di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
Perché la parola grafene associata alla biomedicina e in particolare ai sieri genici antiCovid è tanto irritante in Italia?
Semplicissimo. Perché se tutti venissero a conoscenza degli studi su questa innovativa quanto sconosciuta e pericolosa sostanza sintetica derivata dal carbonio scoprirebbero tre cose intriganti solo in minima parte già svelate da Gospa News nelle sue precedenti inchieste. Eccole.
- l’Unione Europea è uno dei principali finanziatori delle ricerche sull’uso dell’ossido di grafene (GO in linguaggio scientifico) al mondo per volontà della Commissione Europea e perciò senza il consenso esplicito degli eurodeputati
- il miliardario progetto Horizon 2020, già prorogato, tra i suoi punti strategici ha inserito il progetto Graphene Flagship in cui hanno avuto e hanno grande spazio gli studi sull’uso del grafene nel campo biomedico per costruire nanoparticelle utili nelle terapie geniche contro i tumori e nei vaccini antiCovid con conseguenze ignote e potenzialmente molto dannose secondo gli stessi ricercatori,
- gli scienziati che hanno guidato le ricerche sull’uso del GO per sviluppare nuove biotecnologie farmacologiche sono in maggioranza italiani ed hanno collaborato con un’azienda leader nella genomica che è contractor di un’agenzia militare del Pentagono ma anche con con la Cina e pure col Qatar, in questo momento nell’occhio del ciclone per lo scandalo delle presunte mazzette arrivate all’ex vicepresidente del parlamento europeo Eva Kaili e all’ex eurodeputato Pier Antonio Panzeri. Non c’è comunque correlazione tra tale inchiesta e gli studi scientifici.
LO STUDIO FINANZIATO DAL PROGETTO UE G-IMMUNOMICS
La ricerca che abbiamo scoperto risale al 2020 ed è stata sviluppata nell’ambito di un maxi-progetto denominato Carbommap che rappresenta lo studio parallelo a quello sulla sperimentazione dell’ossido di grafene nei vaccini antiCovid, nonostante questo materiale 2D possa agire come un nano-rasoio e tagliare la membrana epiteliale delle cellule umane con conseguenze ancora sconosciute.
In pratica questi docuemti scientifici accreditano la fondatezza delle analisi da laboratorio condotte da medici indipendenti che hanno rinvenuto tracce di GO, in Spagna nelle fiale dei sieri genici a RNA messaggero (Comirnaty di Pfizer-Biontech) e in Italia nel sangue dei vaccinati, come in un rapporto dell’autorità sanitaria argentina sul vaccino Vaxzevria di AstraZeneca, realizzato con un vettore adenovirale di scimpanzé costruito proprio in Italia.
“Grafene, altri nanomateriali di carbonio e sistema immunitario: verso la nanoimmunità per progettazione (Graphene, other carbon nanomaterials and the immune system: toward nanoimmunity-by-design)” è l’inquietante titolo dal sapore transumanista della ricerca pubblicata il 13 luglio 2020 sul Journal of Physics: Materials Volume 3 Number 3 con citazione “Arianna Gazzi et al 2020”.
Citiamo subito alcune frasi allarmanti espunte dal Capitolo 6 per far comprendere subito l’aleatorietà invasiva di questo progetto biomedico sul corpo umano. Ecco quanto scritto nel paragrafo dal titolo “G-IMMUNOMICS e CARBO-IMmap: cosa abbiamo imparato”.
«G-IMMUNOMICS e CARBO-IMmap hanno ampliato l’orizzonte di conoscenza nel campo della compatibilità e modulazione immunitaria dei nanomateriali, come dimostrato dai documenti risultanti che rivelano come diversi tipi di GRM (materiali correlati al grafene – ndr) possono stimolare o sopprimere la risposta immunitaria in base alla loro dimensione, dimensione laterale, variazione di forma e chimica superficiale [9, 24, 26, 44, 86], lo stesso concetto può essere applicato a un’ampia varietà di altri nanomateriali. Inoltre, la comprensione delle interazioni biomolecolari tra GRM e cellule immunitarie umane è un prerequisito per il loro sfruttamento sicuro per applicazioni al di fuori della biomedicina. È essenziale valutare il rischio umano di GRM e CBM utilizzando modelli in vitro e in vivo con l’obiettivo di comprendere i meccanismi che sono alla base degli effetti biologici».
