CORTISONE SCONFIGGE COVID-19: Ricerca di Oxford (pubblicata ora) conferma la Cura Italiana Ignorata da Ministro e OMS. Quanti Morti per Colpa loro?

CORTISONE SCONFIGGE COVID-19: Ricerca di Oxford (pubblicata ora) conferma la Cura Italiana Ignorata da Ministro e OMS. Quanti Morti per Colpa loro?

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RISULTATI DEI TEST RECOVERY SU MEDRXIV
Il trattamento facile ed efficace contro la SARS-2
scoperto da una prestigiosa neurologa italiana
è stato ignorato dalle autorità sanitarie mondiali
e dal governo: fu usato solo in alcuni ospedali

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

ENGLISH VERSION HERE

L’autorevole sito web specializzato in Medicina www.medrxiv.org ha appena pubblicato la conclusione del “Recovery Trial” testato da un gruppo di ricerca dell’Università di Oxford che ha confermato l’efficacia di una terapia facile ed economica con il Cortisone per sconfiggere Covid-19 (o SARS-CoV-2).

Questo metodo è stato inizialmente sperimentato da una geniale neurologa italiano, ma sia il governo di Roma sia l’Organizzazione mondiale della Sanità lo hanno trascurato perché prima, a marzo, il ministro francese Olivier Veron e poi la stessa OMS avevano sconsigliato l’uso di questo farmaco per la cura di pazienti infetti. Quante morti si sarebbero potute evitare tra marzo e giugno? Un’inchiesta internazionale dovrebbe rispondere a questa domanda…

Questo è l’abstract della ricerca appena pubblicata.

«Retroscena: la malattia di Coronavirus 2019 (COVID-19) è associata a danno polmonare diffuso. I corticosteroidi possono modulare il danno polmonare immuno-mediato e ridurre la progressione all’insufficienza respiratoria e alla morte. Metodi: lo studio randomizzato di valutazione della terapia COVID-19 (RECOVERY) è uno studio randomizzato, controllato, in aperto, adattivo, a piattaforma, che confronta una gamma di possibili trattamenti con le cure usuali in pazienti ricoverati con COVID-19. Riportiamo i risultati preliminari per il confronto del desametasone 6 mg somministrato una volta al giorno per un massimo di dieci giorni rispetto alle normali cure da solo. Il risultato primario è stata la mortalità a 28 giorni ».

«Risultati: 2104 pazienti assegnati in modo casuale a ricevere desametasone sono stati confrontati con 4321 pazienti contemporaneamente assegnati alle normali cure. Complessivamente, 454 pazienti (21,6%) che hanno ricevuto desametasone e 1065 (24,6%) pazienti che hanno ricevuto assistenza abituale sono deceduti entro 28 giorni (rapporto percentuale aggiustato per età [RR] 0,83; intervallo di confidenza al 95% [CI] da 0,74 a 0,92; P <0,001) . Le riduzioni proporzionali e assolute del tasso di mortalità variavano in modo significativo a seconda del livello di supporto respiratorio alla randomizzazione (test per trend p <0,001): il desametasone ha ridotto  i decessi di un terzo nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica invasiva (29,0% vs. 40,7%, RR 0,65 [ IC 95% da 0,51 a 0,82]; p <0,001), di un quinto in pazienti che ricevono ossigeno senza ventilazione meccanica invasiva (21,5% vs. 25,0%, RR 0,80 [IC 95% da 0,70 a 0,92]; p = 0,002), ma non ha ridotto la mortalità nei pazienti che non hanno ricevuto supporto respiratorio alla randomizzazione (17,0% vs 13,2%, RR 1,22 [IC 95% da 0,93 a 1,61]; p = 0,14)».

La ricerca di Oxford Recovery’s appena pubblicata: fai clic per leggere la ricerca in inglese

«Conclusioni: nei pazienti ricoverati in ospedale con COVID-19, il desametasone ha ridotto la mortalità a 28 giorni tra coloro che ricevevano ventilazione meccanica invasiva o ossigeno alla randomizzazione, ma non tra i pazienti che non ricevevano supporto respiratorio».

Questa conclusione pone in evidenza quanto già spiegato nella nostra intervista con la neurologa italiana Roberta Ricciardi che per prima ha sperimentato il farmaco sui suoi malati di Miastenia già trattati con cortisonici abitualmente e rimarcato dal professor Piero Sestili, ordinario di Farmacologia dell’Università di Urbino: il trattamento con il Desametasone funziona in modo ottimale se avviato ai primi sintomi.

