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GOLPE NATO IN UCRAINA: LA GENESI – 1. Strage di Cecchini in piazza Maidan a Kiev 2014 come quella con Regia CIA a Caracas 2002

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Nelle immagini di copertina la strage di piazza Maidan a Kiev nel 2014 e cecchini sui tetti a Caracas nel 2002

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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Sopraffatti dall’affastellarsi degli eventi di guerra in Ucraina, dove la guerra civile potrebbe tornare indietro di 8 anni a causa di una strategia NATO-UE ben descritta nel piano del think-tank di Washington CEPA pubblicato in anteprima da Gospa News il 5 novembre 2021, ci siamo curati dell’attualità non trovando il tempo per commemorare l’anniversario della strage di piazza Maidan (20 febbraio 2014), contesto incandescente ideale per consentire alla narrativa False-flag del Nuovo Ordine Mondiale atlantista di esacerbare animi e tensioni a Kiev e nel Donbass.

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Mentre la Russia sta per riconoscere ufficialmente le due Repubbliche Separatiste di Donetsk e Lugansk, da ieri gruppi di giovani ucraini stanno manifestando nella piazza del massacro, probabilmente ben retribuiti dal plutarca George Soros, regista per suo stesso vanto delle Rivoluzioni Colorate attuate con il contributo degli attivisti del Pugno Chiuso di Otpor (Resistenza in Serbo) poi confluiti, dopo la caduta di Slobodan Milosevic a Belgrado, nel più diplomatico Centre for Applied Nonviolent Action and Strategies (CANVAS).

Entrambe queste formazioni apparentemente vocate alla democrazia sono state messe in correlazione con la Central Intelligence Agency, il potentissimo controspionaggio americano di Langley (Virginia) con licenza di uccidere impunemente grazie ai suoi reparti speciali del National Clandestine Service.

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Senza queste premesse è arduo capire “la genesi” del Golpe in Ucraina e della strage perpetrata da misteriosi cecchini. Ne abbiamo parlato in vari reportage ma oggi vogliamo riavvolgere il filo del racconto per dipanarlo in due puntate concentrandoci nella prima sul truculento assassinio massivo e nella seconda sui retroscena geopolitici che prepararono il terreno. Nel farlo evidenzieremo anche le analogie con un simile massacro di gente compiuto nel 2002 a Caracas all’ombra proprio della CIA nel tentativo di un altro regime-change “made in US”.

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IL CONTESTO DI PIAZZA EUROMAIDAN

Per non dilungarci rammentiamo brevemente che le proteste del novembre 2013 a Kiev furono innescate da un reporter islamico di origini afghane nato nella povera Kabul ma divenuto prima studente nella capitale ucraina, poi giornalista televisivo ed infine, dopo il golpe che portò alla cacciata del presidente filorusso Victor Janukovych,  vice direttore generale dell’industria bellica nazionale dal 2019 come svelato in esclusiva da Gospa News.

La sua appare una storia camaleontica degna di Ethan Hunt, il leggendario personaggio reso famoso da Tom Cruise nella saga cinematografica sull’attività dell’immaginaria Impossible Mission Force (IMF) della CIA. La TV di questo reporter fu finanziata da Soros e da varie ambasciate ucraine dei paesi NATO, ma vi invitiamo a leggere questa vicenda dopo questo reportage.

Il pretesto per le proteste fu la sospensione da parte del governo dell’accordo di associazione con l’Unione Europea che costituiva una Zona di libero scambio globale e approfondito ma in realtà si trattò semplicemente dell’ottima scusa per innescare la miccia di una bomba sociale preparata da anni dall’Occidente (ma questo lo vedremo nella prossima puntata).

