LA SHARIA ISLAMICA LEGALIZZA LO STUPRO DI MINORENNI. In Pakistan il caso di Huma, in Turchia la nuova legge
E’ stato soprannominato “marry your rapist” ovvero “sposa il tuo stupratore”. E’ un disegno di legge presentato al Parlamento di Ankara nonostante l’ONU abbia già espresso la sua contrarietà. Mentre la legalizzazione dello stupro nei confronti di minorenni è ancora in fase di discussione in Turchia, che in virtà della sua appartenenza alla NATO può di fatto fare ciò che vuole in merito alle violazioni dei diritti umani, una concreta applicazione di questa legge “pedofila” trova legittimazione dalla Sharia Islamica in Pakistan. Nonostante l’appello della famiglia al Pontefice e la legge nazionale che vieta i matrimoni con ragazze al di sotto dei 18 anni…
La 14enne cristiana rapita, stuprata e costretta a convertirsi all’Islam per poter sposare il suo marito musulmano non può al momento avere giustizia perché ha gia avuto le mestruazioni e, pertanto, secondo la Sharia non è considerata di minore età ma ragazza che può contrarre matrimonio, sebbene la legge pakistana in merito, modificata nel maggio 2019, abbia innalzato a 18 anni il limite minimo per le nubende.
Poco importa che all’ultima udienza davanti all’Alta Corte del Sindh a Karachi, lei non si è presentata perché nelle mani del suo rapitore. Ai giudici, durante l’udienza avviata dai suoi genitori cristiani che cercano disperatamente di ottenere giustizia, è bastata la testimonianza del poliziotto musulmano incaricato di convocarla per rinviare il caso di un mese. L’agente ha dichiarato di averla avvertita: poco importa se il suo rapitore islamico Karim Jabbar, che l’ha forzosamente costretta a rinnegare la sua fede cristiana per sposarla, le ha impedito di presentarsi…
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Nell’era della globalizzazione sconcerta il silenzio delle femministe occidentali che appaiono genuflesse davanti allo stupro etnico quando viene commesso dai musulmani su ragazze minorenni. Nessuna scarpetta o maglietta rossa è stata infatti agitata in Europa in nome di Huma Younas, la ragazzina strappata ad una famiglia cristiana del Pakistan e costretta ad unirsi in matrimonio con il suo rapitore dopo una forzosa conversione all’Islam con cui si vorrebbe sancire la legalità dell’unione.
I genitori hanno fatto appello anche a Papa Francesco I che non risulta abbia preso posizione lasciando alla Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre il compito di difendere i diritti umani della fanciulla.
Non risulta che nemmeno l’ONU sia intervenuta in difesa di Huma lasciata al suo destino in un paese dove le libertà delle minoranze etniche e religiose sono quotidianamente violate dalla giustizia condizionata dalla legge islamica come ricorda la storia di Asia Bibi, la madre di famiglia detenuta per anni per un’assurda accusa di blasfemia.
Prima di riportare i drammatici aggiornamenti sul caso della ragazzina pakistana è doveroso evidenziare ciò che sta per accadere in Turchia, a pochi passi dall’Unione Europea, in quella Bruxelles bolsa di leggi per i diritti umani ma totalmente incapace di prevenire la violazione degli stessi da parte di quella Sharia che legittima il matrimonio tra adulti e minorenni anche di giovanissima età.
«Una nuova legge che presumibilmente consente agli uomini accusati di aver abusato di donne di età inferiore ai 18 anni per evitare la punizione se sposano le loro vittime è destinata a essere discussa dal parlamento turco – scrive Middle East Monitor – Il disegno di legge “Sposare il tuo stupratore”, che non è stato ancora approvato, è stato presentato al parlamento turco in preparazione dei dibattiti dei parlamentari alla fine di gennaio. La proposta ha suscitato critiche diffuse e internazionali, con gli oppositori che lo accusano di legittimare lo stupro, il matrimonio di minori e di normalizzare l’abuso di minori e lo sfruttamento sessuale».
«Le Nazioni Unite si sono espresse contro il disegno di legge, avvertendo che potrebbe portare ad una maggiore fiducia degli stupratori senza timore di punizione e conseguenze per i loro crimini. È stato anche denunciato da parlamentari dell’opposizione di partiti come il Partito popolare democratico (HDP) che ha esortato il governo a impedirne il dibattito, principalmente per timori che potesse essere utilizzato da alcuni per costringere ragazze e minori a matrimoni indesiderati» aggiunge il sito d’informazione mediorientale rimarcando che un’analoga legge fu accantonata dal partito AKP del presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel 2016 dopo lo sdegno internazionale.
