di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
«Come medico conoscevo 21 persone che hanno ricevuto due dosi di vaccino Pfizer, e un’altra persona che ha ricevuto Moderna, in ogni caso a RNA messaggeri, ai quali bisogna aggiungere quello a DNA messaggero che è la fonte del vaccino AstraZeneca. Questi tre vaccini Pfizer, AstraZeneca, Moderna contengono una sequenza, identificata dalla bioinformatica, come una sequenza che può trasformarsi in prione. Esiste quindi un rischio noto da più di un anno e probabilmente nota questi produttori di vaccini. Ma ora le cose sono più gravi ancora perché le per le 21 persone sono morte per la malattia neurodegenerativa di Creutzfeldt-Jakob e per delle malattie causate da prioni».
Queste sono alcune delle esplosive frasi pronunciate dal professor Luc Montagnier, luminare della virologia e premio Nobel per la Medicina nel 2008, mercoledì 12 gennaio 2022, quando è stato invitato ad accompagnare i firmatari di una petizione contro la vaccinazione obbligatoria e ad esporre il proprio pensiero davanti alla commissione della Camera lussemburghese. Ha parlato dei vaccini Covid alla presenza della genetista Alexandra Henrion Caude.
Nonostante la complessità scientifica Montagnier ha cercato di riassumere: «Ci sono proteine che hanno molteplici conformazioni, a elica a strati piatti. Questa conformazione a strati piatti consente la formazione di fibrina nei neuroni. E questa formazione è contagiosa da molecola a molecola. Non dico per il momento che è contagiosa da persona a persona ma è una possibilità. Quindi dobbiamo conoscere questo rischio per la futura generazione».
Le sue parole ricordano quelle del genetista tedesco Walter Doerfler che ha evidenziato in una ricerca «una possibile alterazione del DNA umano in un esperimento globale per l’umanità».
Proprio come aveva fatto nel caso dei biologi indiani, che scoprirono le sequenze di HIV nel SARS-Cov-2 dimostrando così la sua costruzione in laboratorio, anche ora lo scienziato francese accredita, senza menzionarla, una ricerca americana finita nel tritacarne dei media di mainstream sebbene basata su altre due ricerche statunitensi del 2020 poi confermate da una cinese e da un’altra indiana.
«I prioni (abbreviazione di particelle proteiche infettive) sono agenti infettivi alquanto particolari, che non contengono DNA o RNA e sono completamente diversi da virus e batteri. Si tratta di particelle proteiche anomale che infettano normali particelle proteiche rendendo anomala anche la struttura di queste ultime. La scoperta dei prioni, effettuata nel 1982 da un’équipe guidata da Stanley Prusiner dell’Università di San Francisco, ha valso al ricercatore l’assegnazione del premio Nobel per la medicina nel 1997. Secondo le teorie attuali, in malattie quali la BSE (ovvero la cosiddetta “sindrome della mucca pazza”– ndr), la CJD o la scrapie, i prioni anomali infettano il cervello dell’organismo ospitante, modificandone la forma e alterandone significativamente le funzioni» riferisce il sito Cordis – Risultati della Ricerca UE che fa capo alla Commissione Europea.
La questione è presto sintetizzata: 5 ricerche confermano domini simili a prioni nella proteina Spike ed una di esse (tutti i link in calce all’articolo), quella dell’immunologo J. Bart Classen dell’omonima azienda biochimica Classen Immunotherapies, Inc. a Manchester (Maryland, USA), ne avrebbe rilevato la pericolosa presenza anche nei sieri genici sperimentali (ma Comirnaty di Pfizer-Biontech negli Usa ha già ottenuto ok definitivo dalla FDA tra le polemiche) quale poteziale causa di malattie neurodegenerative, quali la cosiddetta mucca pazza (BSE)
Tali patologie sono effettivamente state evidenziate dagli altri quattro studi tra le conseguenze del Covid-19 ed imputate, ovviamente in modo per ora solo empirico e suppositivo, proprio ai prioni.
