di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Donald Trump è un tycoon. Un imprenditore divenuto magnate in vari settori degli affari grazie all’abilità di aggirare le leggi e ungere gli amici giusti che l’hanno portato ad essere Presidente degli Stati Uniti d’America grazie alla lobby finanziaria delle armi.
Non è peggiore del suo predecessore Barack Obama che ha causato più di 500mila morti in Siria, 10mila in Ucraina e 40mila in Venezuela per le sanzioni inasprite da Trump e via dicendo. E’ soltanto più incompetente e sfrontato. Da uomo di affari pensa che ogni cosa abbia un prezzo: anche la credibilità internazionale costruita sulle menzogne. Purtroppo per lui e per fortuna del pianeta terra non è così.
Esiste un “break point”, un punto di rottura e di crisi superato il quale le azioni geopolitiche costruite grazie alla forza militare dei missili e dei droni diventano dei boomerang. L’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, capo di al Quds Forces, e dell’iracheno Abu Mahdi al-Muhandis, sono il punto di non ritorno, come scritto da centinaia di analisti di guerra del mondo intero.
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Quello che Trump ha ignorato, ovviamente su consiglio di strateghi militari statunitensi che ricevono regali dalle holdings delle armi solo se proliferano, è la potenzialità delle vendetta dell’Iran, oggi legittimato dal mondo intero a diventare Davide contro Golia per respingere la prepotenza degli Usa, ripetutamente accusati con prove inconfutabili di aver armato e finanziato per anni lo stesso Stato Islamico che dicono di combattere per giustificare la loro presenza in Iraq ed in Siria, dove rubare petrolio impunemente.
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La vendetta dell’Iran comincia da Qom, una cittadina a qualche decina di chilometri da Teheran che è diventata negli ultimi giorni simbolo della volontà di rappresaglia contro gli americani ma è da oltre un decennio sotto osservazione della NSA (National Security Agency), il più importante ente degli Usa per la difesa della sicurezza nazionale che lavora in stretta sinergia con DHS (Defence Homeland Security) guidato direttamente dalla Casa Bianca.
https://www.youtube.com/watch?v=JicI7LpJotU
«La bandiera rossa è stata alzata sopra la moschea Jamkaran nella Qom iraniana sabato, in segno di vendetta per l’assassinio del comandante del generale della forza Quds dell’IRGC Qassem Suleimani e altri martiri caduti nello sciopero degli Stati Uniti che ha preso di mira l’aeroporto internazionale di Baghdad all’alba di venerdì» lo riporta il sito dell’agenzia libanese Al Manar insieme a molti altri.
L’ALLARME DELL’EX CIA E LA ROTTURA DEL PATTO NUCLEARE
Quello che non viene scritto è che a pochi chilometri da Qom si trova il più importante bunker nucleare del’Iran: una centrale di produzione di materiale atomico utile alla costruzione di bombe e missili molto più potenti di quella sganciata su Hiroshima.
Poche ore fa l’Iran ha dichiarato che non rispetterà più nessuna delle restrizioni imposte dall’accordo nucleare del 2015. In una dichiarazione affermava che non avrebbe più osservato limiti sulla sua capacità di arricchimento, sul livello di arricchimento, sullo stock di materiale arricchito o sulla ricerca e sviluppo. La dichiarazione è arrivata dopo una riunione del gabinetto iraniano a Teheran.
Prima di riportare l’allarme lanciato dagli esperti americani è doveroso dare spazio all’intervista realizzata dalla CBS a Michael Morell, ex vicedirettore della Central Intelligence Agency (il controspionaggio americano) il quale ha affermato che la decisione del presidente americano Donald Trump di assassinare il tenente generale iraniano Qassem Suleimani porterà a “morti americani”.
«Morell ha detto venerdì alla CBS News che il micidiale attacco degli Stati Uniti scatenerà una dura risposta da parte della Repubblica islamica dell’Iran, affermando che gli Stati Uniti dovranno pagare “un costo molto elevato” per l’uccisione del generale Suleimani – riporta sempre Al Manar – Ci saranno americani morti, civili civili americani, a causa di ciò» ha detto Morell aggiungendo che gli americani non sono più al sicuro in Iraq, Libano, Bahrein e altri luoghi in Medio Oriente.
Morell ha sostenuto inoltre che l’assassinio del generale Suleimani stabilisce un «precedente che alti funzionari sono in gioco in questo tipo di scenario ibrido, non ancora in guerra» e che la decisione di assassinare il massimo comandante iraniano comporterà «un prezzo straordinariamente alto. Ed è per questo che l’amministrazione Bush e l’amministrazione Obama hanno scelto di non fare qualcosa del genere».
L’IRAN POTENZA NUCLEARE GRAZIE A TRUMP
Se oggi l’Iran può essere definito una potenza nucleare bisogna ringraziare il presidente Trump. Il sospetto che Teheran portasse avanti piani di sviluppo di armi atomiche è stato sufficiente alla Casa Bianca per ritirarsi dal Joint Comprehensive Plan of Action (Jocpa) legittimando l’Iran a fare lo stesso nonostante l’accordo siglato nel 2015.
Pertanto dopo la rottura del trattato il governo iraniano ha ripreso le attività di arricchimento dell’uranio già sviluppate nella sua centrale di Natanz ma soprattutto in quella sotterranea di Fordow, in cui le centrifughe operano a 90 metri nel sottosuolo protette dalla roccia di una montagna e hanno ripreso a lavorare a velocità vertiginosa dal 2018, mentre fino al 2017 operavano sotto lo stretto controllo dell’International Atomic Energy Agency (IAEA) ch aveva accertato l’effettivo rispetto delle regole imposte dal Jocpa.
