Nell’immagine di copertina un’inquietante immagine del fiume Po nel Piacentino e il governatore Alberto Cirio nel suo recente incontro con il premier Mario Draghi a Torino
di Carlo Domenico Cristofori
Chi crede che l’uomo non abbia nulla a che fare con il Cielo e la sua benigna pioggia rinnega 7mila anni di cultura giudaico-cristiana. Ecco perché il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, sedicente fervente cattolico, dovrebbe domandarsi se da quando ha assunto il governo del territorio alpino si è fatto ispirare nelle sue scelte politiche dallo Spirito Santo di Dio o dalle sirene del Scientismo massonico ormai imperante.
Il Fatto che la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco di Alba sia stata presentata presso la Microsoft House di Milano e non nella storica sede della Regione Piemonte in piazza Castello nel capoluogo piemontese ci induce a temere che i tentacoli del Nuovo Ordine Mondiale di Bill Gates si siano avvinghiati anche sul pregiato fungo ipogeo.
Esso, però, per proliferare ha bisogno proprio di umidità e non della siccità che sta attanagliando il Piemonte e, di deriva per la scarsità eccezionale del fiume Po, anche dell’Italia Settentrionale con uno stato di emergenza da calamità naturale ormai invocato da varie regioni.
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Ciò s’innesta nell’ambito di un’emergenza ancor più incombente: quella delle risorse energetiche causata dalla volontà della Commissione Europea di rispondere all’operazione militare della Russia in Ucraina non costringendo il presidente Volodymyr Zelensky a sedersi senza tregua ai tavoli dei negoziati di pace per stabilizzare l’annosa questione de Donbass filorusso, ma assecondando la strategia della NATO di alzare il livello del confronto bellico.
Per la prima volta nella sua storia, infatti, l’Unione Europea di Bruxelles non ha inviato solo beni di prima necessità a un paese coinvolto in un conflitto militare ma anche armi, passando il segno della decenza e della sobrietà politica e suscitando l’inevitabile reazione di Mosca che sta stringendo i rubinetti del gas, in risposta alle opprimenti e in parte suicida sanzioni UE, prima a conta che i paesi europei possano stoccare il gas in esubero per l’inverno.
Siccità drammatica d’estate, rischio gelo d’inverno e, dulcis in fundo, un già annunciato piano di rilancio della campagna vaccinale antiCovid in un momento in cui la letalità delle varianti Omicron è sempre più bassa tanto da porre gravi interrogativi sulla salute mentale di quegli italiani che girano con la mascherina da soli in auto o a piedi per strada con 35 gradi centigradi.
Per poter utilizzare i circa 4,2miliardi di dosi di vaccini acquistati dalla Commissione Europea di Ursula von der Leyen per i cittadini europei, equivalenti a quasi 10 dosi a testa senza calcolare i tanti che non accettano di divenire “cavie umane” nei test farmacologici sui sieri genici sperimentali e pericolosi, sarà inevitabile imporre nuovi lockdown basati sui soliti tamponi PCR incapaci di distinguere con certezza un’influenza dal SARS-Cov-2 e accentuati dai dati sui ricoveri derivanti da una cronica carenza di posti letto del Sistema Sanitario Nazionale.
Ecco quindi la tempesta perfetta per creare un’economia di fame e razionamenti, già annunciati con spudoratezza prima dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che nel ruolo di ambasciatore del Nuovo Ordine Mondiale ha sottomesso il benessere dell’Italia e dell’Europa alla volontà dell’Alleanza Atlantica di sfidare la Russia, e poi del premier Mario Draghi che ha parlato esplicitamente di “economia di guerra”.
In questo ambito disastroso i razionamenti sono già arrivati in Piemonte, in Lombardia e in altre regioni per l’emergenza idrica che unitamente a quella del caro carburante, contro cui il governo ha fatto finta di intervenire non sospendendo i costi “estorsioni” di accise e iva, e alla futura emergenza del gas in inverno, se l’UE proseguirà ostinatamente il suicida braccio di ferro perdente contro la Russia.
A ciò potrebbero aggiungersi ulteriori probabili restrizioni della libertà per l’emergenza Covid con altre gravi conseguenze per il tessuto economico-produttivo italiano, può determinare una folle spirale inarrestabile dell’inflazione con la tragica conseguenza di portare alla vera fame i già poveri e ridurre in povertà le classi del ceto medio.