Al fine di rendere leggibile questo articolo anche ai profani della microbiologia abbiamo chiesto aiuto a un ricercatore medico italiano che ha preferito l’anonimato in quanto già sospeso dall’Ordine professionale per non aver adempiuto all’obbligo di vaccinazione proprio per il timore dell’azione patogena di queste particelle proteiche.
KENNEDY CONTRO L’OK FDA AL VACCINO PFIZER: “Abolito il Processo Pubblico, Svelata la Corruzione”
Pertanto pubblicheremo nell’ordine: ulteriori sintetiche dichiarazioni del discorso di Montagnier, il quadro generale delle connessioni tra prioni e spike nelle conclusioni del nostro consulente, gli Abstract delle 4 ricerche sul Covid-19 e quella sui sieri a mRNA di Classen.
Quest’ultima è stata pesantemente contestata da un Fact Check della Reuters in un clamoroso conflitto d’interessi: nel Consiglio di Amministrazione della Pfizer, infatti, siede James C. Smith, oggi presidente della Fondazione Thomson Reuters e fino al 2020 presidente, CEO e direttore della stessa agenzia internazionale.
Mentre è stata accreditata e rilanciata da un esperto mondiale di vaccini che da anni si batte per una vera farmacovigilanza attiva: l’avvocato Robert F. Kennedy jr l’ha infatti menzionata in un articolo sul sito The Defender della sua associazione internazionale Children’s Health Defense che ha sede negli USA ma anche una filiale in Europa.
Ecco perché non perderemo tempo a pubblicare i dettagli della smentita generica di Reuters – imperniata su una laconica frase di un portavoce Pfizer “non ci sono prove” – ma indicheremo il link in calce all’articolo.
SPIKE, PRIONI E MALATTIE DEGENERATIVE MORTALI
«Siamo partiti da Ippocrate “Primum non Nocere”; per prima cosa non fare del male. Ora se la medicina porta a dei morti si chiama medicina iatrogena e sono assolutamente contrario a questa idea. Dobbiamo rispettare l’eica per cui bisogna guarire e guarire i pazienti, e non ucciderli. Stiamo vivendo un’enorme campagna, una campagna secondo le regole del marketing, per imporre dei preparati che uccidono un certo numero di persone»
Ha detto allarmante Montagnier in Lussemburgo come si può ascoltare in un video in francese pubblicato con tanto di sottotitoli in italiano su Rumble dal sito Detox (link a fondo pagina, ma leggete prima l’inchiesta e vi sarà più facile capire ciò che dice il virologo), meritevole di encomio.
«Questi vaccini sono dei veleni. Non sono dei veri vaccini. L’mRNA consente al suo messaggio di essere trascritto in tutto il corpo, in modo incontrollabile. Nessuno può dire per ciascuno di noi dove andranno questi messaggi. Si tratta quindi di una terribile incognita. E infatti ora stiamo apprendendo che questo è un lavoro pubblicato più di un anno fa, e che questi mRNA contengono un’area che possiamo chiamare prione, che è un’area in grado di introdurre modificazioni proteiche in modo imprevedibile».
«Chiedo a tutti i miei colleghi di fermare le vaccinazioni contro il Covid con questo tipo di vaccini. Ne va di mezzo il futuro dell’umanità. Il dopo dipende da voi, soprattutto dai non vaccinati, che un domani potranno salvare l’umanità, mentre i vaccinati dovranno essere salvati dai centri medici. Questi vaccini non ne impediscono la trasmissione. Questo vaccino non funziona».
E’ quanto ha invece ribadito in piazza XXV aprile a Milano alla manifestazione contro l’obbligo vaccinale organizzata da Italexit di Gianluigi Paragone davanti a una folla di migliaia di persone.
Ora vediamo le basi scientifiche dei suoi allarmi che in precedenza si erano concentrati sulla natura artificiale del virus quale arma batteriologica, certificata in una perizia giurata in allegato ad una denuncia di due avvocatesse britanniche davanti alla Corte Penale Internazionale dell’Aja.
