IMAM JIHADISTI E MADRASSE PER KAMIKAZE. L’allarme lanciato dall’Austria nel Libro Profetico del 2009 di un Poliziotto Antiterrorismo italiano

IMAM JIHADISTI E MADRASSE PER KAMIKAZE. L’allarme lanciato dall’Austria nel Libro Profetico del 2009 di un Poliziotto Antiterrorismo italiano

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Cronaca di un Califfato annunciato….

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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Dopo gli attentati terroristici di matrice islamista avvenuti nel novembre 2019 a Londra, il 16 ottobre a Parigi, il 29 ottobre 2020 a Nizza e pochi giorni dopo, il 2 novembre a Vienna, anche le nazioni più favorevoli all’integrazione musulmana cominciano a cercare di correre ai ripari per sedare sul nascere i fermenti dell’Islam radicale, di norma quello Sunnita Salafita non a caso inviso agli stessi Sciiti che chiamano “tafkiri“, ovvero miscredenti-eretici, i jihadisti di Al Qaeda e dell’Isis che ne sono la peggiore e più pericolosa espressione.

L’Alta Corte di Londra ha aperto un’inchiesta affidata a Scotland Yard per i finanziamenti giunti ai terroristi di Al Nusra in Siria da banche del Qatar, la multiculturale Danimara nell’ottobre scorso ha presentato un progetto di legge per bloccare i finanziamenti stranieri alle moschee ed infine il governo austriaco ha lanciato la proposta a tutti i Paesi dell’Unione europea di adottare un registro degli Imam, le guide spirituali delle comunità musulmane, come imposto da Vienna in seguito all’adozione della nuova legge antiterrorismo.

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Che il nocciolo del problema di quella parte di Islam fondamentalista e terrorista sia il ruolo dei predicatori lo inegna la storia, per molti versi ancora misteriosa, di Al Baghdadi (nella foto in copertina) che nella moschea irachena di Mosul inneggiò alla “guerra santa” costituendo lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, divenuto tremendamente celebre con l’acronimo di ISIL o ISIS.

Che l’educazione culturale estremista e radicale avvennisse nelle Madrasse, le scuole coraniche per i giovani islamici da iniziare al concetto di Jihad, lo rivelò ben 12 anni fa un libro profetico scritto da un super-poliziotto italiano dell’antiterrorismo. In quel saggio storico già si poneva l’accento sul pericolo degli Imam fanatici e sulla necessità di tenerli sotto controllo.

 

LA PROFEZIA SULLE MADRASSE DEL POLIZIOTTO ITALIANO

Correva l’anno 2009 quando Editori Riuniti pubblicò il saggio storico “Madrasse – Piccoli martiri crescono tra Balcani ed Europa” scritto da Antonio Evangelista in cui già allora si evidenziava la necessità di porre un argine al fondamentalismo dilagante in alcune moschee per l’opera di manipolazione intellettuale e culturale di alcuni imam.

«Dedicato alle vittime del terrorismo, perché il silenzio che le avvolge mi indigna piú della loro morte» ha scritto l’autore nell’incipit libro diventando già in quel momento profeta della nebbia di omertà che sarebbe calata su quell’allarme lanciato da un grande esperto di antiterrorismo.

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Il funzionario dirigente Antonio Evangelista fu infatti comandante della Polizia Italiana dell’Unmik (United Nations Interim Administration Mission in Kosov), il contingente ONU impegnato tra il 2000 e il 2004 nei Balcani, occupandosi di crimini di guerra, terrorismo, criminalità organizzata, mafie balcaniche e corruzione. Nel 2010-2012 partecipò alla missione UE in Bosnia come Consigliere del Ministero dell’Interno e del Direttore della Polizia della Repubblica Srpska. Dopo essere diventato vice questore aggiunto e capo della Digos di Asti è oggi aggregato all’Interpol.

