PONTE MORANDI, SPA DEI BENETTON SOTTO ACCUSA PER I 43 MORTI. Ma la loro Finanziaria aspetta 8 Miliardi dallo Stato… “Regalo assurdo”

PONTE MORANDI, SPA DEI BENETTON SOTTO ACCUSA PER I 43 MORTI. Ma la loro Finanziaria aspetta 8 Miliardi dallo Stato… “Regalo assurdo”

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Nell’immagine di copertina Luciano Benetton, il ponte Morandi e l’ex Ad di Autostrade per l’Italia spa Giovanni Castellucci

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

C’è un paradosso al limite della follia nella controversa e drammatica storia del viadotto Polcevera di Genova dove 43 persone morirono per il cedimento del manufatto il 14 agosto 2018. Al termine di lunghissime indagini, in parte ostacolate dai legali degli imputati con mille contestazioni pretestuose in fase di perizia, la magistratura genovese ha ravvisato le responsabilità penali non solo degli amministratori ma anche delle aziende coinvolte.

Una è infatti Autostrade per l’Italia, Aspi spa, ritornata sotto il controllo dello Stato con un ricavo previsto per la famiglia Benetton, e gli altri azionisti (tra cui il fondo americano BlackRock), di ben 8 miliardi di euro, nonostante abbia seminato una lunga scia di inchieste giudiziarie per altre sciagure correlate proprio alla mancata sicurezza dei ponti autostradali.

Il 31 maggio 2021, infatti, l’assemblea societaria di Atlantia ha deliberato (con l’88,06% di soci favorevoli) la vendita di Autostrade per l’Italia ad una cordata guidata dal gruppo Cassa depositi e prestiti. Il prezzo è stato fissato in 9,1 miliardi, di cui otto vanno ad Atlantia (la holding posseduta al 30% dalla famiglia Benetton) e il resto al colosso tedesco delle assicurazioni Allianz.

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Non va dimenticato che i Benetton sono da sempre accaniti sostenitori del Partito Democratico che non solo favorì la privatizzazione della rete autostradale (governo PDS di Massimo D’Alema) ma amministrava il Ministero delle Infrastrutture fino a poche settimane prima del crollo (ministro Gabriele Del Rio) ed è anche la principale forza politica della maggioranza dei Governi Conte e Draghi che hanno gestito la patata bollente delle concessioni autostradali, culminata con l’accordo miliardario a favore di Atlantia.

 

L’AFFARE DI ATLANTIA CONTESTATO

Questa circostanza quasi assurda è stata più volte denunciata dal Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi che aveva sollecitato l’annullamento della convenzione tra lo Stato Italiano e la società Autostrade per l’Italia Spa, individuata dai pubblici ministeri quale corresponsabile dell’omicidio colposo plurimo, soprattutto per il consapevole e perpetrato piano di ignorare lo stato di pericolosità dei viadotti autostradali per carenza di manutenzione, costato un ordine di arresto nei confronti di alcuni amministratori.

Lo stesso Comitato si sta battendo perché non sia perfezionato l’accordo tra la Cassa Depositi e Prestiti e Atlantia affinché quest’ultima non riceva gli 8 miliardi di euro previsti dalla cessione di Aspi, visto l’imminente processo che potrebbe condannare Autostrade per l’Italia a cospicui risarcimenti ai parenti delle vittime.

«Andremo a pagare miliardi di euro coloro che hanno gestito questa azienda dal solo punto di vista dell’azionariato». Così Egle Possetti, presidente del Comitato Vittime del Ponte Morandi di Genova, sulla vendita di Aspi a Cdp. Sulla questione, durante l’incontro tra i parlamentari piemontesi e il Comitato Ponte Morandi svoltosi il 7 giugno a Torino nella sede della giunta regionale del Piemonte, sono intervenuti due parlamentari di opposti schieramenti: Lucio Malan di Fi e Roberta Pinotti del Pd, autori di interrogazioni parlamentari con il senatore del Partito Democratico e presidente della commissione Finanze del Senato Luciano d’Alfonso. «C’è stato un controllo al di sotto da quanto previsto da ogni buonsenso, i risparmi sono stati pagati dalle vittime di Genova. E ora dovremmo fare un ulteriore regalo a chi ha gestito questa azienda» ha dichiarato Malan.

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Sull’affare pensa anche l’interrogazione degli europarlamentari Marco Campomenosi, Paolo Borchia e Antonio Maria Rinaldi, tutti della Lega, che ha ottenuto dalla Commissione Europea la conferma che il sistema di remunerazione utilizzato da Aspi non soddisfa appieno i criteri stabiliti dalla Corte di Giustizia. Secondo quanto affermato dall’UE nella sentenza Altmark redatta dalla commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager i proventi tariffari pagati dagli utenti sono stati funzionali a coprire i costi relativi al debito originariamente contratto nell’ambito dell’acquisizione delle azioni di Aspi e i suoi azionisti hanno ricevuto negli anni una compensazione che andrebbe oltre il costo del servizio reso e il margine ragionevole.