Mentre ciò si profila all’orizzonte politici come il governatore Cirio vanno a braccetto con Gates sul tartufo, dopo averne assecondato i desiderata sul piano di immunizzazione mondiale garantito dalle Big Pharma in cui il tycoon di Microsoft ha investito da anni finanziando persino gli esperimenti del Wuhan Institute of Virology dove è iniziata la costruzione in laboratorio del SARS-Cov-2, ormai ritenuto un virus artificiale anche dal virologo Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco.
Sull’origine del virus la Commissione Europea non vuole fare chiarezza per non dover ammettere che è stata lei per prima, durante la presidenza di Romano Prodi, a finanziare le pericolose costruzioni di agenti patogeni chimerici potenziati di carica virale attraverso il SARS del 2003 infettato con HIV: la presenza del virus dell’AIDS fu scoperta dal compianto biologo Luc Montagnier nel SARS-Cov-2.
In tale contesto di scelte antitetiche ad ogni reale crescita umana, sociale ed economica l’emergenza siccità appare come l’inevitabile conseguenza di un’assenza di benedizione celeste che Gospa News aveva predetto in tempi non sospetti alcuni mesi orsono.
ALLARMANE SICCITA’ IN PIEMONTE: 250 COMUNI A RISCHIO
Le brevi piogge del 22 giugno 2022 non hanno purtroppo portato sollievo ad una situazione che continua a crescere nella sua criticità, colpendo in particolare la Pianura Padana.
«Ad oggi sono oltre 250 i Comuni piemontesi che hanno emesso o stanno per emanare ordinanze relative all’emergenza idrica e per un uso responsabile dell’acqua: 83 nelle province di Novara e VCO, 9 in quelle di Biella e Vercelli, 93 in provincia di Torino, 9 nel Cuneese e 58 in provincia di Alessandria, mentre non risultano al momento ordinanze sul territorio astigiano» è il comunicato diffuso dalla Regione Piemonte ieri.
Dalla ricognizione effettuata dalla Regione i concessioni dei bacini idroelettrici hanno dato la propria disponibilità a rilasciare per l’agricoltura circa 2,5 milioni di metri cubi d’acqua al giorno, come quota massima che consente di non intaccare i contratti delle forniture di energia in essere, avendo loro stessi al momento solo il 50% in media delle normali riserve.
Nel pomeriggio intanto si è svolto a Roma l’incontro tra la Conferenza delle Regioni e il Capo Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio per affrontare il tema dell’emergenza idrica dopo la richiesta dello stato di emergenza per siccità, avanzata dal Piemonte per prima in Italia e seguita da tutte le regioni del Nord.
Dall’incontro con il Capo Dipartimento – commentano il Presidente della Regione e gli assessori regionali alla Difesa del Suolo, all’Ambiente e all’Agricoltura – è stato riconosciuto che il Piemonte, che versa in condizioni difficili soprattutto dal punto di vista idropotabile, ha tutti i requisiti per poter ottenere lo stato di emergenza. La richiesta è ben composta e darà la possibilità di mettere in campo anche alcune misure derogatorie fondamentali, dal momento che lo status di emergenza da solo non può essere risolutivo.
La necessità più immediata è la possibilità per la Regione di decidere come utilizzare i bacini idrici, il Lago Maggiore e il Lago di Garda. Bacini che sono dei concessionari, ma che la dichiarazione dello Stato di Emergenza e una figura commissariale che ragiona in termini nazionali possono sbloccare per dare acqua alle nostre coltivazioni e agli allevamenti.
Fermo restando che la priorità va all’uso idropotabile per l’uso umano, spiegano infatti il Presidente e gli Assessori, è altrettanto vero che è importante considerare che certi territori, specie a cavallo tra Piemonte e Lombardia, hanno una particolare specificità agricola e colturale e la gestione delle risorse in maniera oculata per 10-15 giorni può consentire di mitigare il danno e consentire almeno il primo raccolto. Il caso della coltura del riso è, in questo senso, emblematico, dal momento che è idrodipendente e rappresenta la quasi totalità della produzione nazionale.
Il percorso dello stato di emergenza deve, perciò, essere affiancato da quello relativo alla richiesta dello stato di calamità per l’agricoltura e dovrà contenere le misure di ristoro per le spese sostenute dai Comuni e per quegli interventi in grado di mitigare il fenomeno, fino ai danni dovuti all’uso di autobotti, ma anche per gli interventi infrastrutturali da realizzare rapidamente e che hanno un’efficacia quasi immediata.
IL COMPARTO IDROELETTRICO A SOSTEGNO DELL’AGRICOLTURA
Dichiarare lo stato d’emergenza, chiedere l’aiuto della protezione civile e siglare un’intesa con i produttori di energia idroelettrica per un forte rallentamento dell’uso dell’acqua, se non uno stop, a favore dell’uso umano e agricolo.
