A MILANO SOS CORONAVIRUS DELLA STUDENTESSA DI WUHAN: «La mia tragedia familiare vietata sui social»
«Mio nonno morto, mio padre molto grave»
Il drammatico diario di una ragazza
che vive da sei anni in Italia
ma è stata censurata dal regime cinese
In Francia la prima vittima d’Europa
In Egitto il primo contagio africano
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Tragedia, strazio, disperazione, impotenza ed infine censura. E’ questa la tremenda esperienza che sta affrontando una giovane cinese studentessa di architettura a Milano a causa del maledetto CoronaVirus.
Dal capoluogo lombardo ha cominciato a scrivere il diario del dramma della sua famiglia a Wuhan, suo luogo di origine ed epicentro del contagio. Lo ha fatto lacerata dal dubbio se prendere l’aereo verso la sua città natale per essere vicina ai familiari o restare nella più sicura Italia, dove vive da sei anni, come saggiamente suggerito da sua madre.
Nei post sul social WeChat ha narrato il ritardo nei soccorsi del nonno 90enne, morto pochi giorni dopo una “polmonite sconosciuta”, le peripezie del padre che con la febbre ha dovuto percorrere chilometri a piedi fino all’ospedale per il test virale del 2019-nCoV, al quale è risultato infine positivo fino al suo serio aggravamento con i polmoni arrestati, tanto da indurre i medici a ricoverarlo in Terapia Intensiva.
68MILA CONTAGI, PRIMO CASO IN EGITTO.
Il suo angosciante e doloroso racconto, però, qualche giorno fa si è spezzato. Quando le autorità della Repubblica Popolare Cinese hanno “avvertito” i suoi familiari di non pubblicare più messaggi negativi ma solo positivi. Quando i suoi profili su WeChat e Sina Weboi con cui postava si sono bloccati all’improvviso ed al padre, sebbene in gravissime condizioni, sarebbe stato sequestrato il telefono cellulare.
Grazie all’amica cinese Pei Lin Wu ed ad un giornalista del quotidiano britannico The Guardian, la sua storia può essere raccontata al mondo intero, nonostante la censura imposta dal regime comunista.
Pechino vuole evitare ulteriore panico dopo che i morti nella provincia di Hubei hanno raggiunto il funesto bilancio di 1668 e il numero dei contagiati è salito a 68mila, come ha riferito la BBC dando però risalto alle dichiarazioni del Ministro degli Esteri Cinese, Wang Yi, il quale ha annunciato un calo di nuovi casi per il terzo giorno di fila.
Questa notizia leggermente positiva si scontra però con la circostanza che i casi all’estero sono raddoppiati salendo a circa 500 di cui 355 solo sulla nave da crociera Diamond Princess ancora in un porto del Giappone in quarantena dove ci sono anche 35 italiani che il Ministero degli Esteri sta pensando di andare a recuperare con un volo aereo per curarli nell’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”. Da lì arrivano buone notizie per la coppia di turisti cinesi ricoverata sempre in condizioni stabili e per il 17enne Niccolò, prelevato da Wuhan con un volo speciale dell’Aeronautica Militare e risultato negativo al test.
Nel frattempo, però, la pandemia ha causato una prima vittima in Europa, un turista 80enne cinese, e ha fatto registrare il primo caso in Africa, un altro cinese in Egitto, diventando così l’incubo dei virologi per la rapida diffusione che potrebbe avere per le precarie condizioni sanitarie di molti paesi del Continente Nero da cui partono ogni giorno centinaia di migranti sui barconi diretti in Italia e in Europa.
Si sta avvicinando lo spettro delle catastrofiche previsioni di alcuni epidemiologici sull’eventualità che due terzi della popolazione mondiale rischino il contagio, per fortuna letale solo nel 2,29 % dei casi. E mentre aumentano i sospetti che i contagi possano essere stati originati da un arma biologica “etnica” diventa sempre più inquietante la previsione del Center for the Study of Existential Risk (CSER) dell’Università di Cambridge sul fatto un tale strumento bellico possa essere «estremamente dannoso e potenzialmente inarrestabile».
LIU: «NON POSSO NEMMENO CHIEDERE AIUTO SUI SOCIAL»
E’ la storia della studentessa 25enne Liu Mengdi a descrivere meglio di ogni reportage la tragica situazione di Wuhan ed il dramma patito dal suo cuore lontano dai suoi parenti colpiti dal CoronaVirus.
