STRAGE PONTE MORANDI COME USTICA. Inchiesta “bloccata” dai periti (dei Benetton). Rabbia del Comitato Vittime

STRAGE PONTE MORANDI COME USTICA. Inchiesta “bloccata” dai periti (dei Benetton). Rabbia del Comitato Vittime

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

Ci sono due stragi che mi stanno più a cuore di altre perché le ho vissute da giornalista “in prima linea” cercando risposte tra una marea di documenti ufficiali. Quella sul disastro aereo del DC9-Itavia precipitato vicino all’isola di Ustica il 27 giugno 1980 con 81 vittime su cui ancora non è ancora emersa la verità per troppi insabbiamenti da parte dei vertici dell’Aeronautica Militare e ovviamente della NATO. E quella del Ponte Morandi che crollando improvvisamente il 14 agosto 2018 a Genova stroncò la vita di 43 persone.

“C’è un unico filo rosso che lega tutti i grandi delitti: un unico progetto politico” scrisse il giudice Rocco Chinnici prima di essere ucciso a Palermo da un’autobomba il 23 luglio 1983. Ma c’è anche un “filo rosso” che lega l’affossamento totale o parziale delle inchieste sulle grandi stragi rimaste a volte senza vera giustizia contro i responsabili.

Parlare del più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana, quello sull’indagine per via D’Amelio in cui fu fatto esplodere il giudice Paolo Borsellino con gli agenti della sua scorta, ci porterebbe alla deriva in quel “Triangolo di misteri” dove s’intrecciano gli angoli oscuri di Mafia, Politica e Massoneria su cui il magistrato stava indagando grazie al dossier Caronte dei Ros dei Carabinieri di Palermo: ereditato dal suo collega assassinato Giovanni Falcone e poi archiviato da alcune toghe lambite di recente dallo scandalo PalamaraGate

STRAGE DI USTICA: MENZOGNE DI STATO E TESTIMONI MORTI PER OCCULTARE IL MISSILE

Ci preme invece evidenziare oggi l’analogia tra la strage di Ustica e quella del Viadotto Polcevera di Genova, non certo per una correlazione fattuale essendo stata la prima causata da un missile e la seconda da un crollo per presunta ma manifesta incuria, quanto per il similare percorso giudiziario che si sta arenando sulle perizie tecniche nel più classico degli ostruzionismi dei CTP degli indagati, manager o funzionari della società controllata dalla famiglia Benetton.

A lanciare l’allarme è stata la portavoce del Comitato Ricordo Vittime del Ponte Morandi, Egle Possetti con un comunicato inequivocabile “Ora basta!”. Sollecitata da chi scrive a commentare l’andamento lemme dell’iter giudiziario aveva sempre tenuto un atteggiamento esemplare per diplomazia e fiducia nelle istituzioni. Ora è lei invece a rompere gli argini come un fiume in piena…

 

SLITTATA LA CONSEGNA DELLE PERIZIE

«Leggiamo su alcuni organi di informazione che le tempistiche di consegna della perizia sono ulteriormente slittate di un mese, questo imporrà circa un mese e mezzo di attesa aggiuntiva per la discussione del secondo incidente probatorio. La misura ormai è colma, i tempi tecnici necessari sono stati ampiamente superati, le complesse indagini, anche con il prolungamento Covid, dovrebbero essere terminate» si legge nella nota che fa riferimento implicito alla precedente scadenza dei termini di deposito fissata per il 31 luglio scorso (vedi articolo Il Sole 24Ore a fondo pagina).

PONTE MORANDI: VILE OMERTA’ DEI TECNICI AUTOSTRADE

Gospa News è un webmedia di investigazioni internazionali (soprattutto su fonti documentali OSINT) nato nel luglio 2018, poche settimane prima della tragedia, anzi del massacro, avvenuto sul viadotto gestito da Autostrade per l’Italia spa, società controllata da Atlantia in cui la famiglia Benetton va a braccetto con colossi finanziari del calibro della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino e di BlackRock, il più importante fondo d’investimento americano. Giusto per inquadrare gli interessi in gioco…

Siamo stati tra i primi a pubblicare in Italia le anticipazioni dell’ingegnere elvetico Bernhard Elksener, perito del Gip del Tribunale sul crollo del Ponte Morandi, che con tanto di foto e video ha evidenziato i tiranti marci, a suo parere causa del collasso per incuria del manufatto.

PONTE MORANDI, IL PERITO DEL GIUDICE ACCUSA: «CROLLO PER INCURIA»

Prove adamantine che evidenziano senza ombra di dubbio le gravi carenze di manutenzione dell’infrastruttura, comprovate non solo da altri incidenti mortali che hanno visto ASPI sul banco degli imputati ma da un trend di consapevole incuria emerso dai documenti e dalle intercettazioni ambientali. Ecco perché oggi siamo in trincea accanto alle famiglie delle vittime nel dare sfogo e risalto al loro amarissimo stupore.

