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BIDEN PROTEGGE STRAGI E APARTHEID DI NETANYAHU. Gli Usa Bloccano l’ONU mentre Israele respinge l’offerta di tregua di Hamas

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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Da circa due anni ripetiamo ad ogni occasione che Benjamin Netanyahu, premier illegittimo di Israele dopo il fallimento di ben 4 elezioni nel paese e nonostante processi per gravi episodi di corruzione, è la trasfigurazione contemporanea del nazista Adolf Hitler. Questa convinzione giunge dalla snervante attività di bombardamenti, spesso anche mortali, che l’Israel Defense Forces ha condotto negli ultimi tre anni sulla Siria, contribuendo a causare varie stragi tra cui l’abbattimento di un aereo da ricognizione russo nel settembre 2018.

Ieri, mercoledì 12 maggio 2021, il presidente americano Joseph Biden, che per mesi ha nascosto le sue simpatie sioniste dietro una parvenza di dialogo con l’Iran, per il rinnovo del trattato sul nucleare, e con la Palestina per la pacificazione in Medio Oriente, ha gettato la maschera. Lo ha fatto attraverso la diplomazia USA che ha posto il veto contro una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, riunitosi di emergenza dopo lo scoppio di una guerra con raffica di razzi tra le Brigate Izz al-Dīn al-Qassām, l’ala militare del partito palestinese di Hamas, e l’esercito israeliano che ha già causato decine di morti nella Striscia di Gaza almeno 65 tra gli arabi e 6 tra gli israeliani, colpiti nei loro territori ma avvantaggiati dall’efficiente protezione del sistema anti-missile Iron Dome che ha intercettato circa l’85 % di oltre mille razzi lanciati dai palestinesi.

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Come è accaduto nell’incontro di lunedì, gli Stati Uniti si sono opposti all’adozione di una dichiarazione congiunta, giudicata “controproduttiva”. Per Washington, “il Consiglio di Sicurezza mostra la sua preoccupazione riunendosi, non serve altro”. “Gli Usa non sembrano prendere in considerazione la possibilità che una dichiarazione possa contribuire ad avere una de-escalation”, ha aggiunto un altro diplomatico.

Secondo diverse fonti, 14 dei 15 membri del Consiglio erano favorevoli ad approvare un testo, proposto da Tunisia, Norvegia e Cina, con l’obiettivo di ridurre la tensione. “Israele ha diritto a difendersi”. Così il presidente Joe Biden, segnalando di aver parlato con il premier israeliano Benjamin Netanyahu e indicando di sperare che il conflitto finisca al più presto.

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L’inviato delle Nazioni unite per il Medioriente, Tor Wennesland, ha detto al Consiglio di Sicurezza che l’attuale violenza è “l’escalation più grave tra Israele e militanti palestinesi da anni”. È preoccupato, hanno dichiarato i diplomatici, che possa sfociare in una guerra civile. Wennesland ha informato il Consiglio a porte chiuse, per la seconda volta in tre giorni, sul deterioramento della situazione, su cui l’organo più potente dell’Onu non ha sinora agito.

Il portavoce delle Nazioni Unite, Stephane Dujarric, ha detto che il segretario generale, Antonio Guterres, e Wennesland hanno entrambi ribadito che “il lancio indiscriminato di razzi e mortai da quartieri civili altamente popolati verso centri abitati civili viola il diritto internazionale umanitario”. Wennesland riconosce le legittime preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza, ma ha ribadito che “le forze di sicurezza israeliane dovrebbero esercitare la massima moderazione, calibrare il loro uso della forza per risparmiare i civili”.

Francia, Estonia, Irlanda e Norvegia hanno rilasciato una dichiarazione chiedendo urgentemente di “allentare le tensioni, porre fine alla violenza e mostrare la massima moderazione”, condannando il lancio di razzi da Gaza in Israele e definendo le vittime civili da entrambe le parti “preoccupanti e inaccettabili”. Cì stata una pioggia di razzi arrivati da Gaza – oltre mille di cui 850 intercettati dal sistema di difesa Iron Dome e 200 esplosi nella Striscia – a cui l’esercito israeliano ha risposto con decine e decine di attacchi contro obiettivi di Hamas e della Jihad islamica. Secondo il ministero della Sanità a Gaza, un nuovo bilancio delle vittime dei raid israeliani è di 65 morti e circa 400 feriti.

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l primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha informato il gabinetto di sicurezza che Israele ha respinto proposte di tregua arrivate da Hamas. Lo scrive Ynet News, aggiungendo che al gabinetto è stato chiesto di approvare piani di attacco per i prossimi giorni. Secondo i media, l’esercito chiede ai leader politici altro tempo per poter colpire Hamas in maniera decisiva prima del cessate il fuoco.

Israele ha deciso di intensificare le operazioni a Gaza Il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato l’intensificazione delle operazioni dell’esercito sulla Striscia. Lo riportano i media. Secondo la Tv Canale 12, Israele si appresta a colpire i simboli del potere di Hamas a Gaza, incluso ad esempio il ministero delle Finanze. Una mossa che, secondo gli analisti, indica che il conflitto è destinato a durare ancora altri giorni.

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Aerei israeliani hanno bombardato e distrutto la torre al-Shourouk, un alto edificio residenziale di Gaza city, dopo aver avvertito gli abitanti di scappare. Immagini condivise su Twitter mostrano il crollo dell’edificio in una nuvola di fumo bianco. Martedì Israele aveva distrutto altri due alti edifici di oltre dieci piani a Gaza city, avvertendo sempre gli abitanti. A quanto riferisce Times of Israel, vi risiedevano alti comandanti di Hamas.