 

L’ALLARME LANCIATO DALL’AUSTRIA

Il suo saggio Madrasse, col senno di poi, potrebbe oggi intitolarsi “Cronaca di un Califfato annunciato” alla luce dell’SOS lanciato dall’Austria dopo la strage di 4 vittime compiuta non da un “lupo solitario” a colpi di arma bianca (come a Londra, Parigi e Nizza) ma da un commando ben addestrato nell’uso del più classico dei fucili automatici dei jihadisti: il Kalashnikov AK 47, facile da reperire sul mercato a prezzi economici ed assolutamente affidabile come strumento di morte. In un’intervista al quotidiano tedesco “Die Welt” pubblicata lo scorso 2 gennaio, il ministro austriaco per gli Affari europei Karoline Edtstadler ha affermato che la registrazione degli imam presenti nel Paese è stata la chiave per “la lotta contro l’Islam politico”.

“La maggior parte degli imam si sposta in diversi paesi dell’Ue, quindi le autorità di sicurezza devono sapere chi predica cosa in quale moschea in un dato momento”, ha detto Edtstadler. Il ministro, inoltre, crede inoltre che i fondi dell’Ue dovrebbero essere “così strettamente controllati in futuro in modo che non finiscano in organizzazioni e associazioni che sostengono posizioni islamiste e antisemite”.

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È anche ipotizzabile un divieto europeo al finanziamento estero per le moschee, già in vigore in Austria, ha affermato Edtstadler. Per combattere il terrorismo, inoltre, la ministra austriaca vorrebbe vedere “ulteriori miglioramenti nella cooperazione e nello scambio di dati tra le autorità giudiziarie e di sicurezza degli Stati membri dell’Ue”. La registrazione degli iman è una delle numerose nuove misure adottate dal governo del cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, dopo l’attacco terroristico del 2 novembre a Vienna che ha provocato la morte di quattro persone (oltre l’attentatore) e il ferimento di altre 23.

 

MUJAHEDDIN DIVENUTI IMAM PER LA JIHAD

«Il motivo ispiratore del libro Madrasse. Piccoli martiri crescono tra Balcani ed Europa, trae origine dalle rovine delle recenti guerre balcaniche e si concentra sulla sorte dei bambini rimasti orfani a causa di quelle guerre. Tra questi bambini, alcuni personaggi privi di scrupoli, individuano quelli che, in possesso di caratteristiche somatiche spiccatamente europee, sono destinati a diventare attentatori suicidi» ha scritto nella prefazione Franco Angioni, Generale di Corpo d’Armata dei Paracadutisti dell’Esercito Italiano già Comandante della Forze Terrestri Alleate del Sud Europa (Ftase).

“Il libro di Antonio Evangelista, per lungo tempo testimone attento e scrupoloso delle guerre balcaniche, nella parte iniziale, fornisce uno scenario storico particolarmente interessante, per dimostrare che l’incitamento alla «guerra santa» e la predicazione basata sull’interpretazione perversa del Corano, affondano le radici nel passato” aggiunse l’alto ufficiale.

“Il problema si ripropone drammaticamente nel silenzio dei piú che, con la loro indifferenza finiscono per dare voce a ex mujaheddin, divenuti imam, che predicano la distruzione e la morte a giovani discepoli senza patria né parte. Su queste giovani menti, plasmabili e suggestibili, questo tipo di insegnamento ha un effetto devastante, rendendo il comportamento violento una condotta appresa, codificata e ritualizzata, tutt’altro che socialmente disapprovata” ha evidenziato il professor Ugo Fornari, pischiatra e scrittore, nella sua introduzione al saggio storico. Ma vediamo alcuni dei passaggi salienti di questo libro distribuito da Editori Riuniti – Gruppo Editoriale Italiano. (info qui o cliccando sull’immagine della copertina).