«Cosa devono ancora vedere alcuni CTP (Consulenti Tecnici di parte, degli indagati – ndr) dei trefoli del reperto 132? Sarebbe interessante capire cosa possa essere ancora ignoto…. o forse è tutto troppo chiaro ed alcuni CTP cercano di fare tecnicamente “melina”?» scrive Egle Possetti.

PONTE MORANDI: PERITI E VIDEO TOP SECRET INCHIODANO AUTOSTRADE

«Per noi sono ben chiari i motivi del crollo del ponte, e quindi siamo stufi di sentire messaggi che tendono a travisare la realtà gettando fanghiglia sul terreno, adducendo come motivazioni del crollo cariche esplosive, bobine, meteoriti, ufo, ecc. Siamo molto perplessi che possano ancora esserci “incertezze” fra alcuni dei professionisti in campo. Non vorremmo che nelle “panzane” in preparazione magari emergesse anche un “suicidio di massa di 43 persone”, la fantasia è sempre molto vivida ma purtroppo come ben sappiamo in molti casi la dignità è veramente poca».

Questo aggiunge la portavoce del Comitato genovese facendo riferimento alle fantasiose ipotesi “vomitate” da tecnici di Autostrade per l’Italia sul tavolo dei magistrati durante gli interrogatori. Teorie così bizzarre, come quella della bobina-killer, che in altri tempi avrebbero forse potuto giustificare persino qualche arresto per un palese tentativo di inquinamento probatorio…

 

LE AUTOSTRADE DEI POLITICI BIPARTISAN

E’ ben comprensibile l’acribica cautela usata fin dall’inizio delle indagini dal procuratore di Genova, Francesco Cozzi, che si è ritrovato a dover indagare su un disastro nel quale il principale indiziato era una società per azioni controllata dalla multinazionale miliardaria della famiglia Benetton, quotata in Borsa ed oggi assai potente perchè arricchitasi dallo spolpamento IRI che iniziò con l’acquisto di GS e si consolidò con la privatizzazione della rete autotradale.

VIADOTTO KILLER SULL’A14: CHIESTO IL PROCESSO PER 3 SOCIETA’ DEI BENETTON

E’ ancor più comprensibile tale prudenza in relazione al fatto che quel piano di concessioni della rete viaria a pedaggio da parte della società statale ANAS ad Autostrade per l’Italia spa, approvato dal Governo D’Alema nel 1999, vide la gestazione già nel 1996 durante il Governo del premier Romano Prodi, ex presidente IRI, nel quale Giovanni Maria Flick era Ministro di Grazia e Giustizia e lo stesso dottor Cozzi, dal 1996 al 1998, fu direttore dell’Ufficio rapporti con il Parlamento nel Gabinetto di tale Dicastero.

Come ricorda SkyTG24, nel Dicembre 1999 la famiglia Benetton, assieme ad altri soggetti, acquisisce con 2,5 miliardi di euro il 30 per cento del capitale del Gruppo Autostrade dall’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale, controllata dello Stato), che ha avviato il processo di privatizzazione della società.

Mentre nel gennaio 2003 parte l’offerta pubblica di acquisto del resto del Gruppo Autostrade da parte della famiglia Benetton. Poche settimane dopo l’esito è il controllo della maggioranza delle azioni da parte dei Benetton. Nel corso dell’anno nasce Autostrade per l’Italia controllata al 100 per cento da Autostrade spa, oggi Atlantia. Grazie ai forti incassi dovuti ai pedaggi e all’aumento del traffico la proprietà compensa i costi dell’investimento in pochi anni.

STRAGE IN AUTOSTRADA AD AVELLINO: CONDANNATO A 6 ANNI IN APPELLO IL BOSS ASPI

La privatizzazione autostradale fu partorita quindi dai governi di centrosinistra ma poi avallata da quelli di centrodestra con il famoso emendamento “Salva Benetton” del Governo Berlusconi nel 2008 (appoggiato dal’attuale leader della Lega Matteo Salvini) che prorogò la concessione con clausole ritenute più favorevoli ad ASPI, come il prolungamento incondinzionato della gestione autostradale.

Nonostante questo delicato contesto di interessi politici “bipartisan” pro-Benetton, l’alto profilo morale e professionale del procuratore di Genova ci induce a ritenere che non continuerà a non avere timori reverenziali nel perentorio prosieguo dell’attività requirente.

