«A WUHAN PER SVELARE LA VERITA’ IN NOME DI DIO». Il segreto della giornalista cristiana Zhang Zhan, torturata e condannata dalla Cina comunista

«A WUHAN PER SVELARE LA VERITA’ IN NOME DI DIO». Il segreto della giornalista cristiana Zhang Zhan, torturata e condannata dalla Cina comunista

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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I Nazisti delle SS usarono i bunker della fame per stroncare la vita ai loro prigionieri ribelli, i Comunisti della Cina – dove prolifera un regime totalitario e militare ancor più crudele per il numero di condanne a morte e la sua lunga durata favorita dalla continua complicità economica dell’Occidente anche dopo il massacro di piazza Tienanmen – per salvare le apparenze di fronte alla comunità internazionale, costringono i detenuti a sopravvivere allo sciopero della fame nutrendoli con un sondino alimentare.

Agli stenti del blocco 11 del campo di concentramento di Aushwitz sopravvisse padre Massimiliano Kolbe con altri tre detenuti, rincuorati dalla preghiere del frate francescano che si era offerto volontario per la rappresaglia tedesca in alternativa a un padre di famiglia. Fu poi ucciso con gli altri condannati un’iniezione letale ma la sua impresa divenne emblema di eroismo cristiano.

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In una prigione della Repubblica Popolare Cinese langue in condizioni disperate l’ex avvocato Zhang Zhan, 37 anni compiuti in cella lo scorso 2 settembre, dove è stata rinchiusa dal maggio 2020 perché divenne giornalista cittadino per segnalare tutte le anomalie sul focolaio da COVID-19 scoppiato a Wuhan fin da quando nella popolosa città della provincia di Hubei si cominciò a parlare di una “misteriosa polmonite”. Lo scorso 28 dicembre, dopo una rapida udienza, è stata condannata dalla Corte Popolare di Shanghai, per aver “raccolto litigi e provocato problemi” in scia alla segnalazione dei fatti iniziali della pandemia.

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L’accusa iniziale era quella di aver «inviato false informazioni tramite testo e video attraverso piattaforme come WeChat, Twitter e YouTube». Ma l’avvocato di Zhang ha detto che i pubblici ministeri non hanno mostrato alcuna prova concreta delle “informazioni false”. Ha aggiunto che la sua cliente, in un gesto di protesta, ha parlato a malapena durante il processo e si è rifiutata di dichiararsi colpevole. Ha avuto però la lucidità di rispondere al giudice in modo polemico quando le è stati chiestoperchè si rifiutava di confermare la sua identità: “Se pensate che io stia fabbricando bugie, allora quando rispondo alle vostre domande non conto come fabbricante di bugie?”.

Il suo caso ha riproposto in modo tragico la questione dei diritti umani regolarmente violati e calpestati in Cina, già oggetto di polemiche in Italia quando Roma aveva firmato l’accordo commerciale con Pechino per la Via della Seta, prima dello scoppio della pandemia.

 

REPORTER A WUHAN IN NOME DI DIO

Oggi è il Bangkok Post a svelare perché lei divenne reporter in difesa dei diritti umani sfidando il governo tirannico di Pechino che l’ha poi reclusa e sottoposta a torture: per almeno tre mesi è stata infatti incatenata mani e piedi al letto della sua cella per 24 ore per impedire che si strappasse il sondino con cui è nutrita da quando a giugno ha iniziato lo sciopero della fame.

«L’ho avvertita sul rischio di andare a Wuhan quando tutti gli altri stavano cercando di andarsene», ha detto al quotidiano thailandese la sua amica e collega avvocato Li Dawei. «È una fedele cristiana e ha detto che era la volontà di Dio: doveva farlo e dire a tutti la verità».

La sua condanna ha suscitato un pacato clamore su tutti i giornali del mondo. Ma non le reazioni del Vaticano che è oltremodo prudente nelle relazioni diplomatiche con il governo di Pechino avendo da poco rinnovato l’accordo “capestro” sulla libertà religiosa dei cristiani in Cina che consente la nomina di vescovi solo graditi al Partito Comunista.