«Decifrare le interazioni dei nanomateriali ingegnerizzati con il sistema immunitario ha una notevole rilevanza tossicologica. L’infiammazione consiste in una complessa risposta biochimica, che richiede cellule e fattori solubili, che insorge nei tessuti come risposta diretta a stimoli avversi: patogeni, tossici o cellule morte. Questo processo normalmente porta a un danno temporaneo seguito dal recupero e dalla guarigione. Tuttavia, l’infiammazione può anche indurre danni tissutali cronici e persino causare una trasformazione neoplastica».
La “neoplasia” (che significa “nuova formazione”) è sinonimo di tumore, termine che indica una massa di tessuto che cresce in eccesso e in maniera scoordinata rispetto ai tessuti normali. In altre parole, le masse tumorali sono costituite dalla crescita anomala di cellule nel nostro organismo.
Anche uno studente di medicina al primo anno può comprendere la portata di queste affermazioni se correlate ai sieri genici antiCovid, alla presenza del grafene che il chimico spagnolo Pablo Campra e il biologo italiano Franco Giovannini avrebbero rilevato in due studi scientifici pubblicati, ed infine al boom di tumori che potrebbero derivare proprio dalle reazioni avverse ai vaccini quale conseguenza delle alterazioni al sistema immunitario umano, denunciate da autorevoli medici e scienziati di tutto il mondo ma evidenziate anche dallo studio di cui stiamo scrivendo.
Lo diciamo senza peli sulla lingua? Tra le molteplici finalità sperimentali dei sieri genici a RNA messaggero sviluppati con misteriose nanoparticelle lipidiche di cui la stessa Pfizer non conosce l’impatto tossicologico (come dichiara in un suo Safety Sheet su Comirnaty) ci potrebbe dunque essere anche quella di utilizzare i vaccinati come cavie umane per verificare l’impatto di queste nuove biotecnologie farmacologiche.
Il condizionale è obbligatorio perché al momento nessuna autorità sanitaria governativa ha acclarato l’inserimento dell’ossido di grafene nei vaccini antiCovid, protetti da segreti industriali e militari.
Lo ha fatto solo l’ente regolatore dei farmaci dell’Argentina smentendo però clamorosamente il documento in cui l’aveva confermato, come evidenziato da un giudice poi messo sotto inchiesta per le sue rivelazioni.
I RICERCATORI ITALIANI FINANZIATI DALLA COMMISSIONE EUROPEA
«I materiali a base di carbonio (CBM), come grafene, nanodiamanti, fibre di carbonio e punti di carbonio, hanno attirato molta attenzione scientifica grazie al loro potenziale come strumenti biomedici. Dopo l’esposizione, in particolare l’iniezione endovenosa, questi nanomateriali possono essere riconosciuti dalle cellule immunitarie. Tali interazioni potrebbero essere modulate dalle diverse proprietà fisico-chimiche dei materiali (ad esempio struttura, dimensioni e funzioni chimiche), stimolando o sopprimendo la risposta immunitaria. Tuttavia, manca un approccio armonizzato all’avanguardia per la classificazione di questi materiali basato non solo sui loro parametri fisico-chimici ma anche sulle loro proprietà immunitarie».
E’ quanto si legge nell’Abstract dello studio pubblicato da Arianna Gazzi (Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche, Università di Trieste), Laura Fusco (Fondazione Istituto di Ricerca Pediatrica, Città della Speranza, Padova), Marco Orecchioni (Divisione di Biologia dell’Infiammazione, La Jolla Institute for Immunology, La Jolla, CA, Stati Uniti d’America), Silvia Ferrari (Dipartimento di Chimica e Farmacia, Università di Sassari), Giulia Franzoni (Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna, Sassari) per citare solo i primi italiani della ricerca sottoscritta da 37 ricercatori in erba di 19 centri universitari europei, ma anche di USA, Cina e Qatar (tutti i nomi e relativi istituti in calce all’articolo).
Tra tutti spicca il nome della dottoressa Lucia Gemma Delogu. che oltre ad essere la coordinatrice UE dell progetto G-IMMUNOMICS e ricercatrice di Scienze Biomediche all’università di Padova e di Chimica e Farmacia in quella di Sassari, è stata anche la firmataria dello studio sulla sperimentazione del grafene nei vaccini contro la SARS-Cov-2, il virus, costruito in laboratorio come dimostrato dalle nostre 64 inchieste del ciclo WuhanGates, che provoca il Covid-19.