«Come ha detto d’Alfonso, in Aspi c’è stato un aumento delle tariffe dell’1,75% all’anno mentre l’Autorità dei trasporti prevede lo 0,87%, così la società vale di più e Cdp deve quindi pagarla di più coi soldi dei contribuenti» ha spiegato sempre Malan cui ha dato manforte la senatrice del Partito Democratico Roberta Pinotti: «Io ho sottoscritto l’interrogazione del senatore d’Alfonso perché mette in evidenza un aumento ingiustificato di utili rispetto al loro reinvestimento».

 

RICHIESTE DI RINVIO A GIUDIZIO PER OMICIDIO COLPOSO PLURIMO E CROLLO DOLOSO

La Procura di Genova, nel frattempo, ha chiesto il rinvio a giudizio per 59 persone per il crollo del ponte Morandi. I pm contestano ad alcuni anche la colpa cosciente. Le accuse, a vario titolo, sono omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo doloso, omissione d’atto d’ufficio, e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sul lavoro.

Dieci le posizioni stralciate in attesa di ulteriori approfondimenti. Tre indagati, dei 71 iniziali, sono morti prima della chiusura delle indagini. Chiesto il giudizio anche per le due società Aspi, già di Atlantia ora controllata dall’ente statale Cassa Depositi e Prestiti, e Spea spa, la società addetta alle manutenzione della rete autostradale, anch’essa controllata al 60 % da Atlantia dei Benetton e già finita sotto inchiesta per altri crolli di viadotti con esito mortale. Per i pm ci fu “immobilismo” e “consapevolezza dei rischi”, come riporta l’Ansa.

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Tra le 59 persone ci sono gli ex vertici ed ex dirigenti di Aspi. I pm hanno chiesto il processo, tra gli altri, per l’ex amministratore delegato Giovanni Castellucci, il manager Paolo Berti e l’ex direttore delle manutenzioni Michele Donferri Mitelli e per l’ex ad di Spea, la controllata per le manutenzioni, Antonino Galatà.

“Il momento emotivamente più critico – ha detto il procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio – è stato quello del 14 agosto 2018, quando abbiamo ricevuto la notizia. Oggi c’è la massima soddisfazione, con la consapevolezza che i miei colleghi Terrile e Cotugno hanno fatto un gran lavoro, sono stati straordinari”.

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Chi verrà condannato dovrà pagare anche le spese processuali, tra le quali una parte del software che la procura ha preso per elaborare le migliaia di file sequestrate e costato circa due milioni di euro. Le richieste di rinvio a giudizio arrivano dopo tre anni di indagini, centinaia di intercettazioni, decine di escussioni di testimoni portate avanti dagli investigatori del primo gruppo della Guardia di Finanza, guidati dal colonnello Ivan Bixio.

Gli atti sono conservati in oltre duecento faldoni e 92 hard disk da due tera ciascuno. Nel corso delle indagini sono stati fatti due incidenti probatori: il primo ha fotografato i resti del viadotto al momento del crollo mentre il secondo ha stabilito le cause della tragedia. Un lavoro certosino che ha scoperchiato, secondo l’accusa, un modus operandi del vecchio management della società: massimo risparmio per una minima spesa in modo da garantire ai soci alti dividendi.

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Dalla tragedia sono nate altre tre inchieste: quella sui falsi report sui viadotti, quella sulle barriere fonoassorbenti pericolose e quella sui falsi report sulle gallerie e la loro mancata messa in sicurezza. Le persone per cui è stata stralciata la posizione sono figure marginali.

GLI ALTRI PROCESSI DI AUTOSTRADE PER L’ITALIA

Non bisogna dimenticare che l’ex ad di Aspi, Giovanni Castellucci, è stato processato – ed assolto dal Tribunale di Avellino – nel processo per la strage di Acqualonga (40 morti) oggetto del processo in corso presso la Corte d’Appello di Napoli per le presunte barriere di protezione del viadotto ritenute difettose.

L’11 novembre 2020 era stato anche arrestato (ai domiciliari) su disposizione della Procura della Repubblica di Genova per attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in pubbliche forniture in relazione all’indagine sulle barriere fonoassorbenti “integautos” ma, il 3 dicembre 2020, il Tribunale del Riesame aveva revocato gli arresti domiciliari dopo che aveva lasciato il nuovo incarico di amministratore delegato di Atlantia con una buonuscita di 13 milioni di euro, poi sospesa proprio a causa di nuovi elementi emersi durante le indagini sul crollo del Ponte Morandi e a seguito delle indagini della magistratura che hanno coinvolto l’ex amministratore.

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“Quella barriera andava sostituita e Autostrade per l’Italia aveva il compito di monitorare lo stato dei New Jersey con controlli approfonditi, verificando il serraggio e lo stato di corrosione dei tirafondi”. Ne è sicuro l’ingegnere Placido Migliorino, dirigente dell’Ufficio Ispettivo del Mit, nel corso dell’udienza d’Appello del processo relativo alla strage di Acqualonga del luglio 2013.

