PALAMARA, TOGHE SPORCHE & PD, INSABBIAMENTO PRONTO: “Intercettazioni inutilizzabili”

PALAMARA, TOGHE SPORCHE & PD, INSABBIAMENTO PRONTO: “Intercettazioni inutilizzabili”

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

“Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”

Lo scrisse un anonimo siciliano dopo l’agguato assassino del generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, inviato a Palermo con l’incarico di Prefetto come ebbe decenni prima Cesari Mori. Dalla Chiesa non riuscì ad avere dalla politica gli stessi poteri concessi al “Prefetto di Ferro” dal duce Benito Mussolini nella lotta alla Mafia che, nei “famigerati anni Venti” fece scappare dall’isola almeno 500 famiglie di Cosa Nostra, poi rientrate grazie allo sbarco degli Alleati americani del 1943 supportato dall’aiuto del boss dei due mondi Lucky Luciano.

Nemmeno Giovanni Falcone, nominato procuratore nazionale antimafia ricevette simili poteri. Non ebbe il tempo di riceverli perché fu ammazzato prima in quanto boicottato e lasciato solo dalla stessa magistratura cui apparteva, esattamente come il giudice Paolo Borsellino, ucciso in un attentato poche settimane dopo.

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Cosa è cambiato da allora nel comportamento delle toghe? Pare nulla…

Perché sempre più sembrano appiattite sulle posizioni di una politica nazionale gestita non dal Governo ma da poteri occulti come quelli che molteplici inchieste ritengono aver concorso alla morte del giudice Rocco Chinnici, il primo a scrivere di un “filo rosso che lega tutti i grandi delitti, prima ancora dello statista Aldo Moro, sulla morte del quale l’ultima commissione parlamentare ha CERTIFICATO MENZOGNE DI STATO, e fino alla strage di Capaci ed agli enormi depistaggi su quella di Via d’Amelio, che causarono proprio la morte di Falcone, Borsellino e dei loro agenti di scorti.

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Deep State, hanno dichiararo i parlamentari sul delitto Moro usando quel termine da decenni in voga negli Usa: ormai utilizzato anche pubblicamente da un ex direttore della CIA (Central Intelligence Agency) spesso evocata in molteplici inchieste sulle misteriose stragi avvenute in Italia negli anni della Strategia della Tensione, volta a giustificare l’operazione Gladio, denominata Stay Behind dagli apparati dei servizi segreti paramilitari anglo-americani.

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Non sono bastati i morti ammazzati a suscitare una resipiscenza profonda della magistratura che oggigiorno salva la sua immagine solo grazie a procuratori esemplari come Nicola Gatteri a Catanzaro e Carmelo Zuccaro a Catania.

Questi pm non voglionno accettare la vittoria di un sistema criminale dove s’intrecciano politica, massoneria, mafia, imprenditoria come evidenziato a suo tempo a Palermo dall’Informativa Caronte dei Carabinieri del Ros, tutti finiti guardacaso sotto inchiesta, dalle investigazioni sull’omicidio del giornalista Mauro Rostagno che stava indagando sulle logge segrete del Centro culturale Scontrino di Taranto, dall’indagine del procuratore di Palmi, Agostino Cordova che già nel 1992 cercò di fare breccia nei santuari della Massoneria venendo poi stoppato da Roma ma precorrendo il fulcro nevralgico del dossier “Rinascita Scott” grazie al quale Gatteri ha fatto emettere dal Gip del Tribunale di Catanzaro 260 ordinanze di custodia cautelare in carcere (70 a domicilio e 4 provvedimenti restrittivi).

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In questo clima di acuta emergenza per le collusioni tra politica, imprenditoria, massoneria e mafia cosa fanno i magistrati d’Italia? Approvano un cavilloso codicillo che depotenzia – col rischio di affossarla completamente – l’inchiesta coraggiosa della Procura generale di Perugia sui rapporti tra magistrati e politici in odore di corruzione.

Nel caso di cui andiamo a narrare non c’è l’ombra della mafia o di concorso esterno in associazioni di stampo mafioso, va subito premesso, però in una nazione come l’Italia, dove Cosa Nostra ha dominato per decenni con ammazzamenti di giudici e stragi e in cui la ‘Ndrangheta è stata capace di corrompere e assoldare politici insospettabili, non solo sarebbe doverosa la prudenza ma soprattutto l’intransigenza verso coloro che sono sospettati di gestire il sistema giudiziario in modo compiacente verso i politici come nel caso Palamara-Gate.

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Ma siccome i parlamentari in questione sono del Partito Democratico ecco l’immediato intervento dei supremi organi giudiziari a smussare le asperità che hanno fatto finire sotto inchiesta loro illustri colleghi tra cui – nientepocodimeno – l’ex procuratore generale della Cassazione, la massima autorità requirente dell’Italia intera, indotto a dimettersi per le presunte spiate ad altre toghe in merito alle indagini sui loro rapporti poco opportuni, al punto da essere di rilevanza penale, con deputati del PD.

Grazie ad cavillo di legge tutti coloro che hanno avuto intrighi politico-giudiziari a Roma, smascherati dall’inchiesta di Perugia, potrebbero godere del beneficio dell’annullamento di tutte le intercettazioni che sono costate loro un avviso di garanzia.

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«Una cosa molto semplice, e cioè che ai coindagati di Palamara, accusati ad esempio di rivelazione di segreto (l’ ex pg della Cassazione Riccardo Fuzio, e gli ex consiglieri del Csm Luigi Spina e Stefano Fava) o di favoreggiamento (il solo Fava), non possono essere contestati i fatti emersi dalle intercettazioni ottenute col trojan. E questo perché non sono collegati con il reato di corruzione, che è in capo al solo Palamara e che riguarda i suoi rapporti con un discusso imprenditore, e perché sono puniti con pena inferiore ai cinque anni».

