Nell’immagine di copertina attivisti di alcuni partiti ucraini di estrema destra marciano nel centro di Kiev il 3 aprile 2018 (Foto di SERGEI SUPINSKY/AFP/Getty Images) e San Francesco in un particolare del celebre ritratto attribuito a Cimabue (1290)
«Non abbiamo paura, siamo molto determinati, tutti, combatteremo fino alla fine, siamo molto arrabbiati. I russi ci chiedono di trovare un accordo, ma i nostri politici dicono che devono andare via e ripagare per tutti gli orfani, vedove, poi la pace. Combatteremo fino alla fine per liberare l’Ucraina dai russi. Non abbiamo paura, i bambini si, i nostri uomini, i nostri parrocchiani, stanno comprando le armi e si stanno preparando, la nostra città è già preparata per l’invasione».
Queste parole non giungono da un partigiano comunista come quelli che durante la Liberazione del 1945 stuprarono donne e bambine anche se non erano di famiglie fasciste.
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Queste parole sono di gravità inaudita perché giungono da un sacerdote che dovrebbe essere cristiano nell’anima e le ha pronunciate mentre sta andando dai parrocchiani a portare il Santissimo Sacramento.
Padre Mikola Orach, OFM, parroco della chiesa di Sant’Antonio da Padova a Leopoli, ha appena raccontato all’Agenzia Fides quanto stanno vivendo.
Ma l’organo d’informazione delle Opere Missionarie Pontificie si è ben guardato dall’attuare quella censura che il Vaticano ha adoperato nei confronti dei preti No Vax durante l’emergenza della pandemia e la scellerata campagna d’immunizzazione con sieri genici sperimentali assai inefficaci, al punto da rendere necessaria la quarta dose, ma altamente pericolosi per le reazioni avverse anche letali immediate e per le conseguenze sconosciute negli anni a venire.
«Il nostro Presidente sta chiedendo all’occidente di chiudere il cielo ucraino. Non so cosa significa bene ma noi siamo disperati, entrano gli aerei russi, bombardano le nostra città, hanno attaccato la centrale nucleare di Zaporizhzhia, rischiamo una nuova Cernobyl» dichiara il sacerdote dell Opera Francesca Missionaria trangugiando le menzogne sparate ai quattro venti dai media di mainstream e dai politici del Nuovo Ordine Mondiale di matrice massonica che nel 1870 assaltò lo Stato Pontificio ottenendo la scomunica da Leone XIII.
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«I russi dicono che ci stanno liberando dai fascisti e dai nazisti ma non è vero, loro combattono contro tutto il popolo ucraino – dice padre Mikola da Leopoli – La guerra è iniziata da pochi giorni, qui funziona tutto normalmente, i negozi sono aperti, i mezzi pubblici ci sono. La situazione è calma, ma ci stiamo preparando per l’attacco, i nostri uomini stanno prendendo le armi. Abbiamo allarmi aerei anche noi, ma al momento la guerra non è arrivata».
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Dalle parole del missionario francescano emerge una palese contraddizioni sullo stato di guerra a Leopoli. Ma l’odio è già entratonel suo cuore rendendolo pronto ad ubriacarsi di sete di vendetta. E’ già pronto a scordarsi della guerra civile del Donbass che ha mietuto 10mila morti negli ultimi 8 anni e ancor più dei devastanti crimini di guerra compiuti dalla NATO in Bosnia, Iraq, Libia, Afghanistan e Siria per sete di petrolio e potere ma sepolti sotto l’oscuramento di mendaci guerre sante contro i tiranni.
Proprio quelle che San Francesco d’Assisi cercò di fermare sfidando addirittura il sultano islamico che diede filo da torcere agli invasori crociati.
Solo la Prima Crociata fu infatti condotta per liberare Gerusalemme dai Turchi Selgiuchidi che uccidevano i Cristiani impalandoli, le altre furono mosse dai primi germi maligni dell’avidità colonialista divenuta legge in Africa e nel Sud America per la tratta degli schiavi utile ai massoni anglo-americani che quatro secoli dopo, nel 2014, hanno finanziato il cruento golpe di piazza Maidan per sostituire il presidente filo-russo legittimamente eletto con i pupazzi del plutarca George Soros.