«I progetti G-IMMUNOMICS e CARBO-IMmap, finanziati dalla Commissione europea, miravano a colmare questa lacuna, sviluppando una pipeline funzionale per la caratterizzazione immunitaria qualitativa e quantitativa del grafene, dei materiali correlati al grafene (GRM) e di altri CBM. L’obiettivo è statoquello di aprire prospettive rivoluzionarie per la definizione dei profili immunitari di questi materiali. Qui riassumiamo il nostro approccio metodologico, i risultati chiave e le necessarie competenze multidisciplinari che spaziano in vari campi, dalla chimica dei materiali all’ingegneria, all’immunologia, alla tossicologia e alla biologia dei sistemi. G-IMMUNOMICS, in quanto progetto di partenariato della Graphene Flagship, la più grande iniziativa di ricerca scientifica sul grafene a livello mondiale, ha anche integrato gli studi condotti nella Flagship sull’impatto sulla salute e sull’ambiente dei GRM».
Come abbiamo evidenziato in precedenti inchieste, Graphene Flagship è un progetto finanziato dal piano miliardario Horizon 2020 avviato dalla Commissione Europea presieduta da Jean–Claude Juncker ma proseguito da quella di Ursula Von Der Leyen.
A suscitare particolare inquietudine è l’ultima frase del Sommario della ricerca in quanto esprime concetti transumanisti cari allo scientismo massonico che ambisce a riproporre l’eugenetica umana già sperimentata dai medici nazisti di Adolf Hitler:
«Infine, presentiamo il concetto di nanoimmunità per progettazione, sviluppato nell’ambito dei progetti, che può essere facilmente applicato ad altri materiali 2D. Nel complesso, i progetti G-IMMUNOMICS e CARBO-IMmap hanno fornito nuove informazioni sull’impatto immunitario di GRM e CBM, ponendo così le basi per il loro uso sicuro e la futura traduzione in medicina».
Si spiega nella didascalia della figura 1: «La progettazione di nanomateriali richiede un approfondito processo di caratterizzazione, basato non solo sulle proprietà fisico-chimiche dei materiali (parte superiore) ma anche sull’analisi delle loro proprietà immunologiche (parte centrale). Le diverse proprietà immunitarie possono portare ad un’attivazione o soppressione immunitaria, entrambe potenzialmente utili in un’ampia varietà di contesti biomedici (parte inferiore). Combinando le proprietà immunitarie con le proprietà fisico-chimiche del materiale, è possibile ottenere una clusterizzazione dei nanomateriali che serva da piattaforma per futuri modelli e approcci basati sulla biologia dei sistemi (parte destra)»
IL CUORE DELLO STUDIO SUL GRAFENE
La ricerca è così innovativa nel campo biotecnologico che possiamo analizzarla solo con un approccio superficiale ai fini di renderla minimamente comprensibile anche ai lettori meno esperti di nanomateriali e biochimica. Per necessità di sintesi siamo costretti a concentrarci solo sull’uso dell’ossido del grafene tralasciando le parti che riguardano i nano-diamanti.
Con questo articolo non ci proponiamo infatti di sviscerare l’analisi di un approfondito studio scientifico ma semplicemente di dimostrare che la censura dei media di mainstream sulla presenza del grafene nei vaccini si basa su una pervicace e proterva ignoranza: perché l’applicazione di questa biotecnologia viene studiata in laboratorio da anni e pertanto potrebbe essere stata impiegata nelle nanoparticelle lipidiche che veicolano l’RNA messaggero dei sieri genici antiCovid per stabilizzarle.
Va inoltre ricordato che i famosi Fact-checker contro le fake-net sono finanziati da un progetto della Commissione UE che sponsorizza gli studi sull’uso dell’ossido di grafene nella biomedicina neurocerebrale in una vocazione assolutamente transumanista della scienza…
Come abbiamo spiegato nell’inchiesta Grafene & Vaccini – 3 alcuni scienziati si sono sorpresi che le Big Pharma Pfizer e Moderna avessero finalmente ottenuto una stabilizzazione della tecnologia mRNA ricercata senza successo per anni ma “miracolosamente” trovata nel 2020, proprio dopo la pubblicazione degli studi della Commissione Europea sul grafene.