Cio è gia stato confermato dal cosiddetta “inchiesta bis” aperta dal dottor Cozzi su altri cinque viadotti tra cui il Paolillo in Puglia, il Pecetti e il Sei Luci a Genova, il Moro in A14 e il Gargassa in A26, in cui il procuratore genovese ha chiesto e ottenuto gli arresti domiciliari per funzionari e dirigenti delle società ASPI e SPEA controllate dai Benetton.

AUTOSTRADE, INTERCETTAZIONI SHOCK: «I report sui ponti? Te li inventi…»

Secondo la Guardia di Finanza di Genova, il gruppo avrebbe «edulcorato» le relazioni sullo stato dei viadotti controllati. Per l’accusa, in certi casi, i report erano quasi routinari e quindi non corrispondenti alla realtà. Anche dirigenti e manager sarebbero stati a conoscenza dei controlli che sarebbero stati falsificati, come risulta anche dall’impiego di “jammer”, i disturbatori di frequenza utilizzati da dirigenti e funzionari per evitare le intercettazioni…

«Auguriamo ancora buon lavoro a tutti, ma i nostri morti hanno bisogno di celere verità !!!! Il potere, di norma come avvenuto in altre stragi, cerca di ritardare, sviare, oscurare, coprire, fuggire ma la verità è solare ed ancora una volta tenteremo con tutta la nostra forza di farla emergere dal limbo, forte come una colonna di un vulcano affinché nessuno possa dire di non averla vista. Noi siamo qui in attesa e pronti» conclude il comunicato del Comitato Ricordo Vittime del Ponte Morandi.

 

AFFARI MILIARDARI IN GIOCO TRA ASPI E ATLANTIA

Ma gli affari in gioco sono davvero miliardari poiché l’esito dell’inchiesta può pesare molto e non solo sulla paventata revoca delle concessioni ad ASPI minacciata dal Governo Conte ma poi congelata in relazione alla trattativa per l’acquisto della maggioranza delle azioni da parte della Cassa Depositi e Prestiti (la CDP spa è controllata dal Ministero dell’Economia e Finanza).

Gli esiti giudiziari, anche un eventuale rinvio a giudizio dei vertici societari e della ASPI stessa, come avvenuto in altri procedimenti, possono infatti pesare sulla “quotazione” del valore di tale azioni in merito al quale è in corso un energico braccio di ferro.

AUTOSTRADE: STRAGI SENZA MANETTE

Nei giorni scorsi l’offerta di Cdp per l’88% di Autostrade per l’Italia non è stata ritenuta adeguata. «È questo il responso del consiglio di amministrazione di Atlantia che ha esaminato la proposta preliminare giunta da Cassa e dai fondi Blackstone e Macquarie. Nonostante questo la holding ha deciso di tenere aperta la trattativa con l’istituzione finanziaria per un’altra settimana con l’obiettivo di ricevere, entro il prossimo 27 ottobre una proposta che sia “vincolante”».

VIADOTTO KILLER SULL’A14: CHIESTO IL PROCESSO PER 3 SOCIETA’ DEI BENETTON

Scrive il Sole24 Ore evitando di ricordare che tra gli azionisti Atlantia figura il fondo newyorkese BlackRock, socio anche dell’industria bellica nazionale Leonardo e perciò legato a doppio filo con il Governo italiano in quegli intrecci del cosiddetto Deep International State, lo “Stato profondo internazionale” formato da potentati politico-massonico-finanziari-militari.

VAJONT, RISARCIMENTO DOPO 34 ANNI PER 1917 VITTIME

«Ma i nostri morti hanno bisogno di celere verità»!» ha ben scritto Possetti in memoria delle 43 vittime del Ponte Morandi. Speriamo che la magistratura sappia dare risposte tempestive: almeno più celeri e perentorie di quelle date alla strage di Ustica o all’ecatombe del Vajont.

Nell’ormai lontanissimo 9 ottobre del 1963, infatti, 1917 abitanti di Longarone e dintorni morirono travolti da uno tsunami d’acqua generato da una frana del monte Toc dentro la pericolosa diga sul fiume Vajont che scorre tra Veneto e Friuli Venezia Giulia. La vicenda è tornata d’attualità nel terzo millennio grazie al film capolavoro di Renzo Martinelli “Vajont, La diga del disonore” (2001) basato sulle numerose inchieste realizzate dalla giornalista Tina Merlin.

https://www.youtube.com/watch?v=imVSM47sZ88

Per quell’immane strage annunciata, come il crollo del Viadotto Polcevera a Genova, solo otto ann dopo, tra il 15 e il 25 marzo del 1971 si svolse a Roma il Processo davanti alla Corte di Cassazione, nel quale gli ingegneri Alberico Biadene e Francesco Sensidoni vengono riconosciuti colpevoli di un unico disastro: inondazione aggravata dalla previsione dell’evento compresa la frana e gli omicidi. Biadene viene condannato a cinque anni, Sensidoni a tre e otto mesi, entrambi con tre anni di condono, nonostante Biadene fosse svanito nel nulla all’indomani del disastro sfuggendo a un mandato di cattura. In primo grado la pubblica accusa aveva chiesto 21 anni di carcere.