Infatti Oxford ne ribadisce l’efficacia ma non senza ventilazione artificiale e pertanto con la necessità di ospedalizzazione. Mentre gli esperimenti effettuati dalla dottoressa Ricciardi e poi adotatti in altri ospedali ne hanno dimostrato l’efficacia anche nelle cure domiciliari come illustreremo nella prossima intervista a un paziente guarito della Lombardia.

 

LA SCOPERTA DELLA NEUROLOGA ITALIANA (articolo del 24-6-2020)

«Sono stata in Rianimazione per 7 anni, ho studiato Medicina respirando grazie ad una tracheoctomia (incisione della gola con l’inserimento di una cannula – ndr). Ho faticato a lungo prima di tornare a respirare normalmente. Per questo non posso accettare che un paziente muoia soffocato per la Miastenia gravis che grazie al Cortisone, con una cura ad personam da me creata perché non esiste una formula efficace per tutti, sono riuscita a spengere in me e in altri 7mila pazienti che seguo. Per questo ho vissuto con preoccupazione la pandemia da CoronaVirus nel timore che la loro fragilità potesse esporli a gravi rischi. Così ho deciso di intensificare le cure con il mio amato Desametasone. Tutti i casi curati sono guariti, nessuno è morto».

Per la dottoressa Roberta Ricciardi non basta un’intervista, non basta un encomio. Servirebbe un monumento: alla sua pazienza. Il suo carattere schivo e modesto da toscana pragmatica quanto vulcanica, nel fare più che nell’apparire, durante l’emergenza l’ha tenuta lontano dai riflettori sotto cui si è pavoneggiato il suo omonimo dottor Walter Ricciardi, prima di rassegnare le dimissioni da presidente dell’Istituto Superiore di Sanità dopo un’inchiesta de Le Jene sui suoi rapporti quantomeno sospetti con alcune case farmaceutiche e con una società di lobbying (link a fondo pagina).

La neurologa Roberta Ricciardi responsabile dell’ambulatorio di Miastenia e Chirurgia del Timo dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana

Lui è stato tra i guru che a Roma suggerivano le linee guida nell’emergenza da Covid-19 per il suo ruolo di rappresentante dell’Italia nel Comitato Esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Quella stessa OMS che a metà marzo aveva bocciato la cura con il Cortisone salvo riesumarla nei giorni scorsi. L’anticipazione scientifica del 16 giugno sui 2mila pazienti guariti dalla Oxford University proprio con il Desametasone, un antinfiammatorio steroideo della famiglia del cortisone, ha rilanciato la terapia sui media d’Italia che prima l’avevano massacrata su imput OMS (Fanpage 17-3.2020). Pochi dei quotidiani, però, si sono ricordati di rammentare che alla stessa felicissima intuizione era arrivata prima la specialista italiana…

Dall’altro ieri il dottor Walter è diventato direttore scientifico degli Istituti Clinici Scientifici Maugeri mentre la dottoressa Roberta, neurologa, a 65 anni, con la salute segnata dalla sua patologia “spenta” ma destinata ad accompagnarla per tutta la vita come in tutti i miastenici, ancora attende da 30 anni che il suo ambulatorio di eccellenza del Percorso di Miastenia e Chirurgia del Timo nell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, confinato in due stanze, possa avere spazi e dotazioni di personale adeguati a curare gli oltre 10mila malati italiani di questa patologia. Una malattia tanto rara quanto potenzialmente letale se non curata in tempo, proprio come l’infezione del nuovo ceppo da CoronaVirus.

Il Ministro della Salute Roberto Speranza del Partito Democratico

Ma soprattutto la specialista Ricciardi attende da due mesi esatti una risposta dal Ministro della Salute Roberto Speranza (Partito Democratico) all’appello da lei inoltrato con altri 33 medici italiani «sulla necessità di promuovere l’adozione tempestiva e precoce (all’inizio della sintomatologia respiratoria sospetta) rispetto all’odierna prassi, di una semplice terapia antinfiammatoria efficace come quella Cortisonica a medio o alto dosaggio associata, a farmaci a probabile attività anti-SARS-CoV-2 come la Clorochina e all’Enoxaparina per prevenire le gravi complicazioni trombotiche come la C.I.D. Questa terapia, va sottolineato, può essere svolta in ambito domiciliare».