Vive a Milano da ormai sei anni dove si è prima diplomata allo Ied (Istituto Europeo di Design), quindi ha studiato al Politecnico Architettura per poi proseguire nella prestigiosa Domus Academy dove sta ultimando il suo percorso di laurea. Lo si legge nel suo profilo social di FB aggiornato a dicembre, prima dell’inizio dell’epidemia.
In attesa di riuscire a contattare la ragazza ci affidiamo all’esauriente articolo scritto da Lily Kuo per The Guardian, pubblicato online sabato 15 febbraio, riportando le frasi più salienti del racconto e partendo proprio dal momento in cui il suo diario è stato censurato dalle autorità con avvertimenti alla famiglia che nella Cina comunista suonano ovviamente come minacciosi ordini…
«Liu è particolarmente arrabbiata perché gli viene detto di non pubblicare post online. “Non posso nemmeno chiedere aiuto?” ha scritto in uno dei suoi appunti sul diario – scrive The Guardian – All’inizio di questo mese, il suo account WeChat è stato bloccato – sospetta perché stava postando sul virus. Il telefono di suo padre sembra essere stato portato via e lei non può più chiamarlo».
«“L’epidemia ha cambiato il modo in cui alcuni nella mia famiglia vedono le notizie che riceviamo a casa. In passato, la mia famiglia ha sempre creduto al 100% ai rapporti nazionali. Anche quando parlavo di notizie all’estero, non mi avrebbero mai creduto “, ha detto Liu, che vive in Italia da sei anni. “Dopo lo scoppio, hanno detto che mi avrebbero creduto in futuro”».
Ma non è solo la censura ad aver messo a dura prova il sorriso splendido di Liu Mengdi, che usa come soprannome Lidia Liu sui social in Italia.
«Oggi è il sesto giorno del blocco di Wuhan [la città è stata messa in quarantena nelle ultime tre settimane]. Pensavo che la mia famiglia, costretta a non uscire, sarebbe stata almeno al sicuro. Non mi è mai venuto in mente che non sarebbero riusciti a sfuggire a questo» ha scritto il 29 gennaio dall’Italia
Suo padre, Liu Daoyu, 54 anni, dopo aver avuto mal di gola e tosse cinque giorni prima, si era appena rivelato positivo al virus. Suo nonno di 90 anni, Lei Ruting, mostrava sintomi ancora più gravi: una febbre che non si placava e difficoltà respiratorie.
«Tutti in famiglia sono estremamente preoccupati» ha postato aggiungendo però parole di speranza: «Crediamo che tutto andrà bene. Grazie alle persone in prima linea che combattono questo. Grazie a coloro che ci hanno aiutato».
IL NONNO MORTO DOPO IL RIFIUTO DELL’OSPEDALE
Tre giorni dopo, però la tragedia. «Il 2 febbraio 2020 alle 15:08 a Pechino, mio nonno è deceduto per “polmonite sconosciuta”. Ha appena compiuto 90 anni il mese scorso. Era sempre sano. Molto più che addolorata, mi sento persa e arrabbiata».
Il motivo lo narra la giornalista Lily Kuo: «Pochi giorni prima di morire suo nonno aveva avuto la febbre per tutta la notte ed era caduto dal letto. Quando i suoi parenti hanno chiamato un’ambulanza, è stato detto loro che non c’era motivo di mandarlo in ospedale».
Erano i giorni roventi dell’epidemia quando le strutture sanitarie erano al collasso ed i posti letto cominciavano a scarseggiare nella città di Wuhan prima della costruzione del nuovo ospedale in tempo record di soli dieci giorni.
«Se soffre davvero del virus non c’è nulla che si possa fare. Andare in ospedale dove nessuno si prenderà cura di lui potrebbe essere ancora più difficile» ha scritto rassegnata Liu, riportando il consiglio che la sua famiglia aveva ricevuto. Seguendo le istruzioni, la famiglia ha contattato il comitato di quartiere locale – che è incaricato di organizzare i test, le quarantene e il trasporto agli ospedali – ma non gli è stato dato alcun aiuto. Alla fine, Liu ha pubblicato la storia della sua famiglia su Sina Weibo, microblog cinese, chiedendo aiuto, e ha anche contattato i media locali, che hanno riportato il suo appello.