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E’ per difendere la cultura atlantista, pagana e malefica di Soros e del Nuovo Ordine Mondiale da lui propugnato che quel sacerdote francescano ucraino legittima i parrocchiani mentre si armano invece che invitarli a combattere con la testimonianza della verità evangelica come fece in Polonia Karol Wojtyla, prima di diventare San Giovanni Paolo II, durante l’occupazione Nazista tedesca e quella successiva Comunista russa?
A memoria di questo e degli altri cristiani che dovrebbero rammentare che il Vangelo viene prima della dottrina della Chiesa sul diritto alla guerra, riportiamo un illuminante trattato sulla pace pubblicato proprio dal sito San Francesco.
Redazione Gospa News
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MAIN SOURCES
GOSPA NEWS – WUHAN.GATES REPORTAGE
GOSPA NEWS – GUERRA IN UCRAINA
FIDES – “IN UCRAINA SIAMO DISPERATI MA NON ABBIAMO PAURA”
La pace, un modo di stare nel Mondo
“Beati i pacifici, poiché saranno chiamati Figli di Dio. sono veri pacifici quelli che di tutte le cose che sopportano in questo mondo, per amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo”
La pace, per Francesco, dono dell’Altissimo, dello stesso Cristo morto e risorto, non è semplicemente una virtù, bensì uno stile di vita, un modo di stare nel mondo e di vivere nella Chiesa.
I pacifici sono tutti coloro che si fanno strumento di riconciliazione, di perdono, di comunione, assumendo su se stessi i conflitti, le tensioni e i tormenti di chi non riesce a conservare la pace nell’anima e nel corpo. I pacifici sono coloro che soffrono per il Vangelo e sentono tutto il peso del male nel mondo. Tuttavia, essi diventano strumento di pace perché in loro abita l’amore del Signore che è morto e risorto per tutti.
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Il Poverello non offre della pace una visione poetica o idilliaca: conosceva, infatti, la violenza e la brutalità delle guerre, come altresì la bruttura delle crociate e le lotte intestine tra villaggi, signori e contrade. La vocazione alla pace passa per la nostra resistenza al male, per la capacità di sopportare tutto per amore di Cristo. Non è rassegnazione quella che Francesco invoca, bensì benevolenza verso il prossimo e slancio d’amore infinito nelle prove della vita. La pace – dell’anima e del corpo, di tutta la persona – ha sempre una radice teologica: è un dono interiore del Signore. Così, di fronte alle avversità della vita, occorre attingere alla forza dello Spirito Santo, alla grazia di Dio. Si diventa pacifici assumendo lo stile di vita di Cristo.
La penultima strofa del Cantico fa appello proprio a questi sentimenti: “Laudato si, mi Signore, per quelli che perdonano / per lo tuo amore / e sostengono infirmitate e tribolazione. / Beati quelli che ‘l sosterrannoin pace, / ca da te, Altissimo, sirano incoronati” (Cant 263).
Questa penultima strofa del Cantico fu composta da san Francesco per spronare il vescovo di Assisi e il podestà a fare la pace non trovando un accordo, bensì chiedendo loro di ritrovare le energie spirituali interiori che permettono di superare le sofferenze, di perdonare, di dominare la collera, di evitare il turbamento, in breve, di restare nella pace. Il dono escatologico della pace Francesco lo concretizza nella sua storia, nel suo modo di agire, fino a diventare una sorta di insegnamento morale e di vita pratica.
Lo stesso saluto di Francesco – “il Signore vi dia la pace” (1Cel 23: 359) –, prima di essere un annuncio da portare al mondo, deve diventare un atteggiamento interiore, un modo di pensare, di essere, di stare in fraternità. Solo così si può diventare strumento di pace e di riconciliazione e fare del dono della pace la via di comunicazione del Vangelo. Francesco non fu un paciere, un diplomatico, uno capace di fare accordi, bensì un uomo riconciliato che sapeva diventare strumento del perdono di Dio.
Articolo sulla Pace pubblicato in origine sul sito San Francesco. I links agli articoli di Gospa News sono stati aggiunti a posteriori