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Per ora ci basti ricordare che le proteste pro-europeiste nella piazza Maidan Nezalezhnosti (campo dell’indipendenza in Ucraino) ribattezzata Euromaidan, furono le manifestazioni più imponenti avvenute in Ucraina dopo la rivoluzione arancione del 2004, in cui Janukovyč costretto a dimettersi da primo ministro per le accuse di irregolarità nel voto. Potremmo fare una lampante analogia con le proteste dei fans del presidente americano Donald Trump per le accuse di macroscopici brogli elettorali nelle presidenziali vinte dal suo sfidante Democratico Joseph Biden, ma loro sono stati uccisi a Capitol Hill e poi etichettati come terroristi…

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Per una curiosa coincidenza fu proprio Biden, allora vicepresidente di Obama, a supportare la riforma delle forze armate e di polizia di Kiev dopo il golpe del 2014 mentre suo figlio Hunt Biden incassava laute consulenze in qualità di amministratore della società energetica Burisma, titolare di licenze di estrazione nella zona del Donbass russofono, diventato teatro della guerra civile riaccesa da qualche giorno dopo il finto attacco ad un asilo.

Confrontando gli eventi del 2013 rispetto a quelli del 2004 in Ucraina, “un punto geopolitico chiave in Europa orientale” per la Russia e l’Unione Europea, il quotidiano, The Moscow Times, ha osservato che il governo di Janukovyč si trovava in una posizione significativamente più forte dopo la sua elezione nel 2010.

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Il Financial Times ha scritto che le proteste del 2013 furono “in gran parte spontanee, innescate dai social media e hanno colto impreparata l’opposizione politica ucraina” rispetto a quelle precedenti ben organizzate. L’hashtag #euromaidan (in ucraino #євромайдан, in russo #евромайдан), fu creato subito alle prime manifestazioni ed è stato molto utile come strumento di comunicazione per i manifestanti. L’hashtag di protesta è rimbalzato anche sulla rete VKontakte, un social network molto diffuso nei paesi dell’est. 

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LA STRAGE DEI MISTERIOSI CECCHINI 

Prima di addentrarci nei dettagli “investigativi” sulla strage dei misteriosi cecchini riportiamo una ricostruzione abbastanza oggettiva proposta da Wikipedia.Il 20 febbraio 2014, a Kiev vi furono degli scontri che causarono morti e feriti e alla cattura di alcuni agenti[27]. La conta finale dei morti fu 70 tra i manifestanti e 17 tra le forze di polizia. Ancora ignota e soggetta ad investigazioni fu l’identità di cecchini (snipers) che quel giorno spararono sulla folla.[28]

«In una conversazione tra il Ministro degli Wsteri Estone Urmas Paet e Catherine Ashton, il ministro avanzò il sospetto che i cecchini fossero stati ingaggiati dalla stessa opposizione per scatenare le violenze avendo avuto notizia dal medico Ol’ha Bohomolec’ che “tutte le prove dimostrarono come siano stati gli stessi cecchini ad uccidere sia la gente che stava protestando nelle strade, sia i poliziotti che cercavano di contenere la protesta.”. La stessa Ol’ha Bohomolec’ , candidata alla presidenza nelle elezioni del maggio 2014. ha poi preso le distanze dalle osservazioni di Paet, insistendo sul fatto che non avrebbe detto ciò che venne riportato, chiedendo che il nuovo governo indagasse sugli incidenti» scrive Wikipedia che poi riporta le differenti versioni. 

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Il nuovo governo ha accusato il presidente Viktor Janukovyč di aver ordinato alla polizia di aprire il fuoco il 18-20 febbraio 2014, dichiarando che agenti russi avevano giocato un ruolo nelle uccisioni; anche secondo Valentyn Nalyvajčenko, il nuovo capo della SBU (Servizio di Sicurezza Ucraino) vi sarebbe il coinvolgimento dei servizi di sicurezza russi e Janukovyč avrebbe ordinato a 108 membri della SBU di riprendere un edificio occupato dai manifestanti a Kiev il 18 febbraio 2014.