“Nel tentativo di creare uno Stato Islamico e un nuovo partito: il partito nazionalista musulmano Democratic Action Party, noto come Sda, la guerra tra Bosnia e Serbia tra il 1992 e il 1995 fu l’occasione per la mobilitazione dell’internazionale musulmana a favore dei bosniaci. Combattenti mujaheddin, provenienti da Afghanistan, Iraq, Cecenia, Libano, si unirono ai musulmani bosniaci contro gli infedeli, nel nome di Allah. Alla fine della guerra in Bosnia e della successiva in Kosovo, decine di mujaheddin, si stabilirono in Bosnia, sposando le donne del posto e assumendo i nomi dei «fratelli» morti in guerra, ottennero nuovi, falsi, passaporti – scrisse Antonio Evangelista già evocando quello Stato Islamico che diventò potente e orrendamente minaccioso in Medio Oriente nel 2014 dopo le prediche di Abu Bakr Al Baghdadi – Alcuni di questi reduci sono divenuti imam negli orfanotrofi bosniaci, insegnando Islam e Corano agli orfani della guerra, aggiungendo odio a odio e rancore a rancore: l’ennesima miniera di schiavi, che si è sviluppata tra Bosnia e Kosovo. Due territori che nell’ottica di una «rivoluzione islamica» sono reciprocamente complementari, rappresentandone rispettivamente la «fede» e il «braccio armato», in un quadro di traffici criminali, strumentali al reperimento di armi e esplosivi, che nei Balcani, in Kosovo, hanno il loro snodo principale”.

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“Da mesi, da anni, in Bosnia, ex mujaheddin, divenuti imam, da un giorno all’altro, preparano gli studenti, i ragazzi, i bambini, alla guerra contro i nemici di Allah, contro l’Occidente, spiegando e autocelebrando, con dovizia di particolari e di menzogne, le loro storie e le loro esperienze belliche, consapevoli d’essere madri e padri di creature segnate per sempre da guerre e tragedie familiari, che li hanno portati nelle scuole madrasse. Dicono ai discepoli di immaginare il paradiso, dove il martire prenderà posto dietro al profeta e Allah – si legge ancora nel libro – Descrivono le vergini del paradiso: femmine suadenti di rara bellezza, i seni sodi, le labbra morbide, rosse e umide, gli occhi neri, scuri come la notte. Amore e odio, vita e morte, diabolicamente confusi nella mente dei giovani disorientati dalle prime pulsioni adolescenziali, strumentalizzate dai predicatori di morte, per fabbricare bombe umane. L’energia sessuale viene addomesticata dall’imam di turno per orientarla subdolamente verso la meta finale, la jihad”.

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“Il Kosovo era dichiaratamente e ovviamente filoamericano, ma era anche musulmano e ogni giorno che passa per le strade polverose Adem (personaggio del libro – ndr) non perde occasione per notare la singolarità del luogo, che esibisce una copia della statua della libertà sul tetto del Victory Hotel, il piú lussuoso della capitale; al tempo stesso vede aumentare il numero delle moschee e delle Ngo islamiche. Un territorio in cui era in atto un gemellaggio fra le varie moschee e fra i vari imam che si muovevano anch’essi tra paesi limitrofi, tutti verso nord, verso Vienna – là dove centinaia di anni prima Eugenio di Savoia aveva fermato gli ottomani – tutti in contatto tra loro, scambiandosi aiuti, uomini e mezzi”.

E’ questa la conclusione del dirigente della Polizia di Stato che ha assistito con i propri occhi all’inferno bosniaco tanto da dedicargli un secondo libro intitolato “Il Califfato d’Europa” scritto con la formula diplomaticamente prudente del romanzo storico. In esso personaggi inventati si mescolano a quelli reali per svelare la trama di un complotto tra CIA e Arabia Saudita volto a creare un’enclave islamica tra i Balcani per togliere potere all’espansionismo della Russia ritornata fortemente devota al Cristianesimo Ortodosso dopo la caduta del muro di Berlino.

 

QUEGLI IMAM MAESTRI DI TERRORE SENZA IDENTITA’

Fondamentale per la comprensione del libro Madrasse è la postfazione in riferimento alla figura dell’imam. Proprio in queste pagina c’è già la profezia con il riferimento alla proposta di alcuni parlamentari italiani per l’istituzione di un registro dei maestri religiosi dell’Islam.

“L’imam, come detto, è anche colui che guida la preghiera nelle moschee, a cui è riconosciuto tale titolo per la sua saggezza e la sua conoscenza del Corano. L’esigenza di dare un contorno normativo e peculiare a tale figura religiosa è stata avvertita anche in Italia, infatti nel 2007 nasceva la prima scuola per imam, organizzata a cura dell’Umi (Unione dei Musulmani in Italia), un’associazione nazionale islamica di recente costituzione e in prevalenza animata da marocchini, in collaborazione con il ministero degli Affari islamici del Marocco per studiare e comprendere i testi sacri islamici e la realtà culturale, politica e sociale dell’Italia e dell’Europa”.