«Le proteine prioniche sono proteine espresse sulla superficie delle membrane cellulari con funzione epigenetica: è il sistema più rapido della cellula per adattarsi ad un cambiamento ambientale. Vengono codificate da un gene presente sul braccio corto del cromosoma 20, costituito da 254 aminoacidi. Una volta sintetizzate i prioni, prima di venire espresse sulla membrana cellulare, subiscono delle modifiche. Le mutazioni puntiformi sono alla base del cambiamento della struttura secondaria dei prioni, generando così la forma patologica, agente eziologico di un gruppo di patologie neurodegenerative. Tali mutazioni conducono ad una diversa conformazione con nuove proprietà chimico-fisiche alla proteina prionica patologica quali insolubilità, tendenza all’aggregazione e resistenza alla proteolisi (il processo di degradazione delle proteine da parte dell’organismo – ndr)».
Sono le parole rigorosamente tecniche del nostro esperto a prova di scienziato e fact-checkers. E’ sempre lei a sintetizzare in poche righe quanto ricercatori americani, cinesi e indiani hanno scritto in pagine e pagine di studi.
«I vaccini per il covid 19 hanno la funzione di far produrre (dalle nostre cellule) la proteina spike, che ha caratteristiche particolari, ha vari frammenti che hanno omologie di sequenza con le proteine umane. Nel sito di legame della proteina spike, in cui si legano anche gli anticorpi c’è una sequenza simil prionica che potrebbe apportare ad un cambio di conformazione della proteina stessa attribuendogli proprietà aggreganti. Non è stato ancora studiato, però, se tali sequenze possano portare alla formazione di proteine spike prioniche patologiche» aggiunge con prudenza il dottore medico chirurgo
«Se la Spike che si forma a seguito della vaccinazione assumesse una conformazione patologica, essendo all’interno di cellule del nostro sistema immunitario che, attraverso il sistema linfatico, possono giungere al sistema nervoso centrale, potrebbero svilupparsi delle malattie degenerative».
«Nel 1999, il Dr. Peter Patriarca, dirigente della Food and Drug Administration (FDA) statunitense, sostenne che i moderni progressi nella tecnologia dei vaccini stavano rapidamente “superando la capacità dei ricercatori di prevedere potenziali eventi avversi correlati al vaccino”. Patriarca ha riflettuto sul fatto che ciò potrebbe portare a “una situazione di esiti imprevisti e imprevedibili del vaccino”» riporta invece il sito The Defender di RFK jr.
«In un nuovo articolo di ricerca pubblicato su Microbiology & Infectious Diseases, l’immunologo veterano J. Bart Classen esprime preoccupazioni simili e scrive che “i vaccini COVID a base di RNA hanno il potenziale per causare più malattie dell’epidemia di COVID-19”. Per decenni, Classen ha pubblicato articoli che esplorano come la vaccinazione può dare origine a condizioni croniche come il diabete di tipo 1 e di tipo 2, non subito, ma tre o quattro anni dopo. In quest’ultimo articolo, Classen avverte che la tecnologia del vaccino basata sull’RNA potrebbe creare “nuovi potenziali meccanismi” di eventi avversi del vaccino che potrebbero richiedere anni per venire alla luce» aggiunge il portale dell’associazione di Kennedy.
Ciò ci riporta alla mente lo studio Ogata e quello di due università cinesi da noi pubblicati in esclusiva (tra i media generalisti). In particolare, quello condotto in Cina segnalava i rischi di immunopatologie polmonari già evidenziati nello studio del 2012 che aveva indotto i ricercatori ad abbandonare il tentativo di sviluppare un vaccino contro il virus SARS del 2003, anch’esso sospettato di essere di origine artificiale dopo la recente pubblicazione del dosser del medico americano David E. Martin che comprova gli esperimenti da laboratorio sui coronavirus fin dal 2000, durante l’amministrazione del presidente Bill Clinton.