Il nuovo ministro dell’Interno, Arsen Avakov, affermò che 12 membri della forza speciale di polizia Berkut (disciolta dal nuovo governo) furono identificati come sospettati dell’uccisione di 17 persone su via Institut’ska. Basandosi sulla somiglianza delle ferite da arma da fuoco riscontrate sulle vittime, il ministro della Salute ad interim Oleh Musij ha invece affermato che i manifestanti e i poliziotti sarebbero stati colpiti dalle stesse armi come parte di un complotto da parte di ex sostenitori del presidente Viktor Janukovyč per volgere la popolazione contro lo stesso presidente chiamando in causa fantomatiche “forze speciali russe”.[28]

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Il deposto presidente Viktor Janukovyč ha risolutamente negato di aver mai ordinato alla polizia di aprire il fuoco sui manifestanti accusando l’opposizione di aver dato inizio alle sparatorie, dichiarando che “Nessun potere vale una goccia di sangue” e che “Molte volte i miei sostenitori mi hanno sollecitato ad agire in maniera più risoluta contro Maidan, ma non l’ho mai fatto. Avremmo dovuto disarmare gli elementi estremisti, gli stessi che ora sono un rompicapo per i nuovi leader”. Il ministro degli Esteri russo Lavrov ha dichiarato che la Russia aveva informazioni riguardo al fatto che i gruppi di estrema destra ucraini avrebbero coordinato gli attacchi dei cecchini a Kiev.[28]

Video e fotografie degli scontri mostrano ovviamente che le forze di sicurezza ucraine erano armate con fucili d’assalto ed almeno un fucile di precisione, ma che anche i manifestanti erano armati di fucili, anche se alcuni di questi potrebbero essere stati armi ad aria compressa.[28]

LO SCOOP DEL GIORNALISTA ITALIANO

Da giornalista investigativo ma impegnato in altri ambiti editoriali ho seguito giorno per giorno l’evolversi del golpe in Ucraina: dalla richiesta del presidente al Parlamento di votare una amnistia per tutti i manifestanti e l’abrogazione delle leggi antiprotesta, in cambio della fine alle violenze di piazza, fino al bagno di sangue dopo il quale Janukovic e i capi dell’opposizione arrivano ad un accordo che prevede elezioni anticipate e Governo di Unità Nazionale nonché ritorno alla Costituzione del 2004, con sensibile limitazione poteri presidenziali. Sebbene firmato da entrambe le parti non sarà mai attuato perché la rivolta non avrà termine fino alla sua fuga in Russia il 22 febbraio.

Ma chi sparò davvero sulla folla? La risposta più credibile fu riportata da Gospa News in una delle prime inchieste geopolitiche di questo sito d’informazione giornalistica cristiana: “Donbass, strage per il gas”, pubblicata il 2 settembre 2018.

A fare luce sul massacro ci ha pensato un grande reporter di conflitti bellici, Gian Micalessin, che nella rubrica Occhi della Guerra de Il Giornale il 16 novembre 2017 ha fatto un clamoroso scoop sulla rivoluzione di Kiev. Seguendo le sue fonti è andato fino in Macedonia per intervistare quei cecchini, protetti ormai dalla loro nazione e dall’oblio gettato sulla strage dal governo di Petro Oleksijovyč Porošenko, il presidente filoeuropeista che ha preso le redini dell’Ucraina dopo Yanukovyc.

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«“La cosa più inquietante – spiega Paet – è che tutte le evidenze dimostrano che le persone uccise dai cecchini – sia tra i poliziotti, sia tra la gente in strada – sono state uccise dagli stessi cecchini…”. Davanti alla perplessità di una Ashton visibilmente imbarazzata il ministro cita la testimonianza della dottoressa ucraina. “Lei parla come medico dice che si tratta della stessa firma, dello stesso tipo di proiettili. È veramente inquietante che ora la nuova coalizione – ribadisce Paet – si rifiuti di indagare su cosa è realmente successo. C’è una convinzione molto forte che dietro i cecchini ci siano…. Che non ci sia Yanukovich, ma qualcuno della nuova coalizione…”» ha scritto Micalessin nel suo articolo prima di giungere al cuore della notizia: le ammissioni dei cecchini.