Il funzionario di polizia Antonio Evangelista cita quindi un intervento pubblico del professor Silvio Calzolari, già docente di Storia delle Religioni Orientali e Islamologia presso la Facoltà Teologica di Firenze, per meglio delineare la figura di questi maestri.

“Ma chi sono gli Imam? Quale è esattamente il loro compito? Nell’Islam sunnita non esistono istituzioni paragonabili alla Chiesa Cattolica, gerarchie ecclesiastiche, concili, sacramenti e voti irrinunciabili. Non ci sono preti, vescovi e cardinali. La fede è un rapporto diretto tra l’uomo e Allah; i principi divini sono contenuti nel Corano e perpetuati dagli Hadhit (i Detti attribuiti al Profeta) e non sono dogmatizzati da una autorità assoluta. Esistono, però, dei personaggi che, per fede e per cultura in materia di Legge islamica, sono considerati dei veri e propri esperti, sono i giureconsulti (muftí, o faqih) che forniscono pareri giuridici chiamati fatwa su problemi pratici di difficile soluzione” riferì Calzolari.

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“Per quanto concerne la religione, nel senso piú vero, l’incarico di Imam, quello di condurre la preghiera del venerdí in moschea, può essere conferito a qualsiasi uomo adulto purchè considerato idoneo dalla comunità dei fedeli. Un tempo gli Imam erano studiosi in scienze religiose (Ulama) che avevano frequentato prestigiose università come quella di al-Azhar, al Cairo, o la Qarawiyyin, a Fes, in Marocco. Nel Corano, il termine Imam appare spesso come «modello ideale», «segno», figura archetipica e la storia dell’Islam ci insegna quanto potesse essere fragile il suo potere: a lui si doveva obbedienza (ta’a) e rispetto solo se dimostrava di essere giusto (‘adil), equo e dotato di senso morale. Solo la lontananza o la vicinanza dal divino potevano sconfessare o legittimare l’autorità di un Imam. La parola Imam deriva da una radice (‘-mm) che significa «mettersi davanti », «camminare innanzi», «guidare». Di conseguenza chi è seduto innanzi agli altri in una moschea e si volge per primo in direzione della Mecca durante la preghiera è chiamato Imam”.

“L’Occidente, fino a pochi decenni or sono, aveva dell’Imam un’immagine falsata: era il simbolo dell’Arabia antica, ignorante e colta, raffinata e barbara, ingenua e levantina. Pochissimi si domandavano cosa facesse in realtà; molti pensavano fosse una specie di Sapiente o un ammuffito reduce dell’età medievale. Altri lo consideravano un prete o una via di mezzo fra il sacrestano ed il sindaco – aggiunge il professor Calzolari – Poi, con l’immigrazione musulmana ed il terrorismo, come ideologia basata sull’odio e sull’avversione di ogni libertà civile, nell’immaginario collettivo occidentale l’Imam si è trasformato, e spesso a ragione, nel fomentatore della violenza in nome della «Guerra Santa», nell’ideologo dell’estremismo di chi si fa saltare in aria o di chi massacra gli innocenti invitando a compiere attentati in Palestina, Irak e Arabia. Molti Imam sono veramente cosí: strumentalizzano la religione in nome della politica, sfruttano la fragilità delle comunità musulmane diffuse per il mondo, sono dei falsi servi dell’Islam, cattivi maestri legati ad organizzazioni politiche oscurantiste e ferme ad ideologie medievali. Senza una autorità centrale costituita, «buoni» e «cattivi» Imam si sono moltiplicati a centinaia”.

 

LA PROPOSTA DEL REGISTRO DEGLI IMAM IN ITALIA

Ecco perché già nel libro Madrasse l’autore Evangelista evidenziò i tentativi – falliti – di creare un quadro normativo entro il quale questi influenti maestri potenzialmente pericolosi potessero operare sotto il monitoraggio delle istituzioni civili.