Non dimentichiamo che queste ricerche sono state successive al summit sull’immunizzazione globale organizzato a Bruxelles in tempi tremendamente sospetti, il 12 settembre 2019, poche settimane prima della scoperta del Covid-19, a cui parteciparono le ONG fondate da Bill Gates che per anni ha finanziato le case farmaceutiche nella ricerca di nuovi vaccini (e nuovi virus per testarli) con il supporto della Rockefeller Foundation.
Leggiamo le parti salienti dello studio “Arianna Gazzi et al 2020”:
«Per valutare se i GRM (materiali correlati al grafene – ndr) causano risposte immunitarie rilevanti per l’uomo, era essenziale valutare gli effetti ex vivo utilizzando cellule primarie umane. I donatori hanno dato il loro consenso esplicito e scritto alle attività di ricerca. È importante notare che un buffy coat (cappotto tampone) contiene i globuli bianchi ed è un prodotto di scarto dopo che i globuli rossi sono stati utilizzati per le trasfusioni di sangue. L’identità dei donatori di sangue è rimasta sconosciuta ai ricercatori. Il trattamento e la conservazione dei campioni biologici si sono svolti secondo le procedure internazionali approvate in materia. Le cellule mononucleate del sangue periferico (PBMC) sono state trattate con diversi GRM, infatti rappresentano il complesso mix di cellule immunitarie circolanti nel sangue, offrendo quindi un modello adatto vicino all’uomo in vivo».
I ricercatori spiegano poi l’importanza di questo approccio metodologico che non sarebbe stato esauriente se condotto sui classici topi da laboratorio:
«L’inclusione di modelli in vivo nel nostro studio è risultata vantaggiosa poiché non solo ha migliorato le conoscenze su qualsiasi potenziale interazione e possibile tossicità negli organismi viventi, ma ha anche contribuito a nuove informazioni scientifiche, consentendo la valutazione della biocompatibilità dei materiali funzionalizzati per la futura traduzione nelle applicazioni cliniche».
«Nonostante gli sforzi per sviluppare la scienza e la tecnologia per sostituire gli animali ove possibile, gli animali non possono ancora essere completamente sostituiti. Tuttavia, il progetto di ricerca e la descrizione delle procedure che coinvolgono l’uso di animali sono stati affrontati con attenzione e tutte le procedure sono state applicate tenendo presente le tre R di Russell e Burch: ridurre, perfezionare e sostituire».
Alla luce dei molteplici testi di letteratura scientifica che hanno definito i sieri genici antiCovid un gigantesco esperimento sulla popolazione umana e sull’interazione con il DNA possiamo quasi affermare che, per non maltrattare gli animali, le cavie del futuro diventeranno proprio gli esseri umani: a cui viene estrapolato un consenso informato, nonostante mille segreti scientifici, con la propaganda terroristica dei virus, come avvenuto per il Covid-19.
Vediamo in che modo è stato utilizzato l’ossido di grafene per costruire la nanonimmunità a progetto:
«In questo studio, la citometria di massa a cellula singola è stata utilizzata per sezionare gli effetti dell’ossido di grafene (GO) e GO funzionalizzato con gruppi amminici (GONH2) su 15 diverse popolazioni di cellule immunitarie, interrogando 30 marcatori a livello di singola cellula. La citometria di massa a cellula singola è stata integrata con l’analisi del trascrittoma dell’intero genoma, dimostrando che i gruppi amminici contribuiscono a ridurre le perturbazioni causate dalla GO sul metabolismo cellulare e ad aumentare la biocompatibilità. Inoltre, è stato dimostrato che GONH2 attiva specificamente cellule T, DC e monociti, che sono stati polarizzati per sostenere una risposta immunitaria M1/Th1 (figura 6 (b)). Questo studio pilota ha aperto la strada a una pipeline sperimentale innovativa, utilizzando la citometria di massa unicellulare per la valutazione e la caratterizzazione approfondita delle risposte immunitarie a qualsiasi tipo di nanomateriale sfruttabile per scopi biomedici».
LA GENOTOSSICITA’ DELL’OSSIDO DI GRAFENE
Nel paragrafo 6 dello studio cominciano ad affiorare le problematiche sull’uso dell’ossido di grafene:
«Per consentire la traduzione della nanotecnologia nella pratica clinica, i nanomateriali possono essere progettati per soddisfare gli obiettivi più fervidi della medicina moderna. Tuttavia, prima che i nuovi materiali vengano tradotti in clinica, la loro potenziale tossicità e genotossicità deve essere studiata a fondo, e questo era uno dei compiti all’interno del nostro progetto G-IMMUNOMICS. Si ritiene che il principale meccanismo responsabile della citotossicità del grafene sia rappresentato dalla produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), e le ROS, a loro volta, sono in grado di interagire con varie biomolecole, incluso il DNA, inducendo gravi danni (figura 9(d))».