Così è la vita! Soprattutto nel mondo sanitario fagocitato e pilotato dalle Big Pharma che, dopo ripetute sentenze di condanna subite nel mondo, si può candidamente definire “delinquenti abituali”. Ora in Italia possiamo cominciare a interrogarci sul mistero del Desametasone utilizzato da pochissimi medici e a domandarci se il distratto Dicastero della Salute non abbia nominato il Ricciardi sbagliato in seno all’OMS. Tra il 24 aprile e il 23 giugno, infatti, nella nostra penisola sono morte 8.706 persone positive al Covid-19.

Il nesso di causalità coi decessi dovrà essere validato dall’ISS grazie alle cartelle cliniche, visto che le autopsie furono effettuate in pochissimi casi sebbene si siano rivelate fondamentali per scoprire quelle reazioni iper-immuni con le trombosi e le embolie polmonari massive che portarono a nuove scelte curative. Quante delle vittime avrebbero potuto essere salvate con la terapia cortisonica?

Questo quesito dovrebbe togliere il sonno alle autorità sanitarie italiane e al ministro Speranza che invece sta gongolando per l’accordo Europeo sottoscritto con altri paesi sull’imminente vaccino: sarà distribuito in Italia in collaborazione con una società del colosso farmaceutico controllato ovviamente da Bill Gates, come sveleremo a brevissimo nel reportage 15 del ciclo WuhanGates.

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«Non mi interesso di politica, sono tanto impegnata a curare i miei malati e a rispondere alle email dei pazienti» risponde la specialista pisana alla nostra provocazione su questo abissale ritardo nella risposta che diventa macroscopico rileggendo la sua prima intervista sul cortisone anti-Covid pubblicata il 2 aprile dal quotidiano La Nazione di Firenze.

Non vuole nemmeno indugiare nel racconto della sua drammatica vicenda di malata vittoriosa contro la Miastenia, una patologia che per un iperreazione auto-immune inficia la connessione tra sistema nervoso e muscoli compromettendone la mobilità, su cui scrisse vari libri. In passato fu anche invitata a parlarne al Maurizio Costanzo Show e fu protagonista del bellissimo reportage Storie del TG2 che vi riproponiamo.

La dottoressa Roberta vinse la sua guerra per sé e poi per i suoi pazienti grazie alla prodigiosa formula cortisonica da lei stessa creata come ne “L’olio di Lorenzo”. Si tratta del famoso film con Nick Nolte e Susan Sarandon riferito alla storia vera del bambino italo-americano malato di ALD, l’adrenoleucodistrofia che divora la mielina distruggendo il sistema nervoso e portando alla morte, na sopravvissuto fino a 30 anni grazie alla miscela di trigliceridi monoinsaturi scoperta, testata e fatta produrre da suo padre Augusto Odone.

In una lunga chiacchierata telefonica sulle battaglie mediche di ieri e di oggi riusciamo a carpire un meraviglioso segreto in riferimento alla devozione della dottoressa Roberta alla Nostra Signora di Lourdes. «La Fede in Dio e in Gesù Cristo è stata sempre indispensabile per me per sopportare il mio terribile calvario di malattia da ragazzina. E poi per trovare sempre la forza e l’amore necessari per aiutare gli infiniti malati che hanno avuto bisogno di essere da me curati».

Il sipario della privacy personale cala qui mentre si accendono i riflettori sulla terapia contro il Covid-19 che ella sta gridando da mesi a tutte le autorità sanitarie, sebbene inascoltata ad eccezione di poche strutture sanitarie.

«Il Coronavirus coinvolge l’apparato respiratorio e la complicanza più grave è rappresentata dalla fibrosi polmonare e dall’insufficienza respiratoria. Ecco perché ho pensato che l’utilizzo del cortisone avrebbe potuto rallentare questo pericoloso processo» spiega la neurologa.

La dottoressa Roberta Ricciardi con il paziente di Brescia guarito dal CoVid-19

«Un mio paziente di Brescia si è ammalato di una forma importante di Coronavirus, tanto da aver avuto bisogno del respiratore e ho collaborato fin da subito con i colleghi dell’ospedale bresciano. Su mia sollecitazione hanno condiviso l’idea di incrementare la terapia cortisonica in atto e il miglioramento è stato rapido, con il paziente che ieri è stato trasferito a casa» dichiarava lei stessa il 2 aprile a La Nazione in un articolo poi ripreso da Il Giornale.