«A quattro anni dall’inizio nel novembre 2013 delle manifestazioni di Maidan noi siamo in grado di descrivere un’altra verità, completamente diversa da quella ufficiale. La nostra storia inizia verso la fine dell’estate 2017 a Skopye la capitale della Macedonia. Lì dopo lunghi e complessi preliminari riusciamo ad incontrare Koba Nergadze e Kvarateskelia Zalogy due georgiani protagonisti e testimoni di quella tragica sparatoria e del successivo massacro – scrive il reporter – Sia Nergadze sia Zalogy sono legati all’ex presidente georgiano Mikhail Saakashvili, protagonista nell’agosto 2008 di una breve, ma sanguinosa guerra con la Russia di Vladimir Putin. Nergadze, come dimostra un tesserino identificativo rimasto in suo possesso, è stato membro di un servizio di sicurezza agli ordini del presidente. Zalogy è un ex attivista del partito di Saakashvili».

«“Ho deciso di venire a Skopije per raccontarvi tutto quello che sappiamo su quel che è successo… io e il mio amico l’abbiamo deciso assieme, bisogna far luce su quei fatti” – ripete Nergadze. Lo stesso dirà qualche mese più tardi Alexander Revazishvilli, un ex tiratore scelto dell’esercito georgiano protagonista della sparatoria di Maidan, incontrato in un altro Paese dell’Est Europa. Tutti e tre i nostri protagonisti raccontano di esser stati reclutati alla fine del 2013 da Mamuka Mamulashvili, un consigliere militare di Saakashvili che dopo i fatti di Maidan si sposterà nel Donbass per guidare la cosiddetta Legione Georgiana negli scontri con gli insorti filo russi» riportò Occhi della Guerra su Il Giornali.

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«“Il primo incontro è stato con Mamulashvili all’ufficio del Movimento Nazionale – racconta Zalogy a Micalessin – la rivolta Ucraina nel 2013 era simile alla “Rivoluzione rosa” avvenuta in Georgia anni prima. Dovevamo indirizzarla e guidarla applicando lo stesso schema utilizzato per la “Rivoluzione Rosa”. La versione di Alexander non è diversa. “Mamuka per prima cosa mi chiese se ero stato veramente un tiratore scelto – ricorda Alexander – subito dopo mi disse che aveva bisogno di me a Kiev per scegliere alcune postazioni”. I nostri protagonisti, aggregati a vari gruppi di volontari tra il novembre 2013 e il gennaio 2014, ricevono dei passaporti con nomi falsi e un anticipo in denaro. “Siamo partiti il 15 gennaio e sull’aereo – ricorda Zalogy – ho ricevuto il mio passaporto e un altro con la mia foto, ma con nome e cognomi differenti. Poi ci hanno dato mille dollari a testa promettendo di darcene altri cinquemila più in là”».

Tecniche di guerriglia urbana ben organizzata che ricordano molte operazioni della CIA, la cui ombra era già comparsa dietro la sparatoria di misteriosi cecchini sulla folla a Caracas nel 2002.

IL TENTATO GOLPE IN VENEZUELA

Vediamo ora le analogie con quanto accaduto in Venezuela dove, da anni, stanno cercando di realizzare una rivoluzione i medesimi attori che l’hanno fatta in Georgia ed Ucraina e cercato di farla in Siria: Soros, CIA (sovente con il supporto finanziario dell’agenzia vìgovernativa USAID) ed il braccio operativo CANVAS che sul suo sito ufficiale si è fatto vanto di aver intrapreso le rivoluzioni democratiche “non violente” attuate in realtà a Caracas con le “guarimba”, barricate incendiarie che prendono il nome da un innocuo gioco simile al nascondino molto noto nella repubblica bolivariana, e ad Hong Kong con le molotov.