L’attivista Lee Cheuk-Yan durante la sua manifestazione di protesta a Hong Kong del 28 dicembre 2020 in favore dei detenuti reclusi per motivi politici

Lo sdegno, ispirato anche da opportunismo geopolitico, è arrivato dall’Unione Europea, in vista dei trattati economici con la nazione asiatica che proprio la pandemia ha fatto diventare l’economia più potente del mondo, e dall’ambasciata del Regno Unito di Pechino rilevando che il caso “solleva serie preoccupazioni sulla libertà dei media in Cina” perché lei è una degli “almeno 47 giornalisti attualmente detenuti per le loro notizie sul coronavirus”. E’ una frecciata avvelenata con cui la diplomazia britannica cerca di soffiare sul fuoco delle proteste degli attivisti di Hong Kong, alimentate non solo da genuine rivendicazioni di libertà ma anche da sordidi interessi economici in un progetto di destabilizzazione politica che evidenzia la manina occulta della Central Intelligence Agency, come evidenziato in precedenti reportage.

«Le restrizioni alla libertà di espressione e all’accesso alle informazioni, le intimidazioni e la sorveglianza dei giornalisti, così come le detenzioni, i processi e le condanne di difensori dei diritti umani, avvocati e intellettuali in Cina, stanno crescendo e continuano a essere fonte di grande preoccupazione» ha dichiarato il portavoce Peter Stano per conto dell’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, chiedendo il “rilascio immediato” di Zhang Zhan. Insieme a quello di altri avvocati e difensori di diritti umani cinesi condannati e imprigionati: l’avvocato Yu Wensheng, i difensori: Li Yuhan, Huang Qi, Ge Jueping, Qin Yongmin, Gao Zhisheng, Ilham Tohti, Tashi Wangchuk, Wu Gan, Liu Feiyue.

Stano ha anche aggiunto che “secondo fonti credibili, la signora Zhang è stata sottoposta a torture e maltrattamenti durante la sua detenzione e le sue condizioni di salute sono gravemente peggiorate”. Ha infatti dovuto essere accompagnata in sedia a rotelle all’udienza davanti alla Corte Popolare di Shangai Pudong cui è stato vietato l’accesso a giornalisti e diplomatici britannici.

È stata descritta dal suo avvocato Ren Quanniu come molto debole: “Oltre a mal di testa, vertigini e mal di stomaco, c’era anche dolore alla bocca e alla gola. Ha detto che potrebbe essere un’infiammazione dovuta all’inserimento di un tubo gastrico”.

 

“FINTO PROCESSO PER NASCONDERE LA VERITA’”

Le parole più dire contro il regime cinese sono giunte dal Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, già protagonista di un polemico avvertimento alla Santa Sede sui pericoli del rinnovo dell’accordo con Pechino sulle limitatissime libertà dei cristiani in Cina, già esistenti prima della pandemia e inasprite con la scusa del contenimento dei contagi come ben evidenziato da un’inchiesta del settimanale Tempi.

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«Gli Stati Uniti condannano fermamente il finto procedimento giudiziario della Repubblica Popolare Cinese (RPC) e la condanna della giornalista cittadina Zhang Zhan del 28 dicembre. Chiediamo al governo della RPC di rilasciarla immediatamente e incondizionatamente. Il Partito Comunista Cinese (PCC) ha dimostrato ancora una volta che farà di tutto per mettere a tacere coloro che mettono in dubbio la linea ufficiale del Partito, anche per quanto riguarda le informazioni cruciali sulla salute pubblica» ha scritto Pompeo.

«Mentire è una caratteristica, non un bug dei regimi autoritari. Il PCC ha limitato e manipolato le informazioni sull’epidemia di COVID-19 a Wuhan sin dall’inizio e ha messo a tacere brutalmente altri coraggiosi rivelatori di verità, come il dottor Li Wenliang, Chen Qiushi e Fang Bin. A causa del grave illecito del PCC, il resto del mondo ha fatto molto affidamento su rapporti non censurati di giornalisti cittadini come Zhang per comprendere la vera situazione a Wuhan dopo che sono stati applicati i severi controlli dei media imposti dal PCC e un’epidemia controllabile si è trasformata in una mortale pandemia globale. Il suo processo frettoloso, al quale è stato negato l’accesso agli osservatori stranieri, mostra quanto sia timoroso il PCC nei confronti dei cittadini cinesi che dicono la verità» si legge nella nota ufficiale del Segretario di Stato Usa.