Insieme al tecnico incaricato al controllo formale degli interventi, nel nuovo Palazzo di Giustizia napoletano è stato ascoltato nel mese di maggio anche all’ingegner Carlo Cresta dell’Anac. Anche per quest’ultimo le barriere del viadotto Acqualonga andavano sostituite. Di parere opposto i vertici di Aspi, che al contrario affermano la “buona capacità prestazionale” delle barriere.

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Il dirigente Migliorino era stato stato ascoltato già a più riprese dall’ex Procuratore capo di Avellino Rosario Cantelmo (ora in pensione) che aveva avviato le inchieste sulla sicurezza delle infrastrutture della rete autostradale non solo in Irpinia ma in tutta Italia.Lo scontro, anche in secondo grado, resta dunque sulle condizioni dei New Jersey sfondati dal bus a forte velocità, prima di finire la sua corsa giù dalla scarpata cagionando la morte di 40 persone.

Il prossimo 20 maggio è fissata la prossima udienza: dal collegio presieduto dal giudice Domenica Miele dovranno essere ascoltati gli ingegneri di Autostrade Spa Testa e Valeri.

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Ma i guai di Autostrade per l’Italia non finiscono qui. «Per il crollo del ponte 167 lungo l’autostrada A14, avvenuto il 9 marzo 2017 tra i caselli Ancona sud e Loreto nel Comune di Camerano, che costò la vita a due persone e il ferimento di altre tre, la Procura di Ancona ha chiesto il processo per 22 indagati: 18 persone fisiche e quattro società coinvolte a vario titolo per aver commissionato i lavori, averli appaltati e poi subappaltati. Nella richiesta di rinvio a giudizio il pm Irene Bilotta contesta agli indagati anche l’omicidio stradale oltre all’omicidio colposo, il crollo colposo e la violazione delle norme in materia di sicurezza sul luogo di lavoro già emersi in fase di apertura del fascicolo» riferì l’Ansa.

Si tratta della concessionaria del tratto stradale Autostrade per l’Italia e le aziende incaricate dei lavori Pavimental spa affidataria degli interventi, Spea Engeneering spa e Delabech.

Il gup Francesca De Palma, il 15 ottobre 2020, ha rinviato a giudizio Autostrade per l’Italia (Aspi) e Spea Engeneering, committenti dei lavori, Pavimental, la società appaltante, la Delabech alla quale i lavori furono subappaltati e le 18 persone fisiche ritenute responsabili, dalla Procura, del cedimento del moncone che nel primo pomeriggio di tre anni e mezzo fa crollò in fase di posizionamento sul tratto autostradale tra i caselli di Ancona Sud e Loreto, uccidendo i coniugi Emilio Diomede e Antonella Viviani, di Spinetoli. Il processo inizierà il 21 settembre 2021 davanti al giudice Carlo Masini.

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Le accuse contestate, a vario titolo, sono omicidio colposo, omicidio stradale, crollo colposo e la violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro. Gli imputati respingono le accuse e cercheranno di dimostrare l’assenza di loro responsabilità nel dibattimento.

Come riporta Il Resto del Carlino, tra i rinviati a giudizio i due ingegneri responsabili del procedimento per Autostrade, Giovanni Scotto Lavina, di Roma, con l’accusa di aver omesso di verificare l’idoneità del piano di sicurezza; Guido Santini (Roma), Sergio Paglione (Campobasso), responsabile del procedimento e lavori fino al 2014 per Autostrade per l’Italia. Per la Pavimental a processol’amministratore delegato Franco Tolentino (Roma), Alberto Di Bartolomeo (Roma), rappresentante dell’appaltatore, Vittorio Banella (Varese), direttore di cantiere, Gennaro Di Lorenzo (Napoli), direttore tecnico e Pierpaolo Cappelletti (Spoleto), capo cantiere.

Per la società di progettazione lavori, Spea Engeneering, rinvio a giudizio per Raffaele Ricco (Cisternino), progettista, Alberto Selleri (Bologna), progettista e ingegnere direttore tecnico, Giuseppe Giambalvo (Palermo), progettista e ingegnere del progetto esecutivo, il direttore dei lavori Francesco Morabito (di Milano ma residente a Civitanova Marche), e Francesco D’Alterio (di Aversa, residente a Mondolfo), coordinatore per sicurezza e salute. Infine per la Delabech, l’azienda che stava eseguendo i lavori, sono imputati l’amministratore unico Riccardo Bernabò Silorata (Napoli), Stefano Lazzerini (Grosseto), socio, Luigi Ferretti (Figline Valdarno), direttore tecnico del cantiere, Nicola Chieti (Cerignola), capo cantiere e Roberto Marnetto (Roma), progettista.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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