«La Regione Lombardia l’ha inserito nel protocollo di indicazioni orientative a supporto dei clinici che le hanno adattate alle specifiche esigenze dei singoli pazienti anche il Metilprednisolone, utilizzato prevalentemente nella ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Contemporaneamente, la terapia cortisonica è stata inserita nel protocollo di trattamento del Coronavirus anche a Crema, al San Giuseppe di Milano, allo Spallanzani di Roma e a Trieste. Io preferirei utilizzassero il Desametasone a dosaggi medio alti ma bisogna comunque anche il Metilprednisolone è un ottimo cortisone. Ritengo altresì che chi ha in atto una terapia cortisonica si ammali meno e che possa fungere da protettore».

Ma in Italia, come nel resto del mondo, si è preferito indirizzare le sperimentazioni cliniche sull’antivirale Remdisivir, sperimentato (senza successo) per curare l’Ebola dalla Gilead, big pharma cui abbiamo dedicato il reportage WuhanGate 5 perché partecipata da George Soros (donors Dem come Gates), foraggiata dal Dipartimento degli Usa, partner della CIA nei progetti USAID e accusata dalla Russia di aver causato la morte di 79 cavie umane per presunti esperimenti su armi batteriologiche in un laboratorio militare top-secret in Georgia gestito dall’agenzia DTRA del Pentagono.

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E’ stato uno dei 24 reportages realizzati per evidenziare il torbido mondo delle ricerche batteriologiche dal potenziale “dual-use”, ovvero vaccino-terapeutico ma anche virus-militare, alla luce degli ormai 15 scienziati che sostengono che il SARS-CoV-2 è stato creato in laboratorio con l’ingegneria biologica molecolare come sostenuto in ultimo anche dall’ex capo dell’intelligence britannica MI6.

A Napoli e in altre città, invece, si era testato il Tolicizumab che Gospa News aveva rivelato essere tanto efficace quanto pericoloso per l’altissimo rischio di epatiti tali da rendere necessario il trapianto di fegato e addirittura per la possibilità di shock anafilattico (dati test clinici).

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«Penso che quell’anticorpo monoclonale, utilizzato prevalentemente nel trattamento dell’artrite reumatoide, potrebbe, a mio avviso, essere sostituito dalla terapia cortisonica, ma dovranno essere gli specialisti a valutare» dichiarava Roberta Ricciardi sempre il 2 aprile Tocilizumab, mentre ben pochi ospedali seguirono il suo suggerimento e molti lo fecero solo per i pazienti in terapia intensiva, quando secondo la neurologa è ormai troppo tardi…

«Una volta che si sviluppa l’iper-infiammazione i pazienti non possono avere un sostegno adeguato: la precocità è l’arma vincente perché il cortisone va somministrato ai primi sintomi di tosse, febbre e altre sintomatologie tipiche del CoronaVirus» ci ripete più volte come fosse un SOS da tener ben presente nella purtroppo già prevista eventualità di una seconda ondata epidemica.

La neurologa Roberta Ricciardi in sala operatoria

«Noi abbiamo proposto una strategia di utilizzo diversa rispetto a quella praticata ad Oxford» precisa anche il professor Piero Sestili, ordinario di Farmacologia dell’Università di Urbino e ispiratore dell’appello al Ministro della Salute inviato dalla dottoressa pisana e dagli altri medici.

«Quella ricerca inglese Recovery, condotta con test clinici in uno studio in fase di revisione da parte di una rivista specialistica prima della pubblicazione, è stata approvata, come altre, per motivi etici, solo per i gravi ospedalizzati. Ma questa è proprio la condizione che noi vogliamo evitare. Noi riteniamo sia necessario anticiparne l’uso prima dell’ospedalizzazione, crediamo sia quello il momento per spegnere le reazioni infiammatorie. Ho saputo proprio oggi che alcune riviste scientifiche molto quotate stanno preparando articoli speciali proprio dedicati alle cure precoci». Gospa News ne segnalò una con un farmaco vegetale suggerito da un illustre pneumologo.

https://www.gospanews.net/2020/03/09/esclusiva-famoso-pneumologo-un-farmaco-vegetale-contro-il-covid-19/

Il professore Sestili, ordinario di Farmacologia all’Università di Urbino, ha anche un lungo trascorso trascorso come consigliere comunale del PD a Urbino ed è pertanto l’anima “politica” di questo appello, quella capace di puntualizzare le criticità in un’analisi sia sanitaria che amministrativa.

