferirlo a San Giovanni Rotondo, sul Gargano, e qui, nel convento di S. Maria delle Grazie, ha inizio per Padre Pio una straordinaria avventura di taumaturgo e apostolo del confessionale. Un numero incalcolabile di uomini e donne, dal Gargano e da altre parti dell’Italia, cominciano ad accorrere al suo confessionale, dove egli trascorre anche quattordici-sedici ore al giorno, per lavare i peccati e ricondurre le anime a Dio. È il suo ministero, che attinge la propria forza dalla preghiera e dall’altare, e che Padre Pio realizza non senza grandi sofferenze fisiche e morali.
Il 20 settembre 1918, infatti, il cappuccino riceve le stimmate della Passione di Cristo che resteranno aperte, dolorose e sanguinanti per ben cinquant’anni. Padre Pio viene visitato da un gran numero di medici, subendo incomprensioni e calunnie per le quali deve sottostare a infamanti ispezioni canoniche; il frate delle stimmate si dichiara “figlio dell’obbedienza” e sopporta tutto con serafica pazienza. Infine, viene anche sospeso a divinis e solo dopo diversi anni, prosciolto dalle accuse calunniose, può essere reintegrato nel suo ministero sacerdotale.
La sua celletta, la numero 5, portava appeso alla porta un cartello con una celebre frase di S. Bernardo: “Maria è tutta la ragione della mia speranza”. Maria è il segreto della grandezza di Padre Pio, il segreto della sua santità. A Lei, nel maggio 1956, dedica la “Casa Sollievo della Sofferenza”, una delle strutture sanitarie oggi più qualificate a livello nazionale e internazionale, con 70.000 ricoveri l’anno, attrezzature modernissime e collegamenti con i principali istituti di ricerca nel mondo.
Negli anni ‘40, per combattere con l’arma della preghiera la tremenda realtà della seconda guerra mondiale, Padre Pio diede avvio ai Gruppi di Preghiera, una delle realtà ecclesiali più diffuse attualmente nel mondo, con oltre duecentomila devoti sparsi in tutta la terra. Con la “Casa Sollievo della Sofferenza” essi costituiscono la sua eredità spirituale, il segno di una vita tutta dedicata alla preghiera e contrassegnata da una devozione ardente alla Vergine.
Da Lei il frate si sentiva protetto nella sua lotta quotidiana col demonio, il “cosaccio” come lo chiamava, e per ben due volte la Vergine lo guarisce miracolosamente, nel 1911 e nel 1959. In quest’ultimo caso i medici lo avevano dato proprio per spacciato quando, dopo l’arrivo della Madonna pellegrina di Fatima a San Giovanni Rotondo, il 6 agosto 1959, Padre Pio fu risanato improvvisamente, tra lo stupore e la gioia dei suoi devoti.
“Esiste una scorciatoia per il Paradiso?”, gli fu domandato una volta. “Sì”, lui rispose, “è la Madonna”. “Essa – diceva il frate di Pietrelcina – è il mare attraverso cui si raggiungono i lidi degli splendori eterni”. Esortava sempre i suoi figli spirituali a pregare il Rosario e a imitare la Madonna nelle sue virtù quotidiane quali l’umiltà, la pazienza, il silenzio, la purezza, la carità. “Vorrei avere una voce così forte – diceva – per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna”.
Lui stesso aveva sempre la corona del rosario in mano. Lo recitava incessantemente per intero, soprattutto nelle ore notturne. “Questa preghiera – diceva Padre Pio – è la nostra fede, il sostegno della nostra speranza, l’esplosione della nostra carità”.
Il suo testamento spirituale, alla fine della sua vita, fu: “Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il Rosario”.
Intorno alla sua figura in questi anni si sono scritti molti fiumi di inchiostro. Un incalcolabile numero di articoli e tantissimi libri; si conta che approssimativamente sono più di 200 le biografie a lui dedicate soltanto in italiano. “Farò più rumore da morto che da vivo”, aveva pronosticato lui con la sua solita arguzia. Quella di Padre Pio è veramente una “clientela” mondiale. Perché tanta devozione per questo san Francesco del sud?
Padre Raniero Cantalamessa lo spiega così: “Se tutto il mondo corre dietro a Padre Pio – come un giorno correva dietro a Francesco d’Assisi – è perché intuisce vagamente che non sarà la tecnica con tutte le sue risorse, né la scienza con tutte le sue promesse a salvarci, ma solo la santità. Che è poi come dire l’amore”.
Maria Di Lorenzo
«Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il Regno di Dio? Non ingannatevi! Nè gli impuri, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati (malakoi), né gli omosessuali (arsenokoitai), né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il Regno di Dio (1 Cor. 6,9-10)».
malakoi, assume il significato di persona lasciva, che si veste di debolezza, anche chi troppo tra le lenzuola con donne è un malakoi, chi non ha carattere è un malakoi, al tempo, tale termine non era mai stato riferito ad un effeminato nache perchè non esisteva il termine, ben altri quelli all’uopo utilizzati ed utilizzabili;
arsenokoitai, uomo letto, non sta ad omosessuale, termine moderno freudiano, ma a chi si lascia corrompere fino all’estremo, a colui che va contro la propria natura poichè corrotto, chiaro che se la cosa piace non esiste corruzione, ed allora, non avrebbe avuto altre parole San Paolo da usare piuttosto che un termine che nel senso di omosessuale pochi avrebbero compreso?
