Nel suo diario aveva scritto tutto sulle violenze verbali, psicologiche, fisiche ed infine anche sessuali subite per tre interminabili mesi. Le aveva riportate con grande amarezza in quanto nessun educatore aveva preso provvedimenti. Loro l’avevano ascoltata, avevano scrupolosamente trascritto ogni cosa nel registro delle consegne quotidiane ma non hanno fatto nulla.
Anzi avrebbero cercato di insabbiare il tutto! E proprio per questo la Polizia di Stato ha denominato l’operazione “Cover up” ovvero coprire: «omettendo di adottare misure idonee a tutelare le vittime che, per lungo tempo, sono rimaste in preda ai loro aguzzini».
Secondo quanto ricostruito dalla Squadra Mobile di Vercelli due coordinatrici e tre operatori della struttura per minori Casa Vittoria di Caresana (Vercelli) invece di adempiere il loro delicato compito di custodia e cura di questa ragazzina di 16 anni che chiameremo Mary, non si sa se sia italiana o straniera, avrebbero cercato di occultare gli abusi da lei subiti da parte da giovani dell’altro sesso, anch’essi in affidamento: almeno due accertati finora, di età compresa tra i 14 ed i 16 anni.
Per i dipendenti, intercettati telefonicamente, l’unica preoccupazione sarebbe stata quella che i poliziotti, intervenuti per una prima ispezione dopo la denuncia della sorella della vittima, potessero aver piazzato delle cimici. Non immaginavano di essere già sotto controllo negli smartphone…
Il motivo di tanta omertà? Evitare il rischio di provvedimenti sanzionatori alla Casa Famiglia. Come precisato dal sostituto procuratore della Repubblica Davide Pretti titolare dell’indagine durante una conferenza stampa nella Questura di Vercelli, infatti, il centro minorile era già stata «oggetto di ispezioni dalla Procura della Repubblica dei Tribunale dei Minorenni di Torino che avevano evidenziato cose che non andavano» ed in particolare «un forte rischio di promiscuità tra ospiti maschi e femmine».
E proprio questo «è stato effettivamente il problema alla base del quale si sono verificati i fatti per cui si procede» ha rimarcato il magistrato prima di entrare nel merito dell’inchiesta culminata in un vero e proprio blitz della della Polizia di Stato alle prime luci dell’alba di oggi, venerdì 13 dicembre.
Gli agenti della Mobile, diretta dal dottor Gianluca Tuccillo, sono piombati nel paese immerso tra le risaie vercellesi per apporre i sigilli ai locali della comunità che è stata posta sotto sequestro per un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip del Tribunale su richiesta della Procura in riferimento alla denuncia dei cinque dipendenti, tra i 28 e i 52 anni, per concorso omissivo in violenza sessuale aggravata di gruppo.
Ma anche per prelevare gli ospiti minorenni lì accolti, accompagnati in Questura con un furgone (come si vede nel video diffuso dalle forze dell’ordine) per poi essere subito ricollocati in altre strutture preventivamente allertate.
Mary a soli 16 anni aveva già conosciuto il volto terribile della violenza nella sua vera casa, da cui era stata allontanata per i maltrattamenti del padre. Ma come spesso accaduto in altre comunità minorili da un inferno è piombata in uno forse anche peggiore…
La sua storia riporta l’emergenza delle case famiglia che dietro questa edulcorata definizione celano sovente storie terribili proprio perché costringono alla convivenza giovani con un’adolescenza inquieta, travagliata e spesso già deviata verso una tendenza criminale.
Nell’inchiesta è infatti «emersa la gravissima responsabilità omissiva coordinatrici e alcuni operatori» che sono stati denunciati e colpiti dal provvedimento di interdizione a lavorare in strutture con minori, ma dalla ricostruzione degli inquirenti si evince un altro elemento altrettanto inquietante: la violenza rituale, persecutoria, brutale e cinica degli “aguzzini”.
Se il medesimo episodio fosse avvenuto in un luogo pubblico o in una casa privata probabilmente i minori responsabili sarebbero stati sottoposti agli arresti domiciliari o collocati in un carcere minorile. Siccome sono già in affidamento sono stati solo denunciati e trasferiti in un’altra comunità dove in teoria potrebbero ripetere le medesime cose ai danni di un’altra ragazzina magari tolta per errore alla propria famiglia.
«LA MIA BIMBA MALATA DI CUORE RAPITA DALLO STATO E IMBOTTITA DI PSICOFARMACI»
Al di là della teribile storia di Mary affiorano quindi tutte le contraddizioni dei centri di accoglienza dove rischiano di dover convivere adolescenti magari solo un po’ trasgressivi e sfuggiti di mano all’educazione familiare con altri già navigati alla delinquenza fin dalla tenera età.
Come riportato in un precedente reportage, inoltre, un terzo dei minori in affido viene strappato ai genitori soltanto perché sono poveri: questa l’amara circostanza scoperta dalla Commissione Bicamerale sull’Infanzia e l’Adolescenza nell’ultima relazione del 2018.
Sono i dettagli della violenza a rendere tremenda la storia della ragazzina e ad ingigantire le colpe omissive della sua educatrice personale in particolare, colei che dovrebbe farle un po’ da mamma e un po’ da sorella maggiore…
Ma anche quelle dei suoi coetanei aguzzini che se la sono cavata con una semplice denuncia essendo già di fatto in stato di detenzione protetta, nonostante siano stati riferiti particolari davvero agghiaccianti: «la ragazzina veniva violentata in qualunque ora del giorno e della notte» precisa TG Vercelli che aggiunge «era costretta a subire quel trattamento perché convinta a suon di pugni in faccia. I ragazzi la facevano entrare nelle loro stanza e talvolta toglievano addirittura la maniglia perché nessun altro potesse entrare».
Una persecuzione ininterrotta che ha indotto la ragazza a scappare raggiungendo la sorella. Da lì è iniziata la meticolosa e magistrale indagine dei poliziotti che, partendo dalle confidenze della congiunta, hanno riscontrato la fondatezza delle accuse proprio nei registri delle consegne dove gli operatori avevano scritto tutto, guardandosi però bene dal segnalare il caso alle autorità.
L’audizione protetta disposta dalla magistratura per Mary ha confermato ogni cosa. A maggio lei è finalmente riuscita ad uscire dall’incubo ottenendo il trasferimento in un’altra struttura, insieme ad un’altra ragazzina 15enne vittima di violenze soltanto fisiche, testimone degli abusi. Intanto le indagini si sono fatte più meticolose fino a raccogliere una marea di indizi e prove.
Ad inchiodare gli aggressori c’è infatti anche il filmato di una delle violenze rinvenuto sul tablet sequestrato ad uno dei minorenni in seguito all’indicazione della vittima.
Ora l’incubo comincia invece per gli operatori come per i violentatori del branco si troveranno a dover rispondere di gravi reati ai danni di «persone più vulnerabili di altre e che meritano la massima tutale» come rimarcato dal procuratore capo di Vercelli Pier Luigi Pianta. Provvedimenti dei gestori nei confronti del personale? «Piena fiducia per la magistratura. Si attende l’esito delle indagini» dichiara il portavoce della cooperativa.
REDAZIONE GOSPA NEWS
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