«Covid-19 è una malattia affrontata con carattere emergenziale: in primo luogo non la conoscevamo, in più ce ne siamo lasciati sopraffare. Ci siamo fidati della capacità dei cinesi di contenere il virus pensando che non arrivasse in Europa, quando invece era già in casa nostra. Siamo stati quindi travolti da uno tsunami, e non avevamo alternativa al concentrarci sulle cure di chi stava morendo, piuttosto che sulle terapie precoci per chi aveva appena contratto virus che noi riteniamo fondamentali».

«Che io sappia il Ministero della Salute ha finalmente preso in carico la nostra segnalazione, La sta valutando anche perché è chiaro che sarebbe opportuno approfondirla alla luce dello studio “Recovery” di Oxford».».

CURE INEFFICACI? LA COLPA DELL’OMS

«Non mi sento di dare una colpa ai governi mentre credo che una responsabilità scientifica vada messa in capo all’OMS, a ECDC (European Center Diseases Control) che hanno il compito di coordinare e dirigere le politiche sanitarie internazionali ed europee, e a molte autorità nazionali dell’occidente» chiosa il docente di Farmacologia.

Il riferimento è ovviamente al dissennato intervento pubblico del ministro francese Olivier Veron: «La sua segnalazione di non usare antinfiammatori, e per estensione il cortisone, ha privato i medici di armi fondamentali per le terapie precoci in virtù di una comunicazione assunta senza vero fondamento scientifico ma basata su mere ipotesi di gruppi di ricerca marsigliesi. La collettività medico-scientifica ha recepito le indicazioni della Francia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità le ha fatte proprie dichiarando che non andava usato ed è diventata prassi operativa in tutto il mondo».

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«La mia sensazione è che i comitati tecnico-scientifici hanno vissuto una esperienza simile a quella dei famosi “Raggi N” del fisico Blondot» aggiunge Sestili facendo riferimento alla clamorosa vicenda della cosiddetta “scienza patologica”, secondo il termine coniato nel 1953 dal Premio Nobel per la Chimica Irving Langmuir.

E’ un processo psicologico con il quale uno scienziato, che accetta a monte il metodo scientifico, inconsciamente se ne distacca e mette in moto un processo “patologico” di interpretazione dei dati secondo i propri desideri.

«La questione riguarda il recettore ACE2 (quello della famosa protenina “S’ Spike che consente al CoronaVirus di aggredire le cellule e diventare letale per l’organismo – ndr). Ancora non si è capito se e in quale quantità le interazioni dei recettori col virus determinano la progressione nella forma grave o no. Ci sono due scuole pensiero: quella positiva per cui ACE2 è una presenza protettiva; e quella negativa per cui la sua presenza in sovrannumerario favorisce lo sviluppo molto grave» prosegue Sestili.

Il professore Piero Sestili, Ordinario di Farmacologia all’Università di Urbino

Come riferito da Gospa News, nel mese di febbraio dei ricercatori cinesi di Wuhan, grazie ad alcune autopsie, scoprirono l’esistenza di almeno due genotipi differenti di SARS-2, tra cui quello “L” altamente letale rispetto a “S” e al terzo rarissimo “Y”, individuato solo in una donna statunitense. Ciò indurrebbe perciò ad azzardare che entrambe le ipotesi sul ruolo di ACE2 potrebbero essere corrette in relazione alle differenze di corredo genetico e carica virale del ceppo patogeno: ma mancando le perizie necroscopiche le speculazioni rimarranno con ogni probabilità solo teoriche. Mentre Sestili mette a fuoco con chiarezza l’errore epistemologico.

«Le autorità sanitarie senza alcune dimostrazione diretta hanno invece optato per una delle due ipotesi, fino a convincersene. Motivo per cui in Francia e in tutto l’occidente non sono stati utilizzati gli antinfiammatori compresi quelli steroidei – se non nei casi più gravi – in quanto questi ultimi possono indurre anche immusoppressione». Questa azione infatti riduce quelle fondamentali reazioni immunitarie indispensabili quando l’organismo viene aggredito da un agente patogeno .

