di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Ieri il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, parlando nella base militare di Sidi Barrani, a 95 km dal confine libico, ha detto al suo esercito di prepararsi a qualsiasi missione se le forze del Governo di Accordo Nazionale (GNA) varcheranno quella che definito «la linea rossa che collega Al Jufra a Sirte». «L’Egitto interverrà al fianco delle tribù locali» ha spiegato Al Sisi, «per garantire sicurezza e stabilità del paese».
Oggi il Ministro degli esteri egiziano ha gettato acqua sul fuoco e chiarisce il senso delle dichiarazioni del suo presidente: «Un intervento militare in Libia sarebbe solo l’ultima opzione, anche se consideriamo la presenza di militari turchi nel paese una minaccia alla nostra sicurezza» dice Shoukry. E conclude: «vogliamo una soluzione politica e che si permetta al popolo libico di andare prima o poi ad elezioni».
Shoukry ha sentito oggi il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov, il quale ha sottolineato che per Mosca, alleata di Haftar insieme al Cairo e agli Emirati Arabi «Non esiste una soluzione militare al conflitto». Lo riferisce un aggiornato articolo di RAI News.
Questa è la battaglia delle parole che anticipa quella sul campo. Un’escalation della guerra in Libia sarebbe devastante per l’Europa e per l’Italia per il rischio di un’ondata incontenibile di migranti nella quale potrebbero infiltrarsi migliaia di jihadisti dell’ISIS portati come mercenari a Tripoli dal governo di Ankara a sostegno del presidente GNA Fayez Al Serray.
In questo contesto fa un po’ sorridere e un po’ piangere la pantomima dell’inesistente Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che vaga per il Mediterraneo a spese dell’Italia a proporre una «tregua sostenibile». Non possiede infatti una minima credibilità politica proprio perchè da tempo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è volato in Qatar per rassicurare l’emiro dei Fratelli Musulmani, finanziatore occulto dell’operazione di Ankara, sui rapporti commerciali nell’industria bellica. Di questo abbiamo già parlato e parleremo in una prossima scioccante inchiesta.
L’invasione dei terroristi islamici è stata documentata in molteplici reportage dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR) che opera dal Regno Unito ed ha sempre avuto un canale privilegiato con i White Helmets (Syrian Civile Defence) creati dall’intelligence britannica attraverso il suo ex ufficiale James Le Mesurier, misteriosamente ucciso proprio in Turchia, a Istanbul, l’11 novembre 2019, un mese dopo l’inizio dell’invasione dell’esercito di Ankara nel Rojava del Nord Est Siriano. Proprio per questo i ripeturi reportages SOHR devono suonare come un campanello d’allarme per l’intero Occidente…
Ma se lo scenario di guerra assumerà i contorni di una guerra mondiale in miniatura la colpa è soltanto dell’Europa, schiava acefala delle politiche aggressive NATO finalizzate a incrementare logiche geopolitiche e di affari bellici per la Lobby delle Armi, ma soprattutto dell’Italia che da ormai troppi anni vede nel commercio di sistemi di difesa, navi ed elicotteri da guerra e bombe un business goloso e irrinunciabile.
Europa ed Italia hanno fatto finta di dialogare con il generale Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito Nazionale Libico che ha sconfitto l’ISIS arrivato in Libia dopo la violenta destituzione del dittatore moderato Muhammar Gheddafi da parte degli Usa di Barack Obama e della Francia di Nicolas Sarkozy con l’appoggio delle basi NATO italiane imposto dall’allora presidente Giorgio Napolitano.
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In realtà Bruxelles e Roma hanno stretto sempre e soltanto la mano al presidente turco Recep Tayyp Erdogan nonostante quest’ultimo avesse dimostrato in Siria di essere un tiranno ben più sanguinario e pericoloso di Gheddafi.
Grazie a migliaia di feroci mercenari jihadisti inviati da Ankara (e ben armati da quest’ultima che può vantare il secondo esercito della NATO), Al Serray non solo è riuscito a difendere Tripoli dall’assedio lanciato da Haftar nell’aprile 2019 ma ha conquistato terreno partendo con una controffensiva che ora minaccia Sirte ed il golfo ricco di pozzi petroliferi e giacimenti di gas di interesse mondiale.