non sono un esperto, ma pretendere che Dio abbia detto cose mai dette parrebbe più blasfemia che altro
dopo di che, non sto inneggiando all’Arcigay, proprio non potrei, sto provando a dire che da tutte le parti occorrerebbe più rispetto, il sesso è divenuto il primo problema e sul sesso ci siamo giocati la Chiesa, mi chiedo se ne valesse la pena, i gay sono un 8% al più della popolazione, qualcosa non torna
Purtroppo dalla torre di Babele in poi anche la lingua è stata usata per creare confusione e cancellare l’evidente precetto evangelico di Gesù: “SI’,SI’” e “NO,NO” nelle scelte di etica quotidiana. Basterebbe applicare quello per comprendere come proprio la sessualità sia sempre stata l’ambito morale di maggiore conflitto istinto-cuore-anima-spirito e dove il modernismo ha infranto le sacre barriere di Gesà Cristo poste tra i sì, sì ed il no no, ben evidenti tra la verginità dell’Immacolata Concezione e il meretricio dell’adultera PERDONATA SOLO IN QUANTO SINCERAMENTE PENTITA!
Ma siccome ritengo che il suo sforzo di ricerca etimologica debba avere una risposta la lascio a un testo INEQUIVOCABILE di monsignor Gianfranco Ravasi tratto Dal mensile “Vita Pastorale” Febbraio 2006 p. 56 nella speranza che, con le sue acrobazie linguistiche surrettiziamente prone ad un pedante relativismo anti-tuzionista e latebroso, non si metta a confutare anche uno dei maggiori biblisti, ebraisti e teologi viventi.
«Questa volta entriamo in una questione molto delicata, non solo per il coinvolgimento in un dibattito sociale e politico incandescente ma anche per la stessa ermeneutica biblica. Intendiamo riferirci all’omosessualità. In premessa è necessario affermare che il modello antropologico della Rivelazione biblica è fondato sulla duplice realtà dell’uomo e della donna e sulla loro fecondità, come partecipazione alla potenza creatrice di Dio stesso (Gen 1,26-28). È noto che il famoso passo di Sodoma e Gomorra, Genesi cap. 19, dev’essere usato con molta cautela, nonostante l’interpretazione tradizionale così vigorosa da aver coniato su questo testo il vocabolo “sodomia” e nonostante il chiaro riferimento alla richiesta rivolta a Lot di consegnare i suoi ospiti “angelici” a quella folla «perché potesse abusarne». L’orrore e la condanna dell’autore sacro riguardano soprattutto la violazione della legge sacra dell’ospitalità e non è escluso un riferimento polemico contro l’idolatria degli indigeni della Palestina, i cananei, che nei loro culti della fertilità ammettevano l’omosessualità sacrale. Si legga Dt 23,18-19 ove sono di scena i “prostituti sacri”, bollati spregiativamente come cani, ma che in realtà erano sacerdoti dei culti cananei.
La questione omosessuale non è però assente dalla Bibbia. Nel libro del Levitico si leggono precetti indiscutibili: «Non avrai relazioni con un maschio come si hanno con una donna: è un abominio […]. Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte» (18,22; 20,13). La pena di morte nell’antico Israele aveva un valore teologico oltre che giuridico: era in pratica la sanzione della “scomunica” dalla comunità santa. C’è, poi, da segnalare un testo paolino significativo. In una lista di vizi che escludono dal regno di Dio, l’Apostolo introduce due classi di persone: i malakoi, letteralmente “i teneri, i dolci”, cioè gli effeminati, il partner omosessuale passivo, e gli arsenokoitai, vocabolo ignoto in greco classico ma etimologicamente chiaro, indicante gli omosessuali attivi (1Cor 6,9-10). A questa linea si può riportare anche la lista di vizi contrari al Vangelo citati in 1 Tm 1,10: appaiono la fornicazione in senso lato e gli andrapodistai, cioè i sequestratori di ragazzi per pederastia.
Nel trattatello dei capitoli 13-15 del libro della Sapienza sull’idolatria l’autore, probabilmente un giudeo di Alessandria d’Egitto che scrive nel 30 a.C., elenca un alfabeto di 22 vizi. La lista è costruita partendo dalla lettera t, l’ultima dell’alfabeto ebraico, per giungere alla a, la prima, così da indicare simbolicamente le perversioni dell’ordine morale. In questa lista si parla anche della «inversione della generazione».
Non è chiaro a cosa alluda il sapiente: per alcuni sarebbe in causa l’omosessualità, per altri ogni frustrazione della funzione generatrice. Significativa resta la connessione tra idolatria e vizio sessuale. Dalla decadenza religiosa nasce la perversione morale. La stessa tesi è ribadita da Paolo nel famoso ritratto del mondo pagano in Rm 1,26-27. Qui, però, è nettamente in questione l’omosessualità: «Le donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini». Anche qui la degenerazione sessuale è vista come conseguenza della deviazione religiosa. La perdita del senso di Dio fa precipitare nel gorgo del vizio da cui ci può liberare solo la grazia salvatrice. Certo, la Bibbia non considera le implicazioni psicologiche e le questioni più complesse di indole antropologica ed è debitrice di modelli culturali e persino di condizionamenti legati alla sua natura di Rivelazione storica. La sua è, quindi, una prospettiva teologica e si àncora alla sorgente della cosiddetta “morale dell’alleanza”: alla base c’è il progetto divino sull’essere umano creato da Dio “maschio e femmina” (Gen 1,27). Si ha, perciò, un’antropologia ben definita che costituisce un codice decisivo di riferimento per la morale. In questo codice è, però, da porre anche il rispetto per la persona, comunque essa si ponga nell’esistenza». (cardinale Gianfranco Ravasi)
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
direttore Gospa News