In copertina il libro Roberto Calasso. Un Enigma Insoluto con l’autore Danilo Fabbroni
di Redazione Gospa News
«Brillante, colta, erudita… L’opera di Calasso suscita ovunque ammirazione e nel plauso generale ha affascinato molti lettori. Espressione di un pensiero senza dubbio visionario, ma questo non basta: dove portano, in concreto, quelle pagine erudite?» così viene presentato dalla casa editrice Lemma Press il nuovo libro di Daniele Fabbroni “Un enigma insoluto”
Oggi più che mai dobbiamo chiederci qual è l’approdo, ovvero il télos, della pagina calassiana, in cui si esalta così spesso l’elemento più selvaggio del paganesimo, lo stupro, il sacrificio, la possessione: fu solo il gioco intellettuale di uno spirito libero e, perché no, profetico? L’intuizione di un’attualissima Cassandra?
O l’espressione di una corrente di pensiero ben precisa – la gnosi spuria, il nichilismo – volta a distrugger dall’interno le fondamenta stesse dell’Occidente? La domanda non è oziosa, né teorica soltanto: anche il cavallo di Troia era bellissimo a vedersi, ma portava nel suo grembo germi di dolore vero.
«La Cultura se gestita da menti raffinatissime alla lunga vince sempre contro ogni e qualsivoglia strumento meramente economico. Il Potere sempre alberga nelle più lussuose e lascive boisierie delle Biblioteche».
Vediamo cosa risponde l’autore Danilo Fabbroni in una breve intervista.
Danilo Fabbroni (n. 1956) è saggista, fotografo, velista. Autore di Rigging (2004), testo di arte marinaresca divenuto un vero e proprio caso letterario, dei saggi Sessantotto. magie, veleni ed incantesimi Spa (2017) e Huxley. Oltre la baia dell’umanità (2020), e del romanzo In debito d’ossigeno (2019). Collabora a diverse testate, fra cui il blog di Maurizio Blondet.
D.- Già dando un’occhiata fugace a questo libro, Roberto Calasso. Un mistero insoluto, uscito per i tipi della Lemma Press editrice (la quale ebbe una notorietà mediatica quando pubblicò Strage di Stato, una summa di quanto stava succedendo in piena epidemia batteriologica) ci si accorge che questo non è il solito libro né di celebrazione post-mortem (Calasso è deceduto l’estate dello scorso anno) né un classico, scontato, libro agiografico che si aggiunge alla massa oceanica dei plaudenti cultori delle edizioni Adelphi e/o di Calasso medesimo. Da dove nasce, da dove prende piede questo libro, che ci pare appunto fuori dal coro?
R.- Parafrasando Calasso stesso diremmo che questo saggio si origina dal “libro di tutti i libri” e cioè “Gli Adelphi della dissoluzione. Strategie culturali del potere iniziatico”, a firma di Maurizio Blondet (pubblicato a metà anni Novanta dalle edizioni Ares e riproposto oggidì dalle edizioni Effedieffe) ma ispirato dal grande eresiarca Gianni Collu. Questa ricerca seminale che ebbe un fragore mass-mediatico non indifferente è il nodo gordiano da cui siamo partiti. La differenza sostanziale con il testo di Blondet sta nel fatto che quest’ultimo si occupò a fondo della questione inerente la casa editrice Adelphi non senza suscitare vivacissime reazioni più o meno manifeste (Il Pendolo di Foucault di Umberto Eco fu una chiara risposta a quel sulfureo pamphlet) mentre noi ci siamo occupati della figura del deus ex-machina dell’Adelphi, Calasso appunto.
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D.- Quindi questo saggio è unico, è qualcosa di totalmente inedito nel suo perorare una linea critica rispetto alla figura così tanto celebrata universalmente di Roberto Calasso, tra l’altro da ambedue le sponde della cultura, tanto quella approssimativamente “progressista” quanto da quella, diciamo così, non proprio progressista?
R.- No, non è unico, lo ribadisco. Questa ricerca tenta di ricollegarsi ad un sottile ma presente fil rouge di dissenso rispetto, lo diciamo in maniera semplicistica e succinta, all’azione dell’Adelphi e del suo vate, Calasso, la quale ebbe importanti esponenti come – ad esempio – Delio Cantimori che si oppose alla celebrazione di Nietzsche (che invece fu l’atto fondativo della casa editrice Adelphi) oppure Cesare Cases per non menzionare le reazioni negative quando Adelphi pubblicò Dagli ebrei la salvezza, pamphlet che fu letto come antisemita. Per non dire dei vari scritti del compianto Pier Angelo Vassallo che fu il primo davvero a mettere nero su bianco una acutissima critica all’Adelphi, a partire dalla rivista “Renovatio” del cardinale genovese, Siri, sino a diverse opere pubblicate dall’editore D’Auria. Insomma, per farla breve, ci sono già stati spunti ed accenni di critica all’azione ammaliante – catalizzante – dell’Adelphi tutta ma da una parte sono stati sopiti dal rumore bianco, possente, del Pensiero Unico Dominante che non lascia scampo – non dando rilievo alcuno – alle voci dissidenti e dall’altra non c’è una voce critica incentrata solo su Calasso: questa ultima cosa è il perno su cui ruota questo testo.
D.- Ultima domanda: si parla di “catalizzante” come fosse l’Adelphi ed in particolare il suo dominus, Calasso, un magnete, una calamita: non stiamo forse esagerando ed ingigantendo il tutto in un’anamorfosi, in un insieme di specchi deformanti la vera questione che alfine è una casa editrice ammirata e rispettata in tutto il mondo culturale?
R.- Le rispondo invitandola a dar un’occhiata agli ammaliati alla lettera commenti che ogni libricino di marca Adelphi scatena nella schiera di commenti ad esempio su Amazon e similari siti di vendita di libri, mi dica Lei se non sono commenti ammaliati: del resto già Giordano Bruno un tempo e Leo Strauss, ben più vicino a noi, parlavano di “vincoli e legami” che si potevano instaurare con un uso di una scrittura sapiente: l’Adelphi non ha inventato proprio nulla né tanto meno Calasso: ha messo in pratica quegli insegnamenti, per così dire. Alla stessa stregua non parlerei di esagerazione o esacerbazione della questione Adelphi e del suo entourage, visto che tale assieme è stato oggetto di tributo ammirato in tutto il mondo culturale, dalle università più prestigiose sino ai singoli intellettuali, quindi il fenomeno Adelphi è davvero “cosa grossa”, di grande spessore.
D.- Chiudiamo ora davvero chiedendo se di fronte a tale tributo oceanico ha senso la sua posizione critica?
R.- Be’, non spetta certo a me appurarlo: saranno i pochi – sparuti immagino – lettori a dirlo. Dal canto mio dico solamente che dopo decenni e decenni di solfa di politicamente corretto, di relativismo strombazzato a 360 gradi, di apologia dell’accettazione di tutti i pareri di tutti e di ogni risma e colore, di inclusione di ogni spazzatura e feccia, ci deve essere per forza un risicato, limitato, angusto spazio anche per una critica al sancta santorum del nichilismo contemporaneo che è incarnato dall’Adelphi, altrimenti di che cosa parliamo a fare? Solamente per ingannare?
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