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Hugo Chavez, di umilissime origini e morto nel 2013 dopo essere stato presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela dal 1999, fu cultore dell’ideologia bolivariana, che inizialmente si sviluppò all’interno delle Forze Armate, dando vita già dal 1983 al Movimiento Bolivariano MBR-200, costituito per la maggior parte dai cadetti della “Promozione Simón Bolívar” che uscì dalle scuole militari nel 1975.

Questo suo personale modello politico votato all’integrazione dell’America Latina e all’anti-imperialismo, ponendosi inoltre come uno strenuo critico della globalizzazione neoliberista e della politica estera statunitense. La sua particolare filosofia politica è stata denominata chavismo, caratterizzata dalla commistione di bolivarismo, teologia della liberazione, marxismo d’ispirazione guevarista e castrista, che, può essere descritto come il primo ed unico esempio di Socialismo Cristiano nella storia.

Hugo Chavez nella divisa militare prima di diventare presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela e comandante in capo delle Forze Armate

Chavex diventò famoso nel 1989 quando scoppiò una protesta popolare contro il caro-vita, detta caracazo. Il governo incaricò anche i militari per il mantenimento dell’ordine pubblico; l’esercito ebbe anche l’ordine di sparare sulla folla, e massacrò migliaia di oppositori. Ma l’allora tenente colonnello e alcuni suoi colleghi bolivariani furono tra i pochi ufficiali che si rifiutarono categoricamente di eseguire quegli ordini, ma non furono congedati o sanzionati per questo. Questo lo accreditò come un “amico del popolo” agli occhi di molti venezuelani.[16]

Promosso al grado di colonnello nel 1991, l’anno seguente, il 4 febbraio 1992, fu protagonista di un colpo di Stato da parte delle forze militari che tentò di rovesciare il legittimo presidente Carlos Andrés Pérez, che i bolivaristi ritenevano corrotto e filo-statunitense. Fu incarcerato ma poi liberato nel 1994 per un’amnistia. Il 6 dicembre 1998 con il partito Movimento Quinta Repubblica vinse le elezioni presidenziali per la prima volta e fu poi riconfermato nel 2000, 2006 e 2012.

In Venezuela nel 2001 la Confederación de Trabajadores de Venezuela (CTV), Confederazione dei lavoratori, retta da numerosi anni da Carlos Ortega Carvajal, in base alla nuova costituzione entrò a far parte delle istituzioni la cui dirigenza era sottoposta a elezioni. Ci furono contestazioni sui voti validi e il comitato elettorale non poté decretare la vittoria, che fu però reclamata da Ortega dichiarandosi vincitore. Nel dicembre del 2001 gli industriali cercarono di pilotare uno sciopero generale della CTV chiudendo le fabbriche e impedendo ai lavoratori di entrare, ma assicurando loro i salari, promessa che non fu mantenuta. Lo sciopero non ebbe successo.

I COSPIRATORI CONTRO ASSAD

Nel febbraio del 2002 Chávez sostituì i dirigenti della PDVSA, la compagnia petrolifera nazionale, con persone affini al suo progetto politico, il che provocò la protesta interna di gruppi di impiegati e dirigenti che vedevano nella decisione di Chávez la violazione dei principi di meritocrazia. Il governo considerava inconciliabili le differenze ideologiche tra il proprio progetto di gestione dell’azienda e quello della dirigenza della PDVSA: il primo mirava a una riforma profonda del funzionamento dell’impresa che incrementasse l’utilizzo delle plusvalenze petrolifere in piani sociali, mentre il secondo voleva che PDVSA utilizzasse i profitti petroliferi per finanziare l’espansione dell’attività aziendale.

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La televisione di Stato rese pubblica la registrazione di una telefonata tra Ortega e l’ex presidente Carlos Andrés Pérez, profugo dalla giustizia rifugiatosi negli Stati Uniti, nella quale Perez diceva a Ortega di organizzare uno sciopero generale e di portarlo alle estreme conseguenze, di prendere contatto con Pedro Carmona Estanga, attuale presidente di Fedecamara e di concordare le azioni con lui.