E’ inquietante rammentare che la Pfizer, nella documentazione fornita alla Food and Drug Administration (FDA), l’ente regolatore americano dei farmaci, per ottenere l’autorizzazione all’uso d’emergenza del vaccino antiCovid Comirnaty, ha evidenziato analoghe conclusioni rimarcando una tossicologia non studiata a fondo della sua biotecnologia farmacologia basata su misteriose nanoparticelle a base lipidica.
Si legge invece nello studio “Arianna Gazzi et al 2020”:
«Nella recente revisione di Gurcan et al [99] diversi studi di genotossicità, eseguiti con GRM, sono stati sezionati con un focus specifico su diversi tipi e condizioni cellulari.I nanomateriali possono entrare nell’organismo seguendo diverse vie di esposizione, inclusa la possibile iniezione endovenosa durante le applicazioni biomediche, incontrando quindi le cellule immunitarie, che rappresentano la prima linea di difesa contro gli agenti esogeni. Pertanto, indipendentemente dallo scopo finale, una fase cruciale per le future applicazioni traslazionali dei nanomateriali è rappresentata dalla valutazione del loro impatto e biocompatibilità sul sistema immunitario [18, 22, 23, 40]. GRM e CBM non rappresentano un’unica entità, pertanto è necessario chiarire la relazione struttura-immuno-attività per questa classe eterogenea di materiali, ciascuno con caratteristiche specifiche».
Ma nella ricerca sponsorizzata dall’UE segue anche una frase che spiega il motivo per cui tutti gli scienziati coinvolti nella filiera dei sieri genici antiCovid si affannano a negare la presunta presenza dell’ossido di grafene:
«L’impatto dei nanomateriali, incluso il grafene, sulla salute umana, deve ancora essere completamente chiarito. Un aspetto chiave per garantire un uso sicuro dei nanomateriali nella nostra vita quotidiana e le loro applicazioni di successo in biomedicina è rappresentato dallo studio dell’interazione con le complesse entità delle cellule immunitarie del sangue. Due sono le principali vie di esposizione che possono portare al riconoscimento delle cellule immunitarie del sangue: inalazione (ad esempio nei luoghi di lavoro) e iniezione endovenosa (ad esempio per applicazioni biomediche). In entrambi i casi, è necessario lo studio delle interazioni immunitarie attraverso lo screening ad alto rendimento e un’ampia varietà di modelli (ad es. C. elegans, topi e suini) per catturare le proprietà biologiche emergenti del grafene e di altri materiali di carbonio».
Ricordiamo l’eloquente frase dello studio citata all’inizio dell’articolo: «Decifrare le interazioni dei nanomateriali ingegnerizzati con il sistema immunitario ha una notevole rilevanza tossicologica» e in particolare sulle infiammazioni.
E’ tremendo dover ricordare che proprio le nanoparticelle lipidiche dei sieri genici antiCovid hanno causato gravi infiammazioni con alterazione della risposta immunitaria in una ricerca condotta sui topi dal Thomas Jefferson Hospital di Boston e uno studio della FDA ha confermato la correlazione dei vaccini con coaguli di sangue, sovente anche letali, e patologie del sistema immunitario, che è risultato danneggiato (in altre indagini scientifiche) in molti vaccinati al punto da indurre un giudice del Tribunale di Firenze a inviare una sentenza in merito alla Procura della Repubblica di Roma.
Questo “paper” pubbblicato dal Journal of Physics è altresì inquietante: perché i ricercatori Lucia Gemma Delogu, Laura Fusco, Davide Bedognetti, Matteo Pasquali e Acelya Yilmazer avevano sviluppato anche una ricerca precedente (nel giugno 2020) sull’uso del grafene nella lotta contro il SARS-Cov-2, denominata “Toward Nanotechnology-Enabled Approaches against the COVID-19 Pandemic” ovvero “Verso approcci abilitati alla nanotecnologia contro la pandemia COVID-19”. Solo pochi mesi prima del via libera ai sieri genici di Pfizer e Moderna.