«Alla fine, gli operatori sanitari sono andati a casa loro, hanno prelevato un campione di sangue da suo nonno e gli hanno consigliato di trovare un posto dove fare il test diagnostico completo, i cui kit sono scarsi in tutta la città. Ma alla sua famiglia è stato consigliato di smettere di inviare appelli online per chiedere aiuto e di pubblicare solo messaggi “positivi” – riporta The Guardian – Un giornalista e un amico di famiglia li hanno aiutati a trovare un ospedale con kit di test disponibili. Vedendo foto e video di lui in ospedale, Liu si è sentita sollevata. Ma il giorno dopo, Lei (il nonno) è morto prima che potesse arrivare l’esito della siagnosi. Il suo corpo è stato mandato alla cremazione immediata dopo una breve cerimonia in cui è stato il personale a far partire i petardi (secondo il rituale cinese dovrebbe essere invece un congiunto – ndr). Alla famiglia non è stato permesso di partecipare e raccogliere le ceneri».
«Il nonno è davvero forte. Abbiamo capito che deve aver sofferto molto, ma ha ancora insistito e ha fatto finta di stare bene» ha aggiunto Liu. La povera studentessa, ormai milanese di adozione, non ha nemmeno avuto il tempo di piangere per il lutto del caro congiunto cui era molto affezionata perché subito il dramma ha interessato anche il padre.
18MIGLIA A PIEDI CON LA FEBBRE PER UNA DIAGNOSI
Liu Daoyu è in ospedale dal 29 gennaio. Molti malati che risultano contagiati vengono rimandati a casa in auto-quarantena con il rischio di infettare altre persone, evidenzia la reporter del quotidiano britannico. Ma per lui è stato trovato un letto attraverso amici di famiglia.
«Per ottenere una diagnosi, ha dovuto camminare verso l’ospedale e tornare indietro, coprendo quasi 18 miglia a piedi mentre era in preda alla febbre. Liu gli ha parlato mentre tornava indietro fino a quando la batteria del suo telefono si è esaurita. I dottori dissero che suo padre era la persona più allegra nel reparto. Disse alla famiglia che sarebbe guarito al massimo entro tre settimane» aggiunge ancora The Guardian.
Suo padre è estremamente attivo, non beve né fuma, gioca a badminton tre volte a settimana. Cammina sempre 10.000 passi al giorno. Ed appena è stato ricoverato a chiesto doppia razione per il pranzo.
«Ha 54 anni, ma tutti dicono che sembra avere 40 anni» ha detto Liu. Ma le sue condizioni sono peggiorate drammaticamente. Il 10 febbraio, in occasione del suo compleanno, Liu ha realizzato un video con amici di tutto il mondo augurando bene a suo padre e una pronta guarigione.
Ma proprio quel giorno, l’ospedale ha chiesto a sua madre di firmare un modulo per confermare il suo stato critico. Più tardi, la madre di Liu le ha detto che i suoi polmoni avevano smesso di funzionare. Suo padre è ora in un’unità di terapia intensiva collegata a una macchina che pompa e ossigena il suo sangue.
LA DISPERAZIONE DI LIU DA SOLA A MILANO
«Sua madre, ora sola a casa, ha iniziato a stare con sua sorella. Piange spesso. La stessa Liu ha difficoltà a concentrarsi sulla sua istruzione in Italia, dove studia architettura e sul suo tirocinio. Vuole andare a casa a vedere la sua famiglia, ma sua madre dice che non è sicuro» aggiunge la giornalista Lily Kuo portando tutti noi ad immaginare la tragedia di questa giovane studentessa, lacerata dal desiderio di riabbracciare i suoi cari e la razionalità di stare lontana dall’incubo CoronaVirus.
Ricorda affettuosamente suo nonno Lei, orgoglioso di raccontare di aver combattuto con Mao Zedong come fedele membro e volontario del partito durante la Rivoluzione Culturale. Quello stesso partito comunista che ora ha strozzato in gola anche l’urlo di dolore e disperazione che Liu da Milano lanciava sui social come segno di affetto e di aiuto alla sua famiglia lontana.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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FONTI
THE GUARDIAN – LIU MENGDI’S TRAGEDY
BBC – CHINA FOREIGN MINISTER STATEMENT
Un pensiero su “A MILANO SOS CORONAVIRUS DELLA STUDENTESSA DI WUHAN: «La mia tragedia familiare vietata sui social»”