Per rappresaglia una raffica di razzi, sparati da Gaza, si è abbattuta sul Sud di Israele, in particolare nella zona di Ashkelon. Lo riferiscono i media. Hamas ha affermato di aver lanciato 130 razzi come reazione alla demolizione della torre al-Shourouk a Gaza e all’uccisione di alcuni suoi dirigenti militari.

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L’APARTHEID ALL’ORIGINE DEGLI SCONTRI

E’ inutile girarci intorno. All’origine di questo feroce scontro c’è la decisione di Netanyahu di conquistare le simpatie degli estrenisti israeliani anti-islamici legittimando una prosecuzione del suo mandato di governo che sul piano politico non è riuscito ad ottenere. Dopo i 28 giorni previsti dalla legge per le consultazioni, Bibi ha “restituito il mandato”. In uno stallo che dura da troppo tempo, il presidente della Repubblica Reuven Rivlin ha dato l’incarico a Yar Lapid, l’astro nascente dell’opposizione.

Ma quest’ultimo non ha avuto nemmeno il tempo di avviare le consultazioni che si è trovato di fronte al fatto compiuto di una guerra innescata da una strategia non dichiarata ma in tutto simile all’apartheid. Per ricordarlo ai più giovani l’apartheid fu una politica estremistica di discriminazione razziale perseguita dalle minoranze bianche nella Repubblica Sudafricana e attuata con ogni mezzo, anche violento, ai danni della libertà e dei diritti civili degli indigeni neri, formalmente abolito nel 1991 dopo le battaglie per i diritti civili di Nelson Mandela, premio Nobel per la pace.

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Quanto accaduto a Gerusalemme Est ricorda davvero quelle persecuzioni perché Netanyahu ha disposto provocatorie restrizioni proprio nel mese del Ramadan, il periodo più importante per i musulmani devoti ai riti dell’Islam

A Gerusalemme, durante il digiuno e le preghiere di un mese, i musulmani visitano spesso Damascus Gate Plaza e la Moschea di Al-Aqsa. Tuttavia, quest’anno è stato negato loro questo diritto. All’inizio del Ramadan, il 12 aprile, la polizia israeliana ha innalzato barriere intorno a Damascus Gate Plaza impedendo a chiunque di visitare il sito. La polizia ha affermato che le barriere non avevano lo scopo di limitare l’accesso alla piazza, ma di migliorare invece il flusso dei pedoni nella Città Vecchia.

La decisione ha suscitato la reazione dei palestinesi che vivono a Gerusalemme in quanto si sono sentiti umiliati dalle autorità israeliane stessero, soprattutto perché gli ebrei Haredi hanno avuto accesso senza impedimenti ai loro luoghi sacri ad aprile nonostante le restrizioni del coronavirus del paese. Centinaia di palestinesi si sono riuniti per protestare contro la decisione ma sono stati dispersi dalla polizia usando cannoni ad acqua e granate assordanti. Una successiva decisione delle autorità di Gerusalemme di limitare il numero di fedeli in una delle principali moschee musulmane di Gerusalemme, Al-Aqsa, a 10.000 persone a causa della pandemia in corso, ha solo gettato benzina sul fuoco e suscitato una nuova rivolta culminata in decine di arresti.

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Ciò ha indotto Hamas a dare un ultimatum ad Israele per il rilascio dei prigionieri. Alla scadenza è cominciata la grandine di razzi nei territori israeliani confinanti con la striscia di Gaza a cui l’aviazione IDF ha risposto con numerosi raid aerei facendosi forte della più massiccia potenza militare.

Prima dello scoppio del conflitto Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, aveva “espresso la sua profonda preoccupazione per le continue violenze nella Gerusalemme est occupata, nonché per i possibili sgomberi di famiglie palestinesi dalle loro case nei quartieri di Sheikh Jarrah e Silwan”. In una nota del portavoce ha “esortato Israele a cessare le demolizioni e gli sfratti, in linea con i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario”.

“Le autorità israeliane – si legge ancora nella nota – devono esercitare la massima moderazione e rispettare il diritto alla libertà di riunione pacifica. Tutti i leader hanno la responsabilità di agire contro gli estremisti e di pronunciarsi contro gli atti di violenza e istigazione”, prosegue la nota. Guterres ha esortato anche a “mantenere e rispettare lo status quo nei luoghi santi”.

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Netanyahu ha ovviamente ignorato del tutto l’appello dell’ONU nello stesso modo in cui, alcuni mesi orsono, aveva ignorato la risoluzione delle Nazioni Unite per il rilascio dei territori occupati nelle alture del Golan, sottratti alla Siria dal lontano 1967. E’ evidente che la protezione concessa dagli Usa a Bibi, ieri da Donald Trump oggi da Joseph Biden, fa sentire Israele legittimata a compiere qualsiasi violazione dei diritti umani, come i continui attacchi alle milizie iraniane rimaste nella nazione siriana dopo aver aiutato il presidente Bashar Al Assad a sconfiggere l’ISIS, da molti ritenuto in strette correlazioni con il Mossad, il controspionaggio di Israele.

Al di là degli estremismi esacerbatisi in 60 anni di scontri tra israeliani ed arabi in Palestina bisognerebbe ripercorrere le radici dell’odio che trovano una ragione nella scellerata dichiarazione Balfour con cui il Regno Unito, il 2 novembre 1917, accondiscese alle richieste di Lord Walter Rothschild per dare una risposta al Movimento Sionista, un’organizzazione politica fondata dagli Askenaziti-Cazari per costruire artificialmente una patria a questa lobby di matrice ebraica ma ben lontana dall’autentica stirpe israelita.

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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