«La paura della trasparenza del governo della RPC e la sua continua repressione delle libertà fondamentali sono un segno di debolezza, non di forza, e una minaccia per tutti noi. Gli Stati Uniti sosterranno sempre il diritto dei cittadini cinesi di esprimersi liberamente e pacificamente» conclude la dichiarazione diffusa da Washington.

 

I SEGRETI OCCULTATI DA CINA E USA

La dichiarazione di Pompeo omette tutti quegli intrighi, svelati in molteplici reportages da Gospa News, tra Comunisti cinesi e Democratici americani nel contesto dei quali sarebbe stato costruito in un laboratorio (del Wuhan Institute of Virology, del Microbiology Laboratory of Canada di Winnipeg o della North Carolina University a Chapel Hill) il virus SARS-Cov-2, per un “affare tra Cina e USA” come sostenuto dal celebre virologo francese Luc Montagnier ed evidenziato anche da alcune rivelazioni del microbiologo israeliano ed ex ufficiale dell’intelligence dell’esercito IDF di Tel Aviv, Dany Shoham, tenente colonnello in congedo esperto di bio-armi.

Shoam, in un esplosivo articolo pubblicato dal Begin-Sadat Center for Strategic Studies, rileva gli occultamenti commessi dalle agenzie di intelligence di tutto il mondo (dai Five Eyes, i controspionaggi dei cinque paesi anglossassoni di US, UK, Canada, Australia e Nuova Zelandaa, fino alla NATO) ma soprattutto quelli del governo di Pechino.

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«Un problema critico riguarda i disallineamenti e gli errori significativi che si sono verificati presso il Wuhan Institute of Virology (WIV) e le istituzioni cinesi collaterali sia a Wuhan che altrove in Cina durante il decennio precedente l’inizio della pandemia, così come in seguito. Una questione che sorge da tale indagine è se tali disallineamenti ed errori fossero casi di negligenza o di offuscamento deliberato. Quest’ultimo purtroppo appare predominante» scrive l’ex ufficiale israeliano forte della sua specializzazione in microbiologia.

«L’elenco delle anomalie è lungo. Include: articoli scientifici con dati / scoperte incoerenti, lacune, incongruenze e contraddizioni inspiegabili, cronologie senza senso e contorte, illegittima non trasparenza, eliminazione e distorsione di record e database, oscuramento e possibile distruzione dei virus esistenti (compreso il virus indice) e del materiale genomico, pressioni esercitate su scienziati, medici e funzionari disobbedienti, scomparsa di persone chiave, opportuna intercambiabilità tra istituzioni militari / di difesa e civili (e altre entità)».

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In questa spessa coltre di nebbia è stata mistificata la ricostruzione della verità da parte del Partito Comunista Cinese che, in una primissima fase, aveva sostenuto che il virus del Covid-19 fosse una arma batteriologica costruita dagli americani con specifiche costruzioni bio-genetiche salvo poi rifugiarsi nella tesi dell’origine animale come sostenuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (partner dei laboratori cinesi, americani e canadesi dove si realizzavano gli esperimenti sui supervirus SARS-MERS infettati con HIV come sostenuto da Montanier e dal bio-ingegnere Pierre Bricage, consulente NATO). Un’ipotesi assai contestata dall’avvocato Robert F. Kennedy jr che ritiene la “pandemia pianificata da decenni’.

 

TESTIMONI DELLA VERITA’ PERSEGUITATI

In questo contesto Zhang ebbe il coraggio di iniziare i reportages da Wuhan a febbraio, mettendo in dubbio la chiusura della città, l’accesso ai test antivirus e la capacità dell’ospedale. Uno dei suoi 122 video aveva anche catturato l’aggressione delle autorità cinesi di fronte a una donna che filmava sul suo smartphone. In uno dei suoi filmati, ha menzionato di essere sotto stretta sorveglianza. I suoi video e post sui social media – molti su Twitter e YouTube, piattaforme bloccate in Cina – sono improvvisamente terminati quando è stata arrestata dalle autorità a maggio.

Poco prima della sua detenzione, aveva cercato di fare una campagna per i parenti in lutto delle vittime del virus, che chiedevano un risarcimento, un argomento delicato per le autorità cinesi. “Zhang Zhan voleva aiutare la gente comune di Wuhan. Voleva capire le loro sofferenze e far sapere al resto del mondo”, ha detto il suo avvocato Zhang Keke, anche lui di Wuhan.