Il 7 aprile, il presidente Chávez annunciò il licenziamento degli alti dirigenti e le proteste degli oppositori si intensificarono. Il 9 aprile la CTV e la Confindustria, con l’appoggio della Chiesa cattolica, delle televisioni e dei partiti politici di opposizione, annunciarono uno sciopero generale di ventiquattro ore in sostegno dei dirigenti della PDVSA. L’11 aprile fu organizzato un corteo di centomila persone che avrebbe dovuto dirigersi verso la sede della PDVSA, ma che un’arringa di Ortega deviò verso il palazzo di Miraflores, sede della Presidenza per cacciare «quel traditore di Chávez», dando alla marcia, fino a quel momento pacifica, ben altro scopo. La marcia, alle 12,30 dell’11 aprile 2002, riprese con in testa i sindaci scortati dalle loro polizie armate e motorizzate, ma senza che da quel momento si avesse più traccia di Ortega e dei suoi colleghi, scomparsi nel nulla.

IL MASSACRO DEI CECCHINI STRANIERI A CARACAS

«Già dalla notte attorno a Miraflores erano radunati migliaia di sostenitori di Chávez, in sentore di ciò che poteva accadere. Il corteo non arrivò a contatto con i simpatizzanti di Chávez perché dei cecchini appostati nei palazzi circostanti cominciarono a sparare dapprima sui sostenitori di Chávez, poi sulle prime file del corteo. La gente segnalò alcuni cecchini sul terrazzo di un palazzo nei pressi di Miraflores, la Guardia Nazionale entrò nel palazzo e arrestò cinque persone armate di fucili di precisione, con documenti falsi, qualcuno di origine colombiana. Imprigionati, furono successivamente liberati dagli insorti e di essi si persero le tracce. La polizia metropolitana cominciò a sparare sulla gente che si trovava sul famoso ponte Laguno e che prese a scappare tentando di mettersi al riparo nei palazzi circostanti» riferisce Wikipedia.

Le televisioni private solidali ai golpisti sostennero l’idea di scontro provocati dai sostenitori di Chávez (e questa versione, in un primo tempo, fu ripresa anche dai media internazionali), ma le innumerevoli riprese effettuate nella zona dimostrarono che gli scontri a fuoco non erano tra i componenti delle due marce, ma era la polizia metropolitana a sparare contro i sostenitori di Chávez.

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A quella insurrezione violenta, simile a quelle organizzate contro l’attuale presidente Nicolas Maduro prima da Leopoldo Lopez e poi da Juan Guaidò, entrambi studenti negli USA e presunti agenti della CIA, sovrapposta allo sciopero, seguì l’intervento dei golpisti dell’esercito che alle 11,30 avevano già eseguito una registrazione di prova del loro pronunciamento in cui disconoscevano l’autorità del presidente mandata in onda alle 12 dopo le prime reali uccisioni (come testimoniato dal giornalista Otto Neustald della CNN).

I militari si erano riuniti in Fuerte Tiuna, presidio militare di Caracas, assieme a Carmona Estanga, a una schiera di sostenitori e a una nutrita rappresentanza di militari americani. Da lì minacciarono Chávez, ancora a Miraflores, intimandogli di arrendersi, pena il bombardamento del palazzo come avvenne con Juan Domingo Perón e Salvador Allende, anch’essi minacciati da forze filo-statunitensi. Ma a differenza del golpe cileno del 1973, la forte reazione popolare e delle milizie bolivariane causerà il fallimento della sollevazione, ma determinante fu anche la fedeltà di buona parte dell’esercito.

