di Fabio Giuseeppe Carlo Carisio
Sta per calare il sipario sull’inchiesta per le toghe raccomandate del PalamaraGate. Prima ancora che la Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) abbia terminato i procedimenti nei confronti di dieci magistrati inguaiati dalle chat roventi, arriva una circolare interna che ha già il sapore di colpo di spugna.
Tra le chat imbarazzanti, come si ricorderà, ci sono anche quelle sui complotti tra Toghe Rosse e deputati del Partito Democratico contro l’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini, leader della Lega.
Ora giunge improvvisa una netta presa di posizione “assolutoria” del Procuratore Generale della Cassazione in relazione a giudici e PM raccomandati per i loro prestigiosi e redditizi incarichi dall’ex sostituto procuratore Luca Palamara, sospeso da funzioni e stipendio nell’inchiesta per corruzione in atti giudiziari. Se è pur vero che questo riguarda le “nomine” e non le chat complottiste, è altrettanto palese che affiora già la linea morbida nei confronti delle toghe del cerchio magico del pm finit
Com’è noto Palamara, consigliere togato del CSM dal 2014 al 2018 sia durante la presidenza di Giorgio Napolitano che di Sergio Mattarella (entrambi ex deputati PD), già presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati da cui è stato espulso nei giorni scorsi, è accusato dalla Procura di Perugia di aver ricevuto soldi e regalie per pilotare alcune nomine.
Ma ora rischia di diventare l’unico capro espiatorio di un sistema ben oliato che si reggeva sulle correnti interne all’ANM per garantire la carriera ai magistrati amici degli amici.
TOGHE SPORCHE: NEI GUAI ANCHE IL PROCURATORE GENERALE, MATTARELLA SI DIMETTA
A rivelarlo è il sito web Toghe.BlogSpot, gestito da alcuni magistrati che auspicavano quell’inversione di marcia nella deriva dei loschi affari tra magistratura e politica venuti a galla col PalamaraGate. Uno scandalo talmente potente da costringere al prepensionamento persino l’ex Procuratore Generale della Cassazione Riccardo Fuzio, membro di diritto del CSM, per una presunta spiata al collega sotto inchiesta in merito allo stato delle indagini.
Ma il nuovo PG della Cassazione Giovanni Salvi ha già emanato le direttive sulle toghe raccomandate da Palamara tappando la bocca a coloro che avevano messo in dubbio la legittimità di tali incarichi alla luce degli intrighi sotterranei venuti a galla.
Lasciamo a due esemplari articoli di Toghe.BlogSpot l’onere di chiarire la vicenda in ogni dettaglio visto che si fa riferimento ad una presa di posizione “ufficiale” ma tenuta nelle segrete stanze degli addetti ai lavori e non diffusa ai media nonostante la gravità del problema.
Resta da domandarsi quale peso potrà avere questa interpretazione benevola del Procuratore Generale in relazione ai procedimenti disciplinari pendenti davanti al Consiglio Superiore della Magistratura nei confronti di alcune toghe per le chat roventi contro Salvini in relazione alla gestione dell’emergenza migranti, poi effettivamente incriminato e in attesa di giudizio a Catania e Palermo per i casi dei ritardati sbarchi di immigrati clandestini dalle navi Gregoretti e Open Arms.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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Self marketing, quando il magistrato s’illumina d’immenso
da Toghe.Blogspot.com del 22 settembre 2020
Sono stati divulgati in questi giorni i criteri che la Procura Generale della Cassazione si è (auto)posta per districarsi nella mole di dati offerti dalle famigerate chat provenienti dallo smartphone del dott. Luca Palamara, per distinguere ciò che dovrebbe avere rilievo disciplinare da ciò che invece è innocuo.
Premesso che quello della Procura Generale è l’ufficio che condivide col Ministro della Giustizia l’iniziativa disciplinare, vale a dire l’esercizio dell’accusa, sarebbe da accogliere con favore l’anelito garantista che traspare da quel documento.