26MILA REAZIONI AVVERSE NEUROLOGICHE IN ITALIA, MEZZO MILIONE NELL’UE
Le analisi del nostro esperto fanno accendere una spia nella memoria poiché i problemi neurologici, anche gravi, dopo le vaccinazioni sono emersi da mesi. Risale infatti al 24 aprile il nostro articolo in cui si evidenziavano 1.222 segnalazioni di sospette reazioni avverse dai vaccini per disturbi al sistema nervoso secondo il rapporto periodico dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).
L’ultimo aggiornamento AIFA al 27 dicembre (purtroppo è diventato trimestre, sic!) non rende più individuabili i dati specifici per ogni patologia perché riporta dei grafici (pertanto approssimativi) distinti per ogni siero genico. A titolo meramente esemplificativo notiamo in Comirnaty (ma sono analoghi i dati sugli altri vaccini) che le patologie neurologiche sono circa 26mila con quasi 5mila decessi e sono seconde in questa amara classifica solo alle inevitabili e e perlopiù blande reazioni al luogo di somministrazione.
Mentre comincia ad essere davvero enorme ed inquietante il numero delle segnalazioni per analoghe problematiche giunte alla piattaforma EudraVigilance che per conto dell’European Medicines Agency raccoglie i presunti effetti indesiderati dopo i 4 vaccini antiCovid nei paesi dell’Unione Europea (Regno Unito escluso, ovviamente).
UE: DOPO VACCINI COVID OLTRE 36MILA MORTI. Più di 3 milioni di feriti
L’aggiornamento al primo gennaio 2022 evidenzia 584.169 casi di disturbi al sistema nervoso tra cui 4.063 decessi così distribuiti: Pfizer-Biontech (255.661 segnalazioni, 1.769 fatali), Moderna (78.044 segnalazioni, 965 fatali), AstraZeneca (228.601 segnalazioni, 1.095 fatali), Johnson&Johnson (21.863 segnalazioni, 234 fatali). I deceduti per una sospetta correlazione coi vaccini (che dovrebbe essere dimostrata da una farmacovigilanza attiva con le autopsie che non vengono quasi mai effettuate) rappresentano più del 10 % del totale di 36.257.
Questa cifra è approssimativa perché EudraVigilance non fornisce un dato cumulativo e costringe a complessi calcoli che non possono essere precisi perché rappresentano la somma delle singole patologie ma un deceduto avrebbe potuto essere segnalato per più disturbi e pertanto essere contagiato anche due volte. Mentre quella specifica sui singoli gruppi di patologie è CERTA! Pertanto la percentuale potrebbe essere addirittura notevolmente superiore.
Sul totale di 3.244.062 segnalazioni (di cui 47,50 %) le patologie neurologiche rappresentano quindi il 18 % tra tutte le altre. Ma anche questo dato è impreciso perché altri disturbi più gravi potrebbero essere dovuti a una reazione infiammatoria innescata proprio da una problematica del sistema nervoso.
COVID, PARKINSON E MALATTIA DA MUCCA PAZZA
«Sono stati descritti casi di Parkinson a rapida evoluzione in pazienti con Covid 19. Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa associata alla perdita progressiva di neuroni dopaminergici a causa dell’accumulo di aggregati di alfa-sinucleina. L’ipotesi per l’eziologia della malattia di Parkinson sporadica propone che un virus neurotropico che invade il tessuto nervoso attraverso le cavità nasali e il tratto gastro-enterico, induca l’alfa-sinucleina a trasformarsi in un legante simil-prionico».
Come anticipato, il nostro reportage si fa via via sempre più scientificamente dettagliato. E’ sempre il nostro consulente medico a scrivere queste cose precisando che «Il Sars.Cov-2 presenta delle sequenze simil prioniche nel dominio di legame del recettore della regione S1 della spike, caratteristica unica rispetto agli altri coronavirus, che aumentano il legame virale al suo recettore ACE2».