“Da tempo si sente la necessità di creare corsi, scuole per «imam» per togliere legittimità a predicatori impreparati e di intralcio alla piena integrazione della comunità islamica nel tessuto sociale del nostro Paese. È un argomento centrale per l’integrazione dei musulmani. Chi vuole guidare una comunità, fare l’imam, deve avere una profonda conoscenza dell’Islam, del diritto islamico, ma anche delle leggi, della lingua e della cultura del Paese ospite – scrisse nel 2009 il vicequestore Antonio Evangelista oggi in forza all’Interpol – Gli stessi docenti musulmani responsabili dell’Umi evidenziano come troppo spesso, a Torino e nel resto dell’Italia, l’orientamento dei musulmani sia gestito «da persone qualsiasi che, appena riescono a allestire un magazzino o un garage in qualche quartiere popolare, si spacciano subito per ulema, «scienziati islamici», o mufti, giurisperiti, confondendo ambiti e dando indicazioni comportamentali che non aiutano la convivenza pacifica e serena. Il riferimento è ai tanti «imam» autonominati, spesso senza adeguata formazione scolastica e coranica e con scarsa padronanza della lingua italiana, che, con le loro prediche, fomentano conflitti e violenze familiari, divisioni comunitarie e incomprensioni con la società di accoglienza”.

Una risposta a tale problematica, si ricorda nel libro, è giunta anche dalla politica che con i deputati Jole Santelli, responsabile sicurezza e immigrazione di Forza Italia, Khaled Fouad Allam (Ulivo) e il senatore di Forza Italia Marcello Pera hanno presentato una proposta di legge bipartisan per l’istituzione di un registro nazionale degli imam. Il testo si rivolge agli imam che abbiano residenza in Italia e che non abbiano riportato condanne penali e stabilisce che gli iscritti al registro debbano esercitare in strutture tenute alla presentazione del bilancio.

«Abbiamo bisogno di un interlocutore – spiegà allora Pera –. Chiediamo agli imam di rendersi riconoscibili». C’è l’esigenza, aggiunse Santelli, «di abbandonare le ideologie, incanalandoci nel percorso che altri Paesi europei stanno cercando di intraprendere». «È l’inizio di una riflessione» sottolineò Allam, con la «creazione di una figura con la quale si incomincerà a trattare la governance del fenomeno islamico».

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«La radice del terrorismo dipende in buona parte dal tipo di istruzione e di formazione che i giovani musulmani ricevono da questi nuovi Imam che spesso predicano anche attraverso i media, internet e la televisione. L’effetto tecnologico è disastroso per questi «cattivi» Imam: usano i mezzi televisivi per creare se stessi, finiscono per credersi padreterni, non hanno piú interlocutori o veri antagonisti a cui rendere conto. La loro «vulnerabilità», basata sul rispetto del «giusto», cosí come idealizzata e proposta da Maometto, scompare nel mondo virtuale, nell’apoteosi mediatica. Si tratta di una vera e propria autoconsacrazione attraverso i media. Adel Smith (presidente dell’Unione Musulmani d’Italia noto per le sue posizioni radicali e sscomparso nel 2014 – ndr) ad esempio ce lo siamo costruito in casa grazie allo spazio televisivo concessogli in nome dell’audience. – è invece l’amara conclusione del professor Calzolari – L’Imam dei media, il nuovo Imam, è forte, non mostra debolezze o tentennamenti, e quanto afferma, proprio perché proposto dai mezzi televisivi, ha un effetto incisivo profondo, quasi dogmatico. Il terrorismo non nasce dal niente, ma è il frutto dell’insegnamento di questi barbuti maestri che educano al fondamentalismo e predicano il ritorno alle origini della fede musulmana come soluzione a tutti i problemi del mondo; d’altra parte, quando falliscono le ideologie che insegnano a vivere e a sognare, hanno successo le dottrine del niente che insegnano all’uomo ad odiare e a morire. I danni che questi traditori dello spirito autenticamente religioso dell’Islam possono fare sono spaventosi».