Queste frasi sono state scritte dal quotidiano La Verità e riportate da Dagospia. Il trojan è il software (o malware) di intercettazione inoculato dalla Guardia di Finanza di Perugia nel telefonino cellulare dell’ex pm romano Luca Palamara, indagato e sospeso dal servizio senza stipendio. Queste novità sono state pressochè ignorate da tutti gli altri quotidiani del mainstream che preferiscono occuparsi dei ladri di galline e dei diritti dei migranti irregolari fatti sostare per qualche giorno in più sulle navi dove erano ben accuditi e nutriti.

«La posizione giudiziaria dei tre era particolarmente critica anche alla luce del fatto che il comma 1-bis dell’ articolo 270 del codice di procedura penale, che dispone che le intercettazioni con virus informatico non possono essere utilizzate per la prova di reati diversi da quelli per i quali sono state autorizzati, è entrato in vigore il 31 luglio 2019» aggiunge Dagospia riportando un articolo de La Verità.

Lascio al resoconto riferito da questi media la descrizione di questa incredibile vicenda che, non va dimenticato, non riguarda soltanto il tentativo di pilotare le nomine dei capi di alcune Procure della Repubblica come Roma ma anche le indagini sul caso Consip: la centrale degli appalti dell’amministrazione pubblica, in cui è stato rinviato a giudizio l’ex ministro del PD, Luca Lotti (autosospesosi dal partito ma non da deputato) fedelissimo e braccio destro dell’ex premier e segretario Pd Matteo Renzi, oggi senatore di Italia Viva, il cui padre Tiziano Renzi, dopo essere indagato e condannato in altre vicende giudiziarie, è stato lambito da questo stesso procedimento.

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«Una sentenza a sezioni unite della Corte di Cassazione – depositata il 28 novembre scorso – risponde infatti a uno dei rompicapi giuridici più frequenti nei tribunali italiani: l’ utilizzabilità delle intercettazioni per reati diversi rispetto a quelli per i quali sono state autorizzate. L’ articolo 270 del codice di procedura penale stabilisce in maniera generale che in altri procedimenti le intercettazioni possono essere utilizzate a condizione che si tratti di reati per i quali è obbligatorio l’ arresto in flagranza, ossia un provvedimento di restrizione della libertà adottato dalla polizia giudiziaria in condizioni urgenti e straordinarie a cui di solito segue una misura cautelare» riferisce sempre Dagospia.

«L’ interpretazione ordinaria di questa norma ha portato a ritenere che nello stesso procedimento non vi fosse limite alcuno di utilizzabilità delle intercettazioni, e che quindi il pm potesse “pescare” a piacere nelle conversazioni captate per trovare i riscontri alle ipotesi accusatorie e per cercare altri reati. Chiave di lettura, questa, che ha tuttavia sempre destato perplessità nei giuristi per l’ evidente irrazionalità di far dipendere l’ utilizzabilità o meno da un fatto burocratico-amministrativo quale l’ identità o diversità del procedimento»

«Il provvedimento della Suprema Corte ha ribaltato la situazione e ha iniziato a fare un po’ di chiarezza introducendo due condizioni per la utilizzabilità delle intercettazioni: che si tratti di reati connessi dal punto di vista strutturale, logico e probatorio con quello per cui si procede; e che si tratti di reati puniti con pena superiore ai cinque anni. Questo che cosa c’ entra con l’ inchiesta di Perugia sul mercato della nomine dei procuratori?».

La risposta è stata citata nei precedenti paragrafi ed è ovvia: i magistrati coindagati essendo al momento sotto inchiesta solo in virtù delle intercettazioni – ciò è dato sapere – potrebbero essere domani prosciolti per l’inutilizzabilità delle stesse nel procedimento. Anche se la tempistica dell’interpretazione della Cassazione è davvero… premurosa!

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«Due mesi dopo, cioè, le indagini di Perugia (che risalgono a maggio). Col nuovo orientamento giurisprudenziale della Cassazione, i tre indagati collaterali di fatto si avvierebbero a una conclusione felice (e anticipata) delle loro traversie giudiziarie. Si tratta, ovviamente, di supposizioni che dovranno essere verificate alla luce delle motivazioni della decisione delle Sezioni unite. Se il principio che ha ispirato gli ermellini fosse di carattere universale (e cioè senza distinzione tra un procedimento e l’ altro), le sorprese sarebbero appena all’ inizio».

L’articolo di Dagospia finisce qui. Probabilmente come l’inchiesta sulle toghe spione in aiuto dei colleghi in odore di corruzione e nomine pilotate dal Partito Democratico.

Dopo Riace e Bibbiano un’altra inquietante indagine giudiziaria per gravi reati rischia di finire a Tarallucci e Vino. D’altronde c’è di mezzo il PD che può vantare due suoi ex deputati quali presidente, Sergio Mattarella, e vicepresidente, David Ermini, del Consiglio Superiore della Magistratura.

Parafrasando il palermitano che pianse l’assassinio del generale Dalla Chiesa mi sento di scrivere: qui è morta la speranza degli italiani onesti…

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI PRINCIPALI

DAGOSPIA – IL CAVILLO SULLE INTERCETTAZIONI

GOSPA NEWS – INCHIESTE GIUSTIZIA E MAFIA

GOSPA NEWS – INCHIESTE COSPIRAZIONI E MASSONERIA

TOGA ROSSA LA’ TRIONFERÀ…

CIA-MAFIA-MASSONERIA: L’ITALIA NELLA MORSA

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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