«Prosegue, nel Nord Italia, la grande sete, con il cambiamento climatico che sta presentando il conto. A muoversi sono le Regioni che hanno incontrato i rappresentanti del Governo e vedranno il capo della protezione civile Fabrizio Curcio per decidere come muoversi» ha scritto il Sole 24 Ore nel primo giorno di questa torrida estate.
I fronti sui quali concentrare l’attenzione sono molti: il più urgente riguarda l’irrigazione, con molte colture che stanno arrivando a maturazione e che hanno bisogno di una grande quantità di acqua. L’autorità di bacino del Po ha già deciso un taglio del 20% dei prelievi ma la misura, se non arriveranno alla svelta delle piogge consistenti, potrebbe non essere sufficiente. In Lombardia il rappresentante di Enel, Giovanni Rocchi, ha lanciato l’allarme: «L’acqua per il comparto agricolo è agli sgoccioli, tutta la disponibilità è stata impiegata per coprire la necessità nei prossimi 10 giorni».
Timori ci sono anche per la disponibilità dell’acqua potabile, uno scenario che, se non cambieranno le cose potrebbe presentarsi in molte zone e al quale bisognerà arrivare preparati. La questione è un problema a macchia di leopardo, che dipende anche dalla salute delle reti e dai sistemi di approvvigionamento. Al momento i problemi principali sono in Piemonte, nella Bergamasca, nell’Appennino parmense e anche nella zona del Delta del Po, dove si aggiunge il problema dell’acqua salata che risale il fiume a causa della sua debolissima portata.
RIDUZIONE IDROELETTRICA E CRISI DEL GAS
“Accanto a misure per immediate per garantire l’approvvigionamento alimentare della popolazione, appare evidente l’urgenza di avviare un grande piano nazionale per gli invasi che Coldiretti propone da tempo” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che nella lettera inviata al presidente del Consiglio Mario Draghi.
In essa chiede “che, a fronte di una crisi idrica la cui severità si appresta a superare quanto mai registrato dagli inizi del secolo scorso, venga dichiarato al più presto lo stato di emergenza nei territori interessati con l’intervento del sistema della Protezione civile per coordinare tutti i soggetti coinvolti, Regioni interessate, Autorità di bacino e Consorzi di bonifica, e cooperare per una gestione unitaria del bilancio idrico”.
“A preoccupare – precisa la Coldiretti – è la riduzione delle rese di produzione delle coltivazioni in campo come girasole, mais, grano e degli altri cereali ma anche quella dei foraggi per l’alimentazione degli animali e di ortaggi e frutta che hanno bisogno di acqua per crescere. Una situazione pesante in un momento difficile a causa della guerra in Ucraina e dei forti rincari nel carrello della spesa. Ad essere colpito dalla siccità è l’intero territorio nazionale ma particolarmente grave è la situazione nella Pianura Padana dove per la mancanza di acqua – precisa la Coldiretti – è minacciata oltre il 30% della produzione agricola nazionale e la metà dell’allevamento che danno origine alla food valley italiana conosciuta in tutto il mondo”.
Ma proprio l’allarme per la guerra sul gas conseguente alle sanzioni dell’Unione Europea alla Russia rischia di tradursi in un ulteriore complicazione nella gestione delle risorse energetiche, nel rincaro e nel futuro razionamento delle stesse.
E’ infatti pacifico che se gli invasi idroelettrici sono costretti a ridurre la portata per far fronte alle necessità di acqua per uso domestico e agricolo ciò si tradurrà in nuovi problemi sull’energia elettrica.
L’idroelettrico è di gran lunga il più produttivo tra i comparti rinnovabili del nostro Paese e le centrali idroelettriche producono il 41% dell’energia elettrica complessiva. Si parla in totale di circa 46 TWh annui, pari al 16,5% dell’elettricità prodotta nel nostro territorio nazionale.
Ecco il classico caso di un cane destinato a mordersi la coda fino al suo sfinimento. Finché l’Italia e l’UE non comprenderanno che la crisi Ucraina, innescata per mire geopolitiche dalla NATO, non è sopportabile unitamente alle situazioni climatiche ed economiche che stanno aggravando le conseguenze di una disastrosa gestione della pandemia.
Carlo Domenico Cristofori
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FONTI
IL SOLE 24 ORE – EMERGENZA SICCITA’
PADOVA NEWS – RICHIESTE COLDIRETTI