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«La Turchia è stata a lungo soggetta a controllo sulla presenza di presunti matrimoni minorili all’interno del paese e sulle sue proposte di legge sul matrimonio. Sebbene l’età legale del consenso nella Repubblica sia di 18 anni, si stima che 482.908 matrimoni di minori abbiano avuto luogo negli ultimi dieci anni, secondo un rapporto del governo pubblicato nel 2018» aggiunge ancora Middle East Monitor.
Mentre è la Fondazione Pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre a narrare l’aggiornamento sulla terribile storia di Huma Younas che riportiamo integralmente.
«È l’ennesima sconfitta della giustizia e l’ennesima riprova che lo Stato non considera i cristiani dei cittadini pachistani». È il commento addolorato rilasciato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre da Nagheena Younus dopo l’udienza sul caso della figlia Huma tenutasi stamattina alle ore 11 locali presso l’Alta Corte del Sindh a Karachi.
I due giudici dell’Alta Corte, Muhammad Iqbal Kalhoro e Irshad Ali Shah, hanno stabilito che, anche qualora Huma fosse minorenne, il matrimonio tra la ragazzina cristiana e il suo rapitore Abdul Jabbar resterebbe comunque valido perché secondo la sharia, la legge islamica, una volta avuto il primo ciclo mestruale una bambina di qualsiasi età può contrarre matrimonio. Nessun valore è stato dato dunque al Child marriage restraint act, la legge che vieta i matrimoni con minori entrata in vigore nel 2014 in Sindh e finora mai applicata. «Speravamo che la norma potesse essere applicata per la prima volta in questo caso – afferma l’avvocatessa Tabassum Yousaf – ma evidentemente in Pakistan queste leggi vengono formulate e approvate soltanto per accreditare il Paese agli occhi della comunità internazionale, chiedere fondi per lo sviluppo e commerciare gratuitamente i prodotti pachistani nel mercato europeo».
Vi erano molte aspettative da parte dei genitori della quattordicenne cattolica rapita il 10 ottobre scorso e della comunità cristiana in generale. Huma avrebbe dovuto presentarsi in aula, come richiesto dai giudici durante la precedente udienza del 16 gennaio al poliziotto incaricato delle indagini Akhtar Hussain. Interrogato sull’assenza della ragazza, stamattina l’agente si è limitato a dire che la giovane era stata convocata. Sin dall’inizio della vicenda Hussain ha mantenuto un atteggiamento ambiguo destando forti sospetti di una sua complicità con il rapitore Jabbar.
Nonostante ciò, proprio al poliziotto è stato dato mandato dai giudici di far effettuare una visita medica per attestare l’età di Huma, come richiesto ancora una volta stamattina dalla Yousaf. «È chiaro che essendo Hussain l’incaricato – afferma l’avvocatessa – vi è un’alta probabilità che i risultati del test vengano contraffatti. Ma la nostra speranza è di riuscire comunque a provare la minore età della ragazza così da farla almeno affidare ad un centro, allontanandola così dal suo aguzzino».
La prossima udienza è fissata per il 4 marzo, purtroppo però anche qualora fosse attestato che Huma è minorenne, la decisione dei giudici di ritenere il matrimonio valido, annulla qualsiasi possibilità che Jabbar venga punito per i reati di rapimento e matrimonio forzato.
Aiuto alla Chiesa che Soffre continua a sostenere la famiglia e l’avvocato di Huma. «La sentenza di stamattina getta un’onta sul sistema giudiziario pachistano – commenta Alessandro Monteduro, direttore di ACS-Italia – È inimmaginabile che si possa far prevalere la sharia sulla legge di Stato. Noi esprimiamo tutta la nostra indignazione, ma al tempo stesso non ci arrendiamo. Per Huma e per le oltre mille ragazze e perfino bambine che in Pakistan ogni anno vengono rapite, stuprate, convertite con la forza all’Islam e costrette a sposare il loro rapitore. Ma apprendiamo oggi che tutto è lecito, perché in Pakistan anche una bambina di otto o nove anni che ha già avuto le mestruazioni, può essere legalmente data in moglie».
REDAZIONE GOSPA NEWS
MAIN SOURCES
MIDDLEEASTMONITOR – TURKISH RAPIST
AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE – HUMA YOUNAS