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Prima di lei era stato arrestato, già nel mese di dicembre, il medico eroe Li Weinlang, l’oftalmologo di Wuhan che per primo aveva svelato l’esistenza della “misteriosa polmonite” in una chat. Il dottor Weinlang era morto all’inizio di febbraio proprio di COVID-19, secondo quanto sostenuto dalle autorità locali. Pochi giorni dopo la stessa sorte era toccata al direttore dell’ospedale di Wuhan, Li Zhiming e ad altri 4 medici, a conferma di un’evidente carenza negli strumenti sanitari necessari per combattere la patologia.

Dopo di lei furono arrestati anche gli altri reporter cittadini Chen Qiushi, Fang Bin e Li Zehua. «Chen Qiushi è stato detenuto a gennaio ed è ricomparso soltanto a settembre. Si trova attualmente sotto costante sorveglianza governativa a Qingdao, nello Shandong. Li Zehua, che si era recato a Wuhan per rintracciare Chen dopo la sua scomparsa, è stato arrestato a febbraio e rilasciato ad aprile. Di Fang Bin, invece, non si sa nulla» scrive il periodico Tempi.

Già nel mese di febbraio le autorità cinesi avevano chiuso persino gli account di una studentessa cinese di Wuhan che trovandosi in Italia per seguire il corso di Architettura rilanciava su WeChat e Sina Weboi le drammatiche testimonianze dei suoi familiari per le carenze della risposa sanitaria pubblica.

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“Con il pretesto di combattere il nuovo coronavirus, le autorità in Cina hanno intensificato la soppressione online bloccando la segnalazione indipendente, la condivisione di informazioni e i commenti critici sulle risposte del governo”, ha detto in un rapporto precedente Chinese Human Rights Defenders, un gruppo con sede a Hong Kong quest’anno, secondo quanto riferito dalla CNN.

La Cina è il più grande carceriere di giornalisti al mondo, secondo Reporter Senza Frontiere (RSF), e controlla strettamente la stampa interna bloccando la maggior parte dei media stranieri tramite il Great Firewall, il suo vasto apparato di censura e sorveglianza online. Su 387 giornalisti arrestati in tutto il mondo, 117 si trovano dietro le sbarre proprio nel paese asiatico.

A marzo, la Cina ha espulso giornalisti dal New York Times, Washington Post e Wall Street Journal, con una mossa senza precedenti contro la stampa straniera. Pechino ha affermato che la mossa – che è arrivata in mezzo a un’ondata di notizie critiche sulla risposta iniziale della Cina al coronavirus – è stata una risposta alle recenti restrizioni da parte di Washington su come operano i media statali cinesi negli Stati Uniti.

 

“A WUHAN PIU’ CASI DI QUANTI DICHIARATI”.

«A Wuhan, epicentro della pandemia di Coronavirus, potrebbero esserci stati molti più casi di Covid di quelli rilevate dalle autorità. Lo riporta un’indagine sierologica condotta ad aprile dal Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie, che ha reso noti i dati lunedì 28 dicembre. Secondo quanto riportato, il numero dei positivi sarebbe 10 volte più alto di quello ufficiale».

Lo riferisce con risalto il sito QuiFinanza evideniznaod i dati dello studio. E’ emerso che dei 34 mila soggetti esaminati e sottoposti a test sierologico circa il 4,4% di essi aveva anticorpi specifici in grado di combattere l’agente patogeno che causa il Coronavirus. Questo indica, di fatto, che potrebbero essere stati infettati in passato. La rivelazione riporta di attualità anche il sospetto che i primi focolai si siano sviluppati in Cina ben prima del mese di dicembre.

Ciò era statato segnalato da vari atleti, tra cui lo spadista italiano  Matteo Tagliariol, che erano rimasti vittima di una potente e misteriosa sindrome influenzale, avvalorando la tesi, sostenuta da alcune autorità cinesi, che i contagi fossero stati causati dagli atleti americani durante i Giochi Mondiali Militari svoltisi a Wuhan nella metà dell’ottobre 2019.