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Ora che Sirte rischia di capitolare il Governo di Tobruk è ritornato sui suoi passi ed ha ripreso strettissime relazioni diplomatiche con Haftar dopo averlo isolato a causa della dichiarazione con cui nelle scorse settimane il generale si proclamò unico leader della Libia annunciando il golpe contro Tripoli. Era la manovra di un maresciallo disperato per le brucianti sconfitte ricevute sul campo e le molteplici ritirate strategiche compiute per evitare la disfatta.
Infatti Tripoli ha continuato a ricevere rinforzi in truppe e armi grazie al controllo navale fittizio nel Mediterraneo della missione IRINI dell’Unione Europea volto a far rispettare l’embargo ONU di fatto solo a Mosca, Francia, Emirati Arabi Uniti ed Egitto, alleati dell’esercito della Cirenaica.
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In questo contesto di vergognosa ipocrisia diplomatica tale da indurre l’ambasciatore italiano a Tripoli ad ammettere che, per motivi costituzionali e legislativi, nessun altro paese NATO avrebbe potuto intervenire al di fuori della Turchia, la decisione di Aguila Saleh Issa, Presidente della Camera dei Rappresentanti di Tobruk, che dal 2014, dallo scoppio della guera civile, amministra la vastissima e popolosa area della Libia Orientale intorno a Bengasi, di isolare Haftar pur colpevole di tanti errori diplomatici e militari, si è rivelata fatale. Ed il ripensamento rischia di essere tardivo.
O Saleh è già stato avvicinato da Erdogan ed è pronto a diventare suo alleato, oppure, non volendo credere a questa infame ipotesi, ha commesso un errore madornale perché ha gettato discredito davanti al mondo sul generale di LNA nel momento più critico di questo annoso conflitto affidandosi alla possibilità di un accordo di pace con il sultano turco che invece, nelle sue mire di rifondazione dell’Impero Ottomano sotto l’egida dei Fratelli Musulmani, ha campo d’azione libero grazie alla Lobby delle Armi ben felice di nuove guerre, a prescindere di chi le faccia e le vinca.
Com’era infatti possibile credere ad Erdogan che dal 2011 gestisce attraverso l’intelligence MIT di Ankara i movimenti dell’ISIS in Siria?
Com’era pensabile ipotizzare una tregua con un dittattore che continua a lanciare operazioni di “pace” invadendo la Siria e lasciando che spietati terroristi che furono miliziani nello Stato Islamico o in Al Qaeda massacrino impunemente i civili?
Ora il Governo di Tobruk sta cercando di correre ai ripari. Haftar ha ricevuto una delegazione che comprendeva il vicepresidente della Camera dei rappresentanti (HOR), il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale della Libia, Abdulhadi Al-Hweij, e il delegato del comando generale delle forze armate, dopo il loro ritorno da una visita ufficiale in Russia. Lo ha riferito nei giorni scorsi il media Al Marsad.
Ora il Parlamento della Camera dei Rappresentanti, secondo fonti citate da Hawars News, si appresta a chiedere ufficialmente l’intervento dell’Egitto per legittimarne il supporto militare. Ma il danno d’immagine è ormai fatto. Soprattutto in Italia dove Radio24, la potentissima emittente mondialista di Confindustria, ha già ventilato la possibilità che il generale di Bengasi sia perseguito per crimini di guerra.
Il mainstream è già pronto a dipingerlo come il nuovo Gheddafi per giustificare eventuali raid NATO se il conflitto degenererà con buona pace di noi italiani e soprattutto dei siciliani che vivono a 260 miglia nautiche dalle coste libiche.
Perché tuto questo? Solo per i soldi della Lobby delle Armi che, come dimostrato nei precedenti reportages, si muove all’ombra della piramide massonica del Deep State in cui sguazzano i potentati finanziari di USA, Regno Unito, Italia, Turchia e Qatar in appoggio ad un piano dei Fratelli Musulmani che s’incastona perfettamente nelle mire globaliste del Nuovo Ordine Mondiale.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES
GOSPA NEWS – JIHADISTS REPORTS