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Dopo l’inutile tentativo di attuare il Plan Avila, un piano di emergenza attuato anche per la visita di papa Giovanni Paolo II che, grazie alla presenza di mezzi blindati attorno al palazzo, avrebbe permesso la difesa delle istituzioni ma fallì per il tradimento del generale Rosendo, Chavez, per evitare la guerra civile, decise di consegnarsi ai golpisti a Fuerte Tiunada dove fu poi trasferito all’isola La Orcila, sede di una base logistica della Marina Militare. Il 12 aprile fu data la notizia del ritiro di Chávez e subito dopo Carmona Estanga si autoproclamò presidente del Venezuela.

Ma il 12 aprile a Caracas cominciarono seri disordini con saccheggi di negozi. Nei giorni 12 e 13 la polizia uccise più di 200 persone, gli ospedali accolsero centinaia di feriti. In tre giorni più di sei milioni di persone (un quarto degli allora 25milioni di abitanti) scesero in strada in molte località a difendere Chávez e il suo governo.

Nella notte del 13 aprile il vescovo di Caracas, Antonio Ignacio Velasco García, fu inviato all’isola La Orchila con un jet privato per convincere Chávez a firmare la rinuncia e partire con lo stesso aereo verso un’ignota destinazione, forse Cuba. Ma durante l’incontro arrivarono tre elicotteri che riportarono il presidente eletto a Miraflores.

LE OMBRE DELLA CIA DIETRO AL GOLPE FALLITO

«Ho pubblicato centinaia di documenti che dimostrano l’intricato piano di finanziamento che il governo degli Stati Uniti sta portando avanti in Venezuela dal 2001, che include il finanziamento di oltre venti milioni di dollari ai settori dell’opposizione. Il finanziamento del National Endowment for Democracy (NED), un’entità quasi governativa negli Stati Uniti finanziata interamente dal Congresso e istituita dalla legislazione del Congresso nel 1983, ha fornito più di tre milioni di dollari dalla fine del 2001 a gruppi di opposizione, molti dei quali erano protagonisti del colpo di stato dell’aprile 2002. E nel giugno 2002, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), ha istituito un Office of Transition Initiatives (OTI) presso l’Ambasciata degli Stati Uniti a Caracas, presumibilmente con lo scopo di aiutare il Venezuela a risolvere la sua crisi politica».

E’ quanto ha scritto Eva Golinger su Venezuela Analysis il 22 novembre 2004. Gli enti cui fa riferimento sono gli stessi che hanno sponsorizzato la nascita di Open Caucasus Media dove un fantomatico reporter nel dicembre 2021 ha difeso le formazioni jhadiste che dal 2014 combattono nel Donbass ucraino accanto agli ultranazionalisti di destra del Battaglione Azov nonostante sospette connessioni con l’ISIS. Non va dimenticato che lo Stato Islamico fu fondato dal califfo Abu Bakr Al Baghdadi che sia gli Iracheni che i Siriani ritengono essere stato un agente della CIA e del Mossad israeliano. 

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«L’OTI di Caracas ha contato su più di quindici milioni di dollari di finanziamenti dal Congresso dal giugno 2002 e ha recentemente richiesto altri cinque milioni per il 2005, nonostante il fatto che avrebbe dovuto essere uno sforzo di soli due anni. Tutte le prove ottenute fino ad oggi mostrano che l’OTI ha finanziato principalmente gruppi e progetti di opposizione in Venezuela, in particolare quelli incentrati sul referendum di revoca del 15 agosto 2004 contro il presidente Chávez» si legge ancora nell’articolo.

«Ho scritto altri articoli che spiegano il modello di intervento applicato attraverso NED e USAID in Venezuela. Questo metodo di intervento è molto sofisticato e complesso, in quanto penetra in modo molto sottile nella società civile e nelle organizzazioni sociali ed è spesso impercettibile o scarsamente giustificato dal concetto di “promozione della democrazia”, ​​che è ciò che la NED afferma di fare intorno al mondo, nonostante le prove contrarie. Il solo fatto in Venezuela che la NED abbia finanziato esclusivamente i gruppi anti-Chávez e le stesse organizzazioni coinvolte nel colpo di stato dell’aprile 2002 mostra che la “democrazia” è lontana dalle intenzioni della NED» aggiunse Golinger che poi cita un carteggio top secret pubblicato su un sito online che ormai da qualche anno è sparito.