 

IL SILENZIO INTERESSATO DELL’OCCIDENTE

Il suo riferimento ricalca perfettamente l’azione del leader musulmano che guidò un manipolo di kamikaze jihadisti alle stragi della Pasqua 2019 nello Sri Lanka. Tra loro c’erano anche due rampolli di ottima famiglia cui nulla mancava sotto il profilo materiale. L’imam Moulvi Zahran Hashim, fondatore del gruppo fondamentalista musulmano srilankese National Thowfeek Jamaath affiliato all’ISIS, era infatti solito predicare su YouTube davanti alle bandiere occidentali in fiamme. La sua missione suicida fece 253 vittime nelle chiese e negli alberghi dell’isola anche grazie a quegli apparati di intelligence che ignorarono o addirittura insabbiarono, come nel caso dell’Arabia Saudita, la minaccia degli attentati diffusa dagli 007 indiani del RAW.

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Perché nessuno prestò ascolto al grido di allarme di un poliziotto esperto di terrorismo? Le risposte sono molteplici ma una per tutte le racchiude: “pecunia non olet”. Gli affari petroliferi coi paesi del Golfo come l’Arabia Saudita, paese di confessione Salafita Waabita tra i finanziatori e reclutatori di Al Qaeda come svelato in precedenti dossier 007 pubblicati da Gospa News, e quelli con i Fratelli Musulmani della Turchia, seconda potenza militare della NATO, e del Qatar, l’emirato oggi nel mirino delle inchieste nel Regno Unito e negli USA per i finanziamenti passati dalle banche di Doha ed arrivati ad organizzazioni terroristiche, imposero ed impongono al civile Occidente di chiudere non solo un occhio ma tutti e due.

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Il paradosso di questo corto circuito tra istituzioni occidentali e terrorismo islamico è ben rappresentato da tre circostanze: la protezione offerta dagli USA al califfo dell’ISIS Al Baghdadi, ritenuto da giornalisti investivativi ed ex ufficiale dell’intelligence americana un agente del Mossad israeliano e della Central Intelligence Agency che secondo la Russia non è mai stato davvero ucciso come sostenuto da Washington, i missili anticarro TOW che la stessa CIA regalò alle fazioni jihadiste armate contro il legittimo presidente della Siria Bashar Al Assad, e la questione libica dove la Turchia ha potuto stanziare 14mila mercenari reclutati tra le fila dei tagliagole ISIS e Al Qaeda.

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Un aneddoto davvero curioso riguarda proprio l’Italia: secondo fonti attendibili alcuni miliziani di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), la formazione dichiarata terrorista dall’ONU che ha preso il posto di Al Nusra nella provincia siriana di Idlib, sarebbero stati curati nell’ospedale da campo dei Bersaglieri di stanza a Misurata (Libia) in un’ottica di collaborazione con il Governo di Alleanza Nazionale di Tripoli sostenuto militarmente dai mercenari della Turchia contro il generale della Cirenaica, Khalifa Haftar, appoggiato dai contractors della Russia.

Non bisogna infine dimenticare che proprio il Qatar è uno dei partner fondamentali sia per l’Italia che per il Regno Unito nel business colossale delle industrie della difesa come abbiamo evidenziato nel dossier Lobby Armi 4 e come illustreremo anche nell’inchiesta Lobby Armi 5 in cui faremo emergere le connessioni tra Massoneria occidentale, Fratelli Musulmani, servizi segreti NATO e multinazionali belliche a riprova che certe profezie soto state ignorate non solo per distrazione ed errore ma per precise volontà geopolitiche.

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Al pari del progetto Grande Israele sognato già dal Movimento Sionista fin dalla sua nascita politica, il disegno di ricostituzione dell’Impero Ottomano del presidente turco Recep Tayyp Erdogan appare infatti la migliore arma nelle mani della massoneria atea britannica che nel 1860 armò il guerrigliero incappucciato Giuseppe Garibaldi non solo per realizzare l’Unità d’Italia distruggendo una monarchia cattolica come quella dei Borboni nel Regno delle due Sicilie ma anche per attentare al potere dello Stato Pontificio favorendo la distruzione del Cristianesimo. Un’impresa fallita allora ma che si sta avvicinando sempre più al compimento nel Terzo Millennio.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES

GOSPA NEWS – JIHADISTS REPORTS

GOSPA NEWS – LOBBY ARMI REPORTAGES

GOSPA NEWS – WARZONES REPORTS

https://www.gospanews.net/2020/05/11/garibaldi-e-i-mille-mercenari-dei-massoni-britannici-e-complici-della-mafia-siciliana/

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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