Soltanto nel 1997, ovvero 34 anni dopo, il Tribunale Civile e Penale di Belluno condannò la Montedison, società in cui è confluita la SADE, a risarcire le vittime con oltre 56 miliardi di vecchie lire (circa 29milioni a vittima), mente in altro processo intimò all’ENEL il risarcimento dei danni subiti dalle pubbliche amministrazioni a 1,5 miliardi di lire.

L’avvocato Giovanni Leone, VI Presidente della Repubblica Italiana

Nel frattempo però un protagonista di quel lungo e controverso processo aveva fatto una luminosa carriera: il capo del collegio degli avvocati di difesa della società SADE, l’avvocato Giovanni Leone, infatti, era stato eletto VI Presidente della Repubblica Italiana ed era rimasto al Quirinale dal 29 dicembre 1971 al 15 giugno 1978, ovviamente assumendo anche la carica di diritto di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura…

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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REPUBBLICA- SLITTA LA PERIZIA, AMAREZZA DEL COMITATO VITTIME

SKYTG24 – LA PRIVATIZZAZIONE DI AUTOSTRADE

AGI – CHI VOTO’ L’EMENDAMENTO SALVA BENETTON

VAJONT – LE CONDANNE PER IL DISASTRO

 


IL SOLE24ORE – RIEPILOGO DELL’INCHIESTA

I termini scadono il 31 luglio, ma è probabile che la perizia sulle cause del disastro del Ponte Morandi, crollato il 14 agosto 2018, slitti a settembre. L’inchiesta della Procura della Repubblica di Genova, coordinata dal procuratore capo Francesco Cozzi, procede nella forma dell’incidente probatorio, una sorta di parentesi dibattimentale all’interno dell’indagine preliminare. Perché l’obiettivo è di «cristallizzare» in prova tutti gli elementi raccolti, per istruire un processo che possa concludersi in tempi relativamente stretti.

71 indagati

Il procedimento conta 71 indagati, tra i quali figurano tecnici e manager di Autostrade spa e la controllata Spea. La maggior parte risponde di omicidio colposo, disastro colposo e attentato alla sicurezza dei trasporti, in tre anche di falso, e altri tre di favoreggiamento: avrebbero depistato le indagini dopo la tragedia in cui hanno perso la vita 43 persone.

La perizia sui video

Il procedimento, dunque, procede. Tanto che il 14 luglio il giudice per le indagini preliminari dovrebbe nominare un proprio perito per una valutazione dei video acquisiti dai pm Massimo Terrile e Walter Cotugno, assieme agli investigatori del 1° gruppo del comando provinciale della Guardia di finanza di Genova, al comando del colonnello Ivan Bixio. Immagini e chat 
In particolare, in un video – il principale per l’accusa – è inquadrata da due diverse angolature la pila 9 del ponte.

Nelle immagini si vede il passaggio di un camion, poi una nube di polvere e il moncone frantumato del ponte sospeso nel vuoto. Le presunte responsabilità sono emerse anche dalle analisi sulle comunicazioni interne tra gli indagati. Si tratta di chat e mail che segnalavano criticità del viadotto e deterioramenti. Segnali a cui però nessuno avrebbe dato il giusto peso. Questo filone d’indagine, il principale, potrebbe essere concluso entro la fine dell’anno. Non è esclusa, dunque, la richiesta di rinvio a giudizio già per gennaio 2021.

L’inchiesta bis

Non si tratta dell’unica indagine aperta dal procuratore capo Cozzi. In un altro fronte investigativo sarebbe emersa la falsificazione di report anche su altri viadotti autostradali. Anche dirigenti e manager sarebbero stati a conoscenza dei controlli che sarebbero stati falsificati.

L’indagine riguarda altri cinque viadotti tra cui il Paolillo in Puglia, il Pecetti e il Sei Luci a Genova, il Moro in A14 e il Gargassa in A26. Secondo la Guardia di finanza di Genova, il gruppo avrebbe «edulcorato» le relazioni sullo stato dei viadotti controllati. Per l’accusa, in certi casi, i report erano quasi routinari e quindi non corrispondenti alla realtà.

Gli interrogatori dei testimoni

La circostanza era emersa nel corso degli interrogatori dei testimoni durante le indagini sul crollo di Ponte Morandi. In particolare i tecnici di Spea avevano raccontato agli inquirenti che i report «talvolta erano stati cambiati dopo le riunioni con il supervisore» mentre in altri casi era stato lo stesso supervisore «a modificarli senza consultarsi con gli altri».

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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