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«Ma l’intervento della CIA in Venezuela è del tipo più grezzo e semplice. Documenti top secret recentemente ottenuti e pubblicati su www.venezuelafoia.info mostrano che nelle settimane precedenti al colpo di stato dell’aprile 2002 contro il presidente Chávez, la CIA era a conoscenza degli eventi che si sarebbero verificati e, di fatto, aveva persino i piani dettagliati in loro possesso» si legge ancora su Venezuela Analysis.

«Un riassunto dell’intelligence top secret del 6 aprile 2002 intitolato “Venezuela: condizioni che maturano per un tentativo di colpo di stato”, afferma: “Le fazioni militari dissidenti, inclusi alcuni alti ufficiali scontenti e un gruppo di sottufficiali radicali, stanno intensificando gli sforzi per organizzare un colpo di stato contro il presidente Chávez, possibile già da questo mese, [CENSURATA]. Il livello di dettaglio nei piani segnalati – [CENSURATO] prende di mira Chávez e altri 10 alti ufficiali per l’arresto…” Il documento afferma inoltre: “Per provocare un’azione militare, i cospiratori potrebbero cercare di sfruttare i disordini derivanti dalle manifestazioni dell’opposizione previste per la fine di questo mese …”».

L’articolo pubblicato anche dal New York Times sul complotto della CIA a Caracas

Elucubrazioni visionarie di una giornalista magari vicina al governo venezuelano? Assolutamente no!.

«La Central Intelligence Agency era a conoscenza del fatto che ufficiali militari dissidenti e figure dell’opposizione in Venezuela stavano pianificando un colpo di stato contro il presidente Hugo Chávez nel 2002, come mostrano i documenti dell’intelligence appena declassificati. Ma subito dopo il rovesciamento, l’amministrazione Bush ha accusato Chávez, un populista di sinistra, della propria caduta e ha negato di essere a conoscenza delle minacce» scrisse anche Juan Forero da Bogotà per il New York Times il 3 dicembre 2004.

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«I documenti non mostrano che gli Stati Uniti abbiano appoggiato il colpo di stato, come ha accusato il signor Chávez. Invece, i documenti mostrano che i funzionari americani hanno emesso “ripetuti avvertimenti che gli Stati Uniti non sosterranno alcuna mossa extracostituzionale per estromettere Chávez”» specifica il NYT.

GOLPE NATO IN UCRAINA: LA GENESI – 2. Obama, Soros, 007 MI6 & Kyiv Security Forum

Non ci resta che aspettare quando forse qualche presidente americano desecreterà i documenti della CIA, sull’azione dei cecchini colombiani a Caracas o su quella dei georgiani a Kiev, come avvenuto per il piano di guerra civile in Siria progettato dall’intelligence americana fin dal 1983, come dimostra il documento esclusivo pubblicato due anni fa da Gospa News. 

Tre scenari identici in cui con la scusa dell’esportazione della democrazia occidentale si dà la caccia al gas del Donbass come al petrolio del Venezuela e della Siria, dove USA e Turchia continuano a rubare greggio crudo con l’aiuto dei jihadisti.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES

GOSPA NEWS – DOSSIER JIHADISTI

GOSPA NEWS – DOSSIER LOBBY ARMI

GOSPA NEWS – REPORTAGES ZONE DI GUERRA

GOSPA NEWS – DOSSIER UCRAINA

GOSPA NEWS – DOSSIER VENEZUELA

NEW YORK TIMES – Documents Show C.I.A. Knew Of a Coup Plot in Venezuela

VENEZUELA ANALYSIS – The CIA Was Involved In the Coup Against Venezuela’s Chavez

https://www.gospanews.net/2019/08/24/siria-terroristi-usati-dagli-usa-per-contrabbando-di-petrolio/

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