DUE ERGASTOLI AL BRANCO NERO CHE UCCISE E STUPRO’ DESIREE DA VERGINE. Ma restano tutti e 4 in Carcere
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
AGGIORNAMENTO DEL 19 GIUGNO 2021
ARTICOLO DEL 23 OTTOBRE 2019
Ora lo sostiene anche un giudice. La minorenne Desirèe Mariottini fu stuprata e uccisa dal branco di migranti neri rimasti in Italia grazie ai permessi umanitari. Ma loro di umanità non ne hanno mostrata alcuna. Come bestie assatanate hanno infierito sull’esile corpo della ragazzina di soli 16 anni: l’hanno deflorata, hanno abusato di lei mentre era in uno stato di semincoscienza causato da un mix micidiale di droghe che l’ha uccisa.
Desirèè Mariottini era ancora vergine quando si ritrovò in preda ai suoi carnefici che abusarono di lei in gruppo prima che fosse trovata morta tra il 18 e 19 ottobre del 2018 in quello squallido immobile abbandonato nel quartiere San Lorenzo a Roma. Lo accertò l’autopsia eseguita sul suo corpo.
Ora il Gup di Roma Clementina Forleo ha rinviato a giudizio i quattro cittadini africani arrestati per quei crimini. Il 4 dicembre prossimo dovranno comparire davanti alla Corte di Assiste della per rispondere non solo di omicidio volontario e somministrazione di droghe a minori ma anche dell’accusa più infame: violenza sessuale di gruppo.
La dottoressa Forleo, un magistrato esemplare che si è occupata con alta professionalità di altri casi scottanti come l’inchiesta sugli appalti pilotati al Consip, ha accolto la tesi del procuratore aggiunto Maria Monteleone e del sostituto Stefano Pizza secondo i quali i nigeriani Alinno Chima, Mamadou Gara, detto Paco, il ghanese Yusef Salia e il senegalese Brian Minthe, avrebbero abusato a turno della ragazza dopo averle fatto assumere un mix di droghe che ne hanno provocato la morte. Secondo gli atti dell’inchiesta gli africani avrebbero anche mentito alla ragazza sulla pericolosità di quella miscela si stupefacenti rivelatasi poi fatale e funzionale, con ogni probabilità, a consentire loro di perpetrare lo stupro. Una violenza inaudita protrattasi fino al suo decesso o forse addirittura quando lei aveva già perso la conoscenza e la vita…
Scompare così l’onta che infamò la memoria della giovane con i soliti tecnicismi giudiziari quando il Tribunale del Riesame depennò dall’ordinanza di custodia cautelare l’accusa di violenza sessuale di gruppo sostenendo che non c’era prova della contemporaneità dell’azione.
Una sentenza che suscitò l’indignazione dell’opinione pubblica, e delle associazioni dei diritti umani che hanno seguito la vicenda, soprattutto quando emerse la circostanza che la ragazza, pur essendosi avventurata volontariamente in quel quartiere e stabile malfamato in cerca di droga, fino a quel momento era ancora vergine.
Ora il rinvio a giudizio del giudice Forleo riporta la storia giudiziaria nei giusti binari di un assalto di gruppo compiuto da immigrati senza il minimo rispetto della dignità e vita umana.
Ad incastrarli ci sarebbero anche tracce dei Dna trovate dagli investigatori sul corpo della ragazza. Per questa vicenda, Comune di Roma, Regione Lazio e le associazioni ‘Insieme con Marianna’ e ‘Dont’t worry- Noi possiamo Onlus’ si sono costituite parti civili.
“Il nostro dolore non si potrà mai calmare. Nessuna sentenza ci restituirà mai la nostra Desirée”. Così la nonna materna di Desirée all’agenzia Adnkronos. La prima udienza davanti alla terza sezione della Corte di Assise di Roma è fissata per il 4 dicembre nell’aula bunker di Rebibbia.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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