Ma nell’aprile 2018 il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che può contare su almeno 80 testate nucleari puntate contro Teheran, ha svelato l’esistenza di «55mila files di informazioni che “incriminano” l’Iran con una operazione d’intelligence». Netanyahu fece sapere che i files sono stati trasferiti in una “località altamente segreta in Iran”, della quale è stata mostrata un’immagine.
Ovviamente, come la maggior parte delle affermazioni del primo ministro di Tel Aviv, oggi sotto inchiesta per vari episodi di grave corruzione, alle spettacolari immagini non è seguita una sola prova. Ma ciò fu sufficiente all’alleato Trump per rompere l’accordo sul nucleare con conseguenze allarmanti denunciate dagli stessi analisti americani.
«Il governo iraniano sta accorciando il suo tempo di successo nucleare – la quantità di tempo necessaria per produrre uranio di grado sufficiente per una singola arma nucleare. Teheran ha raggiunto questo obiettivo attraverso diversi passaggi negli ultimi mesi» lo ha scritto il 26 novembre scorso lo stratega di geopolitica Majid Rafizadeh, membro del consiglio di Harvard International Review e presidente dell’International American Council in Medio Oriente.
«Il governo iraniano ha aumentato la sua scorta di uranio arricchito oltre il limite di 300 chilogrammi; ha arricchito l’uranio a livelli oltre il limite del 3,67 per cento, quindi ha attivato 20 centrifughe avanzate IR-4 e 20 IR-6. I leader iraniani si sono persino vantati che il loro governo sta ora esplorando nuovi programmi di arricchimento dell’uranio e producendo centrifughe» ha aggiunto l’esperto sul sito di Gatestone Institute.
«Più recentemente, il capo dell’Organizzazione per l’energia atomica dell’Iran, Ali Akbar Salehi, ha dichiarato che l’Iran ha una fornitura adeguata di uranio arricchito al 20%. “In questo momento abbiamo abbastanza 20% di uranio”, ha detto all’Iranian Students News Agency, ISNA, “ma possiamo produrre di più secondo necessità”. Ha aggiunto che il paese sta riprendendo l’arricchimento dell’uranio a un livello molto più elevato presso l’impianto nucleare di Fordow – un impianto sotterraneo di arricchimento dell’uranio che si dice sia situato su una delle basi dell’Islamic Revolutionary Guard Corps (IRGC) – iniettando gas di uranio nelle centrifughe e funzionamento di 60 centrifughe avanzate IR-6. Ciò segna una fase pericolosa della sfida nucleare iraniana. Teheran ora utilizza una sorta di prototipo di centrifuga che arricchisce l’uranio quasi 50 volte più velocemente» ha scritto ancora Majid Rafizadeh.
LA CENTRALE INATTACCABILE DI FORDOW
Può essere questo il motivo per cui Washington ha deciso di affrontare coi missili la Guardia Rivoluzianaria Iraniana e Qassem Soleimani, leader delle forze Quds, le milizie che hanno aiutato Iraq e Siria a sconfiggere lo Stato Islamico?
L’incubo della centrale apparentemente inattaccabile di Fordow non è recente per gli Usa. Già nel 2012 l’agenzia NSA dedicò ampia attenzione a questa fabbrica di potenziali armi nucleari. Il Washington Post allora fece un lungo articolo per spiegare come uno degli ultimi potenti missili realizzati dagli Usa, il Massive Odnance Penetrator (Mop), costruito allora in 20 esemplari costati 330 milioni di dollari, avrebbe potuto danneggiare l’impianto sebbene fosse in grado di penetrare nel sottosuolo, prima di esplodere, solo per 200 piedi anziché i 300 dove si trovano le sale delle centrifughe iraniane per la produzione dell’uranio.
Non solo. Per sganciare l’ordigno è necessario un bombardiere invisibile B52 che PERALTRO non è totalmente invisibile ai radar. Pertanto dalle varie ipotesi degli esperti emerge che per poter consentire all’aereo di gettare il Mop su Fordow bisogna superare il sistema di difesa antimissile che oggi è l’efficace e potente S-300 di fabbricazione russa.
«Quando Israele e l’Iran Hanno bombardato con successo il reattore nucleare iracheno di Osirak, sono stati in grado di eludere facilmente le difese aeree dell’Iraq. È improbabile che i siti missilistici Surface to Air dell’Iran siano impreparati quanto lo erano i suoi vicini, anche in caso di un attacco furtivo. Inoltre, secondo il piano congiunto Warfighting, se “vengono utilizzate armi a radiofrequenza avanzate per la sconfitta funzionale dell’elettronica [iraniana] [missili e capacità di rilevamento]”, gli aerei statunitensi potrebbero non essere in grado di impiegare “consegna tridimensionale precisa”» riferiva un dettagliato articolo del 2012, ben prima che gli S-300 fossero posizionati intorno alla centrale di Fordow, da dove davvero può partire la vendetta di Teheran.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES
https://www.gatestoneinstitute.org/15214/iran-nuclear-bomb-months
Document Friday: Can Iran’s Fordow Nuclear Enrichment Facility be “Bunker Busted?”
https://www.washingtonpost.com/world/national-security/experts-irans-underground-nuclear-sites-not-immune-to-us-bunker-busters/2012/02/24/gIQAzWaghR_story.html