«Il grado modesto di immunosoppressione, anche per il breve tempo previsto, è pienamente compatibile con il loro utilizzo nella COVID-19 – hanno però ben spiegato i medici nell’appello al ministro rimasto senza risposta – Molti pazienti infatti sono in terapia cronica con cortisone per numerose patologie autoimmuni, come la miastenia gravis, senza che si rilevino effetti collaterali importanti. In questa situazione i cortisonici vanno somministrati solo per pochi giorni allo scopo di bloccare la possibile evoluzione nelle complicanze temute come la fibrosi polmonare e l’insufficienza respiratoria, purtroppo alcuni dei principali gravi rischi della COVID-19».

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«Il governo non aveva competenze per poter imporre una visione differente. Dovevano essere i medici di base a intervenire dicendo “scusate prima di dover chiedere il ricovero per i nostri malati, ci fate fare qualcosa?”. Ma non sono potuti essere parti proattive segnatamente per le indicazioni internazionali che come ben sappiamo li hanno lasciati soli con la propria autonomia di scelta e… con la tachipirina!».

Alla luce delle dichiarazioni del professore di Urbino, quindi, il punto cruciale delle carenze terapeutiche va individuato proprio nella regia dell’ormai vituperata OMS. Pertanto un’ultima domanda al farmacologo Sestili è irrinunciabile: hanno ragione il presidente della Tanzania e quello degli Usa a rifiutarsi di sottostare alle direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità?

«Diciamo che oggi una macchina usata dall’OMS non la comprerei…». Touchè!

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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divieto di riproduzione senza autorizzazione

 


MAIN SOURCES

LA NAZIONE – INTERVISTA ROBERTA RICCIARDI

LIBERO QUOTIDIANO – LE JENE CONTRO WALTER RICCIARDI

GOSPA NEWS – WUHAN.GATES REPORTAGE

GOSPA NEWS – INCHIESTE CORONA VIRUS

GOSPA NEWS – INCHIESTE LOBBY ARMI

 

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

9 pensieri su “CORTISONE SCONFIGGE COVID-19: Ricerca di Oxford (pubblicata ora) conferma la Cura Italiana Ignorata da Ministro e OMS. Quanti Morti per Colpa loro?

  1. Non so chi abbia scritto questa webpage, ma a Trieste il cortisonico “a basse dosi prolungate” nelle polmoniti gravi lo usiamo da almeno 20 anni (Confalonieri M, et al. Am J Respir Crit Care Med 2005) e abbiamo utilizzato un protocollo utilizzato in altri 14 centri italiani senza minimamente copiare e sapere della neurologa di cui viene citato nel testo. Il nostro protocollo è scritto da marzo sul sito clinicaltrials.gov (NCT04323592) e prima che venisse inserito nello stesso sito il protocollo del Recovery Trial.
    Non credo che il complottismo sia un modo corretto di informare

    1. La ringrazio per la precisazione. Sono felice che a Trieste non si sia dat ascolto al suggerimento OMS di marzo proseguendo la cura con cortisonici incuranti delle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di non utilizzare cortisonici

      Accusare un sito di complottismo solo perchè evidenziamo dati scientifici incompleti, mancando la possibilità di monitorare le cure in tutti gli ospedali del mondo, è quello sì un negazionsmo complottista che tracima di polemismo gratuito. Resta il fatto che esattamente come la cura del plasma iperimmune le terapie contro il Covid-19 sono state lasciate al “caso” delle singole aziende ospedaliere e l’emergenza è stata affrontata con protocolli regionali solo il Lombardia.

      A segnalare questo è stato un docente di Farmacologia dell’Università di Urbino insieme ad altri 32 medici che non hanno accennato al vostro protocollo, palesando quella mancanza di comunicazione tra strutture sanitarie che è tra i nodi cruciali del fallimento delle risposte all’emergenza SARS-2 in Italia.

      Mi chiedo come mai solo 14 ospedali abbiano potuto beneficiare del vostro protocollo e non tutte le strutture d’Italia. Nel merito scientifico aggiungo che la terapia cortisonica a basso dosaggio per polmoniti gravi è esattamente il contrario di quanto sostenuto dalla neurologa e del docente di farmacologia di Urbino che suggeriscono alto dosaggio già ai primi sintomi per stroncare sul nascere il processo anti-infiammatorio.

      Pertanto credo che abbia capito anche poco dell’articolo visto che ha pure ironizzato sull’autore pur essendo la firma palese.

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