Tra gli altri scienziati di quest’altro studio molto sospetto spicca il nome della famosa zoologa Ilaria Capua che risulta correlata a uno dei finanziatori degli esperimenti chimerici sui virus ricombinanti SARS-HIV sviluppati dal famigerato Wuhan Institute of Virology.
Ancora una volta l’anello tra l’agente patogeno della pandemia e i vaccini antiCovid si chiude in modo perfetto quanto sconcertante. Ma questo sarà l’argomento dell’inchiesta WuhanGates n.65…
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES
GOSPA NEWS – WUHAN.GATES REPORTAGE
GOSPA NEWS – INCHIESTE CORONA VIRUS
The authors: Arianna Gazzi1,2,21,Laura Fusco1,2,3,21
, Marco Orecchioni4,5, Silvia Ferrari5,Giulia Franzoni6, J Stephen Yan7,Matthias Rieckher8, Guotao Peng9, Matteo Andrea Lucherelli10, Isabella Anna Vacchi10, Ngoc Do Quyen Chau1, Alejandro Criado11, Akcan Istif1, Donato Mancino11, Antonio Dominguez11, Hagen Eckert1, Ester Vázquez13,Tatiana Da Ros1, Paola Nicolussi6, Vincenzo Palermo14,15, Björn Schumacher8, Gianaurelio Cuniberti12, Yiyong Mai16, Cecilia Clementi7, Matteo Pasquali7, Xinliang Feng17, Kostas Kostarelos18,19, Acelya Yilmazer20, Davide Bedognetti3, Bengt Fadeel9, Maurizio Prato1,11,21, Alberto Bianco10 and Lucia Gemma Delogu2,5,22
1 Department of Chemical and Pharmaceutical Sciences, University of Trieste, Trieste, Italy
2 Fondazione Istituto di Ricerca Pediatrica, Città della Speranza, Padua, Italy
3 Cancer Research Department, Sidra Research Branch, Sidra Medicine, Education City, Doha, Qatar
4 Division of Inflammation Biology, La Jolla Institute for Immunology, La Jolla, CA, United States of America
5 Department of Chemistry and Pharmacy, University of Sassari, Sassari 7100, Italy
6 Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna, Sassari, Italy
7 Department of Chemical and Biomolecular Engineering and Department of Chemistry, The Smalley-Curl Institute, Rice University, Houston, Texas, United States of America
8 Institute for Genome Stability in Aging and Disease, Medical Faculty, Cologne Excellence Cluster for Cellular Stress Responses in Aging-Associated Diseases (CECAD), and Center for Molecular Medicine Cologne (CMMC), University of Cologne, Cologne, Germany
9 Institute of Environmental Medicine, Karolinska Institutet, Stockholm, Sweden
10 CNRS, Immunology, Immunopathology and Therapeutic Chemistry, UPR3572, University of Strasbourg, ISIS, Strasbourg, France
11 Carbon Nanobiotechnology Laboratory, CIC BiomaGUNE, 20009, San Sebastian, Spain
12 Institute for Materials Science and Max Bergmann Center of Biomaterials, TU Dresden, Germany
13 Instituto Regional de Investigación Científica Aplicada (IRICA) University of Castilla la Mancha, 1307, Ciudad Real, Spain
14 Consiglio Nazionale delle Ricerche, via Piero Gobetti 101, 40129 Bologna, Italy, a) Institute of Organic Synthesis and Photoreactivity (CNR-ISOF)
15 Chalmers University of Technology, Industrial and Materials Science, Hörsalsvägen 7A, SE-412 96, Goteborg, Sweden
16 School of Chemistry and Chemical Engineering, Shanghai Jiao Tong University, Shanghai, People’s Republic of China
17 Center for Advancing Electronics Dresden & Department of Chemistry and Food Chemistry, Technische Universität Dresden, Dresden, Germany
18 Nanomedicine Lab, National Graphene Institute and Faculty of Biology, Medicine & Health, University of Manchester, AV Hill Building, Manchester M13 9PT, United Kingdom
19 Catalan Institute of Nanoscience and Nanotechnology (ICN2), UAB Campus Bellaterra, Barcelona, Spain
20 Stem Cell Institute, University of Ankara, Ankara, Turkey
21 Basque Foundation for Science, Ikerbasque, 48013, Bilbao, Spain
22 Department of Biomedical Sciences, University of Padua, Padua, Italy