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«Lo stesso rapporto suggerisce che a Wuhan, dove in totale abitano 11 milioni di persone, circa 500 mila residenti hanno contratto il virus durante la prima fase pandemica. Un numero questo che è 10 volte superiore ai 50 mila casi di Coronavirus confermati dalle autorità locali sanitarie a metà aprile – scrive il webmedia – I risultati di questa indagine sierologica arrivano a seguito delle incessanti richieste di chiarimento da parte degli Stati Uniti, intenzionati a vederci chiaro sulla tracciabilità dei contagi da parte del governo cinese, proprio nella settimana in cui Zhang Zhan, blogger cinese, è stata condannata a 4 anni di carcere per aver raccontato per prima l’epidemia da Wuhan»

 

L’INCHIESTA SCANDALO DELL’OMS

La condanna di Zhang Zhan assume perciò una strategica rilevanza anche alla luce dell’imminente missione della Task Force dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in Cina. «I residenti di Wuhan sabato (2 gennaio) hanno accolto con favore un’imminente visita dell’Organizzazione mondiale della sanità per indagare sulle origini della pandemia di coronavirus, più di un anno dopo che il primo cluster identificato dell’infezione era stato collegato a un mercato del pesce nella città cinese» riferisce Reuters.

«Un team internazionale di ricercatori dovrebbe recarsi in Cina a gennaio per esaminare le prove raccolte dai ricercatori cinesi e per costruire i loro studi iniziali – aggiunge l’agenzia internazionale – Pechino si è fortemente opposta alle richieste di un’inchiesta internazionale sulle origini del coronavirus, ma ha affermato di essere stata aperta a un’indagine guidata dall’OMS».

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Come abbiamo visto in un precendente reportage tra gli esperti della Task Force ci sarà anche lo zoologo britannico Peter Daszak – anello di congiunzione tra le istituzioni, il mondo accademico internazionale e le Big Pharma – che in qualità di presidente della EcoHealthAlliance di New York, sostenuta da univeristà cinesi, saudite e americane ma anche dal colosso dei vaccini Johnson&Johnson condannato per vari crimini sanitari, finanziò il progetto PREDICT voluto dall’amministrazione di Barack Obama per la ricerca sui ceppi di coronavirus dei pipistrelli cinesi.

Tali studi furono condotti soprattutto presso il Wuhan Institute of Virology coi contributi della Commissione Europea, dell’agenzia governativa USAID, sovente strumento finanziario nell’orbita della CIA, e dalla Melinda & Gates Foundation.

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La Task Force dell’OMS, sollecitata dall’assemblea e nominata con vari mesi di ritardo dal direttore generale Tedros Adhanom Gebreyesus, ritenuto pupazzo di Gates quanto della Cina con cui condivide gli ideali comunisti in qualità di esponente politico del TPLF dell’Etiopia, avrà il compito di indagare solo sulle origini zoonotiche e pertanto non avrà motivo di avvicinarsi ai laboratori di Wuhan da dove, secondo la ricercatrice di Hong Kong Li-Meng Yan, rifugiatasi negli USA e protetta come whisleblower dalla FBI, sarebbe fuoriuscito il virus della pandemia SARS-Cov-2.

L’anglo-americano Daszak oltre a finanziare con EHA gli esperimenti sui supervirus chimerici costruiti in laboratorio con SARS infettato con HIV è anche leader della commissione costituita dalla rivista The Lancet per la ricerca delle origini animali sull’agente patogeno del COVID-19. E fu colui che invitò i ricercatori della comunità internazionale a sostenere la teoria del virus naturale soffocando sul nascere quella di un organismo geneticamente modificato in modo artificiale.

https://www.gospanews.net/2020/12/05/wuhan-gates-covid-19-il-complotto-del-nuovo-ordine-mondiale-il-libro-in-arrivo/

Ecco perché l’inchiesta della stessa OMS, molto attiva in Italia nel tentativo di insabbiare ogni inchiesta giudiziaria sull’assenza di un piano di emergenza per affrontare la pandemia, non solo rischia di essere una costosissima farsa ma anche un vergognoso scandalo, denominato WuhanGates in 28 reportages di Gospa News sintetizzati nel libro-dossier WuhanGates, nel quale l’eroica reporter cristiana Zhang Zhan è risultata la vittima sacrificale perfetta per cercare di scoraggiare ogni giornalista investigativo. Ma chi davvero crede nella ricerca della verità ha in lei un motivo in più per lottare.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES

GOSPA NEWS – WUHAN.GATES REPORTAGE

GOSPA NEWS – INCHIESTE CORONA VIRUS

BANGKOK POST – ZHANG ZHAN JAILED

QUIFINANZA – A WUHAN PIU’ CONTAGI DI QUANTI DICHIARATI

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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