Se non fosse che alcune opzioni, oltre ad apparire tecnicamente errate, tendono il salvagente a tutti quei magistrati abituati ad avere rapporti diretti col potere interno alla magistratura e quindi ad alzare la cornetta – anzi ad agitare la tastiera di whatsapp – per perorare i propri meriti direttamente col consigliere amico, piuttosto che affidarsi alla documentazione ritualmente inserita nel fascicolo del procedimento ed attenderne serenamente l’esito.
No. Questa è una condotta che non può pretendersi dai magistrati, ma solo dai comuni cittadini che se colti a brigare con l’assessore o col direttore di turno vanno incontro a guai certi.
Ecco il passaggio del documento del supremo ufficio d’accusa che sposa l’”autopromozione” dei togati sgomitanti, così illuminandoli d’immenso.
“Applicando questi principi, ed esemplificando, l’attività di autopromozione, effettuata direttamente dall’aspirante, anche se petulante, ma senza la denigrazione dei concorrenti o la prospettazione di vantaggi elettorali, non può essere considerata in violazione di precetti disciplinari, non essendo ‘gravemente scorretta’ nei confronti di altri e in sé inidonea a condizionare l’esercizio delle prerogative consiliari.”.
Dunque, secondo l’indulgente Procuratore Generale, il self marketing rientra nel necessario bagaglio professionale di ogni magistrato aspirante ad un incarico direttivo. Perché se lo fa uno allora anche il competitore è legittimato a farlo, anzi deve.
Senza promesse elettorali, per carità.
Sarà un caso, ma solitamente l’arrivista si rapporta col consigliere superiore della sua corrente, quello che ha (già) votato e che non potrebbe votare nuovamente perché non rieleggibile. Il riferimento al vantaggio elettorale appare pertanto un richiamo incongruo, se guarda al futuro. Quel vincolo elettorale, semmai, proviene dal passato e l’auto-promozione del petulante è legittimata da un patto già precedentemente sancito, espressione di un sistema che, v’è da credere, ne esce incredibilmente rafforzato.
Ora, a ciascuno riflettere sulla correttezza di simili condotte rispetto a quei magistrati che, conformemente alla disciplina che regola i concorsi – anch’essa, peraltro, riguardante il “servizio giudiziario” – si limitano a presentare la domanda corredandola degli opportuni documenti e si astengono dal sollecitare rapporti diretti ed amicali con la commissione esaminatrice (il CSM).
E’ una scorrettezza gravissima, specialmente se riferita ad un magistrato. Ed è anche violazione di specifiche regole di condotta implicite nella regolamentazione dei concorsi.
Questione di punti di vista, si dirà.
Almeno adesso conosciamo quello del Procuratore Generale.
Sia esclusa la petulanza in Procura Generale
di Nicola Saracino – Magistratoda Toghe.Blogspot.com del 25 settembre 2020
Che la maggiore preoccupazione del dott. Giovanni Salvi, Procuratore Generale della Cassazione e quindi titolare dell’azione disciplinare contro i magistrati, fosse quella di salvare l’”immagine” della magistratura lo aveva detto lui stesso qualche tempo fa.
Da pochi giorni sono stati diffusi i criteri concepiti dall’ufficio dell’accusa disciplinare per … assolvere, in definitiva, il sistema del correntismo in magistratura, le lottizzazioni, le raccomandazioni, armamentari della carriera del magistrato ormai sdoganati proprio dal soggetto dal quale ci si sarebbe aspettati l’articolazione di un solido atto d’accusa.
In questo blog sono già state illustrate le guide lines della Procura Generale, salvacondotto dei petulanti: raccomandarsi non è peccato disciplinare ed il togato gravemente scorretto può essere perdonato per fatto lieve.
L’ufficio della Procura Generale è molto ambito tra i magistrati ed è ineliminabile, a questo punto, l’esigenza di fugare l’idea che la linea “morbidissima” concepita in quella sede sia condizionata dall’approdo di toghe “petulanti”.
Dichiarino, allora, il Procuratore Generale ed i suoi sostituti e magari anche gli appartenenti alla Direzione Nazionale Antimafia (altro ufficio di accusatori di prestigio) di non essersi mai “auto-promossi” nella loro carriera, tanto meno col dott. Luca Palamara.
E’ un atto, a questo punto, dovuto e serve ad escludere che l’accusa disciplinare sia invece distratta, anche inconsciamente, dalla propria difesa.