Lui stesso ci spiega nel dettaglio la questione “mucca pazza”: «La malattia di Creutzfeldt-Jacob è una malattia da prioni (neurodegenerativa) ed esiste in 3 forme: sporadica, familiare, acquisita. Si rammenti che i prioni sono proteine normalmente presente nella membrana cellulare delle cellule del sistema nervoso centrale e che possono mutare la propria conformazione, dando origine a proteine prioniche alterate che determinano la malattia. In letteratura è stata riportata anche la malattia da prioni di Creutzfeldt-Jacob (CJD) associata all’infezione da Sars-cov-2».
Attingiamo direttamente all’Abstract della ricerca pubblicata il 15 luglio 2020 su PbMed dagli americani Michael J Young , Meabh O’Hare , Marcelo Matiello , Jeremy D Schmahmann, tutti del Dipartimento di Neurologia del Massachusetts General Hospital, Harvard Medical School (ricerca Fonte 1).
«Descriviamo un uomo le cui prime manifestazioni della malattia di Creutzfeldt-Jakob si sono verificate in tandem con l’insorgenza sintomatica della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19). Attingendo da dati recenti sulla patogenesi della malattia da prioni e sulle risposte immunitarie a SARS-CoV-2, ipotizziamo che la cascata di mediatori infiammatori sistemici in risposta al virus abbia accelerato la patogenesi della malattia da prioni del nostro paziente. Questa ipotesi introduce la potenziale relazione tra le risposte immunitarie al nuovo coronavirus e l’accelerazione di disturbi neurodegenerativi preclinici o manifesti. La prevalenza globale sia di COVID-19 che di disturbi neurodegenerativi aggiunge urgenza allo studio di questa potenziale relazione».
«Esiste poi una variante acquisita (rara) della CJD. La variante (acquisita) si verifica dopo l’ingestione di carne di bovino con encefalopatia spongiforme bovina (BSE o malattia della mucca pazza), cioè con prioni provenienti da un altro organismo» riprende invece il medico che ci fa da Cicerone nei meandri della biologia.
E sottolinea: «I vaccini fanno produrre la spike per spronare una risposta immunitaria al nostro organismo. La spike offre molte incognite che non possono essere escluse a priori ma andrebbero indagate».
LA RICERCA BOICOTTATA DI CLASSEN
«Gli attuali vaccini SARS-CoV-2 basati sull’RNA sono stati approvati negli Stati Uniti utilizzando un ordine di emergenza senza test di sicurezza a lungo termine estesi. In questo documento è stato valutato il potenziale vaccino Pfizer COVID-19 nell’indurre malattie a base di prioni nei destinatari del vaccino. La sequenza di RNA del vaccino e l’interazione con il bersaglio della proteina spike sono state analizzate per il potenziale di conversione delle proteine leganti l’RNA intracellulare TAR DNA binding protein (TDP-43) e Fused in Sarcoma (FUS) nelle loro conformazioni patologiche del prione» scrive l’immunologo J Bart Classen nell’Abstract della sua ricerca intitolata “COVID-19 RNA Based Vaccines and the Risk of Prion Disease” inviata il 27 dicembre 2020 ma accettata e pubblicata dalla rivista specializzata Microbiology & Infectious Diseases l’8 febbraio (ricerca Fonte 2).
«I risultati indicano che l’RNA del vaccino ha sequenze specifiche che possono indurre TDP-43 e FUS a ripiegarsi nelle loro conferme patologiche di prioni. Nella presente analisi sono state identificate un totale di sedici ripetizioni in tandem UG (ΨGΨG) e sono state identificate sequenze ricche di UG (ΨG) aggiuntive» tralasciamo qualche passaggio ultra-tecnico e andiamo al dunque.
«Inoltre, la proteina spike, creata dalla traduzione dell’RNA del vaccino, si lega all’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2), un enzima contenente zinco. Questa interazione ha il potenziale per aumentare lo zinco intracellulare. È stato dimostrato che gli ioni di zinco causano la trasformazione di TDP-43 nella sua configurazione patologica di prioni. È noto che il ripiegamento di TDP-43 e FUS nelle loro conferme patologiche di prioni causa SLA, degenerazione lobare temporale anteriore, morbo di Alzheimer e altre malattie degenerative neurologiche. La scoperta allegata e ulteriori potenziali rischi portano l’autore a ritenere che l’approvazione normativa dei vaccini a base di RNA per SARS-CoV-2 fosse prematura e che il vaccino possa causare molto più danni che benefici».
Il suo studio non è spuntato come un fungo boschivo dopo due giorni di pioggia. Ma si regge su 19 citazioni di letteratura scientifica tra cui quella di Young, pubblicata sopra, e quella di George Tetz dell’Human Microbiology Institute di New York condotta insieme a Victor Tetz dei Tetz Laboratories dal titolo “SARS-CoV-2 prion-like domains in spike proteins enable higher affinity to ACE2” e pubblicata su Preprint già il 29 marzo 2020 che ha l’unico neo di non essere stata sottoposta a revisione (ricerca Fonte 3).
«Rispetto ad altri virus, è stata osservata una notevole differenza nella distribuzione dei domini simili a prioni nella proteina spike, poiché SARS-CoV-2 era l’unico coronavirus con un dominio simile a un prione trovato nel dominio di legame del recettore della regione S1 della proteina spike» scrivono i Tetz.
«La presenza e la distribuzione unica di domini simili a prioni nei domini di legame del recettore SARS-CoV-2 della proteina spike è particolarmente interessante, poiché sebbene le proteine SARS-CoV-2 e SARS-CoV S condividano lo stesso recettore della cellula ospite, l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2), SARS-CoV-2 dimostra un’affinità da 10 a 20 volte superiore per ACE2. Infine, abbiamo identificato domini simili a prioni nell’elica α1 del recettore ACE2 che interagiscono con il dominio di legame del recettore virale di SARS-CoV-2. Presi insieme, i risultati attuali indicano che i PrD identificati nel dominio di legame del recettore SARS-CoV-2 (RBD) e nella regione ACE2 che interagiscono con RBD hanno ruoli funzionali importanti nell’adesione e nell’ingresso virale» scrissero i ricercatori di New York.
LO STUDIO DELL’ACCADEMIA DELLE SCIENZE CINESE
«Finora, sono state proposte diverse vie attraverso le quali COVID-19 colpisce il sistema nervoso centrale, come l’infezione diretta di SARS-CoV-2 sulle cellule neuronali, vasti agenti infiammatori indotti da una grave infiammazione sistemica che inonda il cervello, associate a insufficienza respiratoria ischemia, trombosi e ictus, ecc. (Verkhratsky et al., 2020). Lo stress psicologico è frequente nei pazienti COVID-19, nel personale medico e nella popolazione generale (Fiest et al., 2021; Osimo et al., 2021; Saita et al., 2021)».
Scrivono nell’Abstract dello studio “Impact of COVID-19 Pandemic on Patients With Neurodegenerative Diseases” pubblicato l’8 aprile 2021 su PubMed dai cinesi Chao Hu, Cao Chen e and Xiao-Ping Dong che operano nei più important istituti della Repubblica Popolare: 1State Key Laboratory for Infectious Disease Prevention and Control, NHC Key Laboratory of Medical Virology and Viral Diseases, Collaborative Innovation Center for Diagnosis and Treatment of Infectious Diseases (Zhejiang University), National Institute for Viral Disease Control and Prevention, Chinese Center for Disease Control and Prevention, Beijing; Center for Biosafety Mega-Science, Chinese Academy of Sciences, Wuhan; Center for Global Public Health, Chinese Center for Disease Control and Prevention, Beijing, e China Academy of Chinese Medical Sciences, Beijing (ricerca Fonte 4).
«Sebbene le dimensioni e i dati degli studi attuali sugli impatti di COVID-19 sulle malattie neurodegenerative siano ancora limitati, sono già stati proposti diversi potenziali impatti» tra questi si elencano «i pazienti con alcune malattie neurodegenerative, come l’AD (Alzheimer – ndr), hanno già rivelato un tasso di mortalità significativamente più alto e più suscettibili a SARS-CoV-2» e quelli con «la sclerosi laterale amiotrofica, che potrebbero avere impatti ancora più significativi in futuro» evidenziano gli scienziati tra cui si distingue Xiao-Ping Dong, membro dell’Accademia delle Scienze Mediche Cinesi e condirettore del Centro Cinese per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CCDC)..
«In terzo luogo, la tempesta immunitaria e la risposta infiammatoria indotta dall’infezione da SARS-CoV-2 sembrano essere in grado di aumentare il rischio di avere casi di COVID-19 più gravi nei pazienti con malattie neurodegenerative, come la malattia da prioni. (…) Pertanto, gli effetti esatti di COVID-19 sulle malattie neurodegenerative necessitano di ulteriori osservazioni e indagini a lungo termine per proporre interventi appropriati» conclude la ricerca cinese.
LE SOSPETTE CORRELAZIONI TRA NEURO-INFIAMMAZIONI E VACCINI
«Tra le ipotesi eziologiche delle patologie neurodegenerative vi sono le alterazioni vascolari e l’infiammazione. Plurimi studi evidenziano sintomi neurologici nei pazienti con Covid (80%) deponendo per un coinvolgimento della spike, circolante nei vasi sanguigni dei pazienti affetti da SARS-cov-2. Le cellule dei vasi sanguigni (cellule endoteliali) contengono i recettori ACE-2, a cui la spike si attacca per entrare ad infettare la cellula (il famoso meccanismo chiave-serratura) con danno diretto delle cellule endoteliali e dei vasi sanguigni» prosegue il consulente medico di Gospa News in perfetta sintonia con la ricerca cinese.
«Nel cervello le cellule dei vasi formano una “rete a maglie strette”, la barriera emato-encefalica, che impedisce il passaggio di sostanze (funzione protettiva e selettiva senza eguali nel resto del corpo). Anche le cellule endoteliali della barriera emato-encefalica contengono i recettori ACE-2. Esperimenti in laboratorio hanno dimostrato che la proteina spike del coronavirus si lega alle cellule della barriera e può comprometterne la tenuta. Quindi sembra possibile la neuro-invasione da parte di SARS-CoV-2 o da parte di detriti virali, che potrebbero causare neuro-infiammazione».
Ma non è tutto: «Molti danneggiati da vaccino riferiscono gli stessi sintomi neurologici del Covid (cefalea, capogiri, problemi alla vista, nevralgie, acufeni, senso di confusione, insonnia/sonnolenza, profonda astenia)» conclude il nostro esperto.
Tale circostanza è stata evidenziata anche dalla dottoressa Valeria Venezia, consulente statistico del Comitato ASCOLTAMI, la neonata organizzazione italiana che raggruppa già 670 danneggiati dai vaccini.
Ecco quindi il sospetto, ovviamente non la certezza trattandosi di scoperte recentissime, che ci sia una forte correlazione tra patogenicità dei domini simil prionici della spike, le malattie neurodegenerative del Covid-19 e i sieri genici ( base di mRNA e che innescano la reazione della stessa spike.
“COVID-19: SPIKE-TOSSINA INOCULATA COI VACCINI”. L’allarme di un Immunologo Canadese
Non dimentichiamo che questa proteina S del Sars-Cov-2, in cui sono stati innestati 4 aminoacidi modificati con sequenze di HIV secondo i biologi indiani, Montagnier e l’accademico di ingegneria biologica e genetica molecolare Pierre Bricage (ex consulente NATO), è stata ritenuta “altamente tossica e pericolosa” dal professore canadese Byram Bridle, immunologo e virologo dell’Università di Guelph (Ontario) ma anche “dalle reazioni sconosciute e incontrollabili” nella già citata ricerca della professoressa Alana F Ogata del Dipartimento di Patologia del Brigham and Women’s Hospital di Boston.
LA NEURODEGENERAZIONE DEL CERVELLO DA PRIONI E TDP-43
«La post-infezione da COVID-19 include una miriade di sintomi neurologici inclusa la neurodegenerazione. L’aggregazione proteica nel cervello può essere considerata come una delle ragioni importanti alla base della neurodegenerazione. Il dominio di legame del recettore della proteina SARS-CoV-2 Spike S1 (SARS-CoV-2 S1 RBD) si lega alle proteine di legame dell’eparina e dell’eparina. Inoltre, il legame dell’eparina accelera l’aggregazione delle proteine amiloidi patologiche presenti nel cervello».
Questa inquietante riflessione giunge anche dall’India, dagli scienziati Danish Idreesa e Vijay Kumarb, rispettivamente della Facoltà di Scienze della Salute della Shree Guru Gobind Singh Tricentenary University di Gurugram (Haryana) e Amity Institute of Neuropsychology & Neurosciences dell’Amity University di Noida. Le frasi sopracitate provengono dall’Abstract dello studio “SARS-CoV-2 spike protein interactions with amyloidogenic proteins: Potential clues to neurodegeneration” pubblicato su PubMed il 24 marzo 2021 e revisionato il 21 maggio (ricerca Fonte 5).
«In questo documento, abbiamo dimostrato che il SARS-CoV-2 S1 RBD si lega a un certo numero di proteine leganti l’eparina inclini all’aggregazione tra cui Aβ, α-sinucleina, tau, prione e TDP-43 RRM. Queste interazioni suggeriscono che il sito di legame dell’eparina sulla proteina S1 potrebbe aiutare il legame delle proteine amiloidi alla superficie virale e quindi potrebbe avviare l’aggregazione di queste proteine e, infine, portare alla neurodegenerazione nel cervello. I risultati ci aiuteranno a prevenire gli esiti futuri della neurodegenerazione prendendo di mira questo processo di legame e aggregazione».
Non è sicuramente un caso che gli scienziati indiani puntino il microscopio elettronico sulla TAR DNA binding protein TDP-43 indicata dall’immunologo americano Classen quale proteina legante che può essere indotta dall’RNA messaggero dei sieri genici a mutare in prione patologico addirittura a livello cerebrale.
Si tratta di reazioni tutte da approfondire e verificare ulteriormente ma certamente non da smentire a priori come ha fatto la potentissima agenzia internazionale Reuters forse per non turbare i sonni miliardari proprio del presidente della Fondazione Thomson Reuters, James C. Smith, ex CEO e direttore della compagnia mediatica, ma ora consigliere di amministrazione di Pfizer…
Alla luce di questi molteplici riferimenti qualsiasi lettore intelligente può capire perché sarebbe stato banale riportare le superficiali considerazioni di questi fact-checker di maintream sulla correlazione prioni-vaccini.
Meglio, come sul sospetto del virus SARS-Cov-2 creato in laboratorio, credere all’esperto e temerario Montagnier bistrattato per i suoi 89anni dagli stessi pennivendoli che osannavano la sapienza scientifica di Rita Levi Montalcini anche da centenaria.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES
GOSPA NEWS – WUHAN.GATES REPORTAGE
GOSPA NEWS – INCHIESTE CORONA VIRUS
CORDIS – I PRIONI E LA MALATTIA “MUCCA PAZZA”
REUTERS – FACT CHECK ON CLASSEN’S RESEARCH
DETOX – MONTAGNIER IN LUSSEMBURGO
IL GIORNO – MONTAGNIER A MILANO
THE DEFENDER BY RFK – Immunologist: Pfizer, Moderna Vaccines Could Cause Long-Term Chronic Illness
AIFA – RAPPORTO FARMACOVIGILANZA DICEMBRE 2021
3 PREPRINTS – TETZ – SARS-CoV-2 Prion-Like Domains in Spike Proteins Enable Higher Affinity to ACE2
4 PUBMED – HU, CHEN & DONG – Impact of COVID-19 Pandemic on